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SVILUPPO TERRITORIALE?

1/ LA CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA

1.4/ ESPERIENZE PRECEDENT

La storia delle Capitali Europee della Cultura ha insegnato che non c’è un set di possibilità limitato per definire le linee progettuali per l’evento. Innanzitutto il concetto stesso di Capitale si è in molti casi esteso fino a comprendere non solo una città, ma una regione intera77. Nel 2000, ad esempio, Santiago De Compostela ha deciso di concentrare tutti gli eventi in programma nel centro cittadino, mentre nel 2010 la città di Essen ha portato avanti un progetto che ha compreso l’intera regione della Ruhr. Altro caso, poi, la francese Lille 2004 che ha visto l’estensione dei programmi culturali oltreconfine, al territorio delle Fiandre Occidentali (Belgio). La dimensione spaziale dell’ECoC non va data per scontata, giacché gli esempi passati si sono rivelati uno stimolo

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È previsto che nella Candidatura rientri un’intera regione o anche regioni transfrontaliere, tuttavia è necessario che quest’ultima faccia riferimento ad una città che sarà l’effettiva Candidata.

per riformulare i parametri di valutazione delle città Candidate. È, infatti, emersa la proposta di modificare i parametri di ammissione alla Candidatura dal 2020 in poi in favore di un’apertura verso le Candidature di intere regioni piuttosto che di una singola città.

Altro tema è la governance della Candidatura, a volte in tutto e per tutto autonoma rispetto all’autorità pubblica, a volte anche troppo partecipata. Per Turku 2011 il Ministero della Cultura finlandese è stato inserito nel consiglio di amministrazione della Candidatura, mentre nel caso di Lussembrugo 2007 vi è stata la precisa volontà di non inserire rappresentanti del settore pubblico nel consiglio.

Quelli che possono variare di più, poi, sono i programmi, che corrispondono al cuore della programmazione e in media assorbono il 63% dei costi operativi dell’evento78. La particolarità dei programmi culturali delle ECoC sta proprio nella loro capacità di variare da un’edizione all’altra in funzione delle caratteristiche specifiche dei territori che le ospitano. Tali specificità non sono solamente di matrice culturale, ma derivano anche dal contesto storico, politico, economico e sociale che il territorio vive.

La pianificazione su larga scala e la risonanza che l’ECoC ha, inoltre, fanno sì che le scelte culturali operate dalle città candidate possano effettivamente avere un impatto sul pubblico e sugli stakeholders coinvolti nella pianificazione. I programmi variano in base alla localizzazione della Candidatura (una città o una regione intera che, comunque, fa riferimento ad una città) e possono avere una durata compresa tra i 9 e i 13 mesi (più il periodo preparatorio, in genere da 2 a 4 anni). I progetti selezionati devono essere un numero limitato per conferire anche maggior significato alla programmazione nel suo complesso. Circa un terzo delle Capitali hanno optato per un unico tema caratterizzante l’intero programma culturale, piuttosto che un insieme di temi. Molto frequente è stato il richiamo al concetto di città nelle sue diverse dimensioni (storica, sociale, ambientale, internazionale, etc.). Ciò che spesso ha causato l’esclusione delle Candidature, è stato l’accorpamento di temi troppo vari all’interno del programma, rivelando un’eccessiva incoerenza strutturale. I programmi allestiti in passato hanno puntato molto sul binomio tradizione-contemporaneità, accostando eventi legati alle discipline artistiche per così dire classiche (arti visive, teatro, musica), ad eventi di altra natura (eventi di strada e “open air”, progetti interdisciplinari ed iniziative legate all’architettura o alla storia della Candidata).

Tra le varie esperienze delle Capitali susseguitisi fino ad oggi, ne va citata in particolare una, significativa in quanto antecedente italiano di successo col quale confrontarsi. Le Capitali italiane

in passato sono state Firenze nel 1986 (quando ancora il titolo era “Città Europea della Cultura”), Bologna nel 2000 e Genova nel 2004. Tra queste, la più riuscita sembra essere stata Genova 2004. L’anno della Capitale Europea è stato per Genova la consacrazione di una progettualità che mirava a dare una nuova immagine alla città, reindirizzando la sua politica culturale, per dare un peso maggiore alle attività culturali anche nel loro collegamento con il comparto turistico, e la sua economia. Genova, inizialmente conosciuta solamente come area portuale, è riuscita a riscoprire una propria identità culturale valorizzando elementi quali l’Acquario, il Teatro Carlo Felice, il Porto Antico, Palazzo Ducale e tutti i musei e i palazzi storici più significativi che potessero contribuire a delineare lo scenario culturale cittadino.

