Vegetazione paucispecifica a Bassia hirsuta, pianta annuale a sviluppo primaverile. Nella foto la pianta è rossa in quanto si presenta alla fine del proprio ciclo vitale
(E. Biondi).
Plantago cornutii è una specie sud-europea e sud- sibirica relativamente rara in Italia
(E. Biondi).
La Sacca di Bellocchio è sicuramente una delle più importanti zone umide dei litorali italiani, superstite del gravissimo degrado ambientale subito da questi ambienti in tutta Italia. Riserva Naturale dello Stato, inclusa all’interno del Parco Interregionale Delta del Po, la Sacca di Bellocchio si considera maggiormente importante per quanto concerne la biodiversità avifaunistica, è infatti riconosciuta come zona umida Ramsar (n. 7IT003) ma non meno importante lo è per la biodiversità floristica e fitocenotica.
La flora della zona umida comprende molte specie rare, per gran parte da ritenersi minacciate a livello nazionale: Salicornia veneta, specie endemica, inclusa come prioritaria nell’allegato II della Direttiva Habitat (43/92/CEE); Plantago cornutii, minacciata a livello nazionale e regionale;
Spartina maritima, rarissima e minacciata a livello regionale e nazionale; Erianthus ravennae, rara e minacciata a livello regionale; Halocnemum strobilaceum e Limonium bellidifolium, vulnerabili sia a livello regionale che nazionale; Limonium narbonense, vulnerabile a livello regionale e Bassia hirsuta, vulnerabile a livello regionale.
Oltre a queste specie se ne segnalano molte altre di notevole interesse, in quanto gli ambienti presenti nella riserva sono tutti oramai in condizioni di estrema rarefazione in Italia. Gli stessi habitat in cui tali specie sopravvivono sono estremamente rari in Italia e in buona parte del Mediterraneo europeo.
Per tali motivi la Sacca di Bellocchio è parte di una più vasta area individuata come SIC
e ZPS IT4060003 “Vene di Bellocchio, Sacca di Bellocchio, Foce del Fiume Reno, Pineta di Bellocchio”. La Riserva si estende per circa 250 ha, a nord del tratto terminale del fiume Reno, tra le provincie di Ravenna e Ferrara. È gestita dall’ufficio Territoriale per la Biodiversità di Punta Marina, del Corpo Forestale dello Stato con il vicino Posto Fisso di Casal Borsetti.
Vegetazione ad Ammophila arenaria subsp. australis che si sviluppa nel versante
l
a vegetazIone e laFloraLa vegetazione della Sacca di Bellocchio presenta un primo settore salino costituito dalle fitocenosi psammofile (legate agli ambienti dunali) che partecipano alla formazione del cordone di dune ed un secondo settore ipersalino delle depressioni retrodunali che degradando raggiungono livelli inferiori a quello marino.
Le piante della duna. La sequenza delle piante della duna segue lo schema classico delle comunità presenti lungo la costa adriatica italiana anche se queste risultano notevolmente impoverite per la perdita di specie più termofile e meridionali.
La vegetazione psammofila inizia con le formazioni pioniere alo-nitrofile che occupano l’area in cui si accumulano detriti e materiali organici depositati dal moto ondoso.
In questa area le poche piante che riescono a colonizzarla sono annuali, come Cakile maritima e Salsola kali. Altre comunità sono legate a un maggiore accumulo di sostanza organica, come quella dominata dalla Salsola soda, mentre un’altra ad Atriplex tatarica e Suaeda maritima, ben più rara, si collega ai substrati ghiaiosi sottili. La comunità a Bassia hirsuta si sviluppa invece al margine di piccoli stagni salmastri, interclusi tra le formazioni sabbiose. Tutte queste comunità sono riferibili all’habitat 1210 “Vegetazione annua delle linee di deposito marine”.
Procedendo verso l’interno della spiaggia segue la vegetazione che inizia ad edificare
la duna, per ciò detta duna embrionale. La principale specie che origina questo primo accumulo di sabbia è Elymus farctus subsp.
farctus (habitat 2110: "Dune embrionali mobili"). La duna perenne più sviluppata, nella Sacca di Bellocchio, si caratterizza per la presenza di una folta vegetazione dominata da Ammophila arenaria subsp.
australis che insieme a Echinophora spinosa, Calystegia soldanella, Eryngium maritimum, Medicago marina e altre ancora vanno a colonizzare la sommità semi-consolidata della duna bianca [habitat 2120 “Dune mobili del cordone litorale con presenza di Ammophila arenaria (dune bianche)”].
