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Augusto Borgani

Nel documento Cronache Economiche. N.001-002, Anno 1975 (pagine 59-66)

Nei tempi moderni, la dottrina ha riconosciuto ed affermato il principio della necessità dell'in-tervento statale nell'economia, tanto che lo Stato viene oramai considerato un fattore essenziale della produzione, che si aggiunge a quelli tradi-zionali; per parte sua, lo Stato ha ritenuto di dover programmare, con la legge sul piano di svi-luppo economico, in quali attività della vita eco-nomica e sociale rivolgere il proprio intervento.

Questo essendo l'argomento da trattare, riten-go opportuno rendere semplice questa esposizio-ne, seguendo un filo conduttore sui sistemi di incentivazione adottati dallo Stato italiano per lo sviluppo economico del Paese, comunque rima-nendo nel limite proprio di questa trattazione, che riguarda la forma dei finanziamenti creditizi a favore di uno dei settori economici, quello del commercio.

La legge sull'istituzione della Cassa del mez-zogiorno e quelle successive che la riguardano, delineano già a favore dei settori produttivi (in-dustria, artigianato, agricoltura, pesca ed attrez-zature turistiche) insieme agli interventi per opere straordinarie ed infrastnitturali e la creazione di aree di sviluppo e zone industriali (forme, del resto, anche esse di incentivazione) interventi di finanziamento con contributi a fondo perduto ed altre particolari agevolazioni. Se insieme a que-ste disposizioni riguardanti l'assetto economico territoriale dell'Italia meridionale ed insulare, te-niamo presenti le altre emanate nell'immediato dopoguerra, contenenti provvidenze per agevo-lare il riassetto della vita civile e la ripresa eco-nomica della Nazione (norme che disponevano finanziamenti agevolati a favore delle imprese industriali anche per la riattivazione, reimpianto e ricoversione), ecco che si dclinea sempre più evidente l'intervento statale volto a favorire lo sviluppo economico del Paese.

Oggi, tale intervento si materializza, com'è noto, nelle agevolazioni concesse dallo Stato a singoli settori economici; agevolazioni di varia natura, che comprendono la possibilità di far luogo ad espropri immobiliari, di ottenere facili-tazioni fiscali e quindi finanziamenti a medio ter-mine, compresi quelli agevolati dal pagamento, a carico dello Stato, di una parte degli interessi.

Nel quadro generale degli interventi statali, và ricordata anche una legge emanata nel 1954, rien-trante tra le norme di attuazione delle iniziative intese ad incrementare la produttività nei vari settori economici, non escluso il commercio; leg-ge che, peraltro, non sembra aver avuto quel successo che realmente meritava.

Mi riferisco alla legge n. 626 del 1954 che, tra l'altro, ha costituito un fondo di 6575 milioni per la concessione di mutui a medio termine a favore di quelle imprese, medie e piccole, che programmino la loro ristrutturazione per incre-mentare la propria produttività aziendale.

A tale proposito, spiace dover notare come questo fondo di rotazione non sembra aver con-seguito, almeno per il settore del commercio, quei risultati che era lecito attendersi, visto che proprio le aziende commerciali hanno ancor oggi bisogno di ristrutturarsi produttivisticamente se è vero, come è vero, che la polverizzazione riguar-da non soltanto l'eccessivo numero di punti di vendita esistenti nel Paese, quanto e soprattutto il numero delle piccole e piccolissime aziende che, peraltro, scontano in proprio la scarsa red-ditività della gestione imprenditoriale, appunto perché ignorano i sistemi, anche elementari, del-l'organizzazione produttivistica.

Né si può parlare, in questo caso, soltanto di bardature volute dal settore bancario, che viene indicato — non sempre a torto — dagli impren-ditori commerciali come responsabile delle

mag-giori remore che ostacolano lo sviluppo evolutivo del commercio, tanto da rendere perfino inope-ranti le provvidenze legislative in argomento (di frequente si è cercato, infatti, di accelerare le procedure per l'approvazione di mutui per la pro-duttività); ciò, anche perché alla insoddisfacente applicazione di tali incentivi concorre la scarsa conoscenza della normativa che regola il sistema. Non sarebbe male, quindi, che le organizza-zioni di categoria contribuissero sempre più a diffondere la conoscenza di queste provvidenze finanziarie che operano a favore anche dei com-mercianti.

