In linea con il procedimento fino ad allora seguito, la Santa Sede, per il tramite del nunzio, aveva puntualmente informato la gerarchia spagnola sullo stato delle trattative. I documenti concernenti la revisione del Concordato erano stati inviati al nunzio affinché questi esprimesse il suo parere, ne trasmettesse copia al presidente della CEE e di intesa con quest’ultimo individuasse il modo migliore per consultare i membri del Consiglio di Presidenza e gli altri vescovi che si riteneva opportuno coinvolgere. Tarancón aveva deciso di consultare in maniera congiunta i membri del Consiglio di Presidenza della CEE nella convinzione che tale organismo riflettesse abbastanza fedelmente gli
693 Allegato al foglio 6001/74. 694 Allegato al foglio 6001/74. 695 Allegato al foglio 6001/74.
orientamenti presenti all’interno dell’episcopato mentre aveva considerato inopportuna la consultazione di altri presuli ritenendo che un ampliamento delle consultazioni avrebbe comportato il rischio di indiscrezioni o fuga di notizie697.
Le osservazioni dei cardinali costituivano in buona sostanza una bocciatura del progetto di Accordo. A giudizio del Consiglio di presidenza della CEE, gran parte delle disposizioni doveva essere riformulata in senso più conforme ai principi conciliari. In particolare, era necessario inserire nel nuovo Accordo il testo del paragrafo n. 76 della
Gaudium et spes e, laddove ciò non fosse stato possibile, era necessario “evitar que la fórmula que se proponga pueda admitir una formulación restrictiva respecto a la enseñanza del Concilio sobre la misión de la Iglesia”. In questo senso, il nuovo
Concordato avrebbe dovuto riconoscere in maniera chiara il diritto della Chiesa di insegnare e diffondere liberamente la propria dottrina e di dare il proprio giudizio morale anche sulle cose temporali698.
Secondo il Consiglio, era assolutamente inammissibile, a meno che non si facesse espressamente riferimento alle leggi giuste e ingiuste, che la Chiesa assumesse all’interno di un Concordato l’impegno a inculcare ai fedeli il rispetto per le leggi e le autorità civili.
Per i cardinali era necessario sancire in maniera chiara e inequivoca il riconoscimento della personalità di diritto pubblico della Chiesa sia perché la Chiesa, per sua stessa natura, possiede tale caratteristica (can. 100) sia al fine di evitare il rischio che, in futuro, essa potesse essere assimilata alle associazioni o istituzioni private699. Si riteneva
altrettanto indispensabile il riconoscimento della personalità giuridica della CEE poiché in caso contrario, lo Stato avrebbe potuto limitarne, in maniera indebita, le sue attività e riunioni rendendo di fatto impossibile lo svolgimento dei compiti affidatile dal Concilio700.
La formula “los restante entes eclesiásticos podrán ser reconocidos y desarollar sus
actividades según las leyes españolas” abbisognava di essere modificata sia nella parte
in cui pareva concedere allo Stato il diritto di decidere se riconoscere un ente
697 Perplessità su tale criterio erano state sollevate da Jubany. secondo cui l’episcopato avrebbe interpretato la consultazione riservata del Consiglio di presidenza come una indebita esclusione dal procedimento di revisione. A tal proposito, si suggeriva di consultare almeno quei vescovi che avevano una comprovata esperienza in materia di relazioni Chiesa-Stato. Sii veda Lettera di Jubany a Pasquinelli, ASP, b. 136, 21.2.
698 Rapporto pasquinelli, 21.1 699 ASP, b. 136, 21.2. 700 ASP, b. 136, 21.2.
ecclesiastico (i cardinali suggerivano la formula “deberán ser reconocidos”) sia con riferimento alle attività che tali enti potevano realizzare. A tal proposito, si riteneva necessario chiarire che il termine actividades era da interpretarsi in senso conforme ai principi conciliari. Il Consiglio di presidenza giustificava l’inserimento di una disposizione di siffatto tipo data l’assenza in Spagna del riconoscimento del diritto di associazione, nei termini stabiliti dall’enciclica Pacem in terris701.
