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La “costituzionalizzazione” della legge bancaria: natura giuridica della banca e tutela del risparmio

3. L’attività bancaria in Italia alla luce della Legge bancaria del 1936 (R.d.l n 375/1936)

3.2. La “costituzionalizzazione” della legge bancaria: natura giuridica della banca e tutela del risparmio

La legge del ’36, e le precedenti operazioni di pubblicizzazione delle grandi banche e di istituzione di nuovi enti pubblici creditizi, avevano restituito, si è detto, un sistema creditizio a base essenzialmente pubblica. La questione del “vuoto di fini” nella legge bancaria (o meglio, per dirla con

104 Cfr. GIANNINI, Problemi della banca come impresa, conferenza tenuta presso l’Associazione nazionale

aziende di credito, 17 Novembre 1981, in Banca borsa tit. cred., n. 1, 1981, p. 388-390.

33 Costi, la “delega in bianco alle autorità creditizie”)106 si legava a doppio filo con la natura sostanzialmente pubblica del sistema: gli ampi poteri attribuiti all’Ispettorato (e poi alla Banca d’Italia), sia in fatto di autorizzazioni, sia in fatto di ingerenza nelle scelte gestionali delle aziende e (in misura minore) degli istituti, potevano essere esercitati o in funzione di “polizia del credito”107, badando cioè alla stabilità generale del sistema, o in funzione di “governo del credito”, e cioè a dire adeguando quei poteri alle scelte politiche del governo. Quale delle due strade si fosse scelta, tuttavia, le imprese bancarie che avessero esercitato la propria attività in quel sistema avrebbero comunque svolto una “funzione di interesse pubblico”108, più che esercitare il diritto di impresa; ciò, a maggior ragione, se si considera che molte di quelle imprese non erano più private109.

Proprio sulla scorta di tali ragionamenti, Giannini ebbe l’intuizione di qualificare il sistema creditizio come ordinamento sezionale. Un “sotto- ordinamento”, cioè, dell’ordinamento giuridico generale, con al vertice un’autorità amministrativa che emana disposizioni a cui i soggetti che entrano a far parte dell’ordinamento devono sottoporvisi, a pena di sanzioni: “possiamo

106 COSTI, La legge bancaria del 1936, cit., p. 355.

107 Ibidem, p. 355.

108 R.d.l. 12 Marzo 1936, n. 375, art. 1, comma 1. “la raccolta del risparmio fra il pubblico sotto ogni forma e

l’esercizio del credito sono funzioni di interesse pubblico”.

109 Tuttavia, nel 1940, Giannini precisava che “l’azienda di credito è patrimonialmente del tutto separata dallo

Stato, ed è organismo tipicamente di diritto privato: agisce mediante atti e negozi di diritto privato; suo fine è un fine privato. Accanto a questo, vi è un fine pubblico. Il fine o attività dello Stato [non è] compiere operazioni di banca: fine dello Stato è provocare il maggior deposito possibile di risparmio, e far scegliere ad esso gli investimenti che di volta in volta si possono ritenere più utili”. GIANNINI, Osservazioni sulla disciplina della funzione creditizia, in AA. VV., Scritti giuridici in onore di Santi Romano, Padova, Cedam, 1940, p. 724.

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ben dire che siamo in presenza di ordinamenti giuridici; ricorrono, infatti, i tre tipici elementi dell’ordinamento: la plurisoggettività, l’organizzazione, la normazione. Sono ordinamenti […] sezionali, in quanto limitati ai soggetti che svolgono una data attività; particolari, in quanto istituiti ad uno scopo particolare, e non generale; derivati, in quanto istituiti […] dallo Stato […]; normativamente atipici, in quanto la loro normazione risulta insieme da atti normativi […] dello Stato e da atti del pubblico potere che li regge, atti che hanno valore normativo all’interno dell’ordinamento sezionale”110.

Mutato il quadro istituzionale con la caduta del fascismo, come detto, non mutò la legge bancaria, né, di conseguenza, la configurazione del sistema come ordinamento di settore. E tuttavia, apparve chiaro al Costituente che quella “delega in bianco”, relativamente ai fini della normativa di settore, dovesse essere colmata: si palesò, in ultima analisi, l’esigenza di rendere esplicita e di riempire di contenuto la funzione di interesse pubblico alla quale l’ordinamento era sottoposto111. Tale orientamento si concretizzò negli artt. 41, comma 3 e 47, comma 1 della Carta Costituzionale.

