2 Gestire il personale: il metodo “classico” 37
2.5 Una sintesi critica 47
Il sistema proposto da Jardillier per la gestione delle persone in impresa presenta le prime connotazioni essenziali delle prassi (dal reclutamento, alla formazione e sviluppo, ai percorsi di carriera e alla retribuzione) per anni utilizzate nelle imprese e oggetto di riflessione da parte del mondo accademico e manageriale.
Tutta l’impostazione si basa su un’idea semplice, che orienta gran parte delle riflessioni dell’autore, caratterizzando inequivocabilmente quello che per un lungo periodo successivo diverrà il principio più adottato e condiviso dalle direzioni del personale di molte aziende americane ed europee: “collocare la persona giusta al posto giusto” al fine di ottenere un efficace ed efficiente utilizzo delle “risorse umane”. La “collocazione” efficace della persona nel posto di lavoro che ne consente il pieno utilizzo delle qualità e delle competenze “possedute” avviene attraverso una lunga e complessa analisi: da un lato, sono rilevate le caratteristiche del posto di lavoro, dall’altro, le qualità della persona; l’incontro è successivo ed è frutto di un disegno che promette di collocare ciascuno al posto giusto, di una razionalità che mostra di conoscere quali competenze occorrono per svolgere particolari attività e viceversa.
Tutta l’attività dell’impresa è ripartita e suddivisa preventivamente in posizioni, alle quali sono assegnati specifici compiti da svolgere e sono specificate le competenze necessarie per farlo nel migliore dei modi.
Il contenuto di ciascuna posizione è esplicitato ex ante, così come il contributo e le competenze richiesti a ciascun lavoratore.
Di ciascun lavoro, sono descritte ed inventariate non solo le caratteristiche oggettivamente osservabili (contesto ambientale, i compiti, ecc.), ma anche gli elementi legati ad una razionalità organizzativa che si manifesta indipendentemente dalle persone: la collocazione nell’impresa e nella gerarchia, i legami, il potere e la dipendenza verso altri, la responsabilità affidata, le conoscenze, le competenze e altre caratteristiche necessarie per svolgere l’attività lavorativa.
Le parti del sistema, come gli ingranaggi di una macchina, sono collegate da relazioni che rispondono a principi di ottimizzazione di efficienza ed efficacia, secondo leggi note e universalmente valide le quali, una volta delineate e formalizzate, non richiedono ulteriori aggiustamenti.
La gestione razionale di ciascun elemento è una prerogativa indispensabile per il funzionamento efficiente del sistema. Sono classificate le mansioni meramente operative, per le quali è prevista la mera esecuzione di compiti programmati e le mansioni più propriamente manageriali, contraddistinte da una maggiore responsabilità di comando.
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anticipo e chiaramente specificate dal sistema che le prescrive ai soggetti: questi saranno in grado di svolgere la propria attività se si dimostrano in possesso di quegli stessi elementi e di quelle stesse risorse (fisiche e mentali) ritenute e giudicate prerequisiti fondamentali14.
Coerentemente con tale impostazione, a mansioni diverse corrispondono profili diversi, insiemi di conoscenze e competenze differenti: per i livelli esecutivi occorrono (e sono richieste e ricercate) competenze e capacità basilari, per compiti gestionali o direttivi sono “definiti” e specificati altri tipi di competenze, sempre perfettamente conosciuti ed evidenziati dalla razionalità assoluta del sistema.
Le competenze sono quindi “definite” top-down in modo deduttivo: a partire dalle caratteristiche oggettive e dalla descrizione del compito è possibile risalire alle risorse soggettive che dovrebbero essere “possedute” per lo svolgimento dell’attività richiesta. L’identificazione delle competenze è possibile solo in seguito alla valutazione di un esperto il quale è il solo a poter giudicare e valutare a quali competenze personali corrispondono le caratteristiche e le specificità di un’attività. In altre parole, è il sistema che demanda ai capi gerarchici la traduzione e la trasposizione delle caratteristiche e degli attributi che descrivono un lavoro in conoscenze, qualità o altre caratteristiche personali “utili o indispensabili” allo svolgimento dell’attività lavorativa.
Il soggetto è parte essenziale dell’“ingranaggio” e deve adattarsi ai compiti disegnati e agli obiettivi dichiarati del sistema. Questo, dopo aver selezionato il soggetto più “adatto” al conseguimento del suo disegno, descrive a ciascuno cosa fare, come farlo e quali mezzi utilizzare.
