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Nel documento Cronache Economiche. N.001-002, Anno 1975 (pagine 88-96)

L ' A U T O R E S I P R E S E N T A ...

CAIO ENRICO BALOSSINI, Il diritto delle consuetudini

e degli usi - Voi. di 18 X 25 cm, pp. 362 - Giuffrè

Editore, Padova, 1974 - L. 5.200.

« La necessità, avvertita per tutte le enciclopedie, specie se ordinate con criteri alfabetici, di istituire f r e q u e n t i colle-gamenti tra voce e voce, è ancor più sentita nel c a m p o del diritto, la cui sostanziale unità n o n d o v r e b b e potersi negare. Nel caso nostro, si tratta di stabilire u n previo coordina-m e n t o alcoordina-meno con le voci affini, segnatacoordina-mente con quella intitolata Consuetudine (Diritto m o d e r n o ) , richiedente forse anche qualche aggiornamento per il t e m p o trascorso, e poi con altre, di contenuto storico, quali Consuetudine (Diritto r o m a n o ) , e Consuetudine (Diritto intermedio), nelle quali sono stati esposti i precedenti, per cosi dire, culturalmente obbligatori di qualsiasi esposizione degli usi attuali.

N é si p u ò omettere u n r i f e r i m e n t o alla voce Clausola

d'uso, per q u a n t o attiene ad u n a delle principali categorie

teoriche del f e n o m e n o consuetudinaristico, ed alla voce

Statuti e consuetudini marittime, per q u a n t o attiene p u r e ai

precedenti storici di u n a delle d u e maggiori categorie pra-tiche. Infine, anche la voce Correttezza va qui r a m m e n t a t a quale esempio e tipo di quelle ' regole ' o di quei ' principi come li chiama il legislatore, che, resi rilevanti dallo stesso in varia guisa, si c o n f o n d o n o talora (in teoria o in pratica) con le consuetudini e con gli usi.

Per incominciare dalla fine si segnala che la ' correttezza ' (salvo identificazioni con la ' b u o n a f e d e ' ) , h a p o t u t o essere e n u m e r a t a tra quelle ' regole sociali ' che, studiate ex

pro-fesso, sono state definite o descritte come ' le valutazioni di

c o m p o r t a m e n t i , desumibili dalla riprovazione prevalente dei valutanti per chi le disattenda N o n è difficile ravvisare nel f e n o m e n o u n a netta diversità rispetto a quelli consistenti n o n nel ' valutare bensì nel ' reiterare ' qualcosa, come è a p p u n t o il caso degli usi.

R i t o r n a n d o al p r i m o richiamo ad altra voce di questa o p e r a , si deve poi precisare che, m e n t r e la dottrina della consuetudine, anche se centrata sulle sue manifestazioni in un d e t e r m i n a t o sistema giuridico, n o n p u ò n o n tener conto del genus amplius, la nozione astratta di ' c o n s u e t u d i n e p e r contro la teoria degli usi d o v r e b b e avere per esclusivo suo c o m p i t o lo studio di quelle particolari manifestazioni che siano influenzate e condizionate dalla ipotizzata presenza di un sistema positivo, nella specie quello italiano vigente.

Da questo riguardo, la p r o d u z i o n e consuetudinaria del diritto si presenta parallela ed affine a quella legislativa dello stesso, specie sotto il profilo della legittimazione dal-l'alto. In un tale ambito, la giuridicità della n o r m a giuridica va ravvisata nella sussistenza di un p r o c e d i m e n t o preordi-nato ad hoc, consista esso nelle deliberazioni, a d o t t a t e con certi criteri, di soggetti a ciò officiati ( m e m b r i del

parla-mento, ecc.), o p p u r e nei comportamenti, che si potrebbero dire ' involontariamente concludenti ', di altri soggetti (i co-siddetti ' utenti ').