La riserva di legge prevista dalla prima delle due disposizioni (“la legge

determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”) si pone a protezione dell’attività

110 GIANNINI, Istituzioni di credito e servizi di interesse pubblico, in Moneta e Credito, n. 2, 1949, p. 111.

111 “Al che si ritiene di dover osservare che l’attuale estensione dell’intervento diretto od indiretto dello stato nel settore

del credito non dovrebbe essere totalmente ignorato dalla carta costituzionale, anche ai fini della precisazione degli scopi e dei limiti dell’intervento stesso. Consigliabile sarebbe, invero, una esplicita enunciazione nella carta costituzionale, che sancisca il carattere di pubblico interesse che riveste la funzione di intermediazione del credito, carattere già riconosciuto dalla legge del 1936, e conseguentemente stabilisca la necessità di ordine economico e sociale di tutelare il regolare esercizio di tale funzione mediante pubblico controllo”. MINISTERO PER LA COSTITUENTE, Rapporto della Commissione economica presentato all’Assemblea Costituente, n. IV Credito e assicurazioni, Roma, 1946, p. 37.

35 imprenditoriale generalmente intesa, e giustifica l’intervento statale nell’economia ai soli fini sociali: appare essere proprio tale previsione, dunque, a conciliare la figura dello “Stato programmatore” di matrice totalitaria con la nuova costituzione democratica. Uno Stato, cioè, a cui è consentito “indirizzare” le scelte economiche ed operare in condizioni di parità e in concorrenza con l’impresa privata solo ed esclusivamente per fini sociali determinati dalla legge; quando, in definitiva, la libertà di iniziativa economica privata si contrappone ad interessi pubblici sovraordinati112.

Di tal guisa, la legge bancaria, e l’ordinamento sezionale del credito che ne discende, quale massimo esempio di intervento pubblico, sono giustificati nella misura in cui essi rispondono a finalità sociali. Orbene, è proprio nel primo comma dell’art. 47 che queste possono essere individuate (“La

Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme, disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito”): il fine sociale, il principio ordinatore del settore

creditizio, è la tutela del risparmio, e non possono essere disposte limitazioni all’impresa che non discendano da esigenze di tutela del risparmio; e cioè a dire, esigenze di stabilità ed efficienza del mercato113. Val la pena accennare, comunque, che la dottrina più risalente, e lo stesso Giannini114, ritennero la portata di tale disposizione limitata, in quanto troppo generica, e dunque non

112 Cfr. NIRO, Art. 41, in BIFULCO, CELOTTO, OLIVETTI (a cura di), Commentario alla

Costituzione, Torino, Utet, 2006, vol. I, pp. 858-859.

113 Cfr. COSTI, La legge bancaria del 1936, cit., pp. 359-360.

36 precettiva, al punto da sembrare una semplice riproposizione dell’art. 1 della legge bancaria115. Alla luce delle riflessioni del pensiero giuridico successivo, tale posizione apparve presto recessiva. Merusi, in particolare, sottolinea come la “tutela del risparmio” sia da intendere come “disciplina delle modalità

di garanzia degli investimenti”116, e il risparmio quale valore strumentale alla diffusione della proprietà e della ricchezza117. In siffatti termini, la norma riprende pregnanza, in quanto riempita di significato: la funzione di interesse pubblico a cui è informato l’ordinamento del credito italiano è la tutela del risparmio di cui all’art. 47, comma 1, e cioè la stabilità e l’efficienza del sistema finalizzata alla garanzia della ricchezza dei cittadini.

È da ricordare, in ogni caso, che la concezione di un ordinamento di settore, con vincoli stringenti all’ingresso e durante tutto l’arco di svolgimento dell’attività bancaria, finalisticamente orientato a obiettivi di stabilità macroeconomica, mal si coniuga, evidentemente, con il diritto alla concorrenza. Ed in effetti, fino alle prime direttive europee in materia, sul finire degli anni ’70, il sistema bancario resta concepito, per usare le parole di Costi, come un “oligopolio amministrato”118, nel quale sono addirittura favoriti i cartelli, ad esempio, per la determinazione dei tassi di interesse sui prestiti119. Sarà proprio a partire dalla ricezione delle direttive a cui si è

115 BARONCELLI, Art. 47, in Commentario alla Costituzione, op. cit., p. 949.

116 Cfr. MERUSI, Commento all’art. 47, in BRANCA, PIZZORUSSO (a cura di) Commentario alla

Costituzione, Bologna, Zanichelli, 1980, p. 184.

117 Ibidem, p. 184.

118 COSTI, La legge bancaria del 1936, cit., p. 358.

37 accennato e dalle spinte del pensiero giuridico verso la trasformazione (anche) del mercato bancario in un mercato concorrenziale, che la legge bancaria inizierà il suo declino e, infine, verrà sostituita dal Testo Unico del 1993120.

4. Banca commerciale e banca di investimento alla luce degli