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L’avvio ufficiale delle trattative: lo scambio epistolare tra Paolo VI e Franco

Il 23 dicembre 1966, Paolo VI, nel tradizionale discorso di fine anno al collegio cardinalizio339, nel riferirsi all’accordo appena stipulato con l’Argentina lo definiva

come “un avvenimento di grande importanza per la vita della Chiesa, in quella Nazione”. L’Accordo, infatti, garantiva alla Chiesa, anche sul piano giuridico, “il libero esercizio del suo potere spirituale e del culto e riconosce(va) alla Santa Sede quei sacrosanti ed inalienabili diritti che, per volontà divina, erano inerenti al suo mandato apostolico”340. Il pontefice notava poi come lo Stato argentino, rinunciando ad

intervenire nel procedimento di nomina dei Vescovi ed in altri campi ecclesiastici, fosse stato il primo ad accogliere la preghiera che il decreto De Pastorali Episcoporum

munere in Ecclesia aveva rivolto, in merito, a tutte autorità civili.

In Spagna, la nuova dottrina della Chiesa e il discorso del pontefice avevano innescato un dibattito mediatico sull’opportunità di rinunciare al privilegio di nomina. Dalle colonne del Correo Catalálan, Roberto Coll-Vinent affermava “un país que invoca

tantas veces su condición de católico non puede andar a la zaga a la hora de seguir unas directrices clarísimas […] No hemos de ser católicos a la hora de presumir sino a la hora de obedecer”, mentre Wifredo Espina suggeriva una “renuncia pura y simple”

sottolineando come il mantenimento di detto privilegio si ponesse in contrasto con il diritto costituzionale spagnolo che proprio alla dottrina della Chiesa aveva dichiarato di ispirarsi. Altri, invece, sostenevano la necessità di negoziati attraverso cui le parti, reciprocamente, rinunciassero ai privilegi e ai diritti legittimamente acquisiti. Così, La

Prensa, muovendo dalla convinzione che il Concordato fosse un “do ut des” sosteneva

che “a nivel diplomático no parece justo pedir a una de las dos partes - en este caso el

Estado - que renuncia a sus privilegios sobre la Iglesia, si ella no está dispuesta a       

339 Per il testo cfr. https://w2.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1966/documents/hf_p- vi_spe_19661223_sacro-collegio.html

340 L’art. 3 dell’accordo del 1966 precisava anzitutto che il diritto di nominare arcivescovi e vescovi spettava alla Santa Sede. In secondo luogo prevedeva che la Santa Sede, prima di procedere alla nomina di arcivescovi e vescovi residenziali, prelati e coadiutori con diritto di successione comunicasse al governo il nome del candidato, per consentirgli di formulare, entro trenta giorni, obiezioni di carattere politico generale. In caso di obiezioni, l’art. 6 prevedeva che la ricerca di “formas apropiadas para llegar

a un entendimiento” da parte di Chiesa e Stato. cfr. R.R. de la Fuente, El Acuerdo entre la Santa sede y la República de Argentina, in REDC, vol. 23, n. 64, 1967, p. 11-125; Id., La situación concordataria de Argentina, in AA. VV., La institución concordataria en la actualidad, cit., p. 367; A. Ingoglia, La partecipazione dello Stato alla nomina dei vescovi nei Paesi ispano-americani, Giappichelli, Torino,

2001, p. 80-81. In generale, per una ricognizione sui meccanismi connessi alla prenotificazione cfr. L. de Echeverría, El Convenio español de 28 de julio de 1976, cit., p. 114 ss..

prescindir de los privilegios concretos que este Concordato le concede”. Nello stesso

senso si esprimeva padre Monsegú per cui il testo doveva mantenersi “incólume y no se

remueva ni una de sus piedras sin que ambas partes contratantes se pongan de mutuo acuerdo, deshagan o renuncien siguiendo el trámite amistoso y bilateral con que se montó todo el edificio” 341.

Il governo, che pure aveva iniziato ad interrogarsi sul se ed eventualmente come procedere alla rinuncia al privilegio di presentazione, nei confronti della Santa Sede - che lo aveva più volte sollecitato, in via informale342 - continuava a mantenere, come

suggerito dallo stesso Franco343, un atteggiamento di “pasividad total”344.

