• Non ci sono risultati.

Il progetto Casaroli-Cortina

Nel luglio del 1974, Casaroli riteneva che “la questione non è(ra) più tanto di “convenienza” o di “opportunità” della revisione, quanto piuttosto della sua “inevitabilità”, ove si voglia evitare il pericolo che si verifichi – per iniziativa del Governo – un “vuoto” di norme bilaterali per regolare i rapporti fra la Chiesa e lo Stato in Ispagna”. Nelle circostanze attuali, dunque, l’alternativa alla revisione era non più il mantenimento dello status quo ma una cessazione (o sospensione) del rapporto concordatario674. A far propendere Casaroli verso la stipula di un accordo era anche

l’accettazione da parte del ministro degli esteri della proposta della Santa Sede, avanzata sulla base dei desiderata episcopali, di un impegno a riesaminare le nuove norme dopo un certo periodo dalla loro entrata in vigore675.

Stanti tali premesse, la Chiesa si apprestava a negoziare avendo come fine ultimo l’adeguamento del Concordato alle esigenze dei tempi, nel rispetto dei principi e dei legittimi interessi della Chiesa e dello Stato, avendo come criterio guida l’affermazione dell’autonomia e dell’indipendenza reciproca della Chiesa e dello Stato e la ricerca di una sana collaborazione, a servizio e vantaggio del popolo spagnolo676. Per raggiungere

tale obiettivo la Chiesa era disposta a rinunciare a tutte le situazioni di privilegio ma

      

671 ASP., b. 136, 17.1, Riunione del 20 e del 21 giugno 1974.. 672 ASP., b. 136, 17.1Riunione del 21 giugno 1974.

673 In alternativa si poteva pensare ad un inserimento di questi ultimi nella parte finale del testo come, ad esempio, nel caso del riconoscimento dell’autonomia e dell’indipendenza reciproca. A tal proposito, Acerbi proponeva - come idea personale da sottoporre a superiore considerazione -, di riportare tali principi in uno scambio di documenti, in forma di lettera o promemoria, che avrebbe dovuto costituire parte integrante del Concordato. ASP., b. 136, 17.1Riunione del 21 giugno 1974

674 Documentazione per il Consiglio di presidenza: memoria sulle trattative per la revisione del

Concordato inviata al nunzio, cit.

675 Documentazione per il Consiglio di presidenza: memoria sulle trattative per la revisione del

Concordato inviata al nunzio, cit.

676 In questi termini si esprimeva Casaroli nella lettera indirizzata al ministro Cortina del 17 luglio, ASP, b. 136, 19.

chiedeva, in cambio, “garanzia della piena libertà di svolgere completamente la sua missione, in una nazione nella quale, per essere quasi totalmente cattolica, Essa ha indubbiamente, senza lesione del principio della giusta libertà religiosa per tutti, una posizione e dei titoli singolari”677. Non si escludeva, dunque, che in nome di un

confessionismo sociologico venisse riconosciuta alla Chiesa una posizione differente rispetto alle altre confessioni. Tale ipotesi era pienamente coerente con la Dichiarazione Dignitatis humanae che non impedisce che ad un determinato gruppo religioso, in virtù di peculiari circostanze, sia attribuita una speciale posizione nell’ordinamento civile, sempre che sia riconosciuto e rispettato il diritto di tutti, individui e gruppi, alla libertà religiosa (n. 6)678.

Per quanto apprezzabili sul piano teorico, i principi cui la Santa Sede dichiarava di ispirarsi nel processo di revisione concordataria erano, di fatto, ampiamente disattesi, come confermato dalla lettura del progetto di Accordo redatto nel luglio del 1974. La bozza, composta da un preambolo, 14 articoli e un Addendum sul procedimento per risolvere gli eventuali conflitti679, si configura come una mera actualización del

Concordato del 1953 e si pone in linea di continuità con il modello concordatario sviluppatosi dopo il primo conflitto mondiale, caratterizzato dalla regolamentazione, all’interno di un unico accordo, di tutte le res mixtae.

