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posizione di garanzia in capo agli amministratori

della holding

In sede di analisi dei paradigmi di imputazione delle persone fisiche all’interno dei gruppi di società, si deve osservare che l’inevitabile esclusione di un obbligo di garanzia penalmente rilevante in capo agli amministratori della holding sulla base della normativa codicistica attualmente vigente “non esclude che all’interno del gruppo possano ravvisarsi precisi obblighi di controllo, cui siano connessi puntuali ed effettivi poteri di intervento scaturenti da atti normativi o negoziali, espressione dell’autonomia privata che delinea l’organizzazione interna

435 Sulla scarsa emersione giurisprudenziale della problematica v. supra, Capitolo II, § 7. Sui limiti degli artt. 40 co. 2 e 110 c.p., invece, v. supra, Capitolo II, § 3.

dell’impresa, evidentemente idonei a fondare valide posizioni di garanzia”436.

Alla luce della “curvatura organizzativa delle posizioni di garanzia”, e cioè della “osmosi tra diritto penale e struttura aziendale”437, l’interprete deve, (anche) innanzi ad un reato scaturito

dall’attività di un gruppo di società, andare “oltre l’accertamento della persona fisica garante ex lege”, verificando “l’ulteriore distribuzione di poteri e doveri, effettuata mediante lo strumento della delega” di funzioni438. Alla base di quest’ultimo istituto, infatti, si ravvisa “un’esigenza di razionalizzazione dei sistemi organizzativi particolarmente evidente nelle imprese di grandi dimensioni”439, quali

sono proprio quelle articolate mediante la struttura del gruppo di società440.

436 Come opportunamente rileva E. SCAROINA, op. cit., p. 249. L’Autrice inoltre rileva che “una specifica posizione di garanzia dovrebbe sussistere a norma degli artt. 59 ss. TUB in capo alla holding preposta al gruppo bancario”.

437 A.GARGANI, op. cit., in Riv. trim. dir. pen. econ., 2017, p. 508 ss. 438 Come osserva, in termini generali, T. VITARELLI, op. cit., p. 15.

439 “Ma presente anche in quelle di dimensioni medie e piccole”. Ancora T. VITARELLI,

op. cit., p. 16. Si ricordi che la delega di funzioni si distingue dalla mera identificazione

concreta dei titolari delle qualifiche delineate in sede normativa da parte del capo dell’impresa, consistendo piuttosto in “un riparto a titolo derivativo” di funzioni (e non in un trasferimento integrale della posizione di garanzia) con la costituzione di garanti derivati: occorre, in quest’ottica, distinguere il “tipo normativo” il “tipo negoziale” (p. da 297 a 299). La delega di funzioni si distingue, quindi, dalla delega “intraconsiliare”

ex art. 2381 c.c. (p. da 300 a 307).

440 Incidentalmente si osservi, inoltre, che quell’opinione che individua una “delega implicita” da parte degli amministratori della capogruppo in capo agli amministratori delle subordinate (riconducibile a C.PEDRAZZI.,Dal diritto penale delle società al diritto penale dei gruppi op. cit., oggi in ID.,op. cit., p. 835) non è di particolare

interesse in questa sede. Innanzitutto, perché allo stato dell’attuale legislazione non si ritiene di poter rinvenire alcuna posizione di garanzia in capo agli amministratori della holding: di conseguenza, non si può immaginare una delega (foss’anche implicita) di una funzione (e di una conseguente responsabilità) che questi ultimi non possiedono. Inoltre, perché quello di cui si discorre è l’eventuale obbligo giuridico (gravante sugli amministratori della capogruppo) di impedire i reati degli amministratori delle subordinate: in quest’ottica, non avrebbe alcuna logica immaginare che il controllore (gli amministratori della capogruppo) deleghi la sua funzione di controllo al controllato (gli amministratori della subordinata). Sulla presunzione di delega basata sulla “fonte organizzativa” v. A.GARGANI, op. cit., in Riv. trim. dir. pen. econ., 2017, p. 508 ss.