La governance di “GeNova04” è stata affidata al “Comitato Genova 2004”, nato nel 2000. All’interno del Comitato sono confluiti il Comune e la Provincia di Genova, la Regione Liguria, l’Autorità Portuale, L’Università e la Camera di Commercio. Le decisioni del Comitato venivano poi attuate dalla società “Genova 2004 srl”, istituita due anni dopo.

Il tema permeante della manifestazione è stato “il Viaggio”, grazie al quale è stato possibile creare un legame tra il passato storico della città e le sue attitudini economiche moderne. Molto importanti, oltre agli eventi flagship che hanno scandito l’anno di celebrazioni, sono state le opere di restauro e rigenerazione urbana, che hanno permesso di porre rimedio al degrado di alcuni edifici e quartieri cittadini. Altro punto sul quale si è lavorato è stato il versante della ricerca e dell’industria, dando visibilità agli istituti di ricerca e alle università presenti, che hanno contribuito alla costruzione di un’identità cittadina riconoscibile a livello locale, nazionale e internazionale.

Oltre ad una valutazione positiva dei risultati ottenuti sul piano culturale il caso di Genova 2004 si presenta positivo anche sul piano economico. Questo perché l’indotto generato dalla manifestazione, stimato sui 440 milioni di euro, ha superato nettamente l’investimento complessivo della manifestazione (circa 220 milioni di euro)79.

Fatte le dovute premesse, si tratta ora di valutare quali sono le Candidature per il 2019 e, nello specifico, la Candidatura di Venezia con il Nordest, all’interno della quale sono inclusi i tre territori analizzati nel precedente capitolo.

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2/ IL 2019

Il 2019 sarà, dunque, l’anno dell’Italia per ospitare la Capitale Europea della Cultura. Nel dicembre 2012 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha diffuso il bando per la presentazione delle Candidature aprendo di fatto la “sfida” tra le città che intendono proporsi come Capitali. In molte si sono messe all’opera ben prima per individuare una tema e una progettualità che potessero portare alla nomina di ECoC, puntando sulle proprie specificità, ma individuando soprattutto una nuova direzione verso la quale proiettare l’identità del proprio territorio.

La prima a farsi avanti nel 2007 (circa un anno dopo la sopracitata Decisione 1622/2006/CE) è stata Ravenna, che a tutt’oggi si presenta come una delle candidate più quotate. Ravenna ha deciso di coinvolgere nei propri progetti l’intero territorio Romagnolo puntando su una logica del “fare insieme”, da tempo consolidata. Il punto forte della candidatura, diretta da Alberto Cassani, allora assessore comunale alla cultura, sta nel coinvolgimento intenso della cittadinanza e delle istituzioni culturali, chiamate a interagire con lo staff di candidatura attraverso un’open call. Mediante questo strumento lo staff di candidatura ha sollecitato la presentazione di idee80 da parte della comunità basando la propria strategia di pianificazione su un approccio bottom-up. Oltre a questo, Ravenna può puntare sulla valorizzazione del proprio patrimonio storico, essendo stata un punto di incontro di diverse culture e civiltà, ma anche sul proporsi come modello di riferimento a livello nazionale, grazie alla sua tradizione artistico-culturale. Ravenna e la Romagna sono, però, consapevoli di possedere dei punti deboli sui quali si intende lavorare in vista della Candidatura prefigurando, in questo modo, un nuovo scenario culturale per il territorio.

Altre città che presto si sono lanciate in un progetto di Candidatura sono Siena, Matera, Perugia- Assisi, Bergamo, L’Aquila. Alcune di esse, peraltro, sono sostenute da personaggi noti nel panorama culturale e nell’organizzazione di grandi eventi e si sono, anche per questo, fatte conoscere.