In materia di nomine, si criticava l’indeterminatezza della norma e si suggeriva l’adozione di una formula più flessibile come, ad esempio, “las considerará
atentamente”, che consentisse alla Santa Sede di agire liberamente soprattutto in caso di
difficoltà con il potere politico702. I cardinali ritenevano invece ammissibile il diritto di
presentazione con riferimento alla nomina del vicario generale castrense (ma non anche del vescovo di Urgel) e ribadivano che, in nessun caso, la prenotificazione poteva essere estesa ai vescovi ausiliari703.
Con riferimento al privilegio del foro, i cardinali e il segretario della CEE ritenevano che la rinuncia al privilegio dovesse essere esplicitata nel nuovo testo e accompagnata dal riconoscimento del diritto della gerarchia di giudicare la conformità degli atti ministeriali con la dottrina della Chiesa704.
Sulla base delle osservazioni della gerarchia spagnola, Casaroli scriveva all’ambasciatore de Valderrama indicandogli i punti che dovevano essere sottomessi ad un attento studio705:
- era necessario riformulare l’art. 1, il cui primo comma era stato giudicato insufficiente e il secondo assolutamente inammissibile, data l’assenza di simili disposizioni in altri Concordati. Data l’apparente inesistenza di una contrapposizione sui principi che le parti intendevano enunciare si sarebbe potuto compiere uno sforzo di reciproca comprensione per giungere all’elaborazione di un testo di comune accettazione;
- era indispensabile prevedere all’interno del nuovo Accordo il riconoscimento della personalità giuridica di diritto pubblico della Chiesa Cattolica;
- era necessario sostituire l’espressione “debida cuenta” di cui agli art. 4, c. 2 e 5, c. 2 con una formula che escludesse chiaramente il diritto di veto. Peraltro, tale richiesta non
701 ASP, b. 136, 21.2.
702 Identiche osservazioni erano riproposte anche con riferimento all’erezione o modifica delle diocesi. 703 ASP, b. 136, 21.2.
704 ASP, b. 136, 21.1. 705 ASP, b. 136, 22.1.
si poneva in contrasto con le posizioni assunte durante i negoziati di luglio da governo e Santa Sede: la delegazione statale aveva riconosciuto che le obiezioni non avevano carattere di veto e che la Santa Sede era libera di procedere, dopo una seria e responsabile valutazione, alla nomina di un vescovo nonostante le eccezioni sollevate; d’altro canto la Santa Sede si era impegnata a dare a tali osservazioni la più seria considerazione706.
Infine Casaroli ritornava sulla questione degli ausiliari precisando che lo stesso pontefice, interrogato sul punto, aveva escluso in maniera assoluta l’idea di un’intesa segreta, come aveva a suo tempo proposto il ministro Cortina.
Casaroli coglieva l’occasione per informare l’ambasciatore che, al fine di accelerare i lavori, avrebbe approfittato della contemporanea presenza a Roma, con occasione del sinodo sull’evangelizzazione del mondo contemporaneo, di tre dei quattro cardinali spagnoli membri del Consiglio di presidenza CEE707. In realtà, i cardinali, nel timore
che una risoluzione dei punti di maggiore criticità avrebbe condotto alla stipula di un nuovo Concordato, si erano sottratti all’incontro – sostenevano che in quel contesto era impossibile studiare in maniera approfondita la materia concordataria –, e avevano rinviato l’analisi di tali temi al 30 novembre, durante la riunione della CEE708. Di fronte
a tale rifiuto, Casaroli aveva comunque chiesto ai cardinali un breve incontro al solo scopo di sapere se vi fossero dei punti da considerarsi una conditio sine qua non alla stipula di un accordo, senza però ottenere risposta. Tutto ciò lo induceva a pensare: “non credo di essere lontano dal vero pensando che la più profonda – se non l’unica – ragione di questo silenzio sia da vedere nel fatto che 2 dei 3 cardinali non fanno più questione del “sine qua no” o altro, ma del fatto di riprendere le trattative”709.
706 ASP, b. 136, 22.1.
707 A questi ultimi si sarebbero dovuti aggiungere mons. Mosconi, il nunzio, il segretario della CEE e mons. Masimino Romero de Lema.
