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La behavioral event interview 60

3   Il metodo delle competenze da Boyatzis a Spencer e Spencer 51

3.3   Identificare le competenze per un job attraverso il metodo induttivo 56

3.3.1   La behavioral event interview 60

L’utilizzo del metodo induttivo richiede alcuni particolari accorgimenti. In primo luogo, l’imperativo di rinunciare a qualsiasi identificazione “astratta” delle competenze (a prescindere cioè dall’analisi di atteggiamenti concreti): non può fare eccezione nemmeno per il soggetto “depositario” di tali competenze.

Boyatzis suggerisce di accogliere con molta cautela la possibilità che un individuo possa conoscere le caratteristiche che gli appartengono e i tratti che lo contraddistinguono, potendo questi

Performance Effectiveness Criteria Behavioral Event Interviews Surveys 360° ratings Criterion Sample Collect Data IDENTIFIY DEFINE

Panels Expert System

Data Base Observation

 Job Task  Job Competency

Requirements IDENTIFIY

 Hard data: sales, profits, productivity measures  Supervisor nominations

 Peer ratings

 Subordinate ratings (e.g., managerial styles, morale)  Customer ratings

 Superior performers  Average performers

 Elements of job person has to perform  Characteristics of people who do the job well:

“Competency Model”

Validate Competency

Model

 Behavioral Event interviews  Tests

 Assessment Center ratings

Second criterion sample

Applications  Selection  Training

 Professional development  Performance appraisal  Succession planning

 Evaluation of training, professional development programs 1 2 3 4 5 6

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ultimi appartenere alla sfera dell’inconscio ed essere per questo motivo assolutamente ignoti e sconosciuti:

a job competency is an underlying characteristic of a person in that it may be a motive, trait, skill, aspect of one’s self-image or social role, or a body of knowledge which he or she uses. The existence and possession of these characteristics may or may not be known to the person. In these sense, the characteristics may be unconscious aspects of the person (i.e., he or she is not aware of them or is unable to articulate or describe them) (Boyatzis, 1982, p. 21).

Ciò rende completamente inappropriata qualsiasi descrizione o riflessione di un soggetto in relazione alla propria “dotazione personale” e alla propria sfera soggettiva. La semplice descrizione di caratteristiche soggettive, l’autorappresentazione, la comunicazione dell’immagine che ciascuno ha di sé non è affidabile, in quanto rappresenta già una trasposizione, una proiezione che potrebbe non corrispondere a realtà.

Dubitare dell’attendibilità dei racconti di un individuo che cerca di descrivere se stesso, piuttosto che quello che ha fatto e che ha provato o “sentito”, inevitabilmente porta ad esigere un metodo di rilevazione delle competenze che prescinda non solo dal considerare descrizioni soggettive della propria persona, ma anche dall’analizzare comportamenti ipotetici.

In altre parole, la necessità di esplorare solo ed esclusivamente ciò che un soggetto ha fatto in determinate circostanze esclude la possibilità di indagare sue azioni solo eventuali, probabili, presunte, in circostanze immaginate, in contesti prospettati. Questo lo dichiarano esplicitamente gli Spencer in una nota del loro più importante lavoro, nella quale confrontano i diversi risultati ai quali si può giungere valutando comportamenti ipotetici piuttosto che comportamenti reali:

Latham e Sari riferiscono di buoni risultati ottenuti con interviste nelle quali si chiede ai candidati come si

comporterebbero in determinate situazioni di lavoro. La risposta giusta è quella che richiede il comportamento

effettivo dei performer superiori in situazioni analoghe. Gli studi McBer sugli ufficiali (non superiori) della Marina degli Stati Uniti e sui piccoli imprenditori non confermano i risultati di Latham e Sari. Continuiamo ad avere più fiducia nei report sul comportamento effettivo piuttosto che in affermazioni dell’intervistato sul suo ipotetico comportamento (Spencer, Spencer, 1993; trad. it., p. 224).

Ciò che un soggetto “farebbe” in determinate situazioni non fornisce informazioni attendibili sulle sue competenze; solo le azioni effettivamente svolte durante l’attività lavorativa possono essere considerate un valido rivelatore delle competenze di un soggetto, che per questo è chiamato a raccontare solo ciò che ha realmente fatto in situazioni concrete.

Lo sforzo richiesto al soggetto osservato non è in alcun modo legato ad una riflessione sul proprio comportamento e sulle possibili qualità o competenze attivate: al soggetto, il compito di ricordare nei minimi dettagli ciò che ha fatto o ha sentito, all’analista, l’onere di estrapolare dai racconti le competenze sottostanti.

Nella BEI, ottenere un racconto dettagliato da analizzare è di estrema importanza, perciò l’analista dovrà aiutare il soggetto intervistato a ricordare i dettagli di ciascun episodio raccontato:

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1. “What was the situation? What events led up to it?” 2. “Who was involved?”

3. “What did you (the interviewee) think, feel, or want to do in the situation?” […] 4. “What did you actually do or say?” […]

5. “What was the outcome? What happened?” (Spencer, Spencer, 1993, p. 124).

Il numero ideale di racconti (“incidenti critici”) è sei, ripartito tra “high or success incidents e low or failure incidents” avvenuti negli ultimi dodici – diciotto mesi; tuttavia quattro racconti per una durata complessiva di novanta – centoventi minuti sono già un buon riferimento per identificare le competenze possedute.

A partire dall’intervista comportamentale, le competenze possono essere rilevate in vario modo, semplicemente osservandone la presenza o l’assenza oppure valutando la frequenza e il livello con i quali la competenza si manifesta durante i racconti dell’intervistato: «i dati più durevolmente utilizzabili per le decisioni di valutazione si ottengono calcolando per ciascuna competenza la media dei livelli più elevati codificati in tre episodi diversi» (Spencer, Spencer, 1993; trad. it., p. 225).

Nel caso in cui gli analisti siano più di uno, occorre ricorrere a metodologie statistiche che indichino il livello di affidabilità (ovvero di concordanza) tra valutatori diversi15.

Quest’ultima fase di codifica è la più difficile e la più delicata perché porta alla formalizzazione delle competenze possedute da un soggetto. I “dizionari di competenze” possono efficacemente supportare questa fase attraverso un elenco di competenze (statisticamente validate) riconducibili a determinati comportamenti dimostrati. Nel caso in cui però si osservino dei comportamenti (e delle competenze) non codificati nel dizionario utilizzato occorrerà ampliare lo stesso in base ai nuovi risultati emersi.