Barena con Nanozo-stera e ZoNanozo-stera (A. Sfriso).
Cymodocea nodosa (A. Sfriso).
Le foci dei grandi fiumi e le zone lagunari sono ambienti particolari, di transizione, in corrispondenza dei quali si realizza l’incontro tra terra e mare ed il mescolamento delle acque dolci con quelle salate. Ciò dà origine ad un mosaico di habitat diversi quali stagni e lagune, isole sabbiose e barene, popolati da un’elevata varietà di forme di vita che li rende
tra gli ecosistemi più ricchi e diversificati. È proprio la loro complessa natura, il fatto di non essere né acque dolci né acque marine, ma acque salmastre, che conferisce a questi ecosistemi quella unicità che ne amplifica la valenza paesaggistica e naturalistica.
La laguna di Venezia è un ambiente di transizione unico al mondo per la sua
importanza storica, economica, geografica ed ambientale.
Con i suoi 55.000 ettari di superficie rappresenta una delle più vaste zone umide del bacino del Mediterraneo. È divisa dal mare da un cordone litoraneo che si estende dalla Foce dell’Adige a quella del Piave, interrotto solamente dalle bocche di porto di Lido, Malamocco e Chioggia. Sono proprio le bocche di porto che, consentendo il ricambio d’acqua con il mare, conferiscono al sistema il carattere salmastro e la conformazione delle terre emerse e dei fondali.
L’attività umana ha profondamente modificato l’aspetto e l’equilibrio idro-geografico della laguna, fin dall’epoca dei primi insediamenti: nel corso dei secoli le
bocche di porto, inizialmente più numerose, sono state ridotte alle attuali tre, i cordoni sabbiosi (i lidi) che separavano la laguna dal mare sono stati rinforzati e stabilizzati con le poderose opere dei Murazzi (lunghissime dighe settecentesche in pietra d’Istria poste a difesa del perimetro esterno lagunare), mentre le foci dei fiumi Sile, Piave e Brenta sono state deviate al di fuori della gronda lagunare per prevenirne l’interramento.
Lungo la gronda lagunare sono presenti le valli da pesca, aree lagunari separate dalla laguna aperta tramite recinzioni o argini, nelle quali si pratica la vallicoltura. La denominazione di queste aree deriva dal latino vallum (palizzata,
barriera) in quanto, fin da epoche remote, gli abitanti della laguna usavano circondare le aree lagunari meno profonde, realizzando recinti di arelle e modeste arginature, al fine di favorire la cattura del pesce.
L’area lagunare, che di per sé rappresenta un habitat prioritario (Habitat 1150* Lagune costiere), è costituita da specchi d’acqua poco profondi (paludi, bassifondi, laghi e chiari) e da terre soggette a periodica sommersione per effetto della marea (barene e velme), solcate da numerosi canali naturali e artificiali (ghebi), che formano una rete di più di 1.500 km che assicura la propagazione delle correnti di marea fino al confine con la terraferma.
Gli specchi d’acqua e i canali sono parzialmente colonizzati da macroalghe (Ulva
sp., Chaetomorpha sp.) e dalle fanerogame marine: nelle aree a salinità limitata e con fondali a tessitura limosa, Zostera marina e Zostera noltii, dove la salinità aumenta e su sedimenti prevalentemente sabbiosi, Cymodocea nodosa. Le velme (Habitat 1140 Distese fangose o sabbiose emergenti durante la bassa marea), che emergono solamente durante la bassa marea, sono invece, generalmente prive di comunità di piante superiori e sono, al contrario, ricoperte da popolamenti di alghe azzurre e diatomee, che le rendono un habitat di elevata importanza per l’alimentazione dell’avifauna.
subito una notevole riduzione, l’elemento più caratterizzante del paesaggio lagunare è dato dalle barene, con le loro comunità alofile, formate da piante in grado di svolgere il loro ciclo vitale in ambienti inospitali per altre specie vegetali.
Sebbene ci siano differenze fra le varie barene, il popolamento vegetale che ospitano presenta due caratteristiche pressoché costanti: una ridotta diversità di specie e una variazione nella composizione in specie in relazione alla morfologia del suolo. L’elevata complessità ha, infatti, origine dalla variazione, quasi impercettibile dal punto di vista altimetrico, dei terreni barenicoli che si traduce in cambiamenti nel contenuto idrico e salino.
Questo fa sì che in una barena si realizzi il fenomeno noto come zonazione per cui questa non è mai completamente uniforme, ma in essa si può distinguere un complesso di microhabitat, cui corrispondono specie e comunità diverse.
Tra le prime specie a colonizzare i fanghi salmastri delle aree più depresse merita particolare attenzione Salicornia veneta, specie annuale, endemica nord-adriatica.
Questa specie, prioritaria per la Comunità Europea, forma popolamenti quasi puri dove l’acqua salmastra permane per tempi molto lunghi e la salinità rimane quindi contenuta (Habitat 1310 Vegetazione annua pioniera a Salicornia e altre specie delle zone fangose e Vegetazione
dominata da Sarcocornia fruticosa (Habitat 1420) (L. Ghirelli).
