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La costruzione giuridica dello Stato cattolico

La Costituzione repubblicana - si è visto - rompe con la tradizione costituzionale spagnola caratterizzata dall’alternanza tra “confesionalidad - no confesionalidad -

confesionalidad” da un lato, e tra “no libertad religiosa - silencio ante la libertad religiosa - sí libertdad religiosa”103 dall’altro. Seguendo il ragionamento ipotizzato da

de la Hera, secondo cui “la desconfesionalización avanza y retrocede, pero en cada

retroceso se conserva un punto nuevo en la línea de lo ya avanzado” mentre “las rupturas provocan reacciones de signo contrario”104, è inevitabile che a guerra finita si

instauri un regime che (anche) in tema di politica ecclesiastica agisca in maniera opposta rispetto alla II Repubblica.

Il lento ma graduale processo di confessionalizzazione dello Stato può essere distinto in tre periodi che si intersecano e sovrappongo tra di loro: il primo prende lentamente avvio durante la guerra civile ed è contraddistinto da norme poste unilateralmente dal legislatore statale; il secondo, che si sviluppa nell’arco di quasi un trentennio, coincide con il periodo ‘costituente’; il terzo, è caratterizzato dal diritto pattizio (e può essere a sua volta suddistinto in due fasi, stipula di accordi sulle materie di maggiore interesse prima, sottoscrizione di un Concordato poi)105.

      

102 V. Carcel Ortí, Ejercicio del privilegio de presentación de obispos por el general Franco, in D.J. Andrés-Gutiérrez (a cura di), Il processo de designazione dei vescovi. Storia, legislazione, prassi. Atti del

X Symposium Canonístico-romanistico, 24-28 aprile 1995, PUL Editrice, Città del Vaticano, 1996, p.

264; J. Andrés-Gallego, El Concordato de 1953 en la historia contemoporanea de España, cit., p. 42; A. Marquina Barrio, El primer acuerdo del nuevo Estado español con la Santa Sede de 7 junio 1941, in UNISCI Discussion Papers, 36, 2014, p. 150 ss.. il governo di Burgos dopo un primo momento di indifferenza verso le nomine e gli spostamenti dei vescovi da una sede all’altra, sollevava formale protesta al momento della nomina come vescovo di León di Carmelo Ballester, spagnolo naturalizzato francese. Sul punto si veda anche V. Carcel Ortí, Nombramientos de obispos en la España del siglo XX.

Algunas cuestiones canónicas, concordatarias y políticas, in REDC, vol. 50, 135, 1993, p. 564-565.

103 A. de la Hera, El proceso de desconfesionalización del Estado, in M. del Carmen Caparrós - M. del Mar Martín - M. Salido (a cura di), XXX años de los acuerdos entre España y la Santa Sede. Actas del IV

simposio internacionale de derecho concordatario, cit., p. 8.

104 A. de la Hera, El proceso de desconfesionalización del Estado, cit., p. 9.

105 G. Suárez Pertierra, Libertad religiosa y confesionalidad en el ordenamiento jurídico español, Editorial Eset, 1978, p. 14ss.. J. Giménez y Martínez de Carvajal, El Concordato español de 1953, in J.

Le leggi dettate dal regime franchista (per la zona nazionale prima e per l’intera Spagna dopo la fine della guerra civile) avevano come obiettivo lo smantellamento della legislazione repubblicana in materia religiosa e il ripristino di posizioni di maggiore favore per la religione cattolica106. In questo senso, un primo e fondamentale passo per

fortificare l’identità cattolica della nazione era stabilire come festive alcune ricorrenze religiose. Così, ad esempio, si indiceva la festa dell’Immacolata Concezione, del giovedì e del venerdì santo e si dichiarava san Giacomo patrono di Spagna107. Nello

stesso senso andavano anche le disposizioni che inserivano i membri della gerarchia ecclesiastica in numerosi organismi statali come, ad esempio, le giunte provinciali di beneficienza o le giunte locali incaricate di individuare le famiglie che “per i loro costumi, la religione e la moralità” potevano farsi carico dei bambini orfani e abbandonati108.