Il trasferimento negoziale di obblighi di garanzia, pacificamente ammesso (pur a talune condizioni) dalla dottrina penalistica441, rappresenta, dunque, un ulteriore strumento, ancillare rispetto al concorso (eventuale) di persone nel reato e alle posizioni di garanzia, utile a scardinare la “iper-complessità” strutturale della polycorporate

enterprise442. Ciò che si deve, pertanto, indagare è l’eventualità che gli amministratori (in particolare non esecutivi) delle società subordinate deleghino, attraverso fonti derivanti dall’autonomia privata, le proprie funzioni di garanzia443 rispetto ai loro colleghi (dotati di un ruolo esecutivo) agli amministratori della holding.

In quest’ottica, innanzitutto, è possibile immaginare che siano i c.d. regolamenti infragruppo444 a poter operare suddetto trasferimento,

agevolando l’individuazione dei centri decisionali del gruppo attraverso l’identificazione in capo agli amministratori della capogruppo di obblighi (penalmente rilevanti ex art. 40 co. 2 c.p.) di controllo e

441 Ancora T. VITARELLI, op. cit., p. da 346 a 351.

442 Come osservano E.M.AMBROSETTI,E.MEZZETTI e M. RONCO, op. cit., p. 38, non manca chi, nell’individuazione dei soggetti attivi del diritto penale dell’impresa, attribuisce diretta “rilevanza all’organizzazione dell’impresa, intesa come insieme di regole interne di riparto delle competenze e di distribuzione degli obblighi; il criterio funzionale risulta sicuramente fondamentale, ma deve necessariamente essere integrato dal richiamo a quel complesso normativo interno, che regola la struttura organizzativa dell’impresa e che determina i ruoli e gli specifici doveri e poteri connessi”. Presagiva un superamento dell’istituto della delega a favore di una maggiore adesione dei “processi penali alla realtà storica dell'azienda” F. STELLA, op.

cit., in Riv. it. dir. e proc. pen., 1999, p. 1254 ss.

443 Che la giurisprudenza e la dottrina prevalenti tendono a configurare (in particolare) in capo agli amministratori non esecutivi. V. supra, Capitolo II, § 5.1.

444 I quali sono istituti contrattuali assai diffusi che consentono di “stabilire con chiarezza e precisione quali siano il contenuto, i limiti, le modalità, gli organi investiti dell’attività di direzione e coordinamento, i doveri di adempimento delle società sottoposte, le regole di controllo e di adeguamento”. Così P.MONTALENTI, op. cit., in

Riv. soc., 2007, p. 317 ss., richiamato in questo caso da U.TOMBARI, op. cit., p. 183, il quale a p. 184 rileva che l’utilizzo di questi strumenti “appare non solo opportuno, ma assolutamente necessario, considerata, da un lato, la centralità dei profili e dei momenti organizzativi all’interno delle dinamiche di gruppo e, dall’altro, la scarsa considerazione prestata a tali aspetti da parte del legislatore ed il tentativo della prassi di superare talvolta questa lacuna”. Sostengono la piena liceità dei regolamenti infragruppo anche F.GALGANO e G.SBISÀ, op. cit., p. 364 e 365.

impedimento di (alcune) attività illecite degli amministratori delle subordinate.

Nella medesima prospettiva, inoltre, risulta particolarmente interessante l’opinione di coloro che ritengono che lo stesso d.lgs. 231/2001 potrebbe assurgere “a vera e propria fonte generatrice primaria dell’obbligo giuridico di impedimento dei reati all’interno dell’impresa”, in quanto “gli individui chiamati ad attuare i programmi divengono, di fatto, gli affidatari della tutela del bene”, e sono “concretamente in grado di intervenire sullo svolgimento dei decorsi causali”445: in tale ottica, la “tensione preventiva” che anima il d.lgs.

231/2001 si tramuta nella “tensione impeditiva” che fonda le posizioni di garanzia446.

