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1 - Quale percorso

La prospettiva da cui intendiamo partire è quella di evidenziare gli stretti legami, etici e giuridici, esistenti tra il Codice internazionale dei diritti umani, la nostra Carta costituzionale e la copiosa normativa che è stata di seguito adottata a livello regionale e locale a partire dalla fine degli anni ottanta del secolo scorso nel nostro paese. In tale prospettiva verranno anche messi in luce gli aspetti comuni e le specificità della tutela dei diritti umani nelle diverse regioni del nostro pianeta, a partire dall’Europa. Entrare all’interno della logica dei diritti umani, studiandone in modo non superficiale le caratteristiche di portata universale, significa permettere al singolo e ai gruppi sociali di esercitare pienamente il ruolo di cittadinanza attiva in una società globale in cui la conoscenza è divenuta il bene primario per poter partecipare responsabilmente alle decisioni collettive.

2 - Storia e correlazione fra i principali strumenti sui diritti umani

La Dichiarazione Universale dei diritti umani fu adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 10 dicembre 1948, ossia il giorno successivo all‘approvazione della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di Genocidio. Pur non essendo vincolante, secondo i delegati all’Assemblea “la Dichiarazione ha un valore reale intrinseco perché essa indica in maniera precisa

quali sono i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali il cui rispetto deve essere incoraggiato secondo l’impegno che hanno preso gli stati membri firmando lo Statuto dell’ONU. Se tale Dichiarazione non impone obblighi giuridici agli Stati membri, non si può tuttavia dimenticare che questi ultimi, firmando lo Statuto dell’ONU, hanno voluto conformarsi in buona fede ai principi ivi enunciati tra i quali figurano l’incoraggiamento e lo sviluppo dei diritti dell’uomo”(Zanghì, 2006, p. 26) (v. approfondimento in questo capitolo).

Prendendo a prestito dal prof. Papisca (2008, pp. 591-605) l’efficace metafora della madre e delle figlie, la Dichiarazione Universale dei diritti umani ha generato circa 130 Convenzioni giuridiche universali di contenuto più specifico, molte delle quali si sono poste l’obiettivo di tradurre in contesti specifici il principio di non discriminazione contenuto nell‘art. 2 della Dichiarazione medesima; tali Convenzioni rappresentano le fonti giuridiche del diritto internazionale dei diritti umani. Ad esempio la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro la donna adottata il 18 dicembre del 1979, ha creato un apposito Comitato per la eliminazione della discriminazione verso le donne che opera per tutti i paesi aderenti. È un dato di fatto che, dagli ormai lontani anni del dopoguerra fino alla fine del secolo scorso, gli stati che hanno sottoscritto Convezioni internazionali sui diritti umani siano aumentati costantemente, così come sempre più numerose sono anche a livello nazionale e regionale le norme a tutela della dignità umana. Questa tendenza ha indotto molti Stati con una debole tradizione giuridica, in materia di salvaguardia della libertà della persona e di tutela dei diritti, a ratificare alcune Convenzioni internazionali e quindi ad

accoglierne almeno formalmente i principi. (v. approfondimento nella scheda 2.C di questo capitolo)

La filiazione di Convenzioni generate dalla Dichiarazione Universale non avrebbe potuto accadere se la Carta delle Nazioni Unite - adottata a S. Francisco prima ancora che la seconda guerra mondiale finisse - non contenesse principi di etica universale organizzati attorno al principio

cardine della dignità di ogni persona umana (v. scheda 1.A nel cap.1). In tal modo il diritto

internazionale dei diritti umani pone anche una sfida al principio della sovranità originaria degli Stati, in quanto afferma che prima di tale sovranità esistono sempre e comunque i diritti umani.

D’altra parte possiamo notare che, nel caso italiano, il diritto internazionale dei diritti umani è perfettamente in linea con i principi contenuti nella nostra Carta Costituzionale: quest’ultima ne ha addirittura anticipato l’ispirazione e la formalizzazione di quasi un anno, a conferma di quanto le ragioni storiche abbiano pesato nella formazione e diffusione di una nuova cultura della pace e del

rispetto della persona umana (v.scheda 2.A). In questo senso è possibile compiere una lettura

sinottica della Dichiarazione Universale ONU e della Costituzione della Repubblica Italiana: sia l’una che l’altra infatti distinguono chiaramente i diritti civili e politici da un lato e i diritti economici, sociali e culturali dall’altro, tanto che è possibile individuare una sorta di simmetria fra i due

documenti (v. gli approfondimenti nella scheda 2.A).

L’accennata simmetria fra i due gruppi di diritti si riflette nell’adozione separata da parte dell’Assemblea ONU il 16 dicembre 1966 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e del Patto internazionale sui diritti civili e politici: queste Convenzioni giuridiche universali sono state ratificate da un numero elevato di Stati, al 2009 rispettivamente 160 e 163, ed assieme ai tre Protocolli opzionali da esse derivati, e alla Dichiarazione del 1948, formano il Codice internazionale dei diritti umani (v. scheda 2.D “I Patti e le Convenzioni Regionali specifiche” Per i riferimenti

filosofico valoriali della tematica, invece, v. la scheda 1.A “Diritti umani e dignità della persona”).