Introdotto cosi il discorso sul credito al com-mercio, sul settore, cioè, di cui vuole occuparsi questa esposizione, non appare il caso di soffer-marsi sulla legislazione che regola gli altri set-tori economici che beneficiano delle provvidenze creditizie nelle varie forme di finanziamento a medio termine in via ordinaria, di finanziamenti agevolati e di particolari forme creditizie per set-tori particolari od in conseguenza di eccezionali eventi naturali.

Và detto, però, per quanto attiene agli inter-venti finanziari atti a fronteggiare le conseguenze di eventi naturali eccezionali (pubbliche calami-tà), che anche il commercio ha beneficiato di finanziamenti agevolati e di altre provvidenze previsti sia dalla legge 1 9 5 2 / 5 0 , sia da altri prov-vedimenti urgenti che dal 1966 (alluvione di Fi-renze) in poi si sono susseguiti nei casi purtroppo ricorrenti di calamità naturali che si sono veri-ficate nel nostro Paese.

Entrando ora nel vivo dell'argomento, ritengo opportuno aprire un particolare discorso sulla legge base che riguarda i finanziamenti a medio termine al commercio: la legge 30 settembre

1960, n. 1016, che segue di un anno quella sui finanziamenti al settore industriale (legge 1959, n. 623).

Scopo della legge 1016 è quello di consentire alle medie e piccole imprese commerciali di rin-novarsi, sia mediante l'ampliamento dei locali, comprese le opere murarie necessarie al loro adattamento, sia con l'apprestamento delle attrez-zature necessarie a consentire l'adozione delle nuove, moderne tecniche della distribuzione ed una più razionale struttura dell'impresa.

Le finalità della legge, in definitiva, sono quelle di consentire l'effettuazione della vendita di pro-dotti con sistemi che rappresentino un'economia nel costo di distribuzione.

Nel suo complesso, questa legge ha dato buoni risultati, anche se in relazione all'opportunità di stimolare nuovi investimenti nel settore commer-ciale per ottenerey^da aziende più efficienti, un servizio di distribuzione più moderno, meno one-roso e certamente più adeguato alle esigenze dei consumi di massa, era da attendersi un più con-sistente risultato.

È chiaro, infatti, che effettuare investimenti produttivistici significa in buona sostanza conse-guire, con tutti i più moderni accorgimenti (anche di razionalizzazione delle vendite e di stimolo sugli acquisti), una riduzione dei costi di distri-buzione ed una conseguente diminuzione dei prezzi.

Và detto, peraltro, che il non completo suc-cesso della legge 1016 non è dovuto esclusiva-mente allo scarso interesse degli operatori econo-mici, ma anche, come accennato, ad una scarsa sensibilità dimostrata dal sistema bancario per le operazioni di finanziamento al commercio.

Da più parti, infatti, è stato rilevato — ed a suo tempo ne giunse eco in Parlamento — come gli istituti di credito a medio termine creati con la legge 22 giugno 1950, n. 445 allo scopo di affiancare lo Stato e gli operatori economici nello sviluppo dell'economia italiana, siano venuti me-no alla loro funzione istituzionale, posto che han-no dimostrato scarsa sensibilità nel venire incon-tro alle esigenze degli operatori, se è vero che hanno addirittura creato una preclusione per finanziamenti di entità inferiore ad uno o due milioni.

L'importo di finanziamenti cosi ridotti riguar-da, è evidente, aziende di minime proporzioni, che, peraltro, esistono ed agiscono nella realtà mercantile del nostro Paese, afflitto da quella polverizzazione che non a torto è ritenuta il più grosso male del commercio. Non rappresenta cer-to un affare per u n istitucer-to bancario; rappresenta, però, evidentemente, un adempimento di legge da attuare.

Chi di dovere dovrebbe, dunque, farsi respon-sabilmente carico di rivolgere appello agli istituti di credito a medio termine, per rammentare ad essi la funzione loro attribuita dall'ordinamento giuridico; ordinamento che, creando tali istituti, ha voluto distinguere i compiti di finanziamento agevolato da quelli svolti, con diverso mecca-nismo, dagli altri enti bancari che operano nel sistema del credito ordinario.

