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di società

È giunto il momento di soffermarsi più approfonditamente sull’inquadramento del gruppo di società nell’ordinamento italiano. L’ordine mediante il quale si procederà è il seguente: innanzitutto, si richiameranno alcune osservazioni generali sull’inquadramento

trasferimenti preordinati al soddisfacimento delle pretese risarcitorie (che potrebbero essere) avanzate ai sensi dell’art. 2497 c.c. da singoli soci della società eterodiretta […]”.

120 Ex multis, U. TOMBARI, op. cit., p. 10 e 11. Sono molteplici gli Autori che enfatizzano il valore organizzativo delle norme contenute nel capo IX del libro V del codice civile. Ad es., G.SCOGNAMIGLIO, op. cit., in P.ABBADESSA e G.B.PORTALE

(diretto da), op. cit., passim con riferimento all’art. 2497 c.c. Oppure F.GALGANO e G.SBISÀ, op. cit., passim in merito agli artt. 2497 bis e ter c.c.

121 Osserva, a conferma di quanto si è affermato nel presente paragrafo, A.VALZER,

op. cit., p. 871 che “in ragione della disciplina dettata per lo svolgimento di un’attività

di direzione e coordinamento, lo statuto normativo di una società appartenente ad un gruppo di imprese si arricchisce di profili differenziali da quello dello stesso tipo societario isolatamente considerato”.

giuscommercialistico dell’impresa di gruppo; in un secondo momento saranno analizzate le regole codicistiche specificatamente approntate dal nostro legislatore.

In quest’ottica, occorre pertanto innanzitutto ricordare come, fino a pochi mesi fa, mancasse, a livello legislativo, una definizione di gruppo di società122. Oggi è l’art. 2, lett. h) del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019, n.14) a supplire a tale carenza, tuttavia in gran parte riproponendo, con differente formulazione, la medesima impostazione (e le medesime lacune) del codice civile. In tal modo, del resto, il legislatore delegato è rimasto fedele ad una esplicita direttiva della legge delega n. 155/2017, la quale stabiliva che nel decreto attuativo dovesse essere adottata “una definizione di gruppo di imprese modellata sulla nozione di direzione e coordinamento di cui agli articoli 2497 e seguenti nonché di cui all'articolo 2545-septies del codice civile, corredata della presunzione semplice di assoggettamento a direzione e coordinamento in presenza di un rapporto di controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile”123. La questione non è di primario rilievo in questa sede: si tornerà comunque in seguito sulle nuove previsioni del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

Ora conviene, piuttosto, soffermarsi sulle norme del codice civile e osservare che il legislatore della riforma del diritto societario del 2003124

122 Di “innata ritrosia da parte del legislatore” parlava già Trib. Roma, 19 novembre 1980, in Giust. Civ., 1981, p. 2387 ss. con nota di A.PELLICANÒ. Nella nota peraltro l’Autore chiudeva osservando che “quando l’esercizio di un potere di fatto si avvale di forme giuridicamente protette se non si provvede tempestivamente a ‘giuridificare’ la struttura su cui l’esercizio del potere si fonda, è inevitabile che questa tenti di erodere i principi che ne assicurano o ne dovrebbero assicurare la governabilità”.

123 Per un primo commento delle disposizioni della l. 155/2017 in materia di gruppi societari si rinvia a G.DONGIACOMO, Riforma crisi d’impresa: i gruppi d’imprese, in

Quotidiano giuridico, 28 novembre 2017. Osserva l’Autore che “la legge, tuttavia, ha

inteso evitare di fornire una nozione del gruppo nuova ed ulteriore rispetto a quella assunta dal codice civile all’esito della riforma organica del diritto societario intervenuta nel 2004”.

