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Aziende di credito e istituti di credito: la specializzazione temporale (dal lato del passivo)

3. L’attività bancaria in Italia alla luce della Legge bancaria del 1936 (R.d.l n 375/1936)

3.1. Aziende di credito e istituti di credito: la specializzazione temporale (dal lato del passivo)

A conclusione di questo lungo e tortuoso processo storico, dunque, il sistema del credito italiano si ritrovava così organizzato: al vertice, Ispettorato e Comitato dei Ministri prima, Banca d’Italia e CICR poi, sovrintendevano alle funzioni di vigilanza, controllo e autorizzazione all’accesso all’attività. Tali funzioni emanavano da una disciplina normativa fondata sulla stratificazione di norme prevalentemente secondarie. A livello operativo, poi, il sistema si caratterizzava per essere fortemente improntato al pluralismo (delle forme istituzionali dei soggetti bancari) e alla specializzazione.

È da notare che la legge bancaria non si spinse, al contrario di quanto successo, ad esempio negli Stati Uniti, fino ad operare una reductio ad unum dei modelli bancari, ma si limitò ad una categorizzazione della pluralità di forme esistenti nei due “macro-modelli” delle Aziende di credito e degli Istituti di

COSTI, L’ordinamento bancario, op. cit., pp. 59-60; Id., La legge bancaria del 1936, cit., pp. 350-351; GALANTI, Le banche, op. cit., p. 90.

94 Fatta eccezione per la blanda intitolazione, della legge e dell’Ispettorato, alla “difesa del risparmio”.

Si noti, peraltro, l’utilizzo del termine generico “difesa” in luogo del più puntuale “tutela”.

29 credito: non è prevista una definizione di banca, ma solo, come accennato nel § precedente, quella di funzione creditizia. Nella prima categoria, quella delle Aziende, rientrano gli Istituti di credito di diritto pubblico, le “Banche di interesse nazionale”96, le Banche popolari, le Casse di risparmio, i Monti di credito su pegno, le Casse rurali e agrarie e la categoria residuale delle aziende di credito costituite nelle forme delle società a fini di lucro97. Sul versante degli Istituti di credito speciale, invece, devono essere annoverati tutti gli enti pubblici creati negli anni ’20 e ’30 (su tutti, come visto, l’IMI) al fine di sostituire la banca mista nel finanziamento dell’industria nazionale98. Ciascuno di essi era dotato di una propria disciplina legislativa e regolamentare.

Siffatta ripartizione viene operata dalla legge bancaria con il precipuo scopo di confinare l’attività di provvista delle Aziende ai depositi a vista e a breve termine, “a risparmio, in conto corrente o sotto qualsiasi forma e denominazione”99. Non si tratta di una novità assoluta, in quanto buona parte dei soggetti ricondotti sotto la categoria delle Aziende svolgeva già, in via

96 Con tale locuzione la legge bancaria faceva riferimento essenzialmente a Credito Italiano, Banca

Commerciale e Banco di Roma, nazionalizzate nell’ambito della creazione dell’IRI (vedi retro, § 3). “Sono Banche di interesse nazionale quelle che, costituite nella forma di Società anonima per azioni ed aventi una vasta organizzazione di carattere nazionale, siano riconosciute tali con decreto Reale promosso dal Capo del Governo. Non può essere riconosciuta tale qualifica alle Banche che non abbiano stabilito filiali in almeno 30 Provincie” (R.d.l. 12 Marzo 1936, n. 375, art. 25 comma 2). Sono qualificati, invece, istituti di diritto pubblico “il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia, la Banca Nazionale del Lavoro, l'Istituto di S. Paolo in Torino e […] il Monte dei Paschi di Siena” (Id., art. 25, comma 1).

97 R.d.l. 12 Marzo 1936, n. 375, art. 5.

98 Id., art. 41.

99 Id., art. 5, comma 1, lett. b). La lett. b) della presente disposizione, è bene precisarlo, si riferisce

30 esclusiva, tale tipo di raccolta (in ultimo, proprio le ex banche miste, alle quali, come già detto, la raccolta a medio e lungo termine fu vietata dalle convenzioni stipulate nell’ambito dell’istituzione dell’IMI nel 1931 e dell’IRI nel 1934)100.

