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B - Cittadinanza plurima, rispetto per la diversità, concetto di dialogo interculturale

Sullo statuto giuridico di persona umana, quindi sulla cittadinanza universale o primaria, si innestano per così dire le cittadinanze nazionali e sub-nazionali (anagrafiche, politiche, amministrative).

Metafora (non soltanto) per la didattica: la “cittadinanza della persona” è come un albero, il cui tronco,

insieme con le radici, è costituito dallo “statuto giuridico di persona”, internazionalmente riconosciuto come tale, i cui rami sono costituiti dalle cittadinanze nazionali e sub-nazionali.

Antonio Papisca

in Bollettino "Archivio Pace Diritti Umani" – n.25/2/2003

1 – Il contesto

Il processo storico in cui stiamo vivendo, quello della globalizzazione, innescato principalmente dal progresso tecnologico, ha prodotto come conseguenza la riduzione delle distanze, la moltiplicazione delle possibilità di scambi, di informazioni, di comunicazioni, facilitando il movimento di persone e di merci e favorendo gli incontri/scontri tra differenti culture, visioni del mondo, religioni, sistemi di valori.

La velocità dei cambiamenti generata da tale processo, la fluidità e la maggiore conflittualità prodottesi mettono in discussione il tradizionale concetto di identità, inteso quale condivisione di un insieme di valori, fondato su elementi basilari quali la nascita in un determinato territorio, l’appartenenza ad una famiglia e ad un dato contesto inteso come stabile.

Nell’età moderna lo Stato-nazione aveva fondato sulla “natività per nascita”(Agamben, 1996) la

sua sovranità. Essa fu posta in campo dallo Stato per legittimare la richiesta di asservimento rivolta suoi sudditi.

Oggi, tuttavia, in un mondo così accelerato, nella “modernità liquida” – così la definisce Zigmunt Bauman - in cui ci troviamo a vivere, lo stretto legame tra individuo e società si sta disgregando: i diritti economici sono spesso fuori del controllo dello stato; i diritti politici che gli stati offrono

talvolta limitano di fatto la democratizzazione dei poteri e la partecipazione dei cittadini, mentre i diritti sociali vengono progressivamente erosi dalla privatizzazione di determinati servizi, che inducono a risolvere individualmente, invece che socialmente, certe problematiche. Gli Stati inoltre non sono in grado di risolvere, agendo isolatamente, i grandi problemi globali, che richiedono soluzioni multinazionali multilaterali su piano continentale, o planetario.

L’identità unica cessa quindi di essere attraente nelle società tecnologicamente più avanzate. Nella vita di tutti i giorni l’origine geografica, il genere, la classe, la cittadinanza, la politica, la professione, la religione, i gusti musicali, gli interessi sportivi, gli impegni sociali ci rendono membri di una serie di gruppi, ed ognuno di essi ci conferisce un’identità specifica. Nessuna di queste può essere considerata la nostra unica categoria di appartenenza.

2 – Identità e appartenenze

Ogni persona, quale membro a pieno titolo di diversi contesti – a livello locale, nazionale, europeo, mondiale – è portatrice di identità plurime: appartenenze consolidate che di volta in volta emergono e hanno la prevalenza, mettendo il soggetto di fronte a sistemi valoriali talvolta in contrasto e tra i quali è necessario scegliere.

Da ciò deriva un progressivo senso di insicurezza e la volontà di ricercare altri gruppi che facilitino la costruzione di un’identità più solida. Gli individui, privati dei tradizionali quadri di riferimento, spesso cercano di fondare gruppi virtuali, mediati elettronicamente, in cui è facile entrare, ma che è altrettanto semplice abbandonare.

Sempre di più all’interno delle società si va delineando una netta divisione tra coloro che si muovono agevolmente tra differenti identità, anteponendo quella che di volta in volta meglio si adatta a loro e respingendo quelle che risultano obsolete o imposte in passato, e quegli individui a cui viene negata la scelta di una propria identità. Sono coloro che vengono esclusi dalla società: oggi lo spettro dell’esclusione è un incubo per molti.