124 Per una rassegna della legislazione previgente in materia di aggregazioni societarie si rinvia alla lineare e nitida ricostruzione di L.FOFFANI, Le aggregazioni societarie di fronte al diritto penale: appunti sulle nozioni di “partecipazione rilevante”, “collegamento”, “controllo” e “gruppo”, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1993, p. 121 ss.

ha preferito non adottare una “tecnica definitoria” rispetto ai gruppi di società125, quanto piuttosto predisporre una “regolamentazione delle conseguenze direttamente riconducibili alla dimensione fattuale dello svolgimento dell’attività di direzione e coordinamento di società, senza, peraltro, fissare in maniera esplicita neppure gli elementi identificativi di questa stessa attività”126. In effetti, i contenuti dell’attività di

direzione e coordinamento non vengono espressi: il legislatore si limita a presumere iuris tantum tale attività, ex art. 2497 sexies c.c., quando la capogruppo sia tenuta al consolidamento dei bilanci delle subordinate o comunque le controlli ai sensi dell’art. 2359 c.c.

Ai fini della presente indagine risulta utile sul punto rimarcare che la disciplina di cui agli artt. 2497 ss. c.c. si deve applicare, quindi, in presenza non di un mero rapporto di controllo societario quanto, piuttosto, dell’esercizio da parte della holding dell’attività di direzione unitaria sulle subordinate127: a rilevare è, in definitiva, il “fatto e, più in

125 Pur essendo indubitabile che gli artt. 2497 ss. c.c. intendano riferirsi proprio ai gruppi di società. Osserva infatti G.SCOGNAMIGLIO, op. cit., in P.ABBADESSA e G.B. PORTALE (diretto da), op. cit., p. 949 che “sebbene le disposizioni del capo IX del libro V (intitolato, appunto, alla “direzione e coordinamento di società”), non facciano esplicito riferimento alla fattispecie del gruppo di società, è opinione pacifica, confermata altresì dal collegamento fra la disciplina del decreto delegato ed i criteri di delega enunciati nel citato art. 10 e dal tenore della Relazione ministeriale di accompagnamento al d.lgs. n. 6/2003, che il fenomeno considerato dal legislatore – e dal medesimo declinato secondo la duplice versione, rispettivamente, del gruppo c.d. verticale o gerarchico e del gruppo c.d. paritetico – è proprio quello delle società sottoposte ad una comune direzione ad opera di un soggetto esterno – che viene solitamente identificato con la formula “società capogruppo” o “ente capogruppo” – in funzione del conseguimento di un risultato economico unitario ed ulteriore rispetto a quello perseguibile nell’ambito delle singole articolazioni soggettive del gruppo; articolazioni peraltro giuridicamente autonome […]. Qui risiede infatti la caratteristica peculiare del modello organizzativo, istituzionalmente oscillante fra unità e pluralità: unità della strategia economica e finanziaria; pluralità dei centri di imputazione dei diritti, degli obblighi e dei rapporti”.

126 Così si esprime A.VALZER, op. cit., p. 834. Trattasi di un’impostazione già presente in alcuni precedenti studi della dottrina. Si v., ad es., P.MONTALENTI,op. cit., in Giur. comm., 1995, p. 710 ss.

127 Osserva infatti E. MARCHISIO, op. cit., p. 69, che “la presunzione disciplinata dall’art. 2497 sexies c.c. è, infatti, semplice, così rendendo palese che: a) il “controllo” non è condizione senz’altro sufficiente del gruppo (ché la società controllante potrà fornire la prova contraria); b) quel medesimo “controllo” non è neppure (è da credere) condizione necessaria, poiché la “direzione unitaria” ben potrà essere veicolata da strumenti di permeabilizzazione non disciplinati dal richiamo alle disposizioni di cui

particolare, l’attività di direzione e coordinamento di società, a prescindere dalla fonte del potere”128. Come accennato, tuttavia, il legislatore non definisce i contenuti di tale attività: possono pertanto utilmente richiamarsi le riflessioni della dottrina aziendalistica e giuscommercialistica riportate nei precedenti paragrafi sulla nozione di direzione unitaria e sulle sue forme di manifestazione. È la direzione unitaria, infatti, a rappresentare il perno della disciplina (nonché della nozione) civilistica dei gruppi di società. Peraltro, è interessante in questa sede osservare che, pur avendo il legislatore inteso rimanere aderente ad un “principio di effettività”129 nel predisporre la normativa

in esame, l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento debba comunque essere considerato “l’espressione di un vero e proprio potere giuridico”130.

