CAPITOLO 2/ CULTURA, ECONOMIA E SVILUPPO – LA SITUAZIONE ITALIANA
1/ LO SCENARIO NAZIONALE
1.1/ IL SETTORE CULTURALE IN ITALIA
Chiedere a un italiano e a un non-italiano di parlare della cultura in Italia può portare a due visioni del settore quasi agli antipodi. Mentre il non-italiano generalmente parla della cultura e delle bellezze artistiche italiane come di un patrimonio prezioso e irripetibile, noto in tutto il mondo e da tutti invidiato, l’italiano spesso e volentieri mantiene un profilo più basso sulla questione, quando non arriva addirittura a polemizzare sullo stato di conservazione di molti capolavori facenti parte del patrimonio nazionale. Il territorio italiano vanta un patrimonio effettivamente inestimabile a livello mondiale, basti pensare che i 47 siti italiani dichiarati Patrimonio dell’Umanità costituiscono circa il 50% del totale mondiale, configurando l’Italia come il paese con più siti inseriti nella lista UNESCO. La cultura italiana si basa su due eccellenze: il patrimonio storico-artistico e il teatro dell’opera. A livello pubblico tali settori si presentano come privilegiati perché hanno sempre avuto una grossa fetta del budget stanziato per il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (MiBAC)12. Ciò nonostante le fondazioni lirico-sinfoniche lamentano difficoltà nella pianificazione degli spettacoli a causa di tagli improvvisi al FUS (il Fondo Unico per lo Spettacolo) e il patrimonio storico-artistico diffuso sul territorio si logora irrimediabilmente, mangiato dal decadimento naturale dovuto al tempo. Basti pensare che l’investimento nel settore ammontava nel 2008 a 0,5 miliardi di euro annui, ovvero lo 0,03% del PIL, una percentuale piuttosto esigua per poter pensare ad esempio a degli investimenti in ricerca e sviluppo efficaci per il settore13.
Per quanto riguarda le altre attività culturali ci sarebbero sicuramente un buon numero di interventi da predisporre. Molti lamentano una certa disattenzione in sede ministeriale nella regolamentazione, ma soprattutto nella promozione dei propri settori. Ma quale può essere la
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La distribuzione delle risorse tra le varie attività all’interno del FUS (il Fondo Unico per lo Spettacolo) ha sempre privilegiato le attività delle fondazioni lirico-sinfoniche, nel biennio 2006-2007 ad esempio il 65% del budget era destinato alla musica (lirica, concerti, danza), mentre il 17% alla prosa e il 18% al cinema. (Fonte: ISTAT)
13 Nel computo delle spese per la “cultura” sono compresi i seguenti settori: produzioni e distribuzioni
cinematografiche e di video e gestione di sale di proiezione cinematografiche; attività radiotelevisive; attività di biblioteche e archivi; gestione di musei e del patrimonio culturale; gestione degli orti botanici, dei parchi naturali e del patrimonio naturale; creazioni e interpretazioni artistiche e letterarie; gestione di teatri, sale da concerto e altre sale di spettacolo e attività connesse; circhi e altre attività di intrattenimento e di spettacolo; attività delle agenzie di stampa. (Fonte: ISTAT)
capacità d’azione efficace ed efficiente in un settore dove anche gli ambiti nei quali si investe di più si dichiarano insoddisfatti? Com’è possibile che il prestigioso Teatro Carlo Felice di Genova sia stato a un passo dalla chiusura e che gli edifici del sito archeologico di Pompei siano crollati? La risposta tendenzialmente sta nella necessità sorta negli ultimi anni, critici dal punto di vista economico, di contenere la spesa pubblica. È evidente che tra i vari ministeri che potevano subire tagli, quello dei Beni e delle Attività Culturali fosse uno dei primi sulla lista, ma l’errore che si è fatto, e che si continua fare anche ora, è quello di continuare a mettere in atto strategie consuete e tradizionali, sebbene queste abbiano palesato i propri punti deboli. La questione, insomma, non è di natura economica (come riformulare le voci di budget), ma è, piuttosto di natura culturale (riprogettare il Ministero e il suo ruolo).
Il MiBAC nasce nel 1975 con la denominazione di Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, e raccoglie le funzioni destinate alla cultura e all’ambiente che fino a quel momento erano state assegnate al Ministero della Pubblica Istruzione, al Ministero dell’Interno e al Presidente del Consiglio dei Ministri. Si sviluppa dall’idea che vi sia una certa vicinanza nell’azione che si svolge sui beni culturali e sui beni ambientali. L’unità tra cultura e ambiente si concretizza, ad esempio, nel sito archeologico o storico-artistico. Nel 1998, forse sotto la stessa ondata di rinnovamento nel settore che ha coinvolto su tutti il Department of Culture, Media and Sports nel Regno Unito, il Ministero si evolve nell’attuale Ministero per i Beni e le Attività Culturali, riunendo sotto la sua tutela anche il settore delle attività sportive (fino al 2006, anno in cui nasce il Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive). Oltre che delle attività sportive, dei beni culturali e delle attività artistiche , il MiBAC si occupa di promuovere le attività dello spettacolo in tutte le sue espressioni (cinema, teatro, danza, musica, spettacoli viaggianti). Dal 2009 il Ministero ha subito un’ultima riorganizzazione che l’ha portato alla configurazione attuale. Ritorna come centrale il ruolo dello Stato nella tutela, valorizzazione e fruizione del patrimonio nazionale oltre alla salvaguardia del paesaggio. Nel 2009 (la configurazione attuale) vengono riformulate le funzioni del Ministero il quale si occupa primariamente di tutela, valorizzazione e fruizione del patrimonio nazionale e, nuovamente, della salvaguardia del paesaggio. Vengono istituite due importanti direzioni: la Direzione Generale per la valorizzazione del Patrimonio Culturale e la Direzione Generale per il Paesaggio, le Belle Arti, l’Architettura e l’Arte Contemporanea.
Quello che emerge da una tale evoluzione del settore culturale a livello statale è una forte propensione verso le attività che riguardano il patrimonio e le funzioni di tutela e salvaguardia,
solo di recentemente integrate con quelle di valorizzazione e fruizione. Vi è un’idea della cultura che tende a rimanere ancorata a quello che è un’eredità del passato, e vi è una scarsa propensione, di contro, verso il supporto alla creazione di nuova cultura, che possa in qualche modo dare un’identità al popolo italiano che comprenda sì la sua tradizione storico-artistica, ma che la integri con ciò che è attuale. L’ultimo mezzo secolo di storia italiana, in particolare, si caratterizza molto di più per la sua crescita industriale ed è anche per questo motivo che potremmo affermare che la cultura d’impresa (i distretti industriali e il made in Italy) è riuscita in molti luoghi a sostituirsi alla cultura artistica, teatrale, letteraria che da sempre ha tenuto alta l’identità italiana, creandone una nuova.