In aggiunta, un’ulteriore divisione si va delineando: quella di un’élite culturale cosmopolita, di coloro che possiedono gli strumenti culturali ed economici per viaggiare realmente e/o sul web e che sperimentano il multiculturalismo, e coloro che rimangono fissi nel loro luogo di nascita e per i quali i mass-media generalisti costruiscono l’unica opportunità (virtuale) di extraterritorialità.

Così recitava un manifesto affisso sui muri di Berlino nel 1994:” Il tuo Cristo è ebreo. La tua macchina è giapponese. La tua pizza è italiana. La tua democrazia greca. Il tuo caffè brasiliano. La tua vacanza turca. I tuoi numeri arabi. Il tuo alfabeto latino.

Solo il tuo vicino è uno straniero”.

Questi ultimi, persa la fiducia nello stato e alla ricerca di un’appartenenza che fornisca loro sicurezze e protezione dal senso di smarrimento creato dalla globalizzazione, diventano facile preda di identità culturali chiuse, costruite ad arte, e dei nazionalismi.

A livello globale, particolarmente dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, sul mondo contemporaneo ha operato il paradigma culturale dello “scontro di civiltà” (Huntington, 1996) Questa tendenza a considerare gli individui secondo un unico criterio, oggi quello di una presunta appartenenza all’una o all’altra “civiltà”, ieri quello della nazionalità o della razza, ecc., ha prodotto storicamente violenza e conflitti ed è stata abilmente strumentalizzata da molti “ esperti” del terrore. Ma esiste davvero uno “scontro di civiltà”? Tale approccio risulta fondato sulla classificazione degli abitanti del pianeta quasi unicamente in base alla loro appartenenza religiosa, senza tener conto, da un lato, delle differenze all’interno delle grandi categorie religiose, e dall’altro, della pluralità di identità di cui ciascun individuo è portatore.

Secondo un diverso approccio, viceversa, “la speranza di armonia nel mondo contemporaneo risiede in gran parte in una comprensione più chiara dell’identità umana, e nel riconoscimento che tali pluralità sono trasversali e rappresentano un antidoto a una separazione netta lungo una linea divisoria fortificata e impenetrabile” (Sen, 2006).

Edgar Morin propone il concetto di identità terrestre, intesa come partecipazione di tutti gli uomini ad un comune destino planetario. Solo la coscienza dell’appartenenza ad un’unica patria terrestre permetterà lo sviluppo di un sentimento di unione e di solidarietà, necessario per orientare le relazioni umane al dialogo e alla solidarietà.

Nell’era dell’interdipendenza planetaria le scelte che coinvolgono intere nazioni dovrebbero essere deliberate in contesti decisionali altrettanto ampi e fondati su una qualità democratica adeguata alla dimensione alle sfide di una governante globale. L’attuale assetto istituzionale, ancora ampiamente stato-centrico, vive in conseguenza una crisi profonda. Anche il concetto di cittadinanza, tradizionalmente inteso quale appartenenza esclusiva ad uno stato nazionale, risente di questa crisi.

3 - Cittadinanza

Oggi il riconoscimento giuridico della dignità e delle libertà e dei diritti fondamentali di ogni persona permette di ridefinire un nuovo concetto di cittadinanza planetaria. Essa non è, come nel passato, octroyée (graziosamente concessa) dallo stato, ma inerente all’essere umano. L’identità di persona umana e l’appartenenza alla famiglia umana sono giuridicamente fondate dal diritto internazionale che ha la sua radice nella Carta delle Nazioni Unite e nella Dichiarazione universale dei diritti umani.

