Il 5 novembre, Casaroli, pur ribadendo il sincero desiderio della Santa Sede di giungere alla stipula di un accordo, indicava le nuove condizioni su cui si sarebbero dovuti basare i negoziati. Come già era stato fatto osservare all’ambasciatore, Casaroli precisava che era “indispensabile eliminare previamente alcune difficoltà sostanziali che […] – se non fossero risolte in maniera soddisfacente – renderebbero impossibile la positiva conclusione del negoziato”. Soltanto dopo aver raggiunto un accordo di principio che avrebbe consentito di procedere “senza intoppi sostanziali” alla continuazione delle trattative, si sarebbe potuto pensare a nuovi incontri ufficiali. In ogni caso, la Santa Sede riteneva indispensabile che la nuova fase dei colloqui avvenisse in modo da non dare all’opinione pubblica l’impressione che si trattava della fase conclusiva del negoziato ma piuttosto che le parti fossero alla ricerca di una soluzione soddisfacente su alcuni problemi sostanziali; senza manifestazioni che potevano contribuire a muovere o turbare l’opinione pubblica, come era avvenuto in passato. La Santa Sede stimava altresì necessario creare un ambiente sereno e favorevole alle trattative, eliminando quegli elementi che erano fonte di continue preoccupazioni per la gerarchia spagnola e, in particolare, le multe nei confronti dei membri del clero e i problemi connessi alla provvista delle diocesi715.
714 ASP, B. 136 Udienza dal papa.
715 Appunto sulla posizione della Santa Sede in relazione alle trattative per la revisione del Concordato, in ASP, b. 136, 22.1 Il 30 novembre e il 1 dicembre, il Consiglio di presidenza si riuniva per discutere gli articoli del progetto di Accordo che non erano stati ancora analizzati. Con riferimento al privilegio del foro, Yanes e Jubany si esprimevano a favore del suo mantenimento ritenendo che “no parece justo que
los delitos cometidos por los clérigos sean juzgados por la autoridad civil sin consentimiento del Obispo, aun cuando se trate de delitos previstos por las leyes penales del Estado”, fondando tale pretesa sul fatto
che “en cierto modo al cesar el llamado privilegio del fuero se renuncia a un derecho que protege la
misión propia del ministerio eclesiástico”. Con riferimento all’art. XXII del Concordato, il Consiglio di
presidenza riteneva opportuno sostituire l’espressione “para fines distintos de aquellos para los que están
destinados” con una formula più ampia “para fines compatibles con aquellos para los que están destinados” per evitare che talune attività come, ad esempio, le lezioni per adulti o le attività culturali non
potessero più essere realizzate. Particolare attenzione era dedicata alla materia educativa. Era necessario che il nuovo testo prevedesse espressamente che l’insegnamento nelle scuole statali e non “se inspirará a
Sulla base di tali presupposti, Casaroli ritornava in Spagna, nel mese di dicembre, per continuare a lavorare sulla bozza di Accordo. I risultati di tali incontri a cui partecipavano per la Santa Sede, Casaroli, Dadaglio e Mosconi e per lo Stato Los Arcos, Martínez Caro, Miguel Ángel Ochoa Brun, direttore delle relazioni con la Santa Sede non sono particolarmente rilevanti. L’unico punto di cui si ritornava a discutere in maniera approfondita era il riconoscimento della personalità di diritto pubblico della Chiesa. Il ministro motivava il suo diniego a tale riconoscimento sulla base del parere espresso dalla Asesoría Jurídica Internacional del Ministero degli Esteri spagnolo secondo cui “la Iglesia católica como tal […] nunca ha poseído una personalidad
jurídica pública en el Derecho español” e che “no puede considerarse incluida en el apartado c) del artículo 2 del la Ley de Jurdisdicción Contencioso-administrativa, que se refiere a los entes de Derecho público español” dal momento che “no hay más entes públicos que las Administraciones públicas”716. Di fronte all’opposizione manifestata
dal governo, Casaroli proponeva l’introduzione di una formula che il Vaticano II aveva reso ormai desueta, quella di società perfetta.