Ciò che è interessante notare è che, all’interno del testo della legge, non risulta derivare direttamente da nessuna norma tale principio di specializzazione, ma si desume dall’intitolazione del Titolo V (“Disciplina degli istituti, imprese ed enti raccoglitrici di risparmio a breve termine”), dedicato alle Aziende, e del Titolo VI (“Disciplina della raccolta del risparmio a medio e lungo termine”), dedicato agli Istituti. Come osservava Giannini nel 1953, il “principio [di specializzazione] non è chiaro in sé, né riceve applicazione

rigorosa. Difatti non è ben definita la differenza tra credito a breve, medio e lungo termine

[…], per cui […] questo principio ha validità ed operatività soprattutto per due aspetti: il

divieto alle banche ordinarie di esercitare attività creditizia differente da quella a brave termine; la divisione degli istituti di credito per categorie, ciascuna fornita di un proprio nomen juris, con la conseguenza che è esclusa […] la possibilità di dar vita ad istituti di credito atipici”101.

Appare chiaro, dunque, il perché non si possa parlare di vero e proprio principio di specializzazione funzionale per il sistema creditizio italiano: se una specializzazione era stata imposta (o, meglio, confermata), questa era

100 Cfr. BELLI, Le leggi bancarie del 1926 e del 1936-1938, cit., p. 239.

101 GIANNINI, Aspetti giuridici della liquidità bancaria, Atti del Primo convegno internazionale del credito,

31 relativa alla durata delle operazioni di provvista. Nulla era vietato, invece, sul versante degli impieghi: ciò che differenziava, ictu oculi, le Aziende dagli Istituti era il solo fatto che questi ultimi non potevano finanziarsi tramite la raccolta del risparmio presso il pubblico. Tale principio, si è detto, non è nemmeno esplicitamente rinvenibile nel testo della legge bancaria, quanto piuttosto nelle convenzioni istitutive nei singoli istituti102.

Se, nonostante ciò, si può parlare, per l’ordinamento italiano, di separazione bancaria “effettiva” tra Aziende ed Istituti, è per la pervasività dello “strumentario” di controlli e autorizzazioni a disposizione delle autorità di vigilanza, le quali sempre, nell’arco di vigenza della legge bancaria (o almeno fino agli anni ’70), hanno operato nell’ “angosciante ricordo di quella

crisi”103, impedendo le commistioni tra la banca e l’industria e, più in generale, tenendo separato il settore commerciale da quello finanziario.

Occorre inoltre precisare che, relativamente agli Istituti di credito, nella legge bancaria sono contenute in massima parte norme di trasferimento a Comitato dei Ministri ed Ispettorato delle attribuzioni in materia di vigilanza prima ripartite tra vari ministeri. Non viene invece approntata una disciplina unitaria sul piano dei controlli, né vi è traccia di un riordino delle funzioni degli Istituti. Sicché, il settore del credito speciale continua ad essere regolato da una moltitudine di norme, di rango primario e secondario, senza mai

102 Vedi retro, p. 25.

32 giungere ad una sistemazione unitaria. La questione restò irrisolta, pur nella consapevolezza della dottrina104, per tutta la vigenza della legge, e si continuò a disciplinare il credito a medio-lungo termine in modo puntiforme e disomogeneo.

Sotto un distinto profilo, si può invece a buon diritto parlare, per ciò che concerne specificamente le Aziende, di un ordinamento creditizio specializzato sul piano territoriale: ad ogni categoria giuridica corrisponde, invero, un ambito territoriale di azione. Le banche di interesse nazionale possono operare su tutto il territorio italiano (e sono definite tali se hanno filiali in almeno trenta provincie), gli istituti di diritto pubblico operano invece in ambiti regionali o interregionali, le casse di risparmio hanno una dimensione locale, e un ambito operativo ancor più ristretto è assegnato a monti di credito e casse rurali (anche in ragione delle loro specificità)105.

3.2. La “costituzionalizzazione” della legge bancaria: natura