CAPITOLO 2/ CULTURA, ECONOMIA E SVILUPPO – LA SITUAZIONE ITALIANA
6/ BEST PRACTICES
In conclusione, può rivelarsi utile riportare alcuni casi classificabili come best practices sul tema. Riprendendo Marco Vitale (2008), “è solo partendo dalle esperienze concrete che si possono sviluppare riflessioni generali sul ruolo delle città e dei territori nello sviluppo locale e, di qui, tentare caute teorizzazioni”. Vi sono dei casi che possono essere analizzati per valutare nella pratica come i concetti proposti finora possano essere declinati. Per restringere il campo verranno considerati in questa sede solo casi europei. Il centro di irradiazione sono spesso le singole città, ma non mancano i casi che vedono il coinvolgimento di intere regioni nel processo
di rigenerazione e sviluppo attraverso la cultura. Non sempre ci si è trovati davanti a dei casi di successo, tuttavia, diventa importante analizzare anche gli insuccessi per poter valutare quali fattori si sono rivelati critici per l’esito finale.
Negli esempi appare evidente come il primo frangente nel quale la cultura attiva il proprio potenziale di sviluppo sia quello urbanistico. Molto spesso la cultura viene messa al centro di progetti di rigenerazione urbana, attraverso i quali gli spazi vengono riplasmati e le città assumono una nuova identità. Spesso gli edifici depotenziati trovano una nuova funzione d’uso e la cultura si assicura un nuovo spazio fisico nel quale insediarsi e operare. Il ruolo della città, come sottolineato da Landry, Florida e altri rimane fondamentale, ma non esistono esclusivamente casi di rigenerazione e sviluppo territoriale legati ai centri urbani. Gli interventi che generalmente vengono pianificati consentono (Comunian & Sacco, 2006; Evans & Shaw, 2004):
1. Riutilizzo di edifici in disuso;
2. Miglioramenti dell’ambiente fisico;
3. Incremento nell’utilizzo degli spazi pubblici;
4. Crescita del senso di appartenenza nei confronti del luogo; 5. Creazione di nuovi spazi abitativi o lavorativi sostenibili; 6. Impiego di artisti, architetti o designers nei progetti urbani; 7. Aumento del valore immobiliare delle aree;
8. Creazione di incubatori di impresa per il settore creativo;
In conclusione, per dare corpo ai concetti appena esposti diventa interessante prendere in considerazione alcuni casi che sono divenuti ormai noti. Il primo riguarda il piano di rigenerazione urbana di Bilbao ed è stato inserito in quanto corrisponde a uno degli esempi più noti sul tema, sebbene sia stato anche criticato per l’uso eccessivo di interventi ad alto impatto mediatico. Il secondo caso è quello del Quayside, un’area a vocazione prevalentemente portuale divisa tra Newcastle e Gateshed che ha visto un processo di rigenerazione molto efficace, che ha anche portato questo territorio a candidarsi a Capitale Europea della Cultura 2008 (per quell’anno, tuttavia, è stata scelta come Capitale Liverpool). Infine si tratta di un territorio composito nella Francia sud-orientale che racchiude Beaufort, Hauteluce, Queige e Villard-sur-Doron, dei paesi di montagna con delle evidenti difficoltà di sviluppo, che sono riusciti, però, ad implementare degli interventi di forte impatto economico.
6.1/ Bilbao (Spagna)
Bilbao è diventata una città simbolo dello sviluppo territoriale trainato dalle attività culturali. Questo perché essa, da città industriale, ha saputo reinventarsi attraverso un attento piano di rigenerazione urbana che ha avuto come simbolo la costruzione di un’importantissima sede museale nota in tutto il mondo, il Guggenheim di Bilbao, progettato dall’archistar Frank Gehry. Tale edificio è diventato un’icona per dell’intero progetto di riqualificazione, soprattutto per il suo impatto visivo, tuttavia sono stati molti gli interventi che hanno, col tempo, riformulato l’identità del territorio.
Il merito di una tale iniziativa va al sindaco di Bilbao, appoggiato dalla Provincia e dal governo della Regione basca, che hanno dato vita, con un gruppo di 30 altri soci, all’associazione Bilbao Metropoli 30, che si è occupata del piano di rigenerazione urbana. I lavori hanno preso il via nel 1991, ma già da anni si lavorava alla stesura di un piano di rivitalizzazione, inizialmente focalizzato sul centro cittadino e in seguito esteso alle zone limitrofe.
Le linee di intervento principali hanno guardato alla creazione innanzitutto di uno spazio cittadino ecologicamente sostenibile. Bilbao era conosciuta, sul finire del secolo scorso, come città industriale e snodo portuale. Si è optato, dunque, per il contenimento dei poli industriali e per il loro spostamento in aree ad impatto ambientale più sostenibile. È stata, infatti, bonificata tutta la zona del fiume Nervión al quale è stata ridata una centralità che prima non aveva. Per la rivitalizzazione delle aree lungo il fiume è stata costituita un’altra società pubblica, la Bilbao Ria 2000.