Per verificare, dunque, se l’attuazione dei modelli di organizzazione e gestione ex d.lgs. 231/2001 nei gruppi di società consente, o meno, di configurare un (più o meno esteso) obbligo di garanzia (sub specie di obbligo giuridico di impedimento dei reati degli amministratori delle subordinate) in capo agli amministratori della capogruppo, sono state analizzate le Linee guida di Confindustria (aggiornate al 2014) e i documenti illustrativi dei modelli di alcune principali holding italiane447. Un dato che emerge con immediatezza da tutti i modelli presi in considerazione è la ricorrente precisazione dell’autonomia delle società subordinate nell’adempimento delle prescrizioni del d.lgs. 231/2001: si legge in particolare nelle Linee guida di Confindustria che “ciascuna

445 Così A.GARGANI,op. cit., in Dir. pen. proc., 2002, p. 1061 ss. Osserva l’Autore che “nel prescrivere determinate forme di controllo e vigilanza, l’ente eserciterebbe una funzione precettiva direttamente attribuita “in bianco” dalla fonte legislativa”. Cfr. sempre A.GARGANI, op. cit., in Riv. trim. dir. pen. econ., 2017, p. 508 ss.

446 Ancora A. GARGANI, op. cit., in Dir. pen. proc., 2002, p. 1061 ss. L’accento dell’Autore è, comunque, critico, parlando egli di “scenario orwelliano”.

447 In particolare: la Parte Generale del modello di Luxottica Group s.p.a. aggiornato al 2017 (quindi prima della fusione nel gruppo EssilorLuxottica); la Parte Generale del modello di Exor s.p.a. (aggiornato al 2013); la Parte Generale del modello di Assicurazioni Generali s.p.a. (aggiornato al 2016); la Parte Generale del modello di Enel s.p.a. (aggiornato al 2019); la Parte Generale del modello di Fiat s.p.a. (la cui data di aggiornamento non è riportata).

società del gruppo, in quanto singolarmente destinataria dei precetti del decreto 231, è chiamata a svolgere autonomamente l’attività di predisposizione e revisione del proprio Modello organizzativo. Tale attività potrà essere condotta anche in base a indicazioni e modalità attuative previste da parte della holding in funzione dell’assetto organizzativo e operativo di gruppo. Peraltro, ciò non dovrà determinare una limitazione di autonomia da parte delle società controllate nell’adozione del Modello”448. Esplicitamente, inoltre, si afferma che

tale soluzione “conferma l’autonomia della singola unità operativa del gruppo e, perciò, ridimensiona il rischio di una risalita della responsabilità in capo alla controllante”.

A fronte di tale statuizione di principio, peraltro, si delinea l’opportunità di un ruolo di direzione e coordinamento (inteso in modo atecnico) della holding449. In effetti, nei singoli modelli esaminati,

emerge, non solo la funzione di impulso e indirizzo della capogruppo verso l’adozione del modello, ma anche l’attività di generale

448 La lettura delle Parti Generali dei modelli delle capogruppo esaminate conferma tale indirizzo: si evidenzia una indubbia funzione di impulso, suggerimento, indirizzo e (talora) guida della holding rispetto all’adozione dei modelli delle subordinate; tuttavia (per ovvi motivi) si ribadisce puntualmente l’autonomia di queste ultime nella predisposizione del modello, la quale viene spesso evidenziata come la maniera più idonea per costruire un assetto adeguato alla prevenzione dei reati nella “alla specifica realtà aziendale in cui opera. L’idoneità del Modello alla prevenzione dei Reati, infatti, deve essere valutata con riferimento alla singola società la quale costituisce un autonomo centro di imputazione di responsabilità” (così si esprime il modello di Fiat s.p.a.).

449 V. Confindustria, Linee guida per la costruzione dei modelli di organizzazione,

gestione e controllo, aggiornate al 2014, p. da 76 a 78. Ad es., “la controllante può

sollecitare l’adozione ed efficace attuazione da parte di tutte le società del gruppo di propri modelli organizzativi […]. La capogruppo potrà indicare, tra l’altro, una struttura del codice di comportamento, principi comuni del sistema disciplinare e dei protocolli attuativi. Queste componenti del modello dovranno, tuttavia, essere autonomamente implementate dalle singole società del gruppo […]. È opportuno anche che la controllante, in seno al proprio Modello organizzativo, delinei regole specifiche per la correttezza e la trasparenza nei rapporti con le controllate. In particolare, l’attività di direzione e coordinamento deve svolgersi attraverso comunicazioni rese in forme ufficiali, così da essere successivamente ricostruibili, se necessario.”. Si ricorda poi che alcuni servizi utili all’adempimento delle prescrizioni del d.lgs. 231/2001 potrebbero essere offerti anche dalla capogruppo.

