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BIOGRAFIE, NOTE, TESTIMONIANZE

CONCITTADINI E LORO NOTORIETÀ AL 2018 Personaggi ammirevoli

BIOGRAFIE, NOTE, TESTIMONIANZE

GUGLIELMO GASPARRINI1 - Sommo botanico, Castelgrande, 13.01.1803 - Napoli 28.06.1866, da Angelo Maria e Isabella Federici.

1 Il concittadino prof. Francesco Maria de Sanctis, Magnifico Rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, propose all’Amministrazione comunale di Castelgrande il trasferimento al locale cimitero dei resti di Guglielmo Gasparrini e dei marmi della sua tomba, situata a Napoli nel recinto del cimitero degli Uomini Illustri.

L’Amministrazione accolse la proposta e si adoperò per le procedure di trasferimento e il 19 giu-gno 2010, presso l’Aula Magna dell’Osservatorio Astronomico di Castelgrande, alla presenza di una folta rappresentanza di accademici, studiosi e concittadini, fu ricordata la figura dell’insigne scienziato e di seguito, presso il locale cimitero, fu inaugurata la tomba traslata.

Il trasferimento onora la cittadinanza e tiene vivo il ricordo per un suo figlio eletto che ha segnato indelebilmente con la sua ricerca sperimentale di avanguardia l’evoluzione della scienza botanica.

Il Comune fece predisporre una cartolina celebrativa con il volto del Gasparrini e la scritta “Il ritorno a casa di Guglielmo Gasparrini”.

Poste Italiane emisero, per l’affrancatura, un francobollo da euro 0,60 raffiguranti i “Giardini Botanici Hanbury” e per l’annullamento il timbro celebrativo “Traslazione spoglia di Guglielmo Gasparrini da Napoli a Castelgrande - 85050 Castelgrande (PZ).” 19. 6. 2010.

I giardini botanici Hanbury di Imperia, realizzati “all’inglese”, sono molto famosi nel mondo per l’acclimatazione di essenze esotiche e occupano una superficie di diciotto ettari, a ridosso del confine francese, tra Ventimiglia e Mortola.

Ne fu ideatore, nel 1866, Thomas Hanbury (Claphan 1832 - Mortola 1907) filantropo inglese.

Dopo la seconda Grande Guerra furono acquistati dallo Stato e dal 2010 divenuti area protetta, custodita e gestita dall’Università di Genova.

La tomba di Gasparrini ha in cima una croce su cui poggia una corona raffigurante foglie di quercia, mentre sui marmi è inciso l’epitaffio: ”La R. Accademia delle scienze fisiche e matemati-che. Riconoscente - nacque in Castelgrande lucano il dì 13 gennaio 1804 morì in Napoli il dì 28 giugno1866”.

Detto epitaffio fu possibile in osservanza alle disposizioni adottate in Francia il 12 giugno 1804 da Napoleone con il “Décret Imperial sur les sepultures” più noto come “Editto di Saint-Cloud”.

Esso è una raccolta organica delle diverse e saltuarie disposizioni emanate in materia di “polizia mortuaria” e “edilizia cimiteriale”, che impongono alle Amministrazioni comunali di autorizzare la sepoltura dei defunti, quale che sia la fede religiosa e stato sociale, venti ore dopo il decesso o quarantotto se di morte improvvisa, coperti da un velo funebre e solo in cimiteri pubblici, da realizzare lontano dall’abitato.

Il luogo cimiteriale deve essere alberato e sul cancello di entrata deve essere apposta la scritta