Nel corso degli incontri, le parti si limitavano ad apportare modifiche marginali alla bozza. Ad esempio, veniva modificato l’art. 1, c. 3 dal momento che l’assunzione dell’obbligo di inculcare ai fedeli il rispetto delle leggi e dell’autorità statali era sostituito con un più generico impegno da parte della Chiesa al rispetto delle leggi e delle istituzioni statali, nell’esercizio della sua missione; con riferimento alla nomina dei vescovi, la Santa Sede proponeva la sostituzione del termine ‘debidamente’ con “seriamente” o “atentamente”, mentre la delegazione spagnola suggeriva l’espressione “obran en armonía”. Per quanto concerne la nomina del vescovo di Urgel, Dadaglio accettava la richiesta del governo di mantenere il privilegio di presentazione e proponeva di inserire il procedimento di nomina del vescovo di Urgel e del vicario generale castrense in un testo separato, annesso al Concordato717.
doveva essere riservato il diritto di svolgere all’interno delle scuole la sua missione pastorale e di vigilare sulla purezza della fede e sulla morigeratezza dei costumi. Secondo tale orientamento, l’insegnamento della religione cattolica doveva essere obbligatorio nelle scuole primarie e secondarie, fermo restando il diritto all’esonero riconosciuto ai non cattolici.
716 M. Sánchez-Lasheras, Las negociaciones concordatarias y la transición política española (1972-
1976), cit., p. 167.
Le trattative proseguivano nel marzo 1975718. In quest’occasione, le parti si occupavano
dei temi rimasti in sospeso durante gli ultimi incontri di Madrid e, in particolare, del problema delle multe, numerose e assai elevate, inflitte ai sacerdoti spagnoli; delle nomine vescovili e dell’erezione o modifica delle diocesi; della politicizzazione dei sacerdoti e del sostegno manifestato da alcuni alla nascita di chiese particolari, come la chiesa basca e catalana, motivo per cui, secondo Los Arcos, doveva essere assicurato un maggiore potere al governo nella provvista delle diocesi e nella nomina degli ausiliari719; del riconoscimento della personalità giuridica di diritto pubblico della
Chiesa, che per l’episcopato era da considerare una conditio sine qua non. Al contrario, il governo continuava a sostenere che tale ipotesi era difficilmente ammissibile nel diritto spagnolo, “a meno di voler fare degli enti ecclesiastici degli “enti di Stato””720.
Ma, senza dubbio, l’argomento centrale dei colloqui era la posizione della Santa Sede sull’eventuale conclusione di un Accordo. Nella delegazione spagnola si era andata acuendo la sensazione che la Santa Sede avesse posto in essere un tattica dilatoria, dopo essere giunta a conclusione – autonomamente o dietro sollecitazione dell’episcopato spagnolo – che nella situazione attuale non era opportuno stipulare un Accordo con il governo spagnolo. In ragione di ciò, si chiedeva agli interlocutori di chiarire la propria posizione specificando che nel caso di conferma di tale ipotesi, il governo si sarebbe sentito “autorizzato a tirarne le proprie conseguenze”721, potendosi in questo caso
supporre una denuncia del Concordato.
Se, al contrario, le perplessità della Santa Sede riguardavano il contenuto dell’Accordo, l’ambasciatore riteneva facilmente superabili le difficoltà ma chiedeva un impegno chiaro alla conclusione formale delle trattative e, dunque, alla firma di un Accordo, qualora le parti fossero state in grado di raggiungere un’intesa sui punti più controversi. In ragione di ciò, era necessario indicare al governo quali erano i punti da rivedere, anche al fine di evitare che nel corso dei negoziati ne venissero aggiunti di nuovi, con la
718 Durante la XXII riunione dell’Assemblea plenaria della CEE, dal 2 all’8 marzo, Tarancón, Bueno Monreal e Yanes venivano riconfermati nei loro incarichi di presidente, vicepresidente e segretario della CEE.
719 Relazione a firma di Mosconi sull’incontro informale avvenuto in Vaticano tra Los Arcos, Valderrama e Casaroli, ASP, b. 135, 25.
720 Revisione del Concordato, 13 marzo 1975, ASP, b. 136, 26.2. 721 Ivi.