La persona, ogni persona, dal momento che nasce dotata di dignità e diritti (art. 1 Dich. universale), nasce cittadina del pianeta terra. Sullo statuto giuridico di persona umana, cioè sulla cittadinanza universale, si innestano le cittadinanze nazionali e sub-nazionali (che sono anagrafiche, politiche, amministrative…). La cittadinanza della persona, collocata in questo spazio e quindi messa in relazione alle esigenze della nuova organizzazione politica, economica mondiale, è una cittadinanza plurima: la cittadinanza attiva non può non essere contemporaneamente universale, europea, nazionale, regionale, municipale…. Le differenti articolazioni che formano la cittadinanza universale vigono in una relazione dinamica e complessa di interdipendenza ad estensione mondiale: sono tra di loro interattive ed escludono qualsiasi rapporto gerarchico precostituito.

Il processo di integrazione europea, giunto nel 1992 con il trattato di Maastricht a definire la cittadinanza europea, ha creato lo spazio per l’esercizio di una nuova cittadinanza plurale che, non a caso, si propone come funzionale ad assicurare il pieno riconoscimento dei diritti umani. Si deduce quindi che nelle singole comunità politiche l’ottica in cui si deve operare è ad includendum omnes, per assicurare tutti i diritti umani per tutti.

4 – Dialogo interculturale

Per superare gli approcci tradizionali alla gestione delle diversità, approcci che pongono come inevitabile il conflitto e lo scontro, è necessario partire dal presupposto dell’uguaglianza e del pieno rispetto reciproco, con l’obiettivo di costruire una società dinamica che sappia riconoscere, apprezzare ed utilizzare i talenti di tutti gli individui. È questa la condizione per un dialogo autentico, possibile solo tra persone che si riconoscono portatrici della stessa dignità e degli stessi diritti. Si tratta di interiorizzare l’idea che ciascuno è portatore di molteplici identità e culture, che sono, per ciò stesso, parziali e non esclusive. La conoscenza e il rispetto di tali differenze e il dialogo interculturale sono la strada per la costruzione di una società inclusiva, in cui venga abolita qualsiasi forma di discriminazione e nella quale ciascuno possa partecipare pienamente alla vita economica, sociale e politica, fondata su una comunità di valori condivisi.

Che cos’è il dialogo interculturale?

“Il dialogo interculturale indica un processo di scambio di vedute aperto e rispettoso fra persone e gruppi di origini e tradizioni etniche, culturali, religiose e linguistiche diverse, in uno spirito di comprensione e di rispetto reciproci”-

Vivere insieme in pari dignità Libro bianco del Consiglio d’Europa sul

dialogo interculturale - 2008

Condizioni essenziali sono il rispetto della pari dignità di tutte le persone, dei diritti umani (in particolare della libertà di espressione e delle altre libertà fondamentali), del primato del diritto (stato di diritto, rule of law) e dei principi democratici. Il dialogo tra le culture diventa strategico anche per la costruzione di un nuovo ordine mondiale in cui si operi per il pieno godimento di “tutti i diritti umani per tutti” e per la pace. Attori determinanti in tale contesto non possono essere soltanto le istituzioni di governo degli stati, ma anche, secondo un ottica di sussidiarietà, le organizzazioni solidaristiche a livello globale e le organizzazioni internazionali multilaterali

Tutti questi attori, ciascuno all’interno del proprio spazio di azione e nella piena collaborazione, devono operare per rimuovere gli ostacoli che impediscono il dialogo interculturale, in primo luogo la povertà, lo sfruttamento, le discriminazioni.

Basilare risulta essere il ruolo giocato dalle diverse culture – che in questa prospettiva non vengono affatto neutralizzate, ma piuttosto valorizzate nel loro contributo alla prospettiva comune dei diritti umani e della pace. La conoscenza tra culture, nel rispetto reciproco, è il primo obiettivo da raggiungere. Si tratta però di andare oltre per condividere valori e per contribuire alla crescita e allo sviluppo della società; l’obiettivo finale è la costruzione di nuove forme di partecipazione e di cittadinanza democratica per la realizzazione di una società inclusiva.