Ciò considerato, la dottrina giuscommercialistica usa introdurre, sulla base della normativa codicistica, una distinzione ulteriore rispetto a quelle elaborate dalla scienza aziendalistica e precedentemente esposte. Trattasi della distinzione tra gruppi verticali (o gerarchici) e gruppi orizzontali (o paritetici): ove però i gruppi verticali sarebbero quelli nei quali, ex art. 2497 sexies c.c., l’attività di direzione e coordinamento è esercitata sulla base di un rapporto di controllo

all’art. 2359 cc. Può pensarsi, ad esempio, ad ipotesi di soggezione esterna ulteriori rispetto ai “particolari vincoli contrattuali” di cui all’art. 2359 c.c.”.

128 Così U.TOMBARI, op. cit., p. 18. 129 Ancora U.TOMBARI, op. loc. ult. cit.

130 In questi termini si esprime A.VALZER, op. cit., p. 884. Precisano però F.GALGANO e G.SBISÀ, op. cit., p. 122 che “l’esercizio della direzione unitaria, come si dirà, è un’attività “destinata a svolgersi entro uno spazio vuoto di diritto”. In linea di principio, nell’ipotesi di gruppo piramidale, fondato sul rapporto di controllo, e avendo tratto alla disciplina di diritto comune, l’esercizio dell’attività di direzione unitaria è frutto di una valutazione discrezionale della controllante al vertice della piramide. Non si tratta, perciò, di una situazione configurabile come rapporto giuridico, da cui derivino diritti ed obblighi per le parti per quanto concerne il compimento di operazioni imprenditoriali”. Le due affermazioni non paiono comunque inconciliabili: l’attività di direzione e coordinamento è un fatto la cui realizzazione è consentita del potere giuridico che promana dal rapporto di controllo (art. 2497 sexies c.c.) o dal contratto di coordinamento (art. 2497 septies c.c.). P.MONTALENTI,op. cit., in Giur. comm.,

2016, p. 111 ss., pur riconoscendo l’autonomia delle società subordinate, sostiene invece che il rapporto di direzione e coordinamento è (proprio) un rapporto giuridico.

societario ai sensi dell’art. 2359 c.c., mentre i gruppi orizzontali sarebbero quelli nei quali, ex art. 2497 septies c.c., tale attività è esercitata sulla base di un contratto (o di clausole statutarie)131.

Nel primo caso l’attività di direzione e coordinamento si estrinsecherebbe pertanto in una “sovraordinazione unidirezionale”, mentre nel secondo in una “sovraordinazione condivisa”132, potendo ciò

essere utilmente letto alla luce di quanto detto con riferimento al

continuum tra accentramento e decentramento nelle forme di

manifestazione dei gruppi di società. Tale distinzione, peraltro, conferma la circostanza secondo la quale, pur esistendo una innegabile “relazione privilegiata” tra il controllo societario e la direzione unitaria (fondata sull’influenza esercitabile mediante i diritti di nomina e revoca degli amministratori delle subordinate)133, quest’ultima può essere

131 L’appiglio normativo della distinzione è confermato dalla relazione di accompagnamento al d.lgs. 6/2003, ove si legge che “il nuovo art. 2497 septies […] contiene la previsione dell’originario secondo comma dell’art. 2497 sexies, essendo apparso opportuno, al fine di eliminare equivoci interpretativi, separare la disciplina del controllo c.d. ‘verticale’, prevista nell’art. 2497 sexies, da quella del controllo c.d. ‘paritetico orizzontale’”.

132 Tali espressioni sono utilizzate da E.MARCHISIO, op. cit., p. 77 e 79 e servono ad indicare il maggiore o minore grado di accentramento del potere decisionale in capo alla holding che è dato riscontrare nelle due ipotesi. Vale la pena quindi leggere (anche) questa ulteriore classificazione alla luce di quanto si è in precedenza osservato con riferimento al continuum tra accentramento e decentramento nei gruppi di società. F. GALGANO e G. SBISÀ, op. cit., p. 359, osservano sul punto che “gruppi in senso orizzontale nascono da accordi fra più società, diretti ad instaurare fra loro un coordinamento di carattere finanziario ed organizzativo, tale da dare vita ad una loro direzione unitaria, ma senza creare vincoli di subordinazione di una società rispetto all’altra”.