Tale logica si manifesta con forza in ogni fase del sistema di gestione delle persone, nella preliminare fase di selezione, ma anche nello sviluppo, nella mobilità e nella formazione.
Non sembra fare eccezione neppure la valutazione, basata sulla rigida ripartizione dell’attività aziendale in compiti e mansioni previamente programmabili, su rigide attribuzioni da parte del sistema verso i soggetti, sull’identificazione puntuale del contributo di ciascun lavoratore, elementi che presuppongono una certa stabilità strutturale.
Tutto l’impianto di ragionamento proposto lascia intendere una certa fiducia in tecniche di pianificazione di lungo periodo ed un completo affidamento ad un disegno rigidamente strutturato, capace di prevedere e controllare i continui cambiamenti tecnologici e organizzativi. Gli incessanti sforzi di formalizzazione, di codifica, di fedele rappresentazione e di oggettivazione sono considerati presupposti indispensabili alla base del processo di razionalizzazione ed efficientizzazione dell’attività dell’impresa. È privilegiata una logica di razionalità ex ante in ciascun momento di organizzazione e gestione delle persone e dei compiti; questa trova ampia manifestazione nelle fasi di strutturazione delle attività (riassunte e classificate attraverso inventari),
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La possibilità che siano “progettate” mansioni più “umane” e più confacenti alle possibilità psico-fisiche dei lavoratori ricorrendo a principi di ergonomia non sembra rispondere ad una logica differente rispetto a quella che associa al “progettista” una razionalità pressoché assoluta ed una conoscenza completa delle “esigenze” del lavoro e dei requisiti necessari per svolgerlo nel modo migliore possibile.
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nelle procedure di reclutamento (o verifica di rispondenza dei prerequisiti), nei percorsi di gestione delle carriere (solitamente rigidamente precostituiti) e nella delicata fase di valutazione del lavoro, pressoché trasformata in un procedimento “algebrico” di quantificazione e di calcolo.
Ciascuna di queste fasi deve poter fare affidamento sulla perfetta conoscenza delle relazioni causa effetto, della quale il sistema appare unico depositario; l’“efficacia” dei metodi e delle tecniche proposte appare inoltre inevitabilmente subordinata a improbabili ipotesi di stabilità ambientale e strutturale dell’impresa.
La fiducia riposta nella codifica di ciascuna operazione e negli inventari problematizza qualsiasi ipotesi di cambiamento, che stravolgerebbe inevitabilmente e in continuazione non solo il contenuto di ciascun compito rigidamente definito e i “prerequisiti” necessari per il suo svolgimento, ma anche i legami e le relazioni all’interno dell’impresa, le modalità di coordinamento e controllo, i bisogni di formazione e i piani di carriera, ecc.
Il metodo di gestione delle persone proposto è fedele espressione e manifestazione di un impianto concettuale che si affida ad ipotesi di razionalità assoluta, certezza, prevedibilità e che, lungi dal contemplare fedelmente le condizioni che caratterizzano la vita di un’organizzazione, si dimostra inadeguato a cogliere o guidare opportunamente il cambiamento organizzativo che inevitabilmente caratterizza l’agire di ogni impresa.
Sebbene la logica sottesa all’impianto concettuale descritto in questo capitolo abbia costituito il riferimento principale della maggior parte delle prassi di gestione del personale in impresa, il venir meno delle ipotesi di staticità (che ne costituiscono uno dei principi cardine) ne ha severamente messo in discussione l’ulteriore applicabilità.
La dinamicità e l’incertezza che caratterizzano la vita delle aziende “moderne” hanno richiesto un ripensamento radicale nel modo di gestire le persone, più adeguato ad ipotesi di instabilità, imprevedibilità; la valorizzazione delle competenze dei lavoratori sembra offrire a tal proposito una concreta opportunità.
Manager e accademici sono concordi nel sostenere che una gestione delle persone centrata sulle competenze, superando i limiti dei principi e delle prassi “tradizionali”, possa rispondere adeguatamente alle esigenze di cambiamento organizzativo; le modalità attraverso le quali ciò può avvenire, lungi dall’essere condivise, costituiscono oggigiorno frequente oggetto di dibattito.
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Capitolo III