708 ASP., b. 136 24 ottobre 1974 appunto di Casaroli sull’udienza dal papa.
709 ASP., b. 136 24 ottobre 1974 appunto di Casaroli sull’udienza dal papa. Già il 14 luglio, Arturo Tabera, cardinale prefetto della Sacra Congregazione per i religiosi e gli istituti secolari e presidente della
Comisión del Concordato all’interno della CEE, a conversazioni in corso, riteneva che un nuovo
Concordato fosse: 1) inopportuno: il momento attuale era assolutamente inadeguato per firmare un Accordo con il regime franchista in considerazione dei cambiamenti cui sarebbe stato soggetto, in tempi presumibilmente brevi data l’età avanzata del Caudillo, l’intero sistema politico spagnolo; 2) inutile dal momento che le formule proposte non avrebbero sciolto i problemi esistenti in Spagna; 3) impossibile: lo Stato non ammetteva l’inserimento nel nuovo Accordo di principi considerati imprescindibili per la Chiesa; 4) dannoso: un nuovo Concordato, a prescindere dalle formulazioni utilizzate, avrebbe costituito un trauma per l’opinione pubblica spagnola, sempre più legata ai principi conciliari, e per l’episcopato che aveva manifestato la sua preoccupazione, attraverso il Consiglio di presidenza, di una possibile riduzione, attraverso la sottoscrizione di un nuovo testo, dei suoi diritti. Un nuovo Accordo lungi dal
Tali supposizioni non erano lontane dalla realtà. In effetti, l’episcopato preferiva rispolverare la tattica dilatoria, cui aveva già fatto ricorso negli anni precedenti. In questi termini si era espresso, ad esempio, il presidente della CEE che, diversamente dal recente passato in cui aveva sottolineato la convenienza della stipula di un accordo con il governo spagnolo, riteneva ora opportuno continuare a dialogare, ma non addivenire a patti, data la prevedibile fine del regime e l’incertezza sul futuro politico del Paese. In questo senso, l’unica opzione ammissibile era continuare a trattare senza cedere in minima parte sulle esigenze della Chiesa. Soltanto nel caso in cui tutte le richieste fossero state soddisfatte – condizione questa difficilmente realizzabile – si sarebbe potuto siglare un accordo710. Tale soluzione non era comunque desiderabile711 dal
momento che la stipula di un nuovo concordato, quantunque profondamente modificato, avrebbe costituito una nuova legittimazione del regime da cui la chiesa spagnola stava cercando di prendere le distanze, anche al fine di affermarsi quale valido interlocutore nel ‘dopo Franco’712 .
risolvere i problemi, avrebbe drasticamente ridotto le libertà della Chiesa, della CEE e dei singoli vescovi. Per le ragioni su elencate, la Santa Sede avrebbe dovuto continuare i negoziati senza attribuire a questi il carattere di solennità, come avvenuto in passato; le questioni più importanti dovevano essere definite in maniera chiara e precisa senza che potesse sorgere alcun dubbio sulla loro futura interpretazione; era necessario procedere senza alcuna fretta, come invece richiesto dal governo, al fine di studiare in maniera approfondita il modo miglio per procedere alla revisione del testo. Si veda ASP, b. 136, 16.2, Lettera di Arturo Tabera a Benelli.
710 ASP, b. 136, 16.8.
711 Posizioni simili erano manifestate dal gruppo Cristianos por el socialismo che aveva redatto un documento dal titolo Ante la posible renegociación del Concordato español. Il gruppo, nel legare le rivendicazioni socialiste alla dottrina della Chiesa, riteneva “simplemente impensable que a Iglesia de
Jesucristo pueda pactar un Concordato, es decir establecer forma alguna de concordia con el Régimen actual”. Al contrario, “debe denunciarlo y combatirlo como suprema expresión política de la opresión capitalista”. La stipula di un nuovo Concordato avrebbe infatti significato una “traición de la diplomacia vaticana al proceso de liberación del pueblo español, puesto que equivale a un acto de amistad y a nueva legitimación pública del Régimen”. Ritenendo che l’opzione teoricamente perfetta – prescindere cioè da
qualsivoglia accordo con il regime franchista – sarebbe rimasta inascoltata, il citato documento indicava alcuni criteri da seguire nelle trattative: i negoziati dovevano essere condotti dalla chiesa spagnola e non dalla Santa Sede; la popolazione doveva essere costantemente informata degli sviluppi delle trattative; allo Stato non doveva essere riconosciuto nessun diritto in materia di provviste episcopali; alla Chiesa doveva essere riconosciuto il diritto di esercitare liberamente la propria missione; alla luce delle esperienze degli ultimi anni si riteneva opportuno prevedere che nessun vescovo, sacerdote o laico sarebbe stato processato per questioni attinenti l’esercizio della propria missione senza l’autorizzazione della competente autorità ecclesiastica; l’immunità dei luoghi ecclesiastici doveva essere garantita in qualsiasi circostanza – doveva scomparire la clausola di ‘urgente necessità’ di cui le autorità statali avevano ampiamente abusato nel corso degli anni; era doveroso garantire la libertà delle associazioni apostoliche; la Chiesa avrebbe dovuto rinunciare a qualsiasi forma di finanziamento pubblico e a tutti quei privilegi concernenti l’istituzione di scuole private; il matrimonio civile doveva essere totalmente separato da quello religioso; l’insegnamento scolastico doveva essere laico. In ogni caso, “la jerarquía de
la Iglesia no renuncie a ninguno de los derechos que pueden favorecer la liberación del pueblo. Son derechos que pertenecen a todos, y tienen por tanto el carácter de irrinunciables”.