Per queste n o r m e giuridiche consuetudinarie del nostro o r d i n a m e n t o vigente, il termine ' usi ' appare il più proprio, dato l'ampio e costante impiego fattone dal legislatore, anche se, soprattutto gli studiosi, h a n n o adoperato il medesimo vocabolo per designare f e n o m e n i più o m e n o affini (' usi di f a t t o ' , ' u s i n e g o z i a l i ' , ecc.).

U n a teoria degli usi come è qui intesa, d a n d o per acqui-sita quella più lata nozione di consuetudine, cui si è accen-nato (e dalla quale è definitivamente rimasto l'aggettivo ' consuetudinario ', insieme con il f r e q u e n t a t i v o ' consuetu-dinaristico '), si limiterà allo studio delle n o r m e consuetudi-narie, che siano giuridiche per l'ordinamento italiano vigente

[usi cosiddetti giuridici, o legali, o normativi, ecc.], p u r esse consuetudinarie in un'accezione sociologica, m a che, senza potersi definire ' giuridiche ' (e cioè ' del diritto ', a sensi dell'art. 113, 1° c o m m a , Cod. Proc. Civ.: ' n e l p r o n u n c i a r e sulla causa il giudice deve seguire le norme del diritto... '; o p p u r e ' di diritto ', a sensi dell'art. 360, 1° c o m m a , n. 3, Cod. Proc. Civ., in cui è prevista l'impugnazione con ricorso per cassazione ' per violazione o falsa applicazione di norme

di diritto '), assolvano a n o n dissimili f u n z i o n i normative.

Delle prime la disciplina è dettata dagli artt. 1, 8, 9 Decr. Gen.; delle seconde sono principali esempi (non esaurendo il c a m p o ; cfr. per es., la ' pratica generale della regione '

ex art. 989, 2° c o m m a , Cod. Civ.) le ' clausole d'uso ' ex

arti-colo 1340 Cod. Civ. e le ' pratiche generali interpretative ' ex art. 1368 Codice Civile. Pure al secondo g r u p p o si pos-sono r i c o n d u r r e gli usi cosiddetti ' internazionali ' (nella nostra accezione, ovviamente; cfr. n. 7).

I m p o r t a n t e è stabilire sin da ora che queste varie cate-gorie h a n n o , o possono avere (e ciò vale per l'ultima), diversità tipologiche, oltreché funzionali: aspetto di cui ha d a t o atto anche recente dottrina straniera. Il n o n tenerne conto p u ò accrescere il pericolo di confusioni, attenuato tut-tavia, nella pratica, tanto dall'eventuale applicazione di principi analogici q u a n t o dalla persistente difficoltà di sod-disfacenti distinzioni capillari. (...)

In sede di premesse, n o n si possono n e p p u r e tacere le difficoltà d'interpretazione e di ricostruzione di questa mate-ria, al cui proposito ( q u a n t o m e n o per u n aspetto) si è molto recentemente parlato di u n ' labirinto di opinioni ', d o v u t o (se è lecito integrare il rilievo di u n A u t o r e con quello di u n altro, anteriore) alla circostanza che talora ' ci si è lasciati... p r e n d e r e la m a n o da u n tipo di indagine, spesso essenzialmente e m i n u t a m e n t e esegetica, che, per voler t r o p p o desumere dalla ricostruzione del c o n t e n u t o delle disposizioni, prese in esame isolatamente, ha finito per per-dere di vista l'unità del p r o b l e m a . Q u e s t o è a c c a d u t o quan-do ci si è preoccupati di individuare il senso delle espres-sioni usate negli artt. 1340, 1368, 1374 Cod. Civ. e di fis-sarne le differenze... '.