Senza dubbio, la scuola rappresentava il miglior strumento per veicolare in maniera efficace e duratura nelle nuove generazioni i valori (anche religiosi) di cui il nuovo regime si faceva portatore109. La ricattolicizzazione del sistema educativo era perseguita

attraverso la reintroduzione dell’insegnamento obbligatorio della religione cattolica per gli studenti e, nei corsi di formazione del Magistero, anche per i docenti, al fine di ritrasmettere il sentimento cattolico che la Repubblica era riuscita “a strappare dal cuore di molti”110; rendendo i testi scolastici conformi ai principi della religione e della morale

cristiana e facendo in modo che i tempi scolastici fossero scanditi da quelli religiosi111.

Per ciò che concerne il matrimonio, la legislazione della zona nazionale era orientata al raggiungimento di due obiettivi: soppressione del divorzio e ristabilimento dell’efficacia

      

Ruíz Giménez, Iglesia, Estado y Sociedad en España. 1930-1982, cit., p. 138 individua due sole fasi, la prima, che va fino al 1941, caratterizzata dalla promulgazione di leggi unilaterali statali e la seconda contraddistinta dalla predisposizione di norme pattuite.

106 J. Giménez y Martínez de Carvajal, El Concordato español de 1953, cit., p. 138; J. Andrés-Gallego – A.M. Pazos, La Iglesia en la España contemporánea/2. 1936-1999, Encuentros, Madrid, 1999, passim; F. Blázquez, La traición de los clérigos en la España de Franco, cit., p. 36-38; J. Ferreiro Galguera,

Relaciones Iglesia-Estado en el Fanquismo y en la transición. Antecedentes de los acuerdos de 1979, cit.,

p. 47-50.

107 Sul punto I.C. Ibán, Il diritto ecclesiastico della «Zona nazionale» durante la guerra civile

(18.VII.1936/1.IV.1939), in M. Tedeschi (a cura di), Chiesa cattolica e guerra civile in Spagna nel 1936,

cit., p. 168-169.

108 I.C. Ibán, Il diritto ecclesiastico della «Zona nazionale» durante la guerra civile

(18.VII.1936/1.IV.1939), cit., p. 172.

109 I.C. Ibán, Il diritto ecclesiastico della «Zona nazionale» durante la guerra civile

(18.VII.1936/1.IV.1939), cit., p. 181-182.

110 I.C. Ibán, Il diritto ecclesiastico della «Zona nazionale» durante la guerra civile

(18.VII.1936/1.IV.1939), cit., p. 182.

111 M. Garrido Bonaño, Francísco Franco. Cristiano esemplare, Effedieffe, Proceno (Viterbo), 2014, p. 44-45.

civile del matrimonio canonico112. Si procedeva così alla sospensione delle cause di

separazione e divorzio e delle azioni per ottenere l’una o l’altro per muto dissenso113 e,

con legge del 12 marzo, si dava efficacia ai matrimoni canonici celebrati durante la vigenza della legge del 1932 e si dichiaravano nulli quelli contratti da sacerdoti e religiosi che avevano fatto voto di castità114.

Il secondo periodo è caratterizzato dalla promulgazione delle Leyes fundamentales. Tali disposizioni sono particolarmente importanti sia perché, in assenza di una Costituzione, sono le norme fondamentali del regime, sia anche perché segnano il momento di massima compenetrazione tra ideale nazionale e cattolico dal momento che non si limitano a dichiarare la confessionalità dello Stato ma, come si avrà modo di osservare più avanti, si spingono fino a sancire l’obbligo per lo Stato di legiferare nel rispetto della dottrina della Chiesa cattolica115.

La prima di tali leggi è il Fuero del Trabajo (1938) attraverso cui lo Stato assumeva il compito di garantire al popolo “la Patria, el Pan y la Justicia” nel rispetto della “tradición católica de justicia social”. Il raggiungimento di tale obiettivo era possibile solo anteponendo la persona umana e le sue esigenze morali e religiose all’economia. La norma definiva il diritto al lavoro come “consecuencia del deber impuesto al hombre

por Dios”, imponeva il riposo domenicale “como condición sagrada en la prestación del trabajo” e il rispetto delle feste religiose (oltre che, naturalmente, di quelle civili).