Barene e ghebi di Sant'Erasmo (Habitat 1420) (G. Buffa).
sabbiose). Dove le dinamiche tidali sviluppano energie maggiori, il compito di stabilizzare i fanghi è affidato all’efficienza dell’apparato ipogeo di Spartina maritima. Questa forma una comunità pioniera (Habitat 1320 Prati di Spartina (Spartinion maritimae)), endemica del settore nord Adriatico. Sua potenziale concorrente è Spartina x townsendii, un ibrido sterile diffuso in molti paesi europei ed extra europei, di recente segnalazione per la laguna di Venezia ma già diffuso in numerosi siti con tendenza a diffondersi invadendo nicchie ecologiche di altre specie.
L’attività costruttrice, attraverso il trat-tenimento dei limi e il consolidamento del substrato, fa innalzare il terreno e avvia con questo il succedersi delle altre comunità. Nei terreni ancora molto umidi, ma soggetti ad un parziale disseccamento estivo, si riscontrano vere e proprie praterie a Limonium narbonense.
Il genere Limonium è molto complesso e molto ricco di specie endemiche, estremamente localizzate. In Laguna di Venezia oltre a L.
narbonense, ben osservabile nella tarda estate per gli evidenti effetti cromatici delle sue esuberanti fioriture, sono presenti L. virgatum, L. bellidifolium e L. densissimum, specie con un elevato valore conservazionistico. Dove l’emersione è più prolungata si determina un’elevata concentrazione di sali nel suolo, che tende a dissecarsi fortemente durante il periodo estivo. In queste aree si instaurano comunità dominate dalle salicornie perenni (Sarcocornia fruticosa e Arthrocnemum macrostachyum) (Habitat 1420 Praterie e fruticeti alofili mediterranei e termo-atlantici (Sarcocornietea fruticosi)), ma nelle quali è facile trovare ancora Limonium narbonense, Puccinellia palustris, Suaeda maritima e Aster tripolium.
Le stazioni più evolute sono, invece, dominate da vere e proprie praterie salate (Habitat 1410 Pascoli inondati mediterranei (Juncetalia maritimi)) che si sviluppano su suoli piuttosto umidi, con diversi giunchi.
Il più comune è Juncus maritimus; di taglia inferiore e dall’aspetto gracile è invece J.
gerardii che normalmente occupa superfici di scarsa estensione.
Su terreni a matrice più grossolana, in condizioni di minor igrofilia e di moderata salinità si trovano comunità a Elymus elongatus, specie poco diffusa in laguna e con distribuzione molto localizzata.
I margini barenali, dove maggiore è l’accumulo di sostanza organica formata in gran parte da residui vegetali depositati dalle maree, sono spesso ricoperti da dense formazioni di specie alo-nitrofile come Atriplex portulacoides, Atriplex latifolia, Salsola soda, Suaeda maritima Fioritura di Limonium
e Aeluropus littoralis. Dove la salinità diminuisce, soprattutto nella fascia di gronda o di contatto tra l’ambiente lagunare e la terraferma, compare, e a volte domina, Phragmites australis, specie molto comune che forma folti canneti, in corrispondenza dei siti di immissione in laguna di fiumi e canali. Phragmites australis crea l’ambiente di vita ideale per numerose specie di uccelli acquatici, che si concentrano in particolare durante le stagioni migratorie e d’inverno.
Man mano che diminuisce l’effetto dell’acqua dolce, il canneto si arricchisce di specie alo-tolleranti e con il progressivo aumento del contenuto salino, a Phragmites australis si sostituisce Bolboschoenus maritimus.
Più semplificato risulta spesso il paesaggio vegetale delle valli da pesca, a causa dei continui interventi antropici di manutenzione, ma non mancano elementi interessanti, in particolare legati all’ambito palustre, sia dolce che salmastro. Il paesaggio delle valli è di tipo lacustre, con grandi specchi d’acqua, contornati da formazioni alofile o da fasce
di canneto a Phragmites australis. I bassi fondali, nelle zone salmastre, sono ricoperti da comunità sommerse a Zostera noltii e, nelle aree a minor salinità, da Ruppia maritima.
I canneti e gli scirpeti si sviluppano soprattutto nelle porzioni vallive più interne, dove maggiore è l’apporto di acqua dolce;
sporadicamente si possono rinvenire anche nuclei di Cladium mariscus (Habitat 7210*
Paludi calcaree con Cladium mariscus e specie del Caricion davallianae) e praterie umide a Schoenus nigricans e Erianthus ravennae (Habitat 6420 Praterie umide mediterranee con piante erbacee alte del Molinio-Holoschoenion).
In questo settore e sugli argini vallivi possono essere presenti formazioni arboree igrofile con Salix alba, S. cinerea, Populus nigra, P.
alba, Fraxinus angustifolia subsp. oxycarpa, Ulmus minor. Gli stessi argini sono spesso delimitati da filari di Tamarix gallica e Robinia pseudoacacia utilizzati come siepi frangivento e a protezione delle sponde dei canali vallivi di sverno del pesce.
Canneti nella laguna a dicembre
(G. Buffa).
La vegetazione dunale e retrodunale nord-adriatica. La vegetazione