Il vero superamento delle accennate difficoltà dovrebbe realizzarsi con un accuratissimo riesame critico di tutte le opinioni popolanti il n u o v o 1 labirinto ', al fine di giungere a contemplare, senza residue perplessità, ' l'unità del pro-blema In una esposizione come la nostra attuale, ciò è manifestamente impossibile, per cui m a n t e r r e m o (per così dire: convenzionalmente) l'auspicata ' u n i t à ' sulla base di nostre (motivate) opinioni difese altrove, d a n d o tuttavia, specie in nota, riferimenti alla dottrina intermedia ».

L U I G I M U T T A R I N I , Metodi statistici applicati alle ricer-che economiricer-che e sociali - Voi. di 17,5 X 24,5 cm,

pp. 378 - Giuffrè Editore, Milano 1974 - L. 5.500. « Questo libro è indirizzato a tutti coloro che si o c c u p a n o o i n t e n d o n o occuparsi di ricerche nel c a m p o delle scienze sociali in generale. L'obiettivo ultimo che si è tentato di conseguire è stato quello di fornire, oltre che la conoscenza dei principali strumenti di analisi, a n c h e u n a traccia della metodica da seguire, l'indicazione di u n ' m o d o di lavo-rare ' che oramai ha contorni ben definiti e ricalca, nelle grandi linee, quello delle scienze esatte tradizionali.

Il f a t t o di essere partiti dall'applicazione dei metodi ha strettamente vincolato tutta la trattazione, differenziandola dai testi di statistica metodologica, che del resto sono nume-rosi e s o d d i s f a n o u n a vasta g a m m a di esigenze, da quelle di base a quelle piti sofisticate ed avanzate. Definito il c a m p o di applicazione, sono stati proposti quegli strumenti che si sono ritenuti p i ù i m p o r t a n t i nelle varie fasi; delle medie, ad esempio, o delle m i s u r e della variabilità si sono consi-derati solo i tipi più ricorrenti nel c a m p o specifico, l a d d o v e un testo di metodologia deve rispettare l'imperativo della completezza.

U n altro elemento che si è t e n u t o presente è l'impiego s e m p r e più esteso dei calcolatori elettronici. U n a m p i o nu-m e r o di ricercatori p u ò ora contare su questo ausilio; oltre che facilitare le operazioni più elementari (si pensi allo spoglio di centinaia o migliaia di questionari), i calcolatori a p r o n o n u o v e possibilità a n c h e a coloro che n o n maneg-giano con assoluta p a d r o n a n z a gli s t r u m e n t i d'analisi p i ù sofisticati: se la biblioteca dei p r o g r a m m i è b e n f o r n i t a e u n o p e r a t o r e volonteroso si presta a dare le i n f o r m a z i o n i di base, ecco che u n ricercatore a n c h e n o n m o l t o f e r r a t o nel c a m p o p u ò applicare la sua b r a v a analisi fattoriale.

C o m e si è t e n u t o conto allora di tutto q u e s t o ? A p p u n t o discutendo, con il s u p p o r t o a n c h e di n u m e r o s i casi concreti, la p o r t a t a pratica ed i limiti degli s t r u m e n t i proposti; alle volte, c o m e nel caso di analisi più avanzate, l i m i t a n d o a questi aspetti l'esposizione, in m o d o che tutti coloro che a b b i a n o u n p r o b l e m a concreto sul tavolo p o s s a n o a l m e n o rendersi c o n t o di d o v e li potrà p o r t a r e u n a d e t e r m i n a t a analisi.

Il c a m p o di applicazione, lo si è detto, è quello delle scienze sociali.

Il t e r m i n e è senza d u b b i o generico p e r c h é c o m p r e n d e diverse b r a n c h e specifiche di attività pratica e di ricerca; d e l i b e r a t a m e n t e , tuttavia, n o n si è v o l u t o restringerlo al-l'una o all'altra; gli aspetti di f o n d o trattali possono infatti r i g u a r d a r e sia la ricerca sociologica c o m e le ricerche di mer-c a t o e le rimer-cermer-che sui mezzi di i n f o r m a z i o n e . Da queste u l t i m e si sono a b b o n d a n t e m e n t e attinti esempi di applica-zioni c o n c r e t e (si pensi al notevole a p p o r t o c h e alla meto-dologia del c a m p i o n e ed al m e t o d o del q u e s t i o n a r i o h a n n o d a t o le indagini collettive p e r i o d i c h e sui mezzi di i n f o r m a -zione); si è s e m p r e cercato p e r ò di sottolineare l'aspetto generale delle diverse applicazioni e cioè quello relativo ad una miglior conoscenza della metodologia della ricerca.