Quest’ultima sarà definita a livello territoriale, ma non chiusa da confini invalicabili, aperta al dialogo al suo interno e verso l’esterno.

L’Unione Europea, quale organismo sovranazionale che racchiude al suo interno 27 Stati nazionali, ciascuno con le proprie specificità, può candidarsi ad essere un vero e proprio laboratorio di cittadinanza plurima, quella nazionale e quella europea, e di dialogo interculturale, sia tra le differenti culture che in essa sono rappresentate, sia con quelle che sono oltre i suoi confini.

La sfida sarà quella di rilanciare il processo di unificazione europea fondandolo, oltre che su ragioni e finalità economiche e politiche, proprio sul dialogo interculturale, per una condivisione sempre più stretta dei valori di libertà, di giustizia, di rispetto dei diritti umani per tutti gli uomini.

(vedi, per quanto riguarda le azioni istituzionali relative a questa tematica, nel cap. 4 la scheda 4.B “Il dialogo interculturale/interreligioso”)

Ö Dichiarazione Universale dei diritti umani, artt. 1 – 2 – 15

Ö Patto sui diritti civili e politici, artt. 18 – 24

Ö Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, Titolo V “Cittadinanza”, da art.39 ad art. 46

Ö Trattato sull'Unione europea (TUE) 1992.

Ö Trattato di Amsterdam, 1999

Ö Costituzione Italiana, artt. 2 – 3

Ö Decisione n. 1983/2006/ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006

relativa all'anno europeo del dialogo interculturale (2008) art. 4-5.

Ö Dichiarazione del Consiglio d’Europa e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri,

riuniti in sede di Consiglio del 16 dicembre 1997 relativa al rispetto delle diversità e alla lotta contro il razzismo e la xenofobia (98/C 1/01).

Ö Raccomandazione dell’Unesco sull’educazione per la comprensione, la cooperazione e la

pace internazionali e sull’educazione relativa ai diritti umani e alle libertà fondamentali 1974, art. 3-4.

Ö Programma d’azione per l’apprendimento permanente 2007-2013 (LLP), art. 1

L’interazione fra diverse culture

Nelle nostre società sempre più differenziate, è essenziale assicurare un’interazione armoniosa e sostenere la volontò di vivere insieme di persone e gruppi con identità culturali molteplici, varie e dinamiche. Le politiche per l’inclusione e la partecipazione di tutti i cittadini sono garanzie di coesione sociale, esse favoriscono la vitalità della società civile e la pace. Definito in questo modo, il pluralismo culturale dà espressione politica alla realtà della diversità culturale.

Indissociabile da un quadro democratico, il pluralismo culturale favorisce lo scambio culturale e lo sviluppo delle capacità creative che sostengono la vita pubblica. (Dichiarazione universale dell'Unesco sulla diversità culturale - Adottata all'unanimità a Parigi durante la 31esima sessione della Conferenza Generale dell'UNESCO, Parigi, 2 novembre 2001).

In tale prospettiva il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha recentemente deciso di

“prendere tutte le misure in suo potere per garantire un equo e democratico ordine internazionale” e ha affermato che “un ordine internazionale democratico ed equo richiede, tra l'altro, […] il rispetto per la diversità culturale e della cultura dei diritti di tutti”.. Il Consiglio inoltre “Sottolinea l'importanza di preservare la natura ricca e diversificata della comunità internazionale delle nazioni e dei popoli, così come il rispetto per l'universalità dei diritti umani, nazionali e regionali e le varie peculiarità storiche, culturali e religiose, nel rafforzamento della cooperazione internazionale in materia di diritti umani; (…) Sollecita tutti gli attori sulla scena internazionale a costruire un ordine internazionale basato su inclusione, giustizia, pace, uguaglianza ed equità, sulla dignità umana, sulla comprensione reciproca e sulla promozione del rispetto per la diversità culturale e dei diritti umani universali, e a respingere tutte le dottrine di esclusione basate sul razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l'intolleranza.” (Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite, risoluzione 8/5, 17 giugno 2008 - Promotion of a democratic and equitable international order).