Il testo, al pari del proyecto ad referendum, è caratterizzato da un ‘anacronismo congenito’ dal momento che lungi dal recepire la dottrina conciliare, si poneva in linea di continuità con i concordati del passato. Lo spirito anticonciliare che pervade l’accordo si desume già dal preambolo in cui le parti si limitano a prendere atto della necessità di modificare il Concordato, con il proposito di assicurare l’ “armonía entre

las actividades de la Iglesia y del Estado para el bien de la nación española”, senza

fare alcun riferimento al Concilio Vaticano II. In assenza di un esplicito riconoscimento della natura delle parti, l’indipendenza e l’autonomia della Chiesa potevano essere interpretate come una concessione dello Stato alla Chiesa. Tale interpretazione pare confermata dall’art. 1 laddove si afferma che lo Stato riconosce alla Chiesa cattolica il

      

677 ASP, b. 136, 19.

678 cfr. A. Fuenmayor, La libertad religiosa, cit., p. 41 e 125 ss..

679 Nella mente delle parti l’Accordo doveva essere accompagnato da alcuni documenti allegati volti a ricapitolare situazioni già assodate (in tal caso si tratta di elenchi, l’uno concernente la suddivisione territoriale delle diocesi e l’altro le istituzioni e associazioni religiose che avevano già ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica statale) oppure a regolamentare alcune materie (dotazione economica; diffusione della dottrina cattolica nei mezzi di comunicazione sociale).

libero esercizio del suo magistero – inteso esclusivamente come “el que se realiza en

comunión jerárquica con la autoridad de la Iglesia”, la libertà di culto, pubblica e

privata, e il governo pastorale dei fedeli (c. 1). Una ulteriore conferma di ciò è data dal comma 2 attraverso cui la Chiesa si impegnava a rispettare la sovranità statale e a inculcare “en el ejercicio de su magisterio […] al clero y a sus fieles el respeto por la

ley y por las autoridades del Estado”.

I commi su menzionati rispondevano a una precisa volontà statale di limitare quanto più possibile gli ambiti di intervento della Chiesa ed evitare il ripetersi di fenomeni contestatari. Infatti, nel corso delle trattative, Cortina aveva manifestato una forte perplessità circa la decentralizzazione in atto nella Chiesa che impediva di conoscere con certezza l’istanza ecclesiale cui ricorrere in caso di conflitti680.

A chiusura della disposizione si precisava che Chiesa e Stato avrebbero collaborato nella risoluzione dei conflitti che sarebbero potuti sorgere nell’esercizio delle rispettive attività681.

Nessun problema poneva invece il riconoscimento della personalità giuridica internazionale della Santa Sede e dello Stato Città del Vaticano (art. 2), per cui veniva mantenuta la formula del 1953, con la sola introduzione dell’inciso “cabeza de la

Iglesia Católica” riferito alla Santa Sede. Tale precisazione corrispondeva alla volontà

del ministro di mettere in rilievo il “Capo visibile della Chiesa” ed estromettere, o quantomeno limitare, interlocutori intermedi.

Al contrario, le parti muovevano da posizioni inconciliabili sul tema del riconoscimento della personalità giuridica degli enti ecclesiastici. Se tale argomento non aveva posto alcun problema nel momento di massima unione tra Chiesa e Stato al punto da spingere attenta dottrina ad affermare che “el reconocimiento civil de las entidades eclesiásticas

iba más allá de lo que establecía el mismo ordenamiento canónico”682, nel 1974 le       

680 Verbali incontri 11 luglio, ASP., b. 136, 18.1 Lo stesso Casaroli, nel commentare il progetto, sottolineava le evidenti difficoltà che una formulazione di siffatto tipo avrebbe comportato, suggerendone il superamento attraverso l’introduzione dell’inciso “conformemente a su doctrina”. Documentazione per

il Consiglio di presidenza: memoria sulle trattative per la revisione del Concordato inviata al nunzio, cit.

681 L’Addendum prevedeva un sistema di risoluzione dei conflitti basato su tre livelli. In prima istanza, avrebbero tentato di risolvere la controversia le autorità direttamente interessate. Nel caso di mancata soluzione sarebbero intervenuti il Ministero della giustizia e l’ordinario competente. Esperito anche tale tentativo, il problema sarebbe stato affrontato dal governo e dalla Santa Sede.