L'esposizione della materia tenta, fin dove è possibile, di seguire u n o schema operativo. Discusse le fasi di mas-sima cui si p u ò ricondurre l'attività di ricerca (Cap. 1), ven-gono trattati nei Capitoli 2 e 3 la rilevazione dei dati, il loro o r d i n a m e n t o nonché le elaborazioni più elementari, relative al calcolo della tendenza centrale e della variabilità. Con i Capitoli 4, 5 e 6 si r i p r e n d o n o gli aspetti di maggior rilievo della raccolta diretta delle informazioni su base campio-naria: modalità di impiego del questionario; attendibilità delle stime; precedure per la formazione dei campioni. 11 Cap. 7 completa, sempre nei termini elementari ed essen-zialmente applicativi della trattazione, il discorso sull'infe-renza statistica, considerando l'aspetto della significatività delle differenze (fra medie e percentuali), mentre il Cap. 8 tratta brevemente dei piccoli campioni.

Nei capitoli seguenti vengono affrontate le relazioni f r a più f e n o m e n i .

L'impostazione che si è seguita è quella che considera distintamente le relazioni di dipendenza e le relazioni di interdipendenza. Con questa parte era intenzione avviare il lettore all'analisi multivariata, analisi che va destando u n interesse sempre crescente nel c a m p o delle scienze del c o m p o r t a m e n t o . O v v i a m e n t e , si è d o v u t o partire dall'esame delle relazioni f r a d u e variabili e ampliare g r a d a t a m e n t e il c a m p o di osservazione, rinviando poi, per i metodi più avanzati e sofisticati, a testi specializzati sull'argomento. Al termine, sono proposti alcuni esercizi tratti d a u n a indagine concreta effettuata da studenti nell'ambito del corso di Statistica da m e tenuto presso la facoltà di Scienze Poli-tiche di Pavia. L'ordine di esposizione degli esercizi segue quello in cui le varie fasi si sono presentate ai ricercatori; coloro che v o r r a n n o affrontarli p o t r a n n o così avere u n a p r i m a idea dei problemi connessi con u n a semplice rileva-zione su base c a m p i o n a r i a e con la interpretarileva-zione dei risul-tati o t t e n u t i ».

J . F . W E S T O N - E . F . BRIGHAM, Finanza aziendale

-Voi. 14 X 21,5 cm, pp. 797 - Il Mulino, Bolo-gna, 1974 - L. 15.000.

« Che cos'è la finanza aziendale? Q u a l è la f u n z i o n e della finanza nell'azienda e quali compiti specifici v e n g o n o asse-gnati al dirigente finanziario? Di quali s t r u m e n t i e di quali tecniche dispone ed in che m o d o si p u ò v a l u t a r e il suo c o m p o r t a m e n t o ? Su più vasta scala, quale è il ruolo della finanza nell'economia e c o m e si p u ò u s a r e la finanza azien-dale per favorire il raggiungimento degli obiettivi nazionali? Lo scopo principale di questo testo è tentare di f o r n i r e delle risposte alle s u d d e t t e d o m a n d e .