Il dialogo – Elemento chiave per il futuro dell’Europa

La gestione democratica di una diversità culturale in continua espansione in Europa – radicata nella storia del nostro continente e amplificata dalla globalizzazione – è diventata da qualche anno una priorità.

Come rispondere alla diversità? Qual è la nostra visione della società del futuro? Si tratta di una società in cui gli individui vivranno in comunità separate, caratterizzate, nella migliore delle ipotesi, dalla coesistenza di maggioranze e minoranze con diritti e responsabilità diversificate, vagamente collegate fra di loro da reciproca ignoranza e stereotipi? O, al contrario, pensiamo ad una società dinamica e aperta, esente da qualsiasi forma di discriminazione e da cui tutti possono trarre benefici, che favorisce l’integrazione nel pieno rispetto dei diritti fondamentali di ciascuno? Il Consiglio d’Europa ritiene che il rispetto e la promozione della diversità culturale sulla base dei valori che sono il fondamento dell’Organizzazione, siano le condizioni essenziali per lo sviluppo delle società basate sulla solidarietà.

Il “Libro bianco sul dialogo interculturale” sostiene con forza, a nome dei governi dei 47 Stati membri del Consiglio d’Europa, che l’avvenire comune dipende dalla nostra capacità di tutelare e sviluppare i diritti umani sanciti dalla Convenzione europea dei diritti umani, la democrazia e il primato del diritto, e a promuovere la comprensione reciproca. L’’approccio interculturale offre un modello di gestione della diversità culturale aperto sul futuro, proponendo una concezione basata sulla dignità umana di ogni persona (e sull’idea di una umanità comune e di un destino comune). Se dobbiamo costruire una identità europea, questa identità deve basarsi su valori fondamentali condivisi, sul rispetto del nostro patrimonio comune, sulla diversità culturale e sul rispetto della dignità di tutti.

Il dialogo interculturale ha un ruolo importante da svolgere a tal riguardo poiché ci offre, da una parte, la possibilità di prevenire le scissioni etniche, religiose, linguistiche e culturali e, dall’altra, di progredire insieme e riconoscere le nostre diverse identità in modo costruttivo e democratico, sulla base di valori universali condivisi.

Il dialogo interculturale può svilupparsi soltanto in presenza di condizioni specifiche. Il Libro bianco spiega che, per fare avanzare il dialogo interculturale, è necessario adattare sotto molti aspetti la governance democratica della diversità culturale; rafforzare la cittadinanza democratica e la partecipazione; insegnare e sviluppare le competenze interculturali; creare spazi riservati al dialogo interculturale o estendere quelli già esistenti; infine, fornire al dialogo interculturale una dimensione internazionale.

Dal Libro Bianco del Consiglio d'Europa "Vivere insieme in pari dignità", 2008 - Introduzione

Arendt, H.( 1961), Tra passato e futuro, (Milano, Garzanti) Bauman, Z.(2003), Intervista sull’identità, (Bari, Laterza)

Bekemans, L., Karasinska-Fendler, M., Mascia, M., Papisca, A., Stephanou, C.A., Xuereb, P.G.( 2007), Intercultural Dialogue and Citizenship (Venezia, Marsilio)

− Agamben, G. (1996), Mezzi senza fine: note sulla politica, (Torino, Bollati Boringhieri) − Huntington, S. (2000), Lo scontro di civiltà e il nuovo ordine mondiale, (Garzanti, Milano) − Sen, A.( 2006), Identità e violenza, ( Bari, Laterza)

Mascia M. (a cura di)(2007), Dialogo interculturale, diritti umani e cittadinanza plurale, (Marsilio Venezia)