supervisione sulla sua adozione ed efficace attuazione450. Tuttavia, tali previsioni non sembrano poter configurare un obbligo di garanzia in capo alla holding e ai suoi amministratori: tutt’al più, quello che esse delineano è un obbligo di sorveglianza. La prassi è orientata, infatti, nel senso di ribadire non solo formalmente ma anche strutturalmente l’autonomia delle singole società del gruppo innanzi al d.lgs. 231/2001 (si pensi, ad esempio, alla previsione di un autonomo organismo di vigilanza per ciascuna società del gruppo451): di conseguenza, solo letture eccessivamente rigoristiche e severe potrebbero desumere, dai documenti esaminati, degli obblighi di garanzia (penalmente rilevanti ex art. 40 co. 2 c.p.) in capo agli amministratori della holding452.

450 In particolare, è (coerentemente con le Linee guida di Confindustria) l’organismo di vigilanza della holding a svolgere siffatto ruolo di supervisione. Si v. ad es. la Parte Generale del modello di Luxottica Group s.p.a., ove si legge che “l’Organismo di Vigilanza della Capogruppo potrà altresì confrontarsi e scambiare informazioni con gli Organismi di Vigilanza delle società controllate, al fine di conseguire una visione complessiva dell’efficienza del sistema dei controlli e del monitoraggio dei rischi reato, ferma restando l’esclusiva competenza di ciascun Organismo a conoscere e deliberare in ordine ad eventuali violazioni del Modello delle singole società”. Cfr. anche E. CHITI e M. MARIELLA, Il modello di organizzazione, gestione e controllo del

gruppo Lottomatica, in Rivista231, 2007, n. 1, p. 183 ss. ove si legge che “la Società

capogruppo ha predisposto un Modello composto da una struttura rigida replicabile

tout court nelle diverse società controllate ed una flessibile che, invece, richiede per

sua natura un inevitabile adattamento alle realtà a cui fa riferimento. Elementi della prima sono la struttura del Modello in sé, il Codice di Condotta, il sistema disciplinare e i principi di controllo presi a riferimento. Mentre, elementi costitutivi della parte per così dire ‘flessibile’ sono la mappatura delle aree a rischio ed i relativi controlli a presidio, tra cui in particolare le procedure ed i flussi di reporting. Conseguentemente, nel sistema che si è ritenuto di adottare, la responsabilità di deliberare formalmente l’adozione del Modello della capogruppo, eventualmente personalizzato sulla base delle attività svolte e dei rischi di commissione dei reati specifici, è lasciata ai singoli organi dirigenti delle società del Gruppo […]. Al fine di garantire, tuttavia, omogeneità dei criteri attuativi del Modello, le esigenze di modifica proposte dall’OdV della capogruppo ed eventualmente adottate dal cda della stessa, dovranno essere tempestivamente comunicate alle società del Gruppo, in modo da consentire a ciascun organo dirigente di recepirle nel proprio Modello ove necessario”.

451 Osserva infatti U. LECIS, L’organismo di vigilanza nei gruppi di società, in

Rivista231, 2006, n. 2, p. 45 ss. che “così come non è configurabile un modello

organizzativo della capogruppo, esteso sic et simpliciter alle controllate, altrettanto non si può pensare di istituire un ‘Organismo di Vigilanza di Gruppo’, pena la violazione della norma appena ricordata [art. 6, co. 1 lett. b) del d.lgs. 231/2001] e la conseguente inefficacia (e, quindi, sostanziale inutilità) del modello organizzativo”. L’Autore si sofferma ampiamente sulle diverse modalità di composizione e di coordinamento degli o.d.v. delle diverse società del gruppo.

452 Come si attende che accada E. SCAROINA, op. cit., p. 249 ss. Del resto, è ovvio che il rischio che la giurisprudenza dilati “i criteri di attribuzione della responsabilità

Pertanto, di norma, pare potersi escludere che dal modello organizzativo adottato dalla capogruppo (così come da quelli adottati dalle società subordinate453) possa enuclearsi una posizione di garanzia in capo ai suoi amministratori: il che, come è stato detto in altra sede, non “stupisce”, essendo “tipico della natura umana” evidenziare “l’importanza e la coesione del gruppo quando si tratta di ottenere vantaggi e l’indipendenza delle società che lo compongono quando si tratta di evitare danni”454.