C o m e m o l t e cose nel m o n d o c o n t e m p o r a n e o , l'oggetto della finanza ha subito alcuni significativi c a m b i a m e n t i negii ultimi anni. Fino al 1950 la f u n z i o n e principale della finanza era quella di ottenere f o n d i . In seguito, si prestò più atten-zione all'uso dei fondi ed u n o dei più i m p o r t a n t i sviluppi dei primi anni '50 f u u n a analisi sistematica della direzione interna dell'azienda con particolare r i f e r i m e n t o ai flussi dei f o n d i nella s t r u t t u r a aziendale.

Q u a n d o si sono s v i l u p p a t e le tecniche di controllo finanziario sulla gestione aziendale, la f u n z i o n e della finanza è d i v e n t a t a una p a r t e s e m p r e più i m p o r t a n t e della direzione generale dell'azienda. Nel passato al f u n z i o n a r i o finanziario era s e m p l i c e m e n t e richiesto di stabilire q u a n t o d e n a r o neces-sitasse l'azienda. Egli veniva q u i n d i investito della respon-sabilità di p r o c u r a r e tali fondi. Nel n u o v o sistema, il diri-genie finanziario a f f r o n t a p r o b l e m i f o n d a m e n t a l i p e r la ge-stione dell'impresa. Questi problemi, r i g u a r d a n t i il n u o v o

c a m p o della finanza sono stati formulati nel m o d o seguente: 1) Quali dovrebbero essere le dimensioni di un'impresa e a quale ritmo essa dovrebbe svilupparsi? 2) In quale f o r m a dovrebbe detenere le proprie attività? 3) Q u a l e dovrebbe essere la struttura delle passività?

Attualmente, l'interesse fondamentale della finanza è concentrato sulle decisioni e sulle attività che riguardano il valore dell'azienda. Riflettendo questo interesse, il tema centrale di questo testo è la valutazione dell'impresa. Il va-lore dell'azienda oggi dipende dal flusso di utili che si pensa che essa genererà nel f u t u r o , e dal rischio di tali previsti utili futuri. Per illustrare questo p u n t o , si ipotizzino due aziende che si attendono e n t r a m b e di guadagnare 100.000 dollari l'anno in un f u t u r o indeterminato. Gli utili di u n a azienda sono relativamente certi (ad esempio le sue opera-zioni potrebbero consistere nel possesso di titoli del Tesoro degli Stati Uniti ed il suo reddito p o t r e b b e essere l'interesse ricevuto su questi titoli), mentre gli utili dell'altra azienda sono relativamente incerti, poiché essa è impegnata in una impresa rischiosa (ad esempio, la perforazione di pozzi petro-liferi in mare). La prima azienda a causa del rischio minore, probabilmente ha un valore capitale più alto. A d esempio, essa potrebbe avere u n valore totale di mercato di 1.500.000 dollari, mentre la società con u n alto rischio p o t r e b b e avere un valore di mercato di 1.000.000 di dollari.

Le decisioni finanziarie r i g u a r d a n o la dimensione del flusso di utili, ossia la redditività e i rischi dell'azienda. (...) Le decisioni politiche r i g u a r d a n o il rischio e la redditività, e questi due fattori insieme d e t e r m i n a n o il valore del-l'azienda.

La f o n d a m e n t a l e decisione politica è quella della scelta del settore nel quale operare, cioè della combinazione pro-dotto-mercato dell'impresa.

Q u a n d o questa scelta è stata fatta, la redditività e il rischio vengono determinati per mezzo di decisioni relative alla dimensione dell'azienda, ai tipi di attrezzature usate, alla misura in cui viene utilizzato l ' i n d e b i t a m e n t o , alla posizione di liquidità e cosi' via.

Queste decisioni generalmente r i g u a r d a n o sia il rischio sia la redditività. Un a u m e n t o nelle giacenze cassa, ad esem-pio, riduce il rischio, m a , dal m o m e n t o che la cassa n o n è un bene redditizio, la conversione di altre attività in cassa riduce anche la redditività. Ugualmente, l'uso di ulteriori debiti a u m e n t a il tasso di r e n d i m e n t o , cioè la redditività, sul capitale netto degli azionisti; allo stesso t e m p o p e r ò , un maggiore i n d e b i t a m e n t o significa u n maggiore rischio. L'analisi finanziaria cerca di individuare la particolare com-binazione tra rischio e redditività che massimizzerà la ric-chezza degli azionisti dell'azienda. (...)