Un altro gruppo di interventi, poi, si sono concentrati sul potenziare l’accessibilità e i trasporti in città. Per quanto riguarda la circolazione interna è stata costruita una linea metropolitana ed è stata potenziata la linea tramviaria. Per favorire, invece, il traffico da e verso l’esterno si è optato per ampliare e spostare il porto e per la costruzione di un nuovo aeroporto. Quest’ultimo è stato progettato da Santiago Calatrava ed è un esempio chiave, insieme al Guggenheim di Frank Gehry, della volontà di coinvolgere architetti importanti nella progettazione di nuovi e significativi edifici che hanno portato alla nascita di un nuovo skyline per la città. Bilbao possiede ora delle architetture rilevanti, va segnalato il ponte Zubizuri (1997), progettato sempre da Calatrava, il ponte La Salve (2007), disegnato dall’artista concettuale francese Daniel Buren, le torri residenziali di Arata Isozaki e la torre Iberdrola (2011) di César Pelli, che con i suoi 165 m di altezza corrisponde al grattacielo più alto dell’intera regione basca. Molti degli edifici iconici di Bilbao derivano da restauri e riqualificazioni di vecchi edifici industriali. Lo stesso Guggenheim era un magazzino di legnami; Philippe Starck e Ricardo Bastida, invece, hanno convertito l’Alhondiga
da cantina ad area dedicata alla cultura e il tempo libero (2010). Una serie di interventi, dunque, che hanno impreziosito il centro cittadino, recuperando spazi dismessi, offrendo nuovi luoghi per il consumo culturale e l’intrattenimento e rinnovando il panorama urbano.
Il successo del piano di rigenerazione urbana, pur con le critiche che ne sono state proposte, ha da subito avuto un’impostazione fortemente legata alla creatività, calando anche gli obiettivi più funzionali all’interno di scelte progettuali con un pronunciato valore estetico. Alcuni interventi stanno ancora avendo luogo in questi anni, sebbene il boom della rigenerazione possa dirsi concluso. Tuttavia gli effetti di lungo periodo non possono ancora essere valutati appieno. Di sicuro vi è stata una certa lungimiranza da parte delle autorità pubbliche nel mettere in atto un tale percorso strategico mirato, condiviso nel tempo dalle amministrazioni succedutesi.
6.2/ Quayside (Newcastle/Gateshed, Regno Unito)
Vi sono dei casi molto interessanti che dimostrano come un luogo possa essere completamente riqualificato e rigenerato pianificando degli interventi che vi inseriscano delle strutture destinate alla produzione e al consumo culturale. In molti casi si tratta di città con forte vocazione industriale in progressivo declino. Una di queste corrisponde alla zona del Quayside, sul fiume Tyne. Essa si trova nel Nord-Est dell’Inghilterra e si divide tra Newcastle, nella sponda a Nord del Tyne, e Gateshead, nella sponda Sud. Il Quayside è stato una zona industriale e di commercio portuale, più somigliante a una malsana palude che a un luogo turistico apprezzabile. Il primo vero step che ha dato vita al processo di rinnovamento è stata nel 1998 la collocazione dell’Angel of the North ,una scultura contemporanea dell’artista Antony Gormley, nella periferia di Gateshead, divenuto un’icona trainante per le attività culturali ed economiche insediatesi successivamente.
Nei primi anni 2000, con il declino sempre più incombente delle sue attività commerciali e produttive, è stata avviata un’azione di riqualificazione in senso culturale della zona. Sono state edificate delle strutture moderne destinate all’arte, alla musica e alla cultura in generale, come il BALTIC Centre for Contemporary Art e il The Sage Gateshed performing arts and conference centre. A questi si sono aggiunte nuove unità abitative e importanti interventi di rigenerazione urbana; con il Gateshed Millenium Bridge è stata costruita una nuova via di attraversamento pedonale per passare da una riva all’altra del fiume. Da ricordare, poi, la presenza di strutture destinate all’entertainment e al tempo libero, come bar, ristoranti, club, molto importanti per creare aggregazione e offrire stimoli non solo a livello turistico, ma in generale per una potenziale
classe creativa. Un esempio, in questo contesto è rappresentato dal Tuxedo Princess, un nightclub galleggiante. Tali strutture sono, secondo alcuni, quasi più importanti dei contenitori culturali. Ma non si è trattato solamente di costruire dei contenitori e predisporli all’uso. Il progetto avviato nel Quayside ha portato alla creazione di più di 6.000 posti di lavoro23. Solo nella zona Est del Gateshead dal 2005 è stata creata occupazione per circa 900 persone24, la maggior parte delle quali erano disoccupate. Molti dei posti creati, poi, hanno avuto alle spalle un periodo di formazione professionalizzante. Il Gateshead Council ha fatto in modo di coinvolgere il più possibile le aziende e i residenti per massimizzare i benefici locali. Il totale dell’investimento, tra pubblico e privato, ammonta a 1 billione di sterline25. È nato un brand turistico Newcastle/Gateshead, molto attivo, che si occupa di promuovere le attività del territorio e il cui simbolo è proprio l’Angel of the North. Alcuni dei risultati ottenuti attraverso le strutture di consumo culturale nel Quayside sono stati un valore aggiunto, sul totale della produzione, di 5 milioni di sterline l’anno grazie al BALTIC Contemporary Art Centre26 e lo sviluppo di 500 posti di lavoro solo all’interno del Sage Gateshed centre27.