In questo campo, non si vede fino a quando possa respingersi la critica che sostiene che ben altri sono gli scopi degli istituti di credito a me-dio termine da quelli delle altre banche; i primi, infatti sono dotati, si badi bene, di capitale sta-tale di fondazione, oltre che di garanzia dello stato nel reperimento di fondi sul libero mercato. Ciò dovrebbe comportare una maggiore intrapren-denza dell'applicazione di quell'ordinamento giu-ridico che ha voluto creare organismi più snelli nell'assolvimento di un compito che lo Stato si è dato nel momento in cui ha voluto inserirsi, come fattore essenziale, indispensabile ed insosti-tuibile nello sviluppo economico del Paese.

Ed infatti, non ha alcun senso parlare di

eco-nomia mista (pubblica e privata) nel nostro siste-ma, se questo apparato finanziario non si pone su di un piano diverso, accettando ed attuando prin-cipi imprenditoriali che pure guidano, in altri stati, il credito agli operatori economici.

È risaputo che in Inghilterra e negli altri paesi anglosassoni esistono istituti bancari che parteci-pano direttamente al rischio dell'imprenditore. Si sostiene, non senza ragione, che in Inghilterra il sistema bancario è diverso e che, da noi, le ban-che hanno un diverso ordinamento.

Ma il problema in discussione non riguarda la generalità degli istituti bancari; la critica, che pe-raltro vuole essere costruttiva, è rivolta agli isti-tuti di credito a medio termine, dal momento che le segnalazioni più e più volte fatte dagli opera-tori economici del settore commerciale concor-dano tutte sulla necessità di richiamare su tale fenomeno la responsabile attenzione dei dirigenti gli istituti in parola.

D'altra parte, non sembra inopportuno richia-mare sul problema anche l'attenzione delle orga-nizzazioni di categoria, al fine di svolgere opera di affiancamento agli operatori commerciali, aiu-tandoli per facilitar loro l'accesso al credito; fra l'altro, anche segnalando le difficoltà che insor-gono strada facendo e sollecitando, soprattutto, quegli interventi che l'Amministrazione centrale può fare e che in taluni casi sono stati messi in atto.

È certo che, con maggiore buona volontà a

tutti i livelli, la legge 1016, da molti criticata, ma che indubbiamente ha avuto un certo buon effetto nel settore commerciale, potrebbe funzio-nare meglio.

A conferma di ciò, valgano, in sintesi alcuni dati che possono meglio colorire il q u a d r o che

risulta da questa breve esposizione sul credito al commercio.

La legge 30 settembre 1960, n. 1016 istitutiva del finanziamento a medio termine agevolato dal pagamento di parte degli interessi da parte dello Stato sui mutui contratti dagli operatori medi e piccoli del settore commerciale per le finalità in precedenza illustrate, nacque con uno stanzia-mento di 300 milioni all'anno, per 10 anni.

In sostanza, con una disponibilità globale di 3 miliardi, lo Stato poteva finanziare, assumendo a suo carico parte degli interessi, mutui con sca-denze non superiori a 10 anni; la durata dei finanziamenti, è noto, non può superare il decen-nio nei territori di cui alla legge sul Mezzogiorno, il settennio, nel restante territorio.

Con la legge 1 9 6 4 / 1 5 3 furono stanziati altri 10 miliardi (in ragione di un miliardo l'anno per 10 anni); nel 1968, col d.l. 918, regolarmente convertito in legge, sono stati assegnati altri 7 miliardi per dieci anni (quindi 700 milioni per ciascun anno). Ancora, nel 1970 (d.l. 26-10-1970, n. 745 convertito con modificazioni nella legge

18-12-1970, n. 1034), vennero stanziati ulteriori 10 miliardi (un miliardo l'anno, per 10 anni); infine, con d.l. 5-7-1971, n. 430 (convertito con legge 4-8-1971, n. 594) furono effettuati ulteriori stanziamenti per complessive L. 10 miliardi (L. 500 milioni nel 1971, un miliardo dal 1972 al 1980, 500 milioni per il 1981).

In totale, dunque, fino ad oggi lo Stato ha messo a disposizione dei piccoli e medi commer-cianti 40 miliardi di contributi in conto interesse, sui finanziamenti al settore.

Oltre a stabilire lo scopo e le finalità indicate e la diversa durata dei finanziamenti connessa ai limiti territoriali di cui si è detto, la legge 1016 stabilisce anche, in relazione a tali zone, diverse agevolazioni di tasso d'interesse sui mutui a me-dio termine.

Infatti, i tassi annui posticipati sono del 3 % a carico dell'operatore nelle zone della Cassa del Mezzogiorno, del 5 % a carico di quelli che ope-rano negli altri territori del Paese; per parte sua, lo Stato corrisponde agli istituti finanziatori un contributo integrativo fino a raggiungere la mi-sura del tasso corrente.