Non di rado la vegetazione ad ammofila si mescola con quella ad Elymus farctus subsp.
farctus delle dune embrionali, a causa delle mareggiate e dei forti venti che, in alcuni periodi, destrutturano la duna provocando il rimescolamento dei tipi vegetazionali e quindi del mosaico ecologico costituito dalla vegetazione psammofila. Queste formazioni di vegetazione perenne che sono le vere edificatrici dei sistemi dunali, a loro volta vengono compenetrate da pratelli di vegetazione annuale, a prevalente fenologia tardo-invernale primaverile, in cui domina Vulpia fasciculata (= Vulpia membranacea).
Questa graminacea nella Sacca di Bellocchio dà origine ad una associazione insieme alla bella Silene colorata, dai fiori con petali di colore rosa (habitat 2230 “Dune con prati dei Malcolmietalia”). Nella Sacca di Bellocchio questo habitat comprende anche formazioni a Parapholis incurva (= Lepturus incurvus).
Vegetazione a Sarcocornia fruticosa (verde) intercalata a isolati cespi di Salicornia veneta (rossa) (E. Biondi).
Particolare della vegetazione ad Halocnemum strobilaceum, pianta che colonizza i substrati con maggiore salinità (E. Biondi).
Le piante delle praterie salate ed ipersalate.
La vegetazione nella zona retrodunale, a contatto con quella psammofila, su substrato sabbio-limoso, è rappresentata da comunità erbacee perenni che colonizzano gli ambienti umidi relativamente poco salati, dove all’apporto di acqua marina si sommano le acque fluviali. In queste condizioni nella Sacca di Bellocchio si sviluppano giuncheti per lo più a Juncus maritimus e Puccinellia festuciformis [habitat 1410: Pascoli inondati
mediterranei (Juncetalia maritimi)].
Continuando a scendere di quota, seppure lentamente, nel substrato diminuisce la componente sabbiosa ed aumenta quella limosa e la salinità. In queste condizioni, la salinità raggiunge valori medi che possono divenire anche elevati se il substrato si dissecca parzialmente in estate; tali situazioni ecologiche nel nord-Adriatico determinano frequentemente la formazione di praterie in cui domina Puccinellia
La forte erosione della duna ha portato le tamerici sulla linea di battigia, dove i tronchi trasportati dal mare si accumulano costituendo una barriera che facilita la deposizione della sabbia. Ciò permette la ricostituzione parziale
Tale pianta sarebbe un ibrido tra S. maritima, nativa dell'Europa e l'invasiva S. alternifolia, proveniente dagli Stati Uniti
(E. Biondi).
festuciformis in presenza di Limonium narbonense. Maggiori concentrazioni di limo determinano per contro un radicale cambiamento della vegetazione che assume l’aspetto di un tappeto denso ad Atriplex portulacoides (=Halimione portulacoides) ancora con Puccinellia festuciformis e altre piante alofile come Limbarda crithmoides e Limonium narbonense che nel loro complesso danno origine ad una comunità iperalofila.
La vegetazione ad Atriplex portulacoides si trova talora sul bordo di micro-depressioni a forma di scodella, diverse per estensione, mentre la loro profondità rimane pressochè costante. Scendendo in queste depressioni si rinvengono altre comunità iperalofile che si sviluppano su suoli fortemente salati e che sono costituite da pochissime piante altamente specializzate. Le comunità si distribuiscono in base al gradiente di salinità crescente: la vegetazione che si incontra per prima è dominata da Sarcocornia fruticosa, anch’essa con Puccinellia festuciformis, Limbarda crithmoides e Limonium narbonense,
più in basso si rinviene la vegetazione ad Arthrocnemum macrostachyum e Puccinellia convoluta, una specie di Puccinellia non corrispondente, per i più, a P. festuciformis.
La comunità che sopporta la maggiore concentrazione di salinità è quella dominata da Halocnemum strobilaceum, per lo più in formazioni pure ma talora anche con Arthrocnemum macrostachyum.