− Sito ufficiale dell’UNESCO, settore Cultura: http://portal.unesco.org/culture

− Manuale per I concetti ed I termini riferiti alle migrazioni: People on the Move : Handbook of Selected Terms and Concepts,

http://portal.unesco.org/shs/en/ev.php-URL_ID=12224&URL_DO=DO_TOPIC&URL_SECTION=201.html − OSCE contribution to the Alliance of Civilizations iniziative, Vienna 2006,

www.osce.org/item/19739.html

− Pagina del sito dell’U.E riferita all’anno E. del dialogo interculturale:

http://ec.europa.eu/culture/our-programmes-and-actions/doc415_en.htm − Pagina del sito del COE sul dialogo

interculturale/interreligioso:http://www.coe.int/t/dc/files/themes/dialogue_interculturel/default_it.asp

− Libro bianco del Consiglio d’Europa sul dialogo interculturale 2008,

www.coe.int/t/dg4/intercultural/Source/Pub_White_Paper/WhitePaper_ID_ItalianVersion.pdf

La Commissione mondiale sulla dimensione sociale della globalizzazione, nel Rapporto presentato nel 2004 A fair globalizazion: creating opportunities for all, indica quattro concetti chiave per una “globalizzazione dal volto umano”:

Inclusione: la capacità delle persone di partecipare pienamente alla vita economica, sociale, politica, fondata su una comunità di valori condivisi, quali il rispetto della dignità umana, del bene comune, sul pluralismo, sulla non violenza e sulla solidarietà;

Integrazione: varietà di processi mediante i quali gli individui sono inseriti in differenti contesti e/o segmenti della società;

Diversità: riconoscimento, apprezzamento e valorizzazione dei talenti di tutti gli individui, senza tener conto delle differenze di religione, cultura, valori, ecc.;

Governance: è un concetto che descrive i processi mediante i quali le istituzioni e la società civile, gli attori economici e sociali, detentori di poteri e autorità, agiscono insieme per mettere in atto politiche e decisioni al fine di controllare lo sviluppo sociale ed economico.

Nelle società contemporanee è indispensabile assicurare l'interazione, sollecitandoli a vivere insieme, di persone e gruppi dalle identità culturali molteplici, varie e dinamiche. La Dichiarazione universale dell'Unesco sulla diversità culturale del 2001 afferma che il rispetto della diversità delle culture - “il patrimonio comune dell’umanità” - la tolleranza, il dialogo e la cooperazione in un clima di fiducia e di mutua comprensione, sono tra le migliori garanzie di pace e di sicurezza internazionali. In essa si auspica una più vasta solidarietà fondata sul riconoscimento della diversità e sullo sviluppo degli scambi interculturali. Il processo di globalizzazione, pur costituendo una sfida per la diversità culturale, crea le condizioni per un dialogo rinnovato tra culture e civiltà, facilitato dallo sviluppo dell’informazione e delle comunicazioni.

Anche la decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 2006, che istituiva il 2008 Anno Europeo del dialogo interculturale, afferma che è essenziale per l’Europa fornire mezzi per il dialogo interculturale.

Nel maggio 2007, la Commissione europea, richiamandosi alla Convenzione Unesco sulla protezione e sulla promozione della diversità delle espressioni culturali del 2005, ha proposto un ordine del giorno per la cultura comune fondata su tre serie di obiettivi: la diversità culturale e il dialogo interculturale; la cultura come un catalizzatore per la creatività e la cultura come un elemento chiave nelle relazioni internazionali. Approvata dal Consiglio d’Europa nel dicembre 2007, essa ha portato all’elaborazione di diverse strategie d’azione.

Tra esse si segnala il Programma d’azione 2007- 2013 – che segue il programma 2000-2006. Esso pone tre obiettivi specifici e finanzia progetti degli stati membri miranti al loro raggiungimento:

- incentivare la mobilità transnazionale degli operatori in campo culturale; - sostenere la circolazione transnazionale di opere e beni artistici e culturali;