Seguiva la Legge sulla composizione e il funzionamento delle Cortes (1942) che all’art. 2 inseriva tra i membri anche “aquellas personas que por su jerarquía eclesiástica”

      

112 I.C. Ibán, Il diritto ecclesiastico della «Zona nazionale» durante la guerra civile

(18.VII.1936/1.IV.1939), cit., p. 191.

113 La norma era ulteriormente specificata dall’ordinanza del 9 novembre 1938 che stabiliva “le sentenze pronunciate in cause di separazione o divorzio promosse in base alla Legge del 2 marzo 1932, che neghino il divorzio o la separazione e che siano in attesa di revisione da parte del Tribunale Supremo, si considerano definitive a tutti gli effetti”. cfr. I.C. Ibán, Il diritto ecclesiastico della «Zona nazionale»

durante la guerra civile (18.VII.1936/1.IV.1939), cit., p. 190.

114 I.C. Ibán, Il diritto ecclesiastico della «Zona nazionale» durante la guerra civile

(18.VII.1936/1.IV.1939), cit., p. 189. Innumerevoli sono state le disposizioni adottate dal governo con

l’obiettivo di ricattolicizzare il paese e consolidare l’identità del popolo spagnolo attorno a valori comuni. Tra queste, basti ricordate la legge del 2 febbraio del 1939 che abrogava la Ley de Confesiones y

Congregaciones religiosas, il ristabilimento della Compagnia di Gesù, il finanziamento diretto delle

attività della Chiesa, il ripristino della formula tradizionale del giuramento di giudici e magistrati, la regolamentazione dell’esposizione del crocifisso nelle aule dei tribunali, l’introduzione della censura cinematografica, la punizione della blasfemia e l’abrogazione della norma sulla secolarizzazione dei cimiteri. Un elenco esaustivo delle misure adottate dal regime franchista in questa prima fase è consultabile su Equipo Vida Nueva, Todo sobre el Concordato, Editorial PPC, Madrid, 1971, p. 25ss..; J. Andrés-Gallego – A.M. Pazos, La Iglesia en la España contemporánea/2. 1936-1999, passim.

erano scelte dal capo dello Stato, sentito il Consejo del Reino, in numero non superiore a venticinque.116

Le vicende interne della Spagna sono intimamente connesse con quelle internazionali ed europee. La consapevolezza dell’imminente sconfitta del fascismo e del nazismo imponeva a Franco di modificare la sua strategia: così, mentre nei primi anni, tentava di conciliare le esigenze dei diversi settori che avevano sostenuto l’alzamiento militare (monarchici, carlisti, falangisti, cattolici), a partire dal 1945, al fine di scostarsi quanto più possibile dall’identificazione con i regimi che erano ormai sul punto di capitolare, adottava misure volte alla ‘defascistizzazione’ del regime – attraverso un decreto si aboliva il saluto romano; Franco abbandonava progressivamente l’uso dell’uniforme della Falange; veniva eliminata la qualifica di ministero attribuita alla Segreteria della Falange117 - e, parallelamente, poneva maggiore enfasi sull’elemento religioso118 tanto

da trasformarlo nel tratto distintivo del regime franchista119. In questo senso, nel luglio

1945 Franco conferiva l’incarico di ministro degli Esteri ad Alberto Martín Artajo, presidente dell’ACE e dirigente dell’Asociación Católica Nacional de Propagandistas (ACNP) e affidava al ministero dell’Educazione, il cui ministro, José Ibañez Martín, era membro della CEDA (Confederación Española de Derechas Autónomas), la vicesegreteria per l’Educazione popolare, organismo preposto al controllo della stampa, della censura e della propaganda, sottraendolo al controllo della Falange120. In tal modo,

la Chiesa, più della Falange e dell’esercito, diventava lo strumento di “control social de

comportamientos de la población española” e di “difusión del ideario “nacional””121.