Tutta la vegetazione iperalofila e perenne corrisponde all’habitat 1420 “Praterie e fruticeti alofili mediterranei e termo-atlantici (Sarcocornietea fruticosi)”.
Nelle radure della vegetazione alofila perenne si sviluppano anche comunità di piante annuali, erbacee e succulenti, appartenenti al genere Salicornia.
Tra queste, nella Sacca di Bellocchio si rinvengono rare comunità a Salicornia patula e Suaeda maritima nei terreni che disseccano in estate. L’endemica Salicornia veneta, costituisce la comunità, di fatto monospecifica che si sviluppa nelle zone inondate per buona parte dell’anno, compresa
A destra
Zona retrostante al filare di tamerici dell’immagine riportata nella pagina precedente, in cui si va ricostituendo la duna con vegetazione psammofila, grazie alla protezione esercitata dalle tamerici e dal cumulo di biomassa portata dal mare.
Questa osservazione permette di ipotizzare un tipo di intervento per contrastare il grave fenomeno dell’erosione costiera (E. Biondi).
anche la stagione estiva. La vegetazione a Salicornia in base alla Direttiva 92/43/CEE rientra nell’habitat 1310 “Vegetazione annua pioniera a Salicornia e altre specie delle zone fangose e sabbiose”.
Completa la rassegna di questa vegetazione la presenza di una pianta a prevalente distribuzione atlantica, Spartina maritima, graminacea legata alle variazioni di marea che per tutto il bacino del Mediterraneo si rinviene solo nel nord Adriatico (Emilia-Romagna, Veneto e Friuli Venezia-Giulia) dove la specie si combina con Limonium narbonense [Habitat 1320: “Prati di Spartina (Spartinion maritimae)”]. Nella Sacca di Bellocchio si rinviene anche Spartina anglica che si ritiene un ibrido tra S. maritima, nativa dell’Europa e l’invasiva S. alternifolia, proveniente dalle coste degli Stati Uniti, forse presente anche nella Laguna di Venezia.
Stato attuale della Riserva. Lo stato attuale dell’ambiente della Riserva Sacca di Bellocchio non è, purtroppo nelle condizioni ottimali, in quanto la duna ha subito una forte degrado a causa di violenti mareggiate che hanno profondamente alterato il cordone sabbioso, determinando la continua invasione del mare che ha facilitato il trasporto di sabbia nel settore iperalofilo. Si ritiene che le cause di questa condizione siano da riferire direttamente ai cambiamenti climatici che determinano l’innalzamento delle acque marine, particolarmente avvertibile nel nord Adriatico a causa della limitata profondità dei fondali marini. In conseguenza con il verificarsi di questi fenomeni si registra una forte perdita di biodiversità, avvertibile
attraverso l’estrema rarefazione delle comunità psammofile e alofile mentre per il momento le piante iperalofile sembrano ancora trovarsi in condizioni migliori. Ne consegue anche la perdita o il forte degrado di alcuni habitat nei quali tali specie si inseriscono. Da ultimo si registra inoltre la drastica riduzione anche della vegetazione a Spartina maritima, S. alternifolia e Limonium narbonense, mentre sembra che al momento la vegetazione ad Halocnemum strobilaceum e quella a Salicornia veneta siano ancora in uno stato soddisfacente di conservazione. Si rende perciò necessario effettuare seri interventi di monitoraggio su tutti gli habitat e di progettare interventi diretti di ricostituzione dei sistemi dunali. Tali opere andrebbero realizzate utilizzando tecniche che prevedano l’uso di materiali compatibili con l’ambiente.
Si è infatti notato, in questo caso, che dove sono presenti dei filari di tamerici (piantati presso la foce del Lamone) e oramai finiti a livello della linea di battigia, si sono costituiti cumuli di tronchi, trasportati dal mare, sui quali la sabbia si è depositata e la vegetazione psammofila si è in parte ricostituita. In molte aree del Mediterraneo europeo si stanno realizzando interventi di ricostituzione dunale che utilizzano esclusivamente le piante psammofile. Nella fase d’impianto di queste specie, è necessario proteggerle dalla violenza del mare anche mediante l’inserimento di fascinate e recuperando i resti legnosi dei vegetali depositati sulla costa dalle mareggiate. Si potrebbero inoltre inserire altri filari di tamerici come quelli ancora presenti in una parte della riserva.