Tale opinione era condivisa dalla maggioranza del Consiglio di presidenza, con l’unica eccezione dell’arcivescovo di Toledo. Secondo il cardinale Gonzáles Martín la dilazione indefinita dei negoziati avrebbe spinto il governo a regolamentare unilateralmente le ‘questioni ecclesiastiche’. Tale considerazione, se aggiunta all’incertezza sul futuro della Spagna - il re non avrebbe avuto la stessa autorità del Caudillo; era difficilmente ipotizzabile l’instaurazione di un sistema pienamente democratico; esisteva il rischio concreto che i militari prendessero il potere e instaurassero un regime anticlericale -, alla profonda devozione di Franco e all’accettazione da parte del governo di sottomettere a revisione le nuove norme a distanza di cinque anni induceva il primate a valutare positivamente la conclusione di un Accordo che, seppure imperfetto, avrebbe fornito ampie garanzie alla Chiesa713.
Per Casaroli il ritorno alla tattica dilatoria non costituiva una valida alternativa sia perché in tal modo si danneggiavano il prestigio e la credibilità della Santa Sede sia perché era altamente improbabile che il governo avrebbe accettato una dilazione sine
die delle trattative. Sarebbe stato più opportuno informare il governo che non si riteneva
possibile continuare a trattare e soprattutto giungere alla firma di un Accordo. Non era nemmeno ipotizzabile che, per evitare la stipula di un accordo, si spostasse il discorso sul contenuto delle conversazioni, fissando delle condizioni praticamente inaccettabili per il governo.
In alternativa, Casaroli proponeva di tracciare dei “circoli concentrici”: il nocciolo duro sarebbe stato costituito dai punti la cui risoluzione era considerata imprescindibile - se il governo avesse rifiutato di accettare ciò che la Santa Sede aveva fissato come punti basilari, il fallimento delle trattative sarebbe stato imputabile solo ad esso - mentre i restanti cerchi sarebbero stati composti dalle altre materie da sottomettere a revisione, classificate in ordine di importanza decrescente. In ogni caso, non era possibile porre come conditio sine qua non punti che obiettivamente non fossero di importanza capitale perché ciò avrebbe significato non voler concludere un accordo. In tal caso, era prevedibile una rottura delle relazioni. Se, in prospettiva storica, la rottura dei rapporti avrebbe risparmiato alla Santa Sede le accuse di un compromesso con il regime spagnolo nella sua fase finale (ma non anche dal rimprovero di aver per molto tempo condotto un doppio gioco) e nell’immediato futuro avrebbe avuto ripercussioni positive
713 Lettera dell’arcivescovo di Toledo a Paolo VI, del 27 ottobre 1974. ASP, b. 136, 16.13 La lettera riprende quanto il cardinale aveva già espresso al papa durante la riunione del 25 ottobre.
nel caso di una svolta democratica della Spagna, era altrettanto prevedibile che nel mantenimento della situazione attuale la Chiesa avrebbe subito dure conseguenze714.
In ogni caso, Casaroli si rimetteva alle istruzioni della CEEalle quali si sarebbe attenuto con assoluta fedeltà e lealtà.