Esemplificativa di questa nuova tendenza era l’approvazione, nel 1945, del Fuero de los

      

116 J. Ferreiro Galguera, Relaciones Iglesia-Estado en el Fanquismo y en la transición. Antecedentes de

los acuerdos de 1979, cit., p. 78 Franco nominava procuratori delle Cortes otto vescovi: Enrique Pa y

Daniel, primate di Spagna e arcivescovo di Toledo; Manuel de Castro Alonso, arcivescovo di Burgos; Tomás Muñiz Pablo, arcivescovo di Santiago; Leopoldo Eijo y Garay, vescovo di Madrid-Alcalá; Agustín Parrado García, vescovo di Granada; Carmelo Bellester y Nieto, vescovo di León; Gregorio Modrego, vescovo di Barcellono; Pedro Segura, arcivescovo di Siviglia. Sulla presenza dei vescovi nelle istituzioni pubbliche si rimanda a V.Cárcel Ortí, Pablo VI y España, cit., p. 294 ss..

117 G. Di Febo – S. Juliá, Il franchismo, cit., p. 39.

118 R.A. Simón Arce, La Iglesia católica española en la Transición desde el franquismo, cit.; J. Ferreiro Galguera, Relaciones Iglesia-Estado en el Fanquismo y en la transición. Antecedentes de los acuerdos de

1979, cit., p. 75-77.

119 P.M. de Santa Olalla Saludes, De la victoria al Concordato, cit., p. 88; S. Payne, El catolicismo

español, cit., p. 244; J. Tusell, El comienzo del colaboracionismo católico con el franquismo, in J. Ruíz

Giménez, Iglesia, Estado y Sociedad en España. 1930-1982, cit., p. 185ss.. 120 G. Di Febo – S. Juliá, Il franchismo, cit., p. 39.

121 R.A. Simón Arce, La Iglesia católica española en la Transición desde el franquismo, cit. Nello stesso senso, F. Chica Arellano, Conciencia y misión de Iglesia, BAC, Madrid, 1996, p. 10-11.

españoles122 che nello stabilire i diritti e i doveri degli spagnoli, all’art. 6 - riprendendo in maniera quasi letterale il testo dell’art. 11 della Costituzione del 1876 - sanciva “la

profesión y práctica de la Religión Católica, que es la del Estado español, gozará de la protección oficial. Nadie será molestado por sus creencias religiosas ni por el ejercicio privado de su culto. No se permitirán otras ceremonias ni manifestaciones externas que las de la Religión Católica”. La portata della norma, già sufficientemente ristretta, era

ulteriormente ridotta dall’art. 33 che nell’affermare “El ejercicio de los derechos que se

reconocen en este Fuero no podrá atentar a la unidad espiritual, nacional y social de España” impediva la realizzazione di qualsiasi atto o pratica contraria alla religione

cattolica123.

Ciononostante, i protestanti spagnoli che sin dal 1939 erano assoggettati ad una politica religiosa represiva (diniego delle autorizzazioni necessarie all’apertura dei luoghi di culto e chiusura di quelli già aperti, sequestro dei beni, chiusura delle scuole, sospensione delle attività editoriali, divieto di stampa, diffusione e vendita di libri a carattere religioso124), ritenendo che il Fuero de los españoles concedesse una moderata

libertà religiosa, riaprivano (o aprivano per la prima volta) luoghi di culto, istituivano centri di istruzione e beneficienza e si dedicavano al proselitismo125. Naturalmente,

siffatta interpretazione non poteva essere accolta dalla chiesa spagnola con cui il testo della norma era stato concordato126. Dopo un silenzio decennale127, i metropoliti

intervenivano per chiarire il significato dell’art. 6 del Fuero e contrastare la lettura datane dai protestanti128. La gerarchia ecclesiastica oltre a ribadire l’unità cattolica della

Nazione, forniva una lettura restrittiva della norma sia sotto il profilo dei destinatari,

      

122 Diventa Ley fundamental dopo il referendum del 6 luglio 1947.

123 J. Pérez-Llantada y Gutierrez, La libertad religiosa en España y el Vaticano II, Instituto de Estudios Políticos, Madrid, 1974, p. 231.

