periglaciale, selettivo, severo ed austero, al pari dei deserti che ci sono più familiari, è tutt’altro che privo di vita.
Il ghiacciaio, con ghiaccio vivo affiorante o coperto da neve compattata è un ambiente privo di vegetazione macrofitica ma ospita una componente microbiologica non indifferente: il crioplancton caratterizzato da popolamenti algali e fungini che imprimono colori inattesi. Sono in particolare le colonie di Chlamydomonas nivalis ad impartire alle nevi compattate una colorazione rossa (benché si tratti di alghe verdi) a causa dell’abnorme accumulo di pigmenti carotenoidi che proteggono la clorofilla dalla degenerazione
per fotossidazione in conseguenza dell’intenso irraggiamento.
Anche le piante superiori rispondono all’intensa illuminazione con specifici adattamenti quali l’abituale rivestimento di peli sericei nonché l’habitus pulvinato e succulento come risposta a condizioni di vita estreme: fenomeno questo comune a tutti i vegetali che vivono ad alta quota.
I ghiacciai possono tuttavia perdere il loro fascino scintillante ed essere completamente coperti da una coltre detritica spessa fino ad un metro: la morena galleggiante. Vengono allora definiti ghiacciai neri (debris-covered glaciers).
Non è improbabile che questo ambiente abbia favorito la diffusione delle specie litofile che non sono in grado di superare ambienti chiusi quali la prateria alpina.
La copertura di detrito rallenta l’ablazione superficiale e consente al ghiacciaio di
mantenere la fronte fino a quote stranamente basse, fin sotto il limite degli alberi o addirittura del bosco (al di sotto quindi dei 2.000 m). L’esempio più eclatante è la foresta dell’Aletsch che sovrasta il ghiacciaio omonimo che a sua volta ha la fronte attestata a poco più di 1.600 metri di quota. Situazioni analoghe si riscontrano per il ghiacciaio del Miage (Monte Bianco), quello del Belvedere (Monte Rosa) e quello del Morterasch (Bernina).
La copertura detritica superficiale, soprattutto se ricca in frazione minuta, consente l’insediamento di una rada, ma variegata, compagine di specie pioniere, comprese quelle legnose quali salici, larice e abete rosso: queste ultime, in assenza di frazione minuta sabbioso-limosa, possono
rappresentare la fase più precoce.
È nozione comune ed intuitiva che la vegetazione segua una dinamica di colonizzazione che vede dapprima l’ingresso di muschi e licheni ed in un secondo tempo le fanerogame che si affermano nei differenti microambienti legati all’apparato glaciale:
il processo di colonizzazione dipende soprattutto dalla natura del substrato e dalle sue caratteristiche fisiche e chimiche.
L’ambiente glaciale e periglaciale, caratterizzato da un lungo periodo di silenzio biologico ed una breve ma intensa stagione estiva, non è certo ospitale e risulta fortemente limitante.
Il periodo potenzialmente più critico è quello della scomparsa della neve, quando nelle giornate limpide l’intensa radiazione solare provoca un deciso aumento della ripresa vegetativa mentre il disgelo del terreno non è ancora iniziato. La ripresa vegetativa sotto la
coltre nevosa in alcuni casi porta allo sviluppo di una lassa trama di lunghe ed esili radici avventizie a costituire un feltro che affiora dalla neve fondente, denominato in modo suggestivo i capelli dello Yeti.
Il popolamento vegetale delle aree ad alta quota è caratterizzato da forme di crescita semplici: piante erbacee, perenni a cui si affiancano piante legnose poco sviluppate in altezza accompagnate da patine di tallofite quali muschi e licheni. Sono questi ultimi, col genere Grimmia, a raggiungere le quote più elevate sulle Alpi, quote che coincidono con gli affioramenti rocciosi della cima Doufour del Monte Rosa.
Sono ancora gli sfasciumi in prossimità delle creste ad ospitare le fanerogame che superano i 4.000 metri di quota (ambiente glaciale quindi, anche se con questo non completamente omologabile) rispettivamente
al Finsteerarhorn, nel gruppo della Jungfrau, alla spalla del Cervino, al Rimpfischhorn:
Ranunculus glacialis (4.272 Finsteraarhorn), Achillea atrata (4.270 Finsteraarhorn), Androsace alpina (4.200 Cervino), Draba fladnizensis (Rimpfischhorn), Gentiana brachyphylla (4.200 Cervino), Linaria alpina (4.200 Rimpfischhorn), Poa alpina minor (4.200 Rimpfischhorn), Saxifraga aspera subsp. bryoides (4.200 Cervino), Saxifraga biflora (4.200 Cervino), Saxifraga moschata (4.200 Finsteraarhorn), Saxifraga muscoides (4.200 Cervino), Phyteuma pedemontanum (4.010 Cervino).
