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b osChI della pIanura lombarda

Salvia glutinosa

Altri arbusti presenti in subordine sono questi frequente è Crataegus monogyna. Nel corteggio erbaceo del sottobosco erbaceo le specie fisionomicamente più significative sono Convallaria majalis, Polygonatum multiflorum e Asparagus tenuifolius. L’articolazione di questa formazione forestale in funzione del variare delle condizioni ecologiche è espressa dall’esistenza di tre sottounità differenziate rispettivamente da Ulmus minor, da Anemone nemorosa e da Carpinus betulus. A causa dell’incidenza di una patologia fungina gli esemplari adulti di Ulmus minor risultano in genere morti, ma a ciò ha corrisposto una vivace rinnovazione da seme, che si esprime con la diffusione di individui arbustivi o di piccoli alberi. Il contingente erbaceo del sottobosco comprende Brachypodium sylvaticum e altre entità tendenzialmente igrofile quali Symphytum officinale e Cucubalus baccifer. Le due subunità restanti si situano su suoli con falda più profonda ma sempre in contatto con gli apparati radicali.

La seconda subunità è data dal querceto ad Anemone nemorosa, che ne caratterizza con Moheringia trinervia, lo strato erbaceo. A causa della contenuta copertura arborea si affermano gli arbusti delle siepi e dei mantelli forestali tra cui Crataegus monogyna, Ligustrum vulgare e Cornus sanguinea. Il querceto a Carpinus betulus produce invece coperture arboree chiuse e ombrose. A questo corrisponde la rarefazione degli arbusti che vedono venir meno le entità delle siepi e dei mantelli forestali. È parallelamente ridotta la presenza delle erbe tra le quali compare tipicamente Vinca minor. Tutto il querceto di Quercus robur con Polygonatum multiflorum si colloca su suoli esondabili ed è influenzato dalla falda freatica, per cui viene incluso nell’ambito dei querco-ulmeti. Va però sottolineato il ruolo di Carpinus betulus che suggerisce la sua possibile tendenza evolutiva verso la formazione dei querco-carpineti che costituiscono l’espressione forestale più stabile Pianura Padana. La gravitazione fitogeografica delle formazioni forestali descritte è sicuramente ancorata all’area medioeuropea, ma tale carattere è spesso alterato dal successo di entità aliene quali Ailanthus altissima e soprattutto Robinia pseudacacia, favorite dai regimi di taglio applicati in passato. Il querceto

riferimento per la foresta dei fondivalle fluviali della pianura ma esistono comunque situazioni localizzate che si caratterizzano sia in senso più xerofilo che maggiormente

idrofilo. Nel primo caso si tratta dei modesti rilievi deposizionali conseguenti all’attività fluviale generalmente costituiti da sabbie e ghiaie. La maggiore aridità del suolo più drenante favorisce l’insediamento in consorzi forestali aperti, oltre che di Quercus robur e Populus nigra, anche di Quercus pubescens e Fraxinus ornus. La situazione morfologica particolare appena delineata è quella che si ritrova in aree, appena rilevate, corrispondenti alle antiche barre di centro canale. Queste grosso modo corrispondono alle isole che un fiume costruisce deponendo all’interno del proprio stesso alveo, che finisce così per ramificarsi in modo complesso assumendo l’andamento a rami anastomosati o braided secondo la terminologia anglosassone. Il fattore determinante anche in questo caso è la dimensione dei sedimenti: questi sono stati depositati infatti in presenza della corrente viva del fiume e la sedimentazione era quindi possibile per frammenti alquanto grossolani.

Il risultato è la costruzione di aree di modesta elevazione costituite da alternanza di sabbie e ghiaie condizioni che, associate a una profondità della falda decisamente maggiore (130-150 cm), producono condizioni di relativa aridità per il forte drenaggio del suolo. Si stabilisce in queste situazioni una copertura forestale molto aperta in cui gli arbusti tendono ad assumere un ruolo quantitativo maggiore di quello degli alberi.

Questi ultimi hanno anche un’altezza ridotta, 10-12 m al massimo, e sono rappresentati ancora da farnia, olmo campestre e pioppo nero cui però si associano entità decisamente più termofile quali Quercus pubescens e Fraxinus ornus. Quest’ultimo tende a svilupparsi maggiormente in forma arbustiva insieme a Crataegus monogyna, Ligustrum vulgare, Rosa canina, Malus sylvestris e Berberis vulgaris. La composizione floristica risulta abbastanza complessa e ricca: la ridotta copertura degli strati più elevati permette infatti l’ingresso di numerose entità erbacee e arbustive di piccola taglia. Vi sono piante che caratterizzano il corteggio erbaceo dei boschi e degli arbusteti termofili quali Dictamnus albus, Polygonatum odoratum e Vincetoxicum hirundinaria.