133 E.MARCHISIO, op. cit., p. 37. In termini ancora più icastici a p. 75 l’Autore sostiene che tale relazione privilegiata si fondi sul “ricatto sugli amministratori delle società eterodirette derivante da un rapporto di controllo”. L’Autore insiste sulla distinzione tra controllo (inteso in termini “dominicali” e statici) e attività di direzione e coordinamento (intesa in termini dinamici) p. da 38 a 41 e p. da 54 a 60. Per un’analisi della disciplina codicistica in materia di controllo si rinvia invece alle p. da 42 a 50. Anche F.GALGANO e G.SBISÀ, op. cit., p. 342 osservano che la presunzione di cui all’art. 2497 sexies c.c. si giustifica in quanto ordinariamente avverrà che “gli amministratori della capogruppo impartiranno direttive agli amministratori delle controllate e che costoro, anche se formalmente abilitati a disattenderle, di fatto le eseguiranno (magari dopo averle discusse e dopo averne ottenuto un adattamento alle esigenze di gestione della loro società) perché la loro nomina e la loro conferma, la provvista dei mezzi finanziari per gestire l’impresa loro affidata e, in una parola, le sorti di questa sono nelle mani della controllante”.

esercitata (dando così vita ad un’impresa di gruppo) anche al di là di esso134.

Tuttavia, sul punto occorre fare una puntualizzazione di primario rilievo ai fini della presente indagine: nel nostro ordinamento si esclude la liceità di una attività di direzione e coordinamento basata sul c.d. “contratto di dominazione”. Trattasi di quel contratto che, come è stato detto, consente di “alienare il governo della società” così da consentire “di comandare senza ostacoli e di obbedire senza rischi”135. Tale

strumento viene ritenuto estraneo alla disciplina nazionale tanto sulla base di osservazioni testuali quanto sulla base di considerazioni di carattere sistematico136: pertanto, è stato affermato che “il gruppo

134 Oltre ai contratti di coordinamento di cui all’art. 2497 septies c.c., E.MARCHISIO,

op. cit., p. 61 offre un ulteriore esempio e cioè quello della direzione unitaria “derivante

dalla coincidenza soggettiva degli Organi di amministrazione (c.d. interlocking

directorates)”. Osserva quindi l’Autore che “la presunzione disciplinata dall’art. 2497

sexies c.c. è, infatti, semplice, così rendendo palese che: a) il ‘controllo’ non è condizione senz’altro sufficiente del gruppo (ché la società controllante potrà fornire la prova contraria); b) quel medesimo ‘controllo’ non è neppure (è da credere) condizione necessaria, poiché la ‘direzione unitaria’ ben potrà essere veicolata da strumenti di permeabilizzazione non disciplinati dal richiamo alle disposizioni di cui all’art. 2359 c.c.”.

135 Così,P.SPADA, L’alienazione del governo della società per azioni, in AA.VV., I

gruppi di società op. cit., p. 2176, come richiamato da E.MARCHISIO, op. cit., p. 67. Quest’ultimo Autore chiarisce il significato di questa formula, la quale “può tradursi precettivamente in tre enunciati normativi: a) che il ‘governo’ della società sia attribuito a soggetti non preposti all’amministrazione della società medesima; b) che la loro attività non sia vincolata al perseguimento dell’interesse della società eterogovernata; c) che a tale rilocalizzazione della competenza gestoria e defunzionalizzazione all’interesse sociale si accompagni la deresponsabilizzazione dei soggetti preposti all’ufficio di amministrazione della società eterodiretta”.