Inoltre, la legge stessa stabilisce in L. 50 mi-lioni il limite massimo dei mutui agevolati, corre-landoli al 7 0 % della spesa ammissibile per il rinnovo, l'ampliamento e l'apprestamento di at-trezzature dell'esercizio commerciale.

C'è di più: oltre alle agevolazioni di tasso, la legge prevede anche particolari benefìci tributari e tariffari, dal momento che gli atti, i contratti e tutte le formalità concernenti la concessione e la gestione dei finanziamenti sono esenti dalle tasse di concessione governativa, dalle imposte di regi-stro e di ipoteca, dalle tasse di bollo. Gli interessi, poi, sono stati dichiarati esenti dalla tassazione ai fini dell'IGE; inoltre, le cambiali scontavano l'imposta di bollo nella misura fissa di L. 10 per ogni 100 mila lire, a prescindere dalla scadenza. Infine, è stata disposta la riduzione a metà degli onorari e diritti spettanti ai notai, ai consigli ed archivi notarili per gli atti, contratti e formalità relative ai finanziamenti.

A tutto il 30 giugno 1974, dei 40 miliardi stanziati ne sono stati utilizzati circa 37; per cui, alla data suddetta, che coincide con quella di sca-denza della legge 1016, si verificava un'ulteriore disponibilità di circa 3 miliardi.

È qui il caso di aggiungere che risulta essere in avanzato corso un disegno di legge che ha per scopo di prorogare ulteriormente, per altri dieci anni, l'efficacia della legge 1016, con una dota-zione di 2 miliardi annui (e cosi per un totale di 20 miliardi), ad iniziare dall'esercizio finanziario

1975.

Altre iniziative sono allo studio, volte ad am-pliare la sfera di applicazione della legge 1016, sia mediante l'ampliamento dei beneficiari della legge, della durata dei finanziamenti (da 7 a 10 anni per i beneficiari residenti nel nord, da 10 a 15 anni per quelli operanti nella sfera d'influenza della Cassa del mezzogiorno), sia mediante la riduzione dei tassi passivi (dal 5 al 4 % per gli operatori del nord, dal 3 al 2 % per quelli riguar-dati dalla CasMez), sia mediante il riscontro, da parte del Mediocredito centrale, di operazioni di finanziamento a medio termine per acquisto o costruzione di locali e per acquisizione di scorte di magazzino; è chiaro che queste ulteriori prov-videnze possono assicurare al settore la linfa ne-cessaria alla sua ristrutturazione.

Pur in presenza di ulteriori, consistenti sforzi finanziari a favore del commercio, è peraltro evi-dente (anche considerando le sostanziali diverse esigenze del settore dell'industria) che l'impegno statale a favore del settore commerciale rimane pur sempre molto lontano da quello realizzato a benefìcio del settore industriale a favore del quale, per iniziative analoghe, risultano a tutt'oggi effettuati stanziamenti per oltre 1346 miliardi

(contro i cennati 40 a favore del commercio, uti-lizzati, come già detto per circa 37 miliardi al 30-6-74; il che ha consentito finanziamenti per oltre 177.500 milioni a seguito dell'accoglimento di quasi 15.000 domande di contributo statale in-tese a finanziare investimenti che ammontano glo-balmente a circa 254 miliardi).

È sommamente auspicabile che lo Stato asse-condi e stimoli sempre più la ristrutturazione del settore del commercio, che rappresenta, a giudi-zio di molti, nella sua attuale situagiudi-zione, la com-ponente più fragile nello sviluppo economico del Paese.

È altresì necessario che i commercianti tradi-zionali si convincano della necessità di trasfor-mare le loro aziende in senso produttivistico, così come a stimolare l'espansione del commercio inte-grato mediante la creazione di gruppi di acquisto e di unioni volontarie.

11 primo obbiettivo segnalato sopra, sembra possa avere buone possibilità di essere raggiunto, se è vero che in questi ultimi tempi le domande di finanziamento presentate con questa finalità hanno fatto registrare un continuo aumento; il che può essere considerato un dato che lascia ben sperare in una non lontana, sana ristrutturazione del settore commerciale, così come del resto si sta verificando in altre Nazioni economicamente ben qualificate.