L'organizzazione di questo v o l u m e riflette tre elementi: 1) teoria, 2) modelli di decisione finanziaria e 3) materiale descrittivo ed istituzionale per d a r e s u p p o r t o sia alla teoria sia ai modelli di decisione.

T e o r i c a m e n t e , in p r i m o luogo si d o v r e b b e descrivere totalmente la teoria e quindi si d o v r e b b e r o f o r n i r e gli ele-menti per un accostamento sistematico ai modelli di deci-sione. T u t t a v i a , sia la teoria sia i modelli di decisione de-vono essere costruiti a l m e n o su di una certa q u a n t i t à di materiale descrittivo ed istituzionale. Per questo motivo, l'organizzazione del v o l u m e r a p p r e s e n t a una sorta di com-promesso, m e s c o l a n d o insieme le teorie, gli strumenti di decisione ed il materiale descrittivo, come richiesto dall'ar-gomento in considerazione. Questa mescolanza si riflette nel sistema di s t r u t t u r a r e il testo nelle seguenti vaste aree: 1) Sistema fiscale; 2) Analisi, pianificazione e controllo finanziari; 3) Decisioni di investimento a lungo termine; 4) Valutazione e struttura finanziaria; 5) Gestione del capi-tale circolante; 6) F i n a n z i a m e n t o a lungo t e r m i n e ; 7) Valu-tazione delle fusioni e dei riassetti aziendali; 8) U n a visione globale della finanza aziendale ».

BRIAN MCLOUGHLIN, La Pianificazione urbana e

re-gionale - Voi. di 21,5 X 35,5 cm, pp. 313 -

Mar-silio Editore, Padova, 1973 - L. 5.400.

« Questa edizione*' italiana di Urban and Regional

Planning di Brian J. McLoughlin h a impiegato alcuni anni

per venire alla luce. Praticamente era già pronta pochi mesi dopo l'uscita del libro in Inghilterra, nel 1969, e p p u r e è stata messa in circolazione solo adesso. Perché?

I motivi che h a n n o portato a questo ritardo, u n a volta spiegati, servono, forse meglio di ogni altra cosa, a intro-d u r r e il lavoro intro-di McLoughlin al lettore italiano. Il volume è stato concepito come libro di testo per i corsi base di pianificazione urbanistica nelle università inglesi. Le consi-derazioni che h a n n o spinto McLoughlin a scriverlo sono state f o n d a m e n t a l m e n t e d u e : fornire u n q u a d r o chiaro, ben organizzato dello stato d ' a v a n z a m e n t o delle conoscenze teo-riche, delle metodologie, delle tecniche nel c a m p o della pia-nificazione u r b a n a e regionale e fare piazza pulita fin dall'inizio di un certo m o d o di concepire, progettare, gestire l'urbanistica ancora largamente diffuso nei circoli accade-mici. (...)

L'intento è evidentemente lodevole e, p u r nei limiti che un libro di testo necessariamente ha, lo sforzo di McLoughlin si p u ò dire riuscito. A n c h e u n professore di urbanistica all'università — p r o b a b i l m e n t e la specie più conservatrice e miope nel nostro c a m p o — se legge attentamente questo libro deve ammettere che negli ultimi anni molte cose sono cambiate, che esistono nuove tecniche di analisi, nuove tecniche di previsione dei f e n o m e n i , precise metodologie di decisione, n u o v i metodi e tecniche di progettazione. N o n si tratta più di affidarsi solo all'intuizione e all'esperienza da u n lato o all'improvvisazione scientifica e tecnica dall'altro; basta conoscere e utilizzare in m o d o adeguato gli avanza-menti che vengono compiuti a livelli diversi e in paesi diversi in questo settore per disporre di una metodologia e tecnologia di analisi e di intervento che ormai è abba-stanza soddisfacente ed efficace. (...)