124 J.B. Vilar, Los protestantes españoles: La doble lucha por la libertad durante el primer franquismo

(1939-1953), in Anales de Historia Contemporánea, 17, 2001, p. 268.

125 J.B. Vilar, Los protestantes españoles: La doble lucha por la libertad durante el primer franquismo

(1939-1953), cit., p. 277-278.

126 A. Fuenmayor, La libertad religiosa, cit., p. 133 e 154.

127 P.M. García Fraile, Los dos modelos eclesiológicos subyacentes en el Concordato de 1953 y en los

acuerdos de 1976 y 1979 entre la Santa Sede y e Estado español, cit., p. 119: dalla fine della guerra civile

le pastorali dei vescovi ruotavano attorno al tema della ricostruzione materiale (chiese, seminari e conventi) e morale (indicazioni riguardanti l’abbigliamento, la santificazione delle feste, la moralizzazione delle opere cinematografiche) della Spagna cattolica.

128 Instrucción de la Conferencia de Metropolitanos españoles sobre la propaganda protestante en

riducendolo agli stranieri residenti in Spagna129, che della portata. Il testo, infatti,

doveva essere intepretato non nel senso di una tutela, seppur minima, della libertà di culto, ma come mera tolleranza del suo esercizio privato “sin manifestaciones públicas

aun externas”130.

La Ley de Sucesión de la Jefatura del Estado (1947) definiva la Spagna in termini cattolici (art. 1), si riferiva al capo dello Stato come al “Caudillo de España y de la

Cruzada” (art. 2) e inseriva tra i requisiti per la successione al potere, la professione

della religione cattolica (art. 9)131.

Particolarmente importante nel processo di confessionalizzazione dello Stato è la Ley de

Principios de Movimiento Nacional (1958). I principi in essa contenuti - si legge all’art.

1 -, erano “por su propia naturaleza permanentes e inalterables”. Con riferimento al tema di cui si discute assume speciale rilevanza il Principio II che recitava La Nación

española considera como timbre de honor el acatamiento a la Ley de Dios, según la doctrina de la Santa Iglesia Católica, Apostólica y Romana, única verdadera y fe inseparable de la conciencia nacional, que inspirará su legislación132. La lettura

congiunta di questa norma con il seguente art. 3 che sanciva la nullità di tutte le leggi o disposizioni che “vulneren o menoscaben los Principios proclamados” finiva col comportare una peculiare limitazione della sovranità statale poiché, almeno da un punto di vista formale, qualsiasi legge contraria alla dottrina cattolica era da ritenersi una “non-legge” e, come tale, priva di qualsiasi effetto giuridico133. La dottrina della Chiesa

      

129 Per un commento si veda P.M. García Fraile, Los dos modelos eclesiológicos subyacentes en el

Concordato de 1953 y en los acuerdos de 1976 y 1979 entre la Santa Sede y e Estado español, cit., p.

125ss..; C. Martí, Magisterio colegial del episcopado español, cit., p. 244-245; A. Giovagnoli, Lo Stato

spagnolo come modello di Stato cattolico, in M. Tedeschi (a cura di), Chiesa cattolica e guerra civile in Spagna nel 1936, cit., p. 214.

130 Tale impostazione era prontamente accolta dal governo. Sul punto si veda A. Giovagnoli, Lo Stato

spagnolo come modello di Stato cattolico, cit., p. 214. J. Perez-Llantada y Gutierrez, La libertad religiosa en España y el Vaticano II, cit., p. 231; J.B. Vilar, Los protestantes españoles: La doble lucha por la libertad durante el primer franquismo (1939-1953), cit., p. 280-281.

131 Gli altri requisiti erano: essere uomo, spagnolo, aver compiuto trenta anni, possedere le qualità necessarie per lo svolgimento dell’incarico, mantenersi fedele ai principi del Movimento nazionale e prestare giuramento sulle Leggi fondamentali (art. 9).

132 Nel pensiero di J. Perez-Llantada y Gutierrez, La libertad religiosa en España y el Vaticano II, cit., p. 232 dal principio V che recita “La Ley ampara por igual el derecho de todos los españoles” è possibile desumere un diritto alla tolleranza che “junto con la confesionalidad era il binomio vigente para el

tratamiento del problema religioso”.