“La morte è un eterno sonno” quasi a esprimere il significato greco del termine “cimitero” cioè di luogo adibito a “dormitorio”. Le tombe, tutte uguali, devono indicare solo il nome dell’estinto con data di nascita e morte, mentre per i cittadini ritenuti “particolarmente meritevoli” sulla tomba sono possibili l’epitaffio e una pietra modellata a rappresentare una corona di quercia. L’Editto fu accolto nel Regolamento sulla Polizia Medica per l’Italia, emanato il 5 settembre 1806 da Saint Coud. Oggi per l’Amministrazione comunale è doveroso, a fronte di un figlio tanto eminente, vanto di gloria umana e di scienziato, ravvivare il colore dei caratteri dell’epitaffio inciso sulla lapide apposta sulla facciata della sua casa nativa. L’epitaffio se leggibile consentirebbe a chi passa di non dimenticare o almeno sapere di lui e rinverdire amore e rispetto verso rappresentanti del patrimonio umano, che per nascita ci hanno preceduto dotati di forte capacità intellettiva e d’im-pegno supremo, ricchezza di cui siamo onorati ereditieri per origine lucana e per concittadinanza.

NICOLA, DOMENICO, POTITO DE SANCTIS2 - Il Servo di Dio, Ca-stelgrande, 31.01.1818 - Deliceto (FG) 20.03.1834, da Dottor Pietro e Maria Michela Masi.

I genitori di Nicola, di autentica fede cattolica e devozione maria-na, persero il primo figlio Paolo a solo un mese di età, ciò indusse a battezzare Nicola, loro secondogenito, nello stesso giorno della nascita e affidarlo alla Vergine Madre di Dio, perché la sua vita po-tesse colmarsi di educazione cattolica, obiettivo al quale dedicarono intenso impegno educativo.

Già all’età di sette anni Nicola era entusiasta di recitare il quoti-diano Angelus e il Rosario, oltre ad offrire un periodo di digiuno in onore della Vergine, durante le festività a Lei dedicate e i venerdì di Passione.

Frequentissime erano le sue visite a Santa Maria di Costantinopoli, per la quale nutriva predilezione.

Dedicava alla Vergine, con voce gentile e musicale, lodi e canti scritti da sant’Alfonso e partecipava puntualmente alla Messa.

Assertore convinto che “chi ama Dio, ama anche suo fratello” chie-se ai propri genitori di condividere la sua abituale razione di cibo con i poveri e a tutti dispensava cordialità e condivisione nei bisogni.

L’aspirazione di diventare Redentorista da sempre manifestata ai genitori ma impossibile per la sua giovanissima età, poté confermarsi solo in febbraio 1832 con l’arrivo a Castelgrande della Missione Re-dentorista, che conquistò con la sua massima disponibilità per ogni servizio e continua presenza in tutte le funzioni e manifestazioni.

Da Caposele, il 5 novembre 1832, superati gli esami di studi

uma-2 È difficile umanamente credere alla possibilità e capacità di affidare alla fede dedizione estrema della propria vita ed entusiasmo impalpabile di pensieri e azioni, ma è anche doveroso chiedersi come si possa alimentare la sorgente di tanta energia ed entusiasmo a fronte della fragilità umana, se non per imponderabili stimoli d’intimo originate da fonti oltre il nostro raziocinio.

Biografie particolari, documentate dal percorso nella fede, dicono di persone che hanno speso la vita per approfondire la conoscenza della spiritualità.

Per il valore dell’interpretazione e testimonianza di fede, i protagonisti sono insigniti con titolo di:

SERVO DI DIO: chi supera il processo a livello di Diocesi, che attesta l’eroicità delle sue virtù.

BEATO: che vede confermata l’eroicità delle virtù dalla Santa Sede e alla cui intercessione presso Dio è attribuito un miracolo riconosciuto come tale dalla Congregazione Vaticana dei Santi. 

SANTO: colui alla cui intercessione presso Dio è attribuito un secondo miracolo riconosciu-to come tale dalla Congregazione Vaticana dei Santi. 

nistici, raggiunse Pagani e s’incontrò con il Padre Generale della Con-gregazione al quale chiese di fare parte dei figli di S. Alfonso ma la richiesta non fu accolta, perché minore di quindici anni.

Il diniego non poté fermarlo, nuovamente si propose dicendo

“Non ritornerò a casa di mio padre, rimarrò qui, dove mi chiama Dio, vi prego di trattarmi per il momento come servo”. (Fonte: Sant’Alfonso e dintorni - Blog Archiv - Nicola de Sanctis).