682 J. Otaduy, La personalidad civil de las entidades organizativas de la Iglesia (referencia particular a la

parroquia), in Ius canonicum, n. 58, 1989, p. 507. A tal proposito si ricordi che l’art. IV del Concordato

ammetteva il riconoscimento della personalità giuridica degli enti eretti o approvati in Spagna dalle competenti autorità ecclesiastiche, alla sola condizione che il decreto di erezione o di approvazione fosse comunicato per iscritto alle competenti autorità dello Stato.

autorità statali avevano cercato di circoscrivere il riconoscimento della personalità giuridica ai soli enti ecclesiastici espressamente menzionati nell’art. IV del Concordato, assoggettando tutti gli altri alle norme del diritto comune. Casaroli aveva fatto notare come tale opzione avrebbe posto non pochi problemi dal momento che, proprio in virtù dell’art. IV, molti enti ecclesiastici non espressamente menzionati dalla norma avevano già ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica. Ancor più controverso appariva il riconoscimento della personalità giuridica della CEE. La delegazione spagnola, infatti, a causa dell’atteggiamento aperturista della CEE, aveva costantemente rigettato la proposta di inserire un’esplicita menzione ad essa, all’interno del nuovo Accordo. Dal canto suo, Casaroli aveva tentato di assicurare il riconoscimento della personalità giuridica della CEE in maniera ‘indiretta’, senza cioè fare esplicito riferimento a tale organismo, secondo la formula “lo Stato riconoscerà la personalità giuridica […] agli organismi (sopradiocesani) che la Santa Sede erigesse in persona giuridica canonica, dandone comunicazione ufficiale allo Stato spagnolo”683. Tale

formula non era stata però accettata dai rappresentanti governativi che in sua vece suggerivano “los organismos que la Santa Sede pueda erigir con personalidad jurídica

canónica, serán objeto, en cuanto a su reconocimiento, de acuerdo con el Estado”, con

cui di fatto, si garantiva alle autorità statali un ampio margine di discrezionalità, ed era proprio tale formulazione a comparire nella versione finale dell’accordo.

Il nuovo progetto prevedeva che prima di procedere all’erezione di nuove diocesi o alla modifica di quelle esistenti, la Santa Sede avrebbe informato lo Stato che, entro tre mesi, avrebbe potuto sollevare obiezioni (non si specificava di quale tipo), da tenere “en

debida cuenta” (art. 4). Tale procedimento era esteso, con qualche lieve modifica, anche

al sistemadi nomina degli arcivescovi, dei vescovi residenziali e dei coadiutori con diritto di successione: in tal caso il governo avrebbe potuto sollevare obiezioni, ma solo di carattere politico generale ed entro trenta giorni dalla comunicazione del nome del candidato, da tenere “en debida cuenta”, trascorsi i quali il suo silenzio sarebbe stato interpretato come assenso. La portata dell’inciso era chiarita dallo stesso Casaroli che, in fase di negoziati, aveva precisato: “se si oppongono obiezioni la Chiesa di fatto non procede alla nomina se non in caso di rottura di relazioni […] la Santa sede vuole

      

rivendicare la sua libertà. Ma di fatto se il Governo insiste, la Santa Sede non procederà”684.

Si poneva invece un problema con riferimento al procedimento di nomina dei vescovi ausiliari685. Nonostante, infatti, la Santa Sede avesse costantemente riaffermato la

propria contrarietà ad estendere il sistema di prenotificazione anche agli ausiliari, Cortina aveva lasciato intendere che, per il capo dello Stato, tale inclusione costituiva una conditio sine qua non alla stipula dell’Accordo.

Dai documenti di Casaroli emerge che, nel tentativo di trovare un compromesso tra le parti, il ministro aveva persino redatto un progetto di lettera segreta che la Santa Sede avrebbe dovuto inviare al governo: il Concordato non avrebbe previsto la prenotificazione degli ausiliari, ma la Santa Sede si impegnava segretamente ad includerli686.

Di fronte all’insistenza del ministro, Casaroli si era interrogato su quale fosse la soluzione più idonea. Sotto il profilo teorico, la scelta migliore era riaffermare il rifiuto dando assicurazioni circa la cura con cui la Santa Sede avrebbe scelto gli ausiliari in Spagna. Ma poiché tale strategia avrebbe potuto produrre conseguenze non irrilevanti – non soltanto il congelamento delle trattative – opzione questa di per sé auspicabile –, ma anche qualche ritorsione da parte delle autorità governative come, ad esempio, la denuncia del Concordato e l’emanazione di uno Statuto unilaterale - opzione questa che l’episcopato spagnolo aveva insistentemente chiesto alla Santa Sede di evitare -687,