La situazione opposta è quella dei paleoalvei, depressioni residue degli antichi alvei abbandonati percorsi dalla corrente fluviale, oggi lontane dal corso attivo del fiume.

Questi risultano colmati generalmente da un’alternanza di sabbie fini e grossolane intercalate a livelli di argilla. I sedimenti fini del suolo, comportano una permanenza dell’acqua più durevole, anche se il livello della falda non è particolarmente diverso da Robinia pseudacacia

quello osservato per il querceto a Polygonatum multiflorum. Nella vegetazione forestale che qui si insedia diviene dominante Populus alba e compaiono, oltre a Ulmus minor, entità igrofile quali Alnus glutinosa, Viburnus opulus e Rubus caesius. Fraxinus excelsior e Prunus padus, che si accompagnano alle precedenti, sono elementi comuni tra la vegetazione forestale della pianura e quella dell’area alpina.

La biodiversità delle foreste dei fondivalle della pianura è quindi maggiore di quella attribuita al “piatto” paesaggio padano. Altri motivi di diversificazione si possono trovare più a ovest nella pianura del Piemonte. Il Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino Vercellese e Lucedio è il principale esempio di vegetazione forestale della pianura piemontese che però si colloca in una situazione ambientale diversa da quella della tipica pianura alluvionale. Il bosco si sviluppa su un terrazzo morfologico elevato rispetto alla pianura circostante mediamente di 20-30 m e costituito da antichi depositi alluvionali di ghiaie intercalate a livelli di sabbie e di argille.

I suoli riflettono una storia molto prolungata che almeno in parte può risalire al periodo interglaciale Günz-Mindel e mostrano quindi una forte alterazione superficiale che ha prodotto un terreno ferrettizzato di colore rosso-bruno. La vegetazione forestale, la cui antichità è testimoniata dalla toponomastica di origine romana (lucedio da lucus dei) si è conservata grazie a un uso collettivo (la Partecipanza di Trino) del bosco che ha origine alla fine del secolo tredicesimo e

ha comportato una forte ceduazione sino dall’epoca medioevale che ha favorito la coltre alto arbustiva e che ha ridotto il ruolo della copertura arborea. Le condizioni morfologiche e pedologiche dell’area richiamano quelle esistenti nei terrazzi antichi dell’alta pianura, alla cui vegetazione quindi il Bosco della Partecipanza tende ad assomigliare.

Nelle zone morfologicamente più elevate e più favorite dal punto di vista termico, tra le specie arboree domina Quercus petraea insieme a Q. robur e a Carpinus betulus. Tra le erbe, oltre alle specie nemorali frequenti in pianura come Anemone nemorosa e Convallaria majalis, compaiono alcune specie di impronta mediterranea quali il pungitopo Ruscus aculeatus, Luzula forsteri e Asphodelus albus.

Nei solchi incisi nel rilievo e nelle aree pianeggianti il bosco è un querco-carpineto con Quercus robur e Carpinus betulus, cui si associa talvolta Tilia cordata. Tra gli arbusti presenti possono essere citati ancora Carpinus betulus, Corylus avellana e Euonymus europaeus.

Il contingente erbaceo del sottobosco include molte entità già citate per i boschi della pianura e altre meno frequenti come Carex brizoides o Cardamine bulbifera. In entrambe i contesti si è verificata l’affermazione di Robinia pseudoacacia, favorita dall’eccessiva pressione di taglio, cui è conseguita la rarefazione del sottobosco erbaceo e basso arbustivo, in cui finiscono con il presentarsi solo poche specie nitrofile.

Quercus robur in aspetto autunnale (F. Bracco).

Querceti e boschi collinari. Oltre alle formazioni di pianura che sono quelle

più tipiche della Pianura Padana in senso stretto, nella Subprovincia padana ricade anche parte dei territori collinari intermedi tra la pianura e i rilievi alpini e appenninici e alcuni gruppi collinari che emergono nella pianura stessa (Colline del Po, del Monferrato e delle Langhe).

Nelle Langhe i boschi meglio conservati sono dominati da Quercus robur e Castanea

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