II p r i m o interrogativo che a questo p u n t o si è posto l'editore italiano è stato: A n c h e se McLoughlin di fatto ha scritto un libro introduttivo, di base, in cui, per semplificare al massimo la loro comprensione si banalizzano metodologie e tecniche, esiste in Italia il pubblico per cui esso è stato all'origine scritto? Esistono corsi universitari in cui u n testo del genere possa trovare spazio adeguato? Esiste u n sia p u r modesto strato professionale che lo possa utilizzare con profitto?

Fino a qualche a n n o fa la risposta era negativa; gli spazi esistenti nelle facoltà di architettura e ingegneria per u n discorso ampio, sistematico, sufficientemente a p p r o f o n d i t o nel c a m p o u r b a n o e territoriale e r a n o e s t r e m a m e n t e angusti. Oggi, n o n o s t a n t e la liquidazione di f a t t o di intere facoltà, il n u m e r o di studenti che vuole sapere meglio, conoscere di più e in m o d o più organizzato a u m e n t a ; le misure per ripor-tarli alla normalità, per spegnere in loro ogni interesse e motivazione per f o r t u n a p r o d u c o n o sempre effetto o p p o s t o . Inoltre, e la cosa n o n è affatto marginale, si è v e n u t a for-m a n d o u n a generazione di docenti che è in g r a d o di utiliz-zare la base fornita da questo libro e di f a r f a r e ulteriori passi in avanti ai propri studenti. (...)

Il discorso si f e r m a qui, McLoughlin h a scritto u n b u o n libro, ha f o r n i t o un p a n o r a m a corretto dallo stato dell'arte, h a messo in chiaro cose che spesso nessuno dice, m a questo è sufficiente? Ciò che a sua volta p r o p o n e è accettabile? Le critiche che si possono fare sono d u e . U n a è automatica e persino banale, m a è sempre meglio farla che darla per scontata: McLoughlin fornisce u n p a n o r a m a di quello che è stato pensato e p r o d o t t o all'interno di un certo sistema di rapporti di p r o d u z i o n e e alla presenza di certe sovrastrutture

politiche e, con vizio antico, tende a presentare questa realtà specifica, f r u t t o di condizioni particolari, come la realtà.

Credo che ormai siano pochi coloro che possono cadere inconsapevolmente in questi trabocchetti ' oggettivi comun-que il rischio esiste e se u n o sopravvaluta la generalizzabi-lità di talune tecniche, metodologiche o p r o c e d u r e indicate da McLoughlin p u ò correre b r a t t i rischi.

McLoughlin non è c o m u n q u e il profeta di u n n u o v o tipo di approccio ai problemi della pianificazione capitalistica del territorio: è u n abile interprete e divulgatore di un pro-cesso di ricerca, di pratiche, di teorizzazioni che si verificano ogni giorno e h a n n o ampia diffusione. I meriti e i limiti del libro risiedono p r o p r i o in questo e ogni sopravvalutazione della sua ' pericolosità ' sarebbe abbastanza gratuita. (...)

C'è un'altra e più interna critica che si p u ò m u o v e r e al libro di McLoughlin; anche se questa non sembra la sede migliore per farlo, vale la pena di segnalarla.

Ci sono già i primi segni e certamente il f e n o m e n o di-venterà consistente in u n prossimo f u t u r o , di u n a m o d a ' sistemistica ' anche nell'urbanistica italiana. Fino a qualche a n n o f a parlare o scrivere di V o n Bertalanffy, di Ackoff o C h u r c h m a n n era prerogativa ristretta di pochi studiosi e appariva elemento di distinzione tra ' chi sa ' e il resto del m o n d o . Adesso tutti si o c c u p a n o di sistematistica e fioriscono infinite iniziative in merito.