A Siena il direttore della candidatura è Pier Luigi Sacco, già citato in precedenza per i suoi studi sul distretto culturale evoluto, noto per la sua esperienza pluriennale nel campo dello sviluppo territoriale veicolato dai processi di produzione culturale e creativa. Grazie anche all’influenza di Sacco, la Candidatura di Siena è stata impostata proprio sulla volontà di porre rimedio al declino della città attraverso l’economia creativa. Il gruppo di lavoro della Candidatura comprende principalmente persone con un’alta professionalità non solo nel campo dell’economia della cultura, ma anche in altri settori. Si tratta spesso di laureati e professori (non solo senesi) che

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hanno una conoscenza approfondita dei temi che si è deciso di affrontare con la Candidatura. Questi ultimi riguardano l’economia creativa, appunto, il patrimonio storico-artistico, le arti visive e performative, la green economy, l’inclusione sociale, le reti europee, le tecnologie digitali. Matera, invece, è una città divenuta celebre grazie al suo patrimonio paesaggistico. I Sassi di Matera sono, infatti, patrimonio dell’Unesco dal 1993, tuttavia, non è il paesaggio il punto forte della Candidatura. La città può vantare un’importante trend di sviluppo in senso culturale a partire dagli ultimi anni, grazie alla capacità che essa ha avuto nell’attrarre artisti dall’esterno e nel realizzare progetti che hanno visto l’unione di personalità esterne e risorse locali. Essa ha rappresentato un punto di riferimento per il Sud d’Italia, grazie alla sua cultura, che rivela ancora del potenziale che potrebbe essere messo a frutto, ad esempio, mediante un’apertura verso l’Europa. Si punta molto, anche in questo caso al coinvolgimento dei cittadini, a partire dalle scuole, dando ad esse un ruolo attivo e propositivo. Matera può contare, poi, sulle capacità direttive di Paolo Verri (ex direttore del Salone del Libro a Torino e organizzatore di Italia 150), che ha lasciato Torino, altra città inizialmente candidata, per abbracciare la Candidatura di una città particolarmente cruciale per il Sud, convinto di poter lavorare per rendere effettivo il processo di sviluppo locale parzialmente già innescatosi.

Perugia-Assisi è un’altra Candidata che vanta un patrimonio storico-artistico rilevante. Il progetto di Candidatura si basa, appunto, sulla ricerca di una nuova strategia di valorizzazione dei due centri storici di Perugia e Assisi. A candidarsi sono, dunque, due città e, di conseguenza, i rispettivi territori circostanti. A differenza delle precedenti candidate, la Candidatura di Perugia-Assisi viene gestita da una Fondazione (la “Fondazione Perugia-Assisi”, costituitasi ad hoc nell’aprile 2012). Le aree di interesse saranno: la relazione tra cultura e spiritualità, la dimensione urbana e il paesaggio, la valorizzazione dei centri storici, e l’elaborazione di un piano strategico culturale. Per quanto riguarda la Candidatura di Bergamo emerge un importante desiderio di collegare la storia e la cultura cittadina con le realtà imprenditoriali locali. In un’intervista comparsa su Artribune, Claudia Sartirani afferma: «Questa è la città dei mecenati, della tecnologia, della sperimentazione artigianale e della cultura rinascimentale: capite bene quanto il tessuto imprenditoriale e quello culturale siano già interconnesse.»81. Non bisogna dimenticare, poi, che Bergamo ha già visto un importante evoluzione a partire dai primi anni 2000, grazie all’introduzione di decisive innovazioni nel settore produttivo e alla messa a frutto di iniziative legate al turismo culturale. Il 2019 si presenta, dunque, come l’occasione per portare a

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compimento un processo avviato ormai da un decennio e che potrebbe dare un rilievo maggiore, questa volta, al settore culturale.

Non tutte le città che hanno formalizzato la propria intenzione di presentare una Candidatura per il 2019 sono allo stesso livello di progettazione. È già possibile fare delle previsioni su quali città presentino maggiori possibilità di riuscita nella prima vera fase dell’iter di Candidatura che consiste nella pre-selezione. Le città italiane attualmente Candidate a Capitale per il 2019 sono 18 e corrispondono a: Amalfi, Bari, Bergamo, Brindisi, Carbonia, Catanzaro, L’Aquila, Lecce, Mantova, Matera, Palermo, Perugia-Assisi, Ravenna, Siena, Siracusa, Torino (inizialmente candidata, ma ha già ritirato la propria Candidatura), Urbino, Venezia.