A proposito dell’adozione separata dei due Patti, va osservato che essa fu il riflesso del clima politico dell’epoca, dominato dal bipolarismo fra le due superpotenze mondiali: il rifiuto di certuni ad

Assumere un’ottica glocale vuol dire pensare all’intreccio fra normativa, istituzioni, persone che agiscono a livello del contesto locale, perciò alle politiche locali e nazionali di governo, e le normative, istituzioni e politiche attivate ai livelli internazionali, regionali e universali, in un

feed-back ormai indissolubile attraverso cui leggere i

principali fenomeni del nostro tempo, come i flussi migratori, l'economia ecc.

con lo stesso art. 25 della Dichiarazione Universale, nella sua affermazione del diritto universale ad un tenore di vita dignitoso.

Tornando al periodo del secondo dopoguerra, nella direzione della protezione dei diritti civili e politici si mosse fin dal 1949 il Consiglio d’Europa, il cui Consiglio dei Ministri adottò il 4 novembre 1950 la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo seguita da numerosi Protocolli aggiuntivi: la Convenzione ha dato vita alla Corte europea dei diritti dell‘uomo, presso la quale chiunque può ricorrere per tutelare i propri diritti di libertà. Si tratta della prima Convenzione sui diritti umani a carattere regionale, alla quale hanno fatto seguito le adozioni nel 1969 della Convenzione Americana, nel 1981 della Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli ed infine nel 2004 della Carta araba dei diritti umani. Tali convenzioni sono a fondamento di altrettanti sistemi regionali di protezione dei diritti umani, in alcuni dei quali trovano ampia protezione anche i diritti economici, sociale e culturali, ed in un caso anche il diritto a pace, sviluppo e ambiente. Un sistema regionale particolare è quello basato sulla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea proclamata dai Presidenti delle Commissioni del Parlamento e dal Consiglio Europeo di Nizza del 7 dicembre 2000, sia perché esso è parzialmente sovrapposto dal punto di vista geografico a quello della Convenzione Europea (in quanto i paesi membri dell’Unione Europea aderiscono anche alla Convenzione del 1950), sia perché i diritti umani – non riconosciuti esplicitamente dal Trattato di Roma che nel 1957 ha avviato il cammino di integrazione europea – sono entrati nel sistema giuridico comunitario per via giurisprudenziale, con le sentenze emesse a partire dal 1969 dalla Corte di Giustizia del Lussemburgo, fino al loro riconoscimento formale nei

primi articoli del Trattato dell’Unione Europea. (v. approfondimento scheda 2.E). L’incertezza che per

alcuni anni ha accompagnato il progetto di Costituzione europea e poi le vicissitudini legate all’adozione del Tratto di Lisbona hanno reso precario, fino alla fine del 2009 (entrata in vigore del

Trattato di Lisbona) lo status giuridico della Carta di Nizza e degli effetti che ne conseguono (v.

scheda 2. F).

3 - L’ottica glocale

Se i principi di etica universale contenuti nella Carta dell’ONU e nella Dichiarazione Universale sono più che mai al centro dell’attenzione nel clima attuale di globalizzazione, essi vengono riconosciuti anche a livello sub-nazionale, in ottica “glocale”.

Nel caso italiano la Regione Veneto ha per prima riconosciuto con l.r.18/88 la pace come

diritto delle persone e dei popoli. A partire dagli anni ’90 del secolo scorso altre regioni italiane hanno approvato analoghe leggi, mentre molti enti locali del Veneto e di altre regioni hanno introdotto nei loro statuti la norma “pace diritti umani”: sono casi di governance dei diritti in senso verticale, in applicazione del principio di sussidiarietà, in base al quale i compiti di gestione della

cosa pubblica vengono attribuiti in prima istanza agli enti più vicini ai cittadini (vedi scheda 2. B. In

riferimento al concetto di stato sociale, v. scheda 1.D nel cap. 1).

Il principio di sussidiarietà è stato esplicitamente introdotto nel 2001 all’art. 118 della nostra Costituzione: l’azione di promozione dei diritti umani dal basso, combinata con il principio

internazionalista previsto dall’art. 11 della Costituzione (vedi scheda 2.A), rende perfettamente

legittima anche dal punto di vista costituzionale tale produzione normativa degli enti regionali e l’attività amministrativa che ne consegue. Complementare all’attuazione del principio di sussidiarietà è la governance dei diritti in senso orizzontale attraverso la promozione della cittadinanza attiva in tutti i settori della gestione della cosa pubblica, e in particolare nel settore

dell’educazione alla pace e al rispetto dei diritti umani, prospettiva di azione che sta particolarmente a cuore a noi insegnanti: la legittimazione giuridica universale dell’azione di pace e promozione umana viene dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite del 9 dicembre 1998 sui Difensori dei diritti umani; essa rappresenta la “Magna Charta” degli operatori di pace (v. scheda 1.E), che - secondo quanto affermato all’art. 7 - possono quindi legittimamente agire dentro e fuori degli Stati

nel cantiere di costruzione della nuova cittadinanza democratica (v. scheda 2.D).

Fonti giuridiche principali:

Carta delle Nazioni Unite, 1945 Costituzione italiana, 1948

Dichiarazione Universale dei diritti umani, 1948

Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, 1966 Patto internazionale sui diritti civili e politici, 1966