Nel suo primo incontro in qualità di segretario della Congregazione per gli affari ecclesiastici straordinari, Agostino Casaroli, non mancò di sottolineare a Garrigues le ripercussioni negative che la mancata rinuncia al privilegio di presentazione da parte del governo spagnolo aveva prodotto a livello internazionale e, in particolar modo, nei Paesi dell’est Europa i cui governi, al momento di negoziare un accordo con la Santa Sede, avevano ripetutamente richiesto, sulla base dell’esempio spagnolo, il riconoscimento del diritto di presentazione345.

L’inamovibilità della Spagna aveva portato Paolo VI a compiere un gesto alquanto inusuale346. Il 29 aprile 1968, il papa indirizzava una lettera a Franco, chiedendo di “dar un ejemplo lunimoso de plena uniformidad con la enseñanzas y peticiones de la Iglesia renunciando, antes de una posible revisión del Concordato, a privilegios […] que ya no       

341 Le opinioni qui richiamate possono essere consultate su Equipo Vida Nueva, Todo sobre el

Concordato, cit., p. 123 ss..

342 Già il 7 marzo 1966, Samoré ricordava a Garrigues che “la Santa Sede tiene un extraordinario interés

en que España pueda dar este paso o gestión de renuncia aceptando el sistema de prenotificación”. cfr.

lettera di Garrigues a Castiella, del 9 marzo 1966, AGUN 010/003/037-3. La rinuncia era stata suggerita anche da cardinale Quiroga Palacios, arcivescovo di Santiago de Compostela e presidente della CEE in una lettera indirizzata al Ministro di Giustizia, del 19 luglio 1966, nei seguenti termini: “podrían darse

dos documentos paralelos y sin que en el uno se hiciese mención del otro: la renuncia sin condiciones al derecho de presentación y la renuncia por parte de la Iglesia Española a alguno o algunos de los privilegios de que actualmente disfruta legítimamente”. cfr. AGUN, 05/417/0012. Sul punto si veda V.

Carcel Ortí, Nombramiento de obispos en la España del siglo XX. Algunas cuestiones canónicas,

concordatarias y políticas, cit., p. 578; F. De Meer, Antonio Garrigues embajador ante Pablo VI. Un hombre de concordia en la tormenta (1964-1972), cit., p. 77.

343 F. De Meer, Antonio Garrigues embajador ante Pablo VI. Un hombre de concordia en la tormenta

(1964-1972), cit., p. 94.

344 L’espressione è di F. De Meer, Antonio Garrigues embajador ante Pablo VI. Un hombre de concordia

en la tormenta (1964-1972), cit., p. 85.

345 Cfr. lettera di Garrigues a F.M. Castiella, del 19 ottobre 1967, AGUN 010/003/322-4. cfr. F. De Meer,

Antonio Garrigues embajador ante Pablo VI. Un hombre de concordia en la tormenta (1964-1972), cit.,

p. 110.

346 J.M. Laboa, Pablo VI, el régimen político y la sociedad española, in AA.VV., Pablo VI y España,

corresponden al espíritu ni a las exigencias de los tiempos” e di lasciare alla Santa Sede

“la libertad de proceder a la elección y al nombramiento de Obispos españoles sin

observar los vinculos ahora vigentes”347. In cambio, assicurava che la Santa Sede “al hacer nombramientos episcopales, no tendrá otras miras que las de prosperidad religiosa y espiritual” e offriva la notifica previa in materia di nomine, per consentire al

governo di sollevare obiezioni di carattere politico generale.

Secondo quanto riportato da de Meer, per Casaroli e Benelli348 il testo, redatto “en el espíritu de amistad, colaboración y de amor”, era finalizzato alla risoluzione di un

problema “no en beneficio de la Santa Sede, sino en beneficio de las dos potestades […]

para el afianzamiento y el perfeccionamiento de unas relaciones”. e, in ragione di ciò,

confidavano che la risposta del capo dello Stato sarebbe arrivata in breve giro di posta, animata dallo stesso spirito349. Inoltre, entrambi auspicavano che la risposta fosse

“plenamente satisfactoria” e prescindesse dal collegare la rinuncia al diritto di presentazione alla revisione globale dell’accordo, opzione quest’ultima che avrebbe richiesto tempi piuttosto lunghi350.