133 I.C. Ibán, Europa, diritto, religione, cit., p. 50 e 78. Completano l’insieme delle Leyes Orgánicas la

Ley de Referendum nacional (1945) e Ley Orgánica del Estado (1967). Su quest’ultima si avrà modo di

veniva dunque assunta come “fonte del diritto e istanza legittimatrice della giuridicità dell’ordinamento”134.

L’ultimo periodo coincide con l’avvio della stagione pattizia. Dal 1941 al 1950 e in vista della conclusione di un nuovo Concordato, la Santa Sede e il governo spagnolo hanno sottoscritto quattro accordi sui temi di maggiore urgenza.

Particolare rilevanza assume il primo di tali accordi che disciplina l’annosa questione del procedimento di nomina dei vescovi135. Sin da subito - si è visto - Franco,

muovendo dalla piena vigenza del Concordato del 1851, si era sforzato di riottenere i privilegi concessi ai sovrani di Spagna, al fine di creare una gerarchia ecclesiastica in linea con i principi del regime. La Santa Sede136, al contrario, anche in ragione del

discorso di Benedetto XV sui Concordati siglati dagli Stati estinti con il Trattato di Versailles137, considerava il Concordato decaduto e con esso tutti i diritti concessi al

monarca, potendosi solo accordare - in considerazione delle speciali benemerenze acquistate da Franco verso la Chiesa; delle intenzioni di questi di voler restaurare lo spirito cattolico della nazione secondo le sue migliori tradizioni; della gravissima situazione di 17 diocesi prive di vescovo; della consapevolezza che la ricattolicizzazione del Paese poteva essere realizzata solo in accordo con le autorità civili e delle dichiarazioni del governo di voler addivenire ad un nuovo Concordato - una qualche forma di partecipazione del capo del governo alla provvista delle diocesi vacanti. Il 10 marzo 1940, i cardinali della Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari si pronunciavano a favore della decadenza del Concordato e della conclusione di un accordo che concedesse a Franco un privilegio personale (secondo alcuni da limitare alla copertura delle diocesi vacanti e per altri da garantire per un determinato lasso di tempo), e ritenevano che nei confronti del Caudillo dovesse essere compiuta una “saggia opera di illuminazione […] sul nativo diritto della Chiesa di piena libertà nelle elezioni”.

      

134 I.C. Ibán, Stato e Chiesa in Spagna oggi, cit., p. 833. Sul punto A. Bernárdez Cantón, Elementos de

derecho eclesiástico español, in AA.VV., Derecho canónico, EUNSA, Pamplona, 1974, p. 774- 777.

135 Gli altri accordi stipulati dalla Santa Sede con la Spagna prima della firma del Concordato riguardano la provvista dei benefici non concistoriali (1946), i seminari e le Università di studi ecclesiastici (1946), la giurisdizione castrense e l’assistenza religiosa alle forze armate (1950).

136 Per la ricostruzione delle vicende che hanno condotto alla stipula dell’accordo del 1941 si è fatto riferimento ad un appunto di padre Martini, in ASP, b. 134/2.4.

I negoziati138 si concludevano nel 1941 con la stipula di un convenio che introduceva un

complicato139 procedimento di nomina, a metà tra la prenotificazione e la

presentazione140. Ogniqualvolta si produceva la vacanza di una sede episcopale o

arcivescovile, o quando la Santa Sede riteneva necessario nominare un coadiutore con diritto di successione, il nunzio, in via confidenziale, avrebbe dovuto prendere contatti con il governo e, raggiunto “un principio de acuerdo”, inviare alla Santa Sede una lista di almeno sei nomi di persone ritenute idonee. Spettava poi al pontefice scegliere tre nomi e comunicarli al governo per il tramite della Nunziatura Apostolica. Nei trenta giorni successivi, il capo dello Stato avrebbe presentato ufficialmente uno dei tre candidati che sarebbe stato poi nominato dalla Santa Sede141.

L’accordo riconosceva al pontefice il diritto di aggiungere nomi o formulare una nuova

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