Forse era meglio p r i m a , l'analisi dei sistemi sta diven-tando il c o n d i m e n t o di ogni processo di pianificazione in-certo nei suoi fini e nelle sue modalità, l'oscuro principio d'autorità cui tutti, in caso di necessità, possono rifarsi. Cosi il ricorso ad essa, anziché giovare a f a r a v a n z a r e le cose ingenera ulteriore c o n f u s i o n e ed equivoci.

Da questo p u n t o di vista il libro di M c L o u g h l i n n o n contribuirà p u r t r o p p o a migliorare le cose. L'idea di u n ' a n a -lisi dei sistemi facile, p r o n t a all'uso p r o b a b i l m e n t e si raffor-zerà ancora di p i ù ; Io stesso M c L o u g h l i n (e questo è forse il vero limite del suo libro) applica all'urbanistica con ecces-siva disinvoltura, concetti elaborati in altri c a m p i scientifici e tecnici ».

BRIAN RICHARDS, Città futura e traffico urbano

-Voi. di 13,5 X 21 cm, pp. 125 - Marsilio Edi-tore, Padova, 1973 - L. 2.200.

« La visione della città del v e n t u n e s i m o secolo, che h a n n o t r o p p o spesso gli u r b a n i s t i e gli architetti, è quella di u n a regione u r b a n i z z a t a , in cui gli elementi u r b a n i — uffici, abi-tazioni, teatri, ristoranti — che e r a n o u n t e m p o d e n s a m e n t e r a g g r u p p a t i a distanza c o m o d a m e n t e p e d o n a l e u n o dall'altro, s a r a n n o sparpagliati su di u n vasto territorio, collegati da u n a rete di a u t o s t r a d e , e accessibili solo a l l ' a u t o m o b i l e pri-vata. Si cita spesso Los Angeles c o m e p r o t o t i p o di tale città.

T e c n i c a m e n t e , oggi è p e r f e t t a m e n t e possibile p r o g e t t a r e e costruire u n a città con lo stesso livello di m o t o r i z z a z i o n e di Los Angeles, solo più c o m p a t t a e con strade e parcheggi a c c u r a t a m e n t e disegnati in m o d o c h e ne risulti u n b u o n livello a m b i e n t a l e . Con l'uso dei parcheggi m u l t i p i a n i , p e r esempio, le distanze si a c c o r c i a n o e gli spazi p o s s o n o a n c h e d i v e n t a r e più tollerabili per i p e d o n i . Q u e s t o risultato, p e r ò , p u ò essere o t t e n u t o solo m e d i a n t e un grossissimo investi-m e n t o nelle s t r u t t u r e fisiche, al p u n t o c h e difficilinvesti-mente il p u b b l i c o s a r e b b e mai disposto a p a g a r e i costi reali d o v u t i all'uso di u n a città del genere e d e l l ' a u t o m o b i l e in essa.

La p r o g e t t a z i o n e di un b u o n livello a m b i e n t a l e i n t o r n o a l l ' a u t o m o b i l e c o m p o r t a dei costi eccessivi, e col crescere della m o t o r i z z a z i o n e , i costi c r e s c o n o a n c o r a p i ù in f r e t t a . La visione della città del f u t u r o c o m p l e t a m e n t e motoriz-zata, nella q u a l e tutti g u i d a n o e p o s s i e d o n o l ' a u t o m o b i l e ,

è mitica semplicemente perché non tutti desiderano o sono in grado di guidare, m a vi sono persone troppo giovani o troppo vecchie per farlo e altre che non possono permettersi di possedere una automobile. Negli Stati Uniti oggi, malgrado si tratti in teoria di u n a società orientata sull'automobile,

Nel documento Cronache Economiche. N.001-002, Anno 1975 (pagine 88-96)