Va segnalato, infine, che l’area del Quayside era candidata a capitale Europea della Cultura per il 2008, anno in cui era stato selezionato come paese ospitante la Gran Bretagna e che ha visto come vincitrice Liverpool. L’esempio dimostrato con il progetto di rinnovamento dell’area tra Newcastle e Gateshead aveva raccolto un’intensa partecipazione locale e aveva un ottimo potenziale anche in sede di Candidatura (Comunian & Sacco, 2006). Alcuni autori, tuttavia, hanno sottolineato come accanto agli importanti obiettivi culturali e di sviluppo urbano vi fossero gli interessi della speculazione edilizia. In questo modo le operazioni culturali non sarebbero state altro che un ottima copertura per un’insieme di interessi privati strategicamente taciuti all’opinione pubblica.
6.3/ Beaufort (Francia)
Il secondo esempio propone una modalità di sviluppo territoriale molto differente rispetto alla precedente. Il territorio di riferimento comprende una zona delle Alpi Francesi vicina al confine con la Valle d’Aosta che comprende i comuni di Beaufort, Hauteluce, Queige e Villard-sur-Doron.
23 Come proposto dalla ERS per conto del Gateshead Council.
Fonte: http://www.regen.net/news/991940/Quayside-Newcastle-Gateshead
24
Fonte: società di consulenza Bradley
25 Fonte Gateshead Council 26
Fonte Gateshead Council
Il territorio copre una superficie di circa 27.000 ettari e si snoda tra gli 800 e i 1.660 m di altezza. I comuni confinanti corrispondo ai centri principali nella zona e comprendono circa quattromila abitanti. La città più grande nelle vicinanze è Albertville, la cui popolazione si aggira intorno ai 18.400 abitanti, nota per aver ospitato le Olimpiadi nel 1992.
Alle consuete difficoltà di sviluppo per i territori montani, si sono aggiunte altre problematiche che hanno portato il territorio ad una fase di crisi. Innanzitutto il territorio si basava ancora su un’economia di tipo rurale, in progressivo abbandono. Ha avuto, poi, un periodo di intensa occupazione grazie all’arrivo di una compagnia elettrica la quale, avviando la costruzione di dighe e centrali idroelettriche, ha dato lavoro a migliaia di persone. Con la conclusione dei lavori è venuto meno anche il benessere generato da tali attività, ma non solo. Lo sfruttamento del territorio a scopo di produzione energetica ha portato alla progressiva scomparsa delle zone destinate agli alpeggi.
Non era pensabile in questo caso progettare teatri e musei che richiamassero turismo culturale e creativi da tutto il mondo. Si è pensato di impostare un ragionamento di altra natura, ma pur sempre culturale. Esso ha avuto luogo a partire dal 1963-’64, ma alcune iniziative si sono evolute nell’arco del ventennio successivo. Il territorio ha riflettuto su quali fossero le sue specificità. Queste, inizialmente viste come dei punti deboli, sono state ripensate come dei punti di forza in quanto parte dell’identità locale. L’economia rurale, caratteristica della zona di Beaufort e dintorni, non è stata sostituita, ma modernizzata, predisponendo nuovi alpeggi e strumenti tecnico-commerciali adeguati ad ampliare il settore. Si è puntato sulla cultura materiale, in primis sul prodotto tipico locale, il formaggio di Beaufort, raddoppiandone la produzione e consentendo ai produttori locali di trarre benefici economici più elevati. Si è puntato sul turismo, scelta consueta nei territori alpini, ma in modo tale da controllare le pressioni fondiarie che avrebbero potuto sfruttare il comprensorio fino a farlo ripiombare in una fase di crisi. Grazie all’azione oculata degli amministratori locali si è riusciti a ottenere uno sviluppo turistico equilibrato, che ha portato non solo nuovi visitatori, ma anche nuovi residenti nel territorio.
Un ultimo risultato, che racchiude i precedenti, corrisponde al vero e proprio rinnovamento culturale del territorio. Grazie ai provvedimenti messi in atto e all’attiva partecipazione delle associazioni culturali civili (ve ne sono circa 90 oggi a Beaufort), il territorio ha una vita culturale vivace e propositiva. L’arricchimento non è avvenuto solo a livello di attività culturali tradizionali, ma in generale a livello di mentalità. L’identità locale ne è uscita rafforzata, il territorio si è aperto all’accoglienza e la società civile ha sperimentato nuove forme di collaborazione e condivisione
d’intenti con le amministrazioni pubbliche. Le stesse divisioni territoriali, nel processo di rinnovamento, si sono in qualche modo annullate. I quattro comuni mantengono la propria specifica identità, ma hanno compreso di avere delle problematiche simili che possono essere risolte unendosi e lavorando di concerto.