In realtà, le aspettative furono ben presto disattese. Il 12 giugno, Franco con una “carta

habilíssima”351, “fenomenal”352, “perfectamente lógica y ajustada a Derecho”353 legava

indissolubilmente la rinuncia al privilegio di presentazione alla totale revisione del Concordato, dando una chiara dimostrazione di come nella cattolica Spagna “la política

estaba por encima de la fe”354. Poiché il diritto di presentazione era inserito in un più       

347 ASP

348 Giovanni Benelli (Poggiole di Vernio, maggio 1921 – Firenze, ottobre del 1982) è stato consigliere presso la nunziatura di Madrid dal 1962-1965. Durante la sua permanenza in Spagna, Benelli ha stretto solidi legami con i giovani sacerdoti considerati oppositori del regime (tra questi Maximino Romero de Lema e Narciso Arnau Jubany) al punto da essere considerato persona non grata dal governo (R. Sugranyes de Franch, Dalla guerra di Spagna al Concilio. Memorie di un protagonista del XX secolo, Rubettino Editore, Soveria Mannelli, 1998, p. 149). Benelli ha continuato ad occuparsi della situazione spagnola anche a seguito del suo rientro a Roma. Alcuni autori non escludono che possa avere avuto un ruolo determinante nella diffusione del proyecto ad referendum (P.M. de Santa Olalla Saludes, El

Concordato que nunca llegó a renovarse, cit., p. 49-50; Id., La Iglesia que se enfrentó a Franco, cit., p.

cit., p. 211).

349 F. De Meer, Antonio Garrigues embajador ante Pablo VI. Un hombre de concordia en la tormenta

(1964-1972), cit., p. 137.

350 F. De Meer, Antonio Garrigues embajador ante Pablo VI. Un hombre de concordia en la tormenta

(1964-1972), cit., p. 138.

351 J.M., Díaz Moreno, Por qué y cómo se hicieron los acuerdos, cit., p. 26. Negli stessi termini si è espresso F. Margiotta Broglio, Chiesa e Stato in Spagna, in Nuova Antologia, vol. 521, fascicolo 2082, 1974, p. 189.

352 Così è stata definita da Ismael Medina. cfr. Equipo Vida Nueva, Todo sobre el Concordato, cit., p. 156.

353 A. de la Hera, Las relaciones entre la Iglesia y el Estado en España (1953-1976), p. 624. 354 P.M. de Santa Olalla Saludes, El Concordato que nunca llegó a renovarse, cit., p. 45.

ampio insieme di prestazioni e controprestazioni, la sua rinuncia sarebbe stata possibile solo nel caso in cui anche la Chiesa avesse abdicato alle prerogative che il Concordato le assicurava. D’altronde, continuava Franco, la rinuncia ai reciproci privilegi sarebbe stata perfettamente coerente con gli orientamenti conciliari che imponevano anche alla Chiesa di liberarsi da tutti i diritti, anche quelli legittimamente acquisiti, che avessero potuto far dubitare della sincerità della sua testimonianza. Né si poteva sostenere che il sistema di presentazione fosse incompatibile con la libertà della Chiesa, dal momento che sia sotto il profilo dell’elaborazione teorica che della sua attuazione pratica il governo aveva sempre avuto riguardo per i diritti e i desiderata della Santa Sede, come non era condivisibile il pensiero del pontefice secondo cui l’opinione pubblica spagnola sarebbe stata favorevole a una rinuncia unilaterale da parte della Spagna. Pertanto, per il Caudillo, soltanto “una revisión y puesta al día del vigente Concordato perfeccionaría

[…] las buenas relaciones felizmente existentes entre la Iglesia y el Estado español”.

Lo scambio epistolare tra Paolo VI e Franco dava ufficialmente il via al lungo processo di revisione del Concordato.

3. Il ruolo della Conferenza episcopale spagnola nella determinazione dei “punti di

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