136 Osservano infatti F.GALGANO e G.SBISÀ, op. cit., p. da 128 a 130 che “l’art. 2497 septies c.c. trova applicazione rispetto alla società o all’ente che esercita attività di direzione e coordinamento ‘fuori dalle ipotesi di cui all’art. 2497 sexies’. Le ipotesi previste dall’art. 2497 sexies sono quelle […] dei gruppi verticali. Di conseguenza, i gruppi verticali sono ‘fuori’ dall’ambito di applicazione della norma concernente l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento di società ‘sulla base di un contratto con le società medesime o di clausole dei loro statuti’ (art. 2497 septies). La conclusione a cui conduce la formulazione di quelle due norme trova piena conferma quando si verifichi se la costruzione contrattuale del gruppo verticale sia compatibile con la complessiva disciplina generale della direzione unitaria. Vincolarsi contrattualmente a eseguire le direttive della società dominante significa, in concreto, che gli amministratori della società dominata cessano di essere tali e si trasformano ‘in dipendenti dell’ente capogruppo; ma allora non si saprebbe più distinguere un gruppo di società, pur sempre dotate ciascuna di propria autonomia giuridica e patrimoniale, da un’unica società articolata al proprio interno in diverse divisioni del tutto prive di una siffatta autonomia’. Già queste conseguenze si pongono in insanabile contrasto

paritetico costituisce l’unica fattispecie di gruppo contrattuale effettivamente compatibile con i principi generali del sistema giuridico italiano”137. Trattasi di un chiarimento importante in quanto corrobora

quanto già si era in precedenza affermato in riferimento all’impossibilità di configurare un’impresa di gruppo integralmente accentrata, in cui gli amministratori delle subordinate siano ridotti a meri “esecutori delle direttive della capogruppo” sottratti a qualsivoglia responsabilità138.

A tale conclusione, peraltro, fa da premessa l’affermazione, condivisa (non solo dalla scienza aziendalistica, ma anche) dalla dottrina giuridica, del ruolo costitutivo rivestito tanto dall’unità quanto dalla pluralità ai fini dell’identificazione del gruppo di società139. Come già

anticipato, infatti, la più autorevole riflessione giuscommercialistica ha ricondotto questo binomio entro il sistema del diritto, criticando chi invece “predica la frattura fra realtà economica e realtà giuridica”, soprattutto “entro un sistema del diritto dell’impresa che gli artefici del

con il principio, stabilito nella legge delega, dell’esclusiva responsabilità degli amministratori per la gestione dell’impresa sociale”. Riflessioni analoghe si rinvengono in R. SANTAGATA, Autonomia privata e formazione dei gruppi nelle

società di capitali, in P.ABBADESSA e G.B.PORTALE (diretto da), op. cit., p. 810. 137 Così R. SANTAGATA, Il gruppo paritetico. Diritto commerciale interno e

internazionale, 2001, Torino, p. 12, richiamato da E.MARCHISIO, cit, p. 67. Una posizione differente assume invece A.VALZER, op. cit., p. 875, ove afferma che “i contratti alla fonte dell’attività di direzione e coordinamento, proprio in virtù del contenuto precettivo dell’art. 2497 septies non possono che essere contratti che riguardano gruppi gerarchici”. L’Autore ammette quindi i contratti di coordinamento gerarchico ma esclude comunque la possibilità che possano essere considerati leciti dei contratti di dominazione c.d. in senso forte. La sua analisi è comunque volta ad evidenziare che, come osserva a p. 884, “le possibilità che si schiudono per l’autonomia privata in questo campo sembrano esser molte. Esse sono sicuramente incoraggiate da questa possibile ambivalenza delle nuove norme, che si percepisce nel passaggio dal fatto al contratto”. Anche U.TOMBARI, op. cit., p. 181 ss. sostiene la liceità del contratto di coordinamento gerarchico.

138 Cfr. F.GALGANO e G.SBISÀ, op. cit., p. 364. I medesimi autori affermano a p. 118 che “nessuna norma autorizza la capogruppo a chiedere agli amministratori delle società controllate il compimento di atti di gestione, che non siano da essi condivisi. […] L’appartenenza a un gruppo, insomma, non attenua la responsabilità degli amministratori di una società controllata, che hanno il dovere di perseguire prioritariamente l’interesse della specifica società a cui sono preposti […]”.