Casaroli si chiedeva se non fosse possibile studiare un’altra via d’uscita: “tener fermo, cioè, al principio; ma disporre – più che altro per dare tranquillità o soddisfazione al Governo e tenuto conto che ciò è stato ed è fatto per qualche Paese in situazione un po’ straordinaria (ora, ad es., in Jugoslavia) – che le nomine degli Ausiliari per la Spagna saranno per adesso seguite più direttamente dal Papa, per il tramite del Consiglio”. Con riferimento alla provvista della diocesi di Urgel e del vicariato generale castrense le parti decidevano di mantenere in vigore le norme del 1941 (u.c.). Mentre in quest’ultimo caso l’intervento governativo era giustificato dall’inserimento di tale figura

      

684 Verbale incontri, 12 luglio, ASP, b. 136, 18.1.

685 ASP, b. 136, 17.4, Memoria sulle trattative con il Governo, su nomina ausiliari e prenotificazione ufficiosa.

686 Nota segreta avuta dal Ministro Cortina, 16 luglio 1974, ASP, b. 136, 17.4. 687 ASP, b. 136, 17.4, cit.

nell’organico di strutture statali, per la sede di Urgel688, la specificazione era dovuta alla

rilevanza politica della diocesi dal momento che, è noto, il vescovo di tale diocesi esercita, in maniera congiunta e indivisibile con il presidente della repubblica francese, la sovranità sul principato di Andorra689. A norma del Concordato del 1953, infatti, il

principato di Andorra “continuerà ad appartenere alla diocesi di Urgel”, in deroga al principio generale secondo cui “nessuna parte del territorio spagnolo o sottoposto alla sovranità della Spagna dipenderà da un Vescovo la cui sede si trovi in territorio soggetto alla sovranità di altra Stato, e nessuna Diocesi spagnola comprenderà zone di territorio soggetto a sovranità straniera” (art. IX, c.1). Durante i negoziati, il governo aveva più volte sottolineato come la perdita di qualsivoglia prerogativa sulla provvista della sede di Urgel avrebbe “sensiblemente afectados los intereses de España”690. Al

contrario, la chiesa spagnola considerava inopportuna la concessione di qualsivoglia prerogativa alle autorità statali. E’ quanto precisato dalla Nota confidencial sobre la

sede de Urgel y el principado de Andorra che sanciva la “no viabilidad, inoportunidad e imposibilidad de aceptar, siquiera como base de diálogo, la excepcionalidad a la forma de provisión del Obispado de Urgel”. E ciò per un duplice ordine di ragioni: sotto

il profilo religioso, era necessario che il vescovo godesse delle stesse prerogative di tutti gli altri vescovi; sotto il profilo politico, il riconoscimento del diritto di presentazione nella nomina del vescovo di Urgel avrebbe significato riconoscere, di fatto e di diritto, “una intervención directa y profunda por parte del Estado Español en la soberanía del

Principado” e avrebbe potuto provocare problemi con il co-principe francese che, da

sempre, aveva manifestato la sua contrarietà alle interferenze del governo spagnolo nelle questioni del principato691.

      

688 Per un approfondimento sulla diocesi di Urgel si rimanda a J. Robinat Elías, Estudio de una peculiar

figura jurídica: el obispo de Urgel, copríncipe de Andorra, Universidad de Santiago de Compostela,

Santiago de Compostela, 1991.

689 Tale situazione deriva dal Pariatge firmato a Lérida da Pere d’Urg, vescovo di Urgel, e Roger Bernat III, conte di Foix, l’8 settembre 1278 che stabiliva che “los batlles de los mencionados señores obispo y

condes, en común y al mismo tiempo, ejerzan el mero imperio sobre los dichos hombres de Andorra, es decir: las justicias mayores, las medianes y las menores, y todas las que pertenecen o deben pertenecer al mero y mixto imperio y jurisdicción, y al mismo tiempo prendan y tengan prendidos a los delincuentes; y si acaso fuese preciso empezar causa, los batlles de los referidos señores al mismo tiempo y en común ordenen la causa dicha, señalando juez, y la lleven hasta definitiva sentencia, mandando asimismo su ejecución. Y si acaso aconteciere que el otro de los mentados batlles por alguna razón estuviese ausente, el que estuviese pueda hacer, ordenar o ejecutar las cosas predichas”. Sul punto si rimanda a J. Aznar

Sánchez, Los intereses de España en la cuestión de Andorra, p. 61-62.

690 J. Aznar Sánchez, Los intereses de España en la cuestión de Andorra, cit., p. 79. 691 Nota confidencial sobre la sede de Urgel y el principado de Andorra, ASP, b. 135, 14.1.