Purtroppo, però, non altrettanto può dirsi per la costituzione di gruppi di acquisto e di unioni volontarie; nonostante la creazione di finanzia-menti ad hoc per questi enti economici e collettivi del commercio, disposta con la legge di ristrut-turazione della 1016, dai primi del 1968 ad oggi al Ministero dell'industria, del commercio e del-l'artigianato non è pervenuta quasi nessuna do-manda di finanziamento da parte del commercio integrato.

Solo il settore delle cooperative di consumo, organizzate nelle grandi confederazioni, si è mos-so per ottenere i finanziamenti destinati appunto agli enti economici e collettivi dalla legge 1968/ 315, con la quale, nell'istituire questa forma di finanziamento agevolato, è stato esteso per la pri-ma volta al commercio il credito ordinario a me-dio termine (ossia non agevolato dal pagamento da parte dello Stato di una aliquota degli inte-ressi): iniziativa che consente alle medie e piccole imprese commerciali gli stessi benefici da tempo goduti da quelle che operano nell'industria e nel-l'artigianato.

A seguito dell'entrata in vigore di questa nuo-va legge (la n. 315 del 1968) che ha integrato le norme della 1016, vennero anche modificate le direttive ministeriali relative alla determinazione dei parametri che definivano la media impresa commerciale.

Il Comitato dei finanziamenti ha adottato, in-fatti, un nuovo criterio distintivo, stabilendo che potesse considerarsi media l'impresa grossista che avesse non più di cento dipendenti e l'impresa dettagliante con non più di sessanta dipendenti. Questi nuovi parametri si differenziano sostan-zialmente da quelli precedenti, a loro volta già modificati rispetto a quelli fissati al momento del-l'entrata in vigore della legge. Nel 1960 venne, infatti, stabilito che l'azienda media non dovesse avere più di 20 dipendenti ed un fatturato annuo non superiore a L. 250 milioni; successivamente, il numero dei dipendenti f u portato a 30 ed il fat-turato a 400 milioni; ma con la precisazione che tali parametri dovevano riferirsi ai singoli punti di vendita, il che sembra in contrasto con la let-tera della legge 1016 e con la volontà del legisla-tore, che — a mio giudizio — hanno inteso con-cedere benefici alle medie e piccole imprese com-merciali.

Appare ovvio, infatti, che riferendo i parame-tri a ciascun punto di vendita dell'impresa, si viene ad estendere le agevolazioni anche a favore della grande distribuzione e delle grosse imprese commerciali in forma individuale o societaria, verso le quali finiscono per rivolgersi, per intui-bili motivi, le preferenze del settore bancario nel-l'accoglimento delle richieste di finanziamento agevolato.

Occorreva, dunque, modificare radicalmente il sistema e ciò è stato fatto: oggi, i parametri deb-bono essere riferiti all'impresa commerciale in-tesa nel suo complesso aziendale e quindi non ai singoli punti di vendita. Il fatto, poi, che si sia aumentato il numero dei dipendenti ed eliminato il parametro relativo al fatturato annuo deve es-sere posto in relazione all'incentivo che si vuol dare allo sviluppo dell'impresa commerciale in senso produttivistico, al fine di contenere quella polverizzazione che, è bene ripetere, non nasce solamente dall'eccessivo numero dei punti di ven-dita esistenti nel nostro Paese, ma anche (e, forse, soprattutto) dalle minuscole dimensioni della mag-gioranza delle imprese commerciali italiane.

Peraltro, in sede di ristrutturazione della legge

sui finanziamenti sono stati tenuti presenti anche due altri importanti aspetti.

Il primo, riguarda la possibilità di acquisto o costruzione dell'immobile sede dell'esercizio; il secondo, il finanziamento delle scorte entro il limite del 3 0 % delle spese di investimento finan-ziabili con il credito agevolato.

Con queste provvidenze, si è voluto ricono-scere all'imprenditore, che la legge sull'avvia-mento commerciale male tutela verso il proprie-tario dell'immobile la possibilità di acquisire lo stabile, nel quale potrà poi fare tutti gli investi-menti utili e necessari per tenere il passo con l'evoluzione delle nuove tecniche distributive.

È chiaro che l'acquisto delle scorte, sia pure nel limite del 3 0 % della spesa globale d'investi-mento, facilita l'adozione del libero servizio nel negozio, in quanto, per questa tecnica di distri-buzione, necessita una maggiore esposizione di

Nel documento Cronache Economiche. N.001-002, Anno 1975 (pagine 59-66)