139 In poche ma incisive parole, F.GALGANO e G.SBISÀ, op. cit., p. 342, definiscono così il fenomeno in esame: “c’è, propriamente, un gruppo di società solo dove una pluralità di società è ricondotta ad unità dalla guida unitaria che una di esse esercita sulle altre”.

codice civile hanno voluto costruire ‘secondo il metodo dell’economia’, ossia facendo corrispondere le categorie giuridiche a quelle dell’economia”140.

In questa prospettiva sono state pertanto respinte sia le opinioni che ipotizzavano un’unità solo economica del gruppo di società sia gli orientamenti che ne postulavano una c.d. “entificazione”141: in tal modo, si è giunti all’affermazione secondo la quale nell’ambito del fenomeno in esame vi sarebbero unità di impresa e pluralità di imprenditori societari142. Di conseguenza, è stato affermato che anche la holding “è imprenditore, per il fatto di esercitare attività imprenditoriale nella sua completezza, in una fase in via diretta, in altra fase in modo mediato e indiretto”143. Ciò ha consentito di trarre due conclusioni: innanzitutto,

che “il gruppo di società non costituisce un autonomo soggetto di diritto […] salvo non si sia in presenza di una finzione di gruppo”; in secondo luogo, che “è tuttavia, in presenza di determinate circostanze, giuridicamente possibile concepire una impresa unitaria che alimenta varie attività formalmente affidate a soggetti diversi, il che, tra l’altro, non comporta sempre la necessità di superare lo schermo della persona giuridica, né di negare la pluralità di quei soggetti”144.

140 Si tratta ancora una volta di F.GALGANO, op. cit., p. 165, che si richiama a F. SANTORO PASSARELLI, L’impresa, in F. GALGANO (diretto da), Trattato di diritto

commerciale e di diritto pubblico dell’economia, 1978, Padova, p. 19.

141 Ancora F.GALGANO, op. cit., p. da 177 a 181.

142 F.GALGANO, op. cit., p. 183, ove afferma che “fra loro plurime sono le società del gruppo, ciascuna titolare di fronte ai terzi di propri diritti e doveri; unica, per contro, è l’impresa che le società del gruppo concorrono a esercitare, esercitandola la holding in modo mediato e indiretto, ed esercitandola la controllata in modo immediato e diretto, dando così luogo ad una forma di titolarità plurima di una medesima impresa”. 143 Così Cass. civ., sez. I, 26 febbraio 1990, n. 1439, cit., specificatamente richiamata da F.GALGANO, op. cit., p. 176. Nelle pagine precedenti l’Autore confuta le risalenti proposte giurisprudenziali che avevano tentato di inquadrare l’attività di impresa della

holding come prestazione di servizi ausiliari (art. 2195, co. 1 n. 5 c.c.) o come

produzione industriale di servizi (art. 2195, co. 1 n. 1 c.c.). In particolare, si v. p. da 165 a 170. Sulla nozione di oggetto sociale mediato e indiretto, invece, si v. da p. 173 a 176.

144 Così F.GALGANO, op. cit., p. 194 che riprende parzialmente le parole di Cass. civ., sez. lav., 24 marzo 2003, n. 4274, in Dir. lav., 2004, p. 81 ss., con nota di F.CASAGLI. La Corte di Cassazione giunge così a sostenere che l’unità dell’impresa di gruppo comporta in ogni caso che il rapporto di lavoro di chi in essa opera si stabilisca fra il

L’autorevole opinione appena esaminata è stata recepita anche dalla giurisprudenza penale. In un provvedimento del 2004 del Gip di Milano si legge, infatti, che “l’oggetto della holding non è la gestione di partecipazioni azionarie come tali, ma l’esercizio indiretto di attività di impresa” e che, pertanto, “le società controllanti […] hanno soddisfatto, attraverso le controllate, un proprio interesse”145. È evidente, dunque,

come la questione appena discussa non abbia una rilevanza squisitamente teorica: al contrario, la soluzione accolta pare poter avere