Del resto, un accentramento delle responsabilità (penali e civili) in capo ai vertici della holding contravverrebbe a una delle ragioni principali della diffusione dei gruppi di società, consistente - come già osservato - nella diversificazione e limitazione dei rischi, ottenuta per il tramite della pluralità delle società che compongono il gruppo455. Per

penale nel tentativo di attingere i vertici della controllante” (secondo la formula di P. VENEZIANI, op. cit., in Riv. trim. dir. pen. ec., 1996, p. 238) non può essere escluso a

priori, potendo ben accadere che essa giunga a tramutare i lievi doveri di supervisione

presenti nei modelli analizzati in obblighi di garanzia penalmente rilevanti. Osserva infatti A. ALESSANDRI, op. cit., in Giur. comm., 2002, p. 521 ss., che “non vi è dubbio che l'autodisciplina sia fonte di obblighi, qualora accettati e assunti con la carica, ma la delicatezza del problema, specie sul punto cruciale della specificità dei compiti, consiglierebbe un preciso supporto normativo, adeguatamente modellato per essere in grado di contenere le spinte espansionistiche altrimenti innescate dal meccanismo imperniato sull'art. 40 cpv. c.p.”.

453 Si sono esaminati i modelli di organizzazione e gestione delle società subordinate di Luxottica group s.p.a. Ad es., in quello di Luxottica s.r.l. (aggiornato al 2017) si legge che “Luxottica S.r.l. fa parte del Gruppo Luxottica, di cui rappresenta la controllata che gestisce, in particolare, le attività produttive in Italia. Come tale, essa è sottoposta alla funzione di indirizzo e di coordinamento della Capogruppo. Nell’esercizio di detta funzione di indirizzo e di coordinamento, la Capogruppo ha infatti il compito di informare le società controllate italiane dell’opportunità di procedere all’adozione di un proprio Modello Organizzativo 231 e di attenersi ai principi espressi nelle Policy di Gruppo, emanate proprio al fine di garantire il rispetto di un sistema di controllo e di prevenzione dei reati omogeneo, fermo restando l’autonoma responsabilità di ciascuna singola società ad adottare ed attuare efficacemente il proprio Modello. Conseguentemente Luxottica S.r.l. - a seguito di specifiche valutazioni - ha ritenuto opportuno adottare e mantenere aggiornato un proprio specifico Modello Organizzativo 231, ispirato anche ai criteri del Modello Organizzativo della Capogruppo Luxottica Group S.p.A.”. Si puntualizza, comunque, la possibilità di un confronto con l’o.d.v. della capogruppo e di un avvalimento di alcune sue funzioni (Direzione Internal Audit di Gruppo, Funzione Legale di Gruppo, Risk Management & Compliance e la Direzione Risorse Umane). Contenuti analoghi si rinvengono nei modelli di altre società subordinate del gruppo Luxottica.

454 L.CONTI, op. cit., in Riv. trim. dir. pen. ec., 1995, p. 433 ss. 455 V. supra, Capitolo I, § 2.

tale ragione risulta ragionevole ritenere improbabile che le fonti riconducibili all’autonomia privata (e cioè i regolamenti infragruppo e i modelli di organizzazione e gestione) possano condurre alla configurazione di una posizione di garanzia in capo agli amministratori della capogruppo: evenienza che, comunque, non è dato del tutto escludere, essendo possibile che i doveri e i poteri negozialmente attribuiti a questi ultimi siano tali e tanti da poter fondare un obbligo giuridico di garanzia penalmente rilevante ex art. 40 co. 2. All’interprete spetterà dunque, nel caso concreto, vagliare le fonti convenzionali summenzionate, ricercando previsioni che inducano a ritenere sussistente un concorso omissivo (se non addirittura, in talune circostanze, commissivo) degli amministratori della holding con gli amministratori della subordinata alla cui attività sia ascrivibile il reato456: ancora una volta, dunque, l’auspicio è che l’indagine non si

arresti innanzi alla pluralità e all’autonomia delle società del gruppo, ma che al contrario verifichi la possibilità di “risalire” attraverso i molteplici centri decisionali che conducono l’impresa unitaria.