Nell’ambito sopra- e prossimo-glaciale non si rinviene una vegetazione compatta ma popolamenti diluiti di specie proprie di ambienti severi quali rupi e creste ventose, macereti, morene laterali, piane proglaciali (morene di fondo) e vallette nivali.
Lingua del Ghiacciaio del Belvedere (Monte Rosa) in transito alla quota del saliceto (C. Andreis).
Ranunculus glacialis Ghiacciaio della Sforzellina (M. Caccianiga).
La flora è rappresentata in larga misura da specie artico-alpine ma non manca anche la componente propria delle alte montagne sud-europee e centro-asiatiche.
Lo stadio più precoce è rappresentato da popolamenti radi ed eterogenei di Geum reptans, e a volte anche Epilobium fleischeri, entrambe dai lunghi stoloni, Cerastium uniflorum, Oxyria digyna, Androsace alpina, in cuscinetti e pulvini dalle fioriture candide o soffuse di violetto come Saxifraga oppositifolia in rosette compatte di foglie carnose opposte a croce e Gentiana bavarica. A più marcata connotazione calcicola sono Androsace helvetica dai fiori candidi su pulvini sericei legata agli affioramenti rocciosi e Saxifraga exarata articolata in varie sottospecie che giungono fino al Gran Sasso (S. exarata subsp. ampullacea).
Oltre a Potentilla frigida e Saxifraga aizoides dal colore giallo aranciato come le fauci di Linaria alpina che contrastano e spiccano sul violetto dei petali, Artemisia genipi, A. glacialis (a gravitazione occidentale) e Saxifraga androsacea, sono assidue frequentatrici dell’ambiente periglaciale anche specie con più ampio range altitudinale di distribuzione quali Leucanthemopsis alpina, Campanula cenisia (legata ai calcescisti), C. excisa, Eritrichium nanum, Arenaria biflora, Minuartia sedoides, Saxifraga seguieri e Gentiana brachyphylla.
L’emblema della flora glaciale rimane comunque Ranunculus glacialis (erba camozzera), dalle foglie carnose che si presenta di colore bianco prima dell’impollinazione e rosa carico dopo la fecondazione. Specie artico alpina a larga distribuzione dalle Alpi ad alte quote (è la specie che raggiunge la quota più elevata in assoluto) fino alle isole Svalbard a livello del mare.
Le specie ad habitat periglaciale spiccano per le spettacolari fioriture, in genere più prolungate rispetto a specie analoghe pure precoci: ne sono esempi Cerastium uniflorum o C. glaciale, C. pedunculatum e Dianthus glacialis (a gravitazione orientale).
La densificazione dei popolamenti vede l’ingresso di specie delle vallette nivali quali Arabis caerulea, Veronica alpina, Poa alpina, Salix retusa, S. herbacea, Saxifraga bryoides, Trifolium pallescens, che diviene dominante nelle successive fasi che registrano un massiccio ingresso di altre specie costruttrici quali Luzula alpino-pilosa, Agrostis rupestris, Trifolium badium, Achillea moschata e Poa alpina, specie ad ampia distribuzione geografica e altitudinale, che via via stabilizzano il substrato e che ancora sussistono nella compagine erbacea ormai compatta della prateria alpina.
Se la colonizzazione delle aree liberate dai ghiacciai in ritiro (ambienti proglaciali) è un fenomeno ampiamente studiato fin dai primi decenni del ventesimo secolo, meno nota è la colonizzazione da parte della vegetazione di alcune forme del paesaggio legate agli ambienti periglaciali, caratterizzati dalla presenza di ghiaccio nel suolo (permafrost).
Tra queste, di particolare interesse sono i rock glaciers o ghiacciai di pietra, ammassi di detrito con presenza di ghiaccio interstiziale e testimoni della presenza di permafrost in ambiente alpino. I rock glaciers rappresentano un ambiente estremamente ostile alla
vita vegetale, per via della granulometria spesso grossolana, del movimento dovuto alla presenza di ghiaccio e delle peculiari condizioni microclimatiche. La copertura vegetale risulta quindi scarsa e organizzata in isole circoscritte alle aree più stabili e con accumulo di frazione fine. Anche qui, la flora è fortemente influenzata dal clima freddo e umido determinato dal ghiaccio, ed è quindi affine a quella delle morene recenti con una massiccia presenza di specie microterme come Luzula alpino-pilosa, Poa laxa, Doronicum clusii e, su substrato carbonatico, Arabis caerulea.
Dianthus glacialis sulle morene della Vedretta del Pasquale (Val Cedec, SO) (M. Caccianiga).
Comunità erbacee e arbustive primarie, larici-cembreti. Tornando alla