Con riferimento al privilegio del foro, la disposizione si limitava a prevedere che “en el

caso de que un clerigo o religioso se acusado de una infracción que determine la intervención judicial o gubernativa, será informado diligentemente el Ordinario competente por parte de la Autoridad civil correspondiente”.

Il nuovo art. 7 sui luoghi sacri era suddiviso in due parti, l’una concernente l’obbligo per gli ordinari diocesani e i superiori religiosi di controllare che gli edifici e luoghi posti sotto la loro responsabilità non venissero usati per fini distinti da quelli a cui erano destinati e che in essi venissero rispettate le leggi e i regolamenti vigenti in materia di ordine pubblico, sicurezza, sanità e norme urbanistiche (c. 1), l’altra relativa all’immunità che veniva riconosciuta a chiese, cappelle, cimiteri ed altri luoghi sacri destinati al culto o consacrati692. Le autorità di pubblica sicurezza potevano entrare nei

luoghi su menzionati solo previa autorizzazione della competente autorità ecclesiastica, salvo nei casi di urgente necessità.

Alla materia economica erano dedicati due articoli. L’art. 8 riconosceva alla Chiesa il diritto di organizzare collette e ricevere dallo Stato e dai fedeli somme di denaro, beni mobili e immobili per l’attuazione dei propri fini e rimetteva ad un documento annesso al Concordato la specificazione delle modalità attraverso cui lo Stato avrebbe assicurato alla chiesa una dotazione annua. L’art. 11 assicurava agli enti ecclesiastici che svolgevano attività di natura assistenziale, culturale, di beneficienza e istruzione gli stessi diritti garantiti dalla legislazione statale agli enti che perseguivano fini analoghi. Per ciò che concerne l’apostolato dei laici, il nuovo art. 12 stabiliva che le associazioni potevano liberamente esercitare le attività previste nei rispettivi statuti, alle strette dipendenze dalla gerarchia ecclesiastica e nel pieno rispetto delle leggi statali (art. 12, c. 1). Una volta ottenuta l’approvazione della gerarchia, tali statuti sarebbero stati inviati alla competente autorità statale “a los efectos de reconocimiento y registro” (c.2).

La materia scolastica era divenuta un tema particolarmente conflittuale soprattutto dopo gli interventi unilaterali statali in materia tesi alla progressiva laicizzazione del sistema di istruzione e alla secolarizzazione dell’insegnamento. Non sorprende dunque che la delegazione vaticana avesse tentato di riacquisire alcune prerogative in tale ambito sostenendo, tra le altre cose, la necessità di inserire all’interno del nuovo testo il principio, valevole almeno nelle scuole statali, della conformità dell’insegnamento ai

      

692 Veniva meno l’immunità riconosciuta dall’art. XXII, c. 2 ai palazzi e alle curie vescovili, ai seminari, alle case e agli uffici parrocchiali e rettorali e alle case religiose canonicamente stabilite.

principi della dottrina cristiana693. Cortina rigettava tale richiesta facendo leva sul

principio di non confessionalità sulla base del quale il governo intendeva condurre i negoziati694. Il nuovo art. 10 si limitava a riconoscere alla Chiesa il diritto di istituire

scuole di ogni ordine e grado i cui titoli sarebbero stati validamente riconosciuti a livello civile, nei limiti dei requisiti posti dal legislatore statale (c. 1, lett. b) e c)), la possibilità di organizzare corsi di religione cattolica nelle università statali (c. 1, lett. d)) e prevedeva l’inserimento tra le materie curricolari dell’insegnamento della religione cattolica, in tutte le scuole primarie e secondarie, salvo “para aquellos que no piden su

dispensa” (c. 1, lett. a)). Siffatta formulazione benché inserita nella versione finale della

bozza, era stata definita inaccettabile dalla Santa Sede che ne aveva auspicato una immediata riformulazione695.

A chiusura del testo, come nel vecchio Concordato, si prevedeva che nel caso di difficoltà nell’interpretazione del nuovo testo, le parti avrebbero proceduto di comune accordo.

La predisposizione di una bozza, che lasciava supporre l’imminente conclusione di un Accordo, aveva avuto come primo effetto la provvista delle diocesi di Barbastro e Teruel, per cui venivano designati rispettivamente mons. Ambrosio Echevarría e mons. Damián Iguacen696.

4. Osservazioni del Consiglio di presidenza della Conferenza episcopale al progetto

Outline

Documenti correlati