Il Padre Generale a fronte di tanto entusiasmo lo fece esaminare dai suoi Consultori, che valutato l’ardore vocazionale consigliarono l’assenso per l’ammissione, anche se prematura, di Nicola al Noviziato.

Il 9 novembre 1832 nella ricorrenza del primo centenario della Congregazione non si fece condizionare dalla pressante richiesta di partecipare alla celebrazione e non partire, ma insistette perché fosse inviato a Ciorani per iniziare subito il Noviziato e fu indefinibile la sua gioia appena poté indossare l’abito dell’Istituto. Nella stessa Congrega-zione entrò anche il fratello Potito, mentre gli altri due fratelli furono sacerdoti secolari e divennero anche arcipreti di Castelgrande. (Fonte:

Castrum de Grandis – Castelgrande – Don Francesco Masi).

Terminò con elogi il noviziato, emise i voti e proseguì gli studi.

Il primo novembre 1833 a Ciorani fu ammesso alla Professione Religiosa ed emise i voti di povertà, di castità, di obbedienza e appog-giando la mano destra sul Vangelo giura “Così Dio mi aiuti e i suoi Santi Vangeli”. Alcuni giorni dopo fu inviato a Deliceto, sede dello Studentato redentorista, che preparava gli allievi al sacerdozio e Apo-stolato Missionario.

Il ruolo di Missionario era la meta della sua vocazione, era molto attratto dalle relazioni delle Missioni dei tratturi, molto intense in au-tunno e primavera, interessati dalla transumanza intensa e provenien-te essenzialmenprovenien-te dall’Abruzzo, Molise e parprovenien-te della Basilicata.

Il 20 marzo 1834, all’età di sedici anni e cinquanta giorni, colpito dal tifo, con energia soprannaturale in conformità alla volontà di Dio e fissando gli occhi verso la Vergine, che sembra gli sia apparsa, con un lieve sorriso sulle labbra emise l’ultimo sospiro della sua vita.

Il suo corpo fu deposto a Deliceto (FG) nella cripta della Chiesa della Consolazione nella Casa Storica Redentorista. (Fonte: Nicola Studente redentorista (1818-1834) di Umberto della Gala / Ricordi, di Pietro De Sanctis / Vita del Servo di Dio Nicola De Sanctis di don Alfonso De Sanctis).

Ciò che appare inspiegabile è comprovato e testimoniato già dal vissuto di Nicola, determinato e ricco di certezza nei principi dell’in-segnamento cattolico, elementi esistenziali su cui spaziano interroga-tivi, dubbi, passioni, nel continuo dibattimento che pone in relazione l’uomo e la fede.

Le strade di Castelgrande hanno potuto inebriarsi del profumo emanato dal passaggio di due grandissimi giovani cristiani, san Gerar-do Maiella, il Servo di Dio Nicola De Sanctis.

Il primo a transitarvi fu il giovane sarto Gerardo Maiella, nato a Muro Lucano (1726/1755), Redentorista e educato da genitori timorati di Dio.

San Gerardo Maiella in paese operò anche un miracolo quando, in casa di Gaetano Federici, fu raggiunto dalla madre di Caterina Sibilia, ossessa, bestemmiatrice ed affetta da convulsioni. A Gerardo fu chie-sto un esorcismo, ma non poté perché non esorcista, di conseguenza fu esortato a recitare almeno delle preghiere, Gerardo acconsentì e chinatosi pregò con fervore fino a guarire la giovane, che serenamente ritornò tra le braccia materne.

Trascorsi cento anni, dopo san Gerardo, anche il ragazzo sedicen-ne Nicola, Servo di Dio, percorse e rallegrò le strade del paese con la sua assennatezza e amore per il prossimo.

Dal 1882 a oggi, nuovamente un giovanissimo aleggia tra i concit-tadini, è il Patrono San Vito Martire di Lucania.

L’adolescente Vito (290 d. C. - 303 d. C.) era prodigioso e di fede irremovibile. Fu Martire per la persecuzione ai cristiani, comandata da Diocleziano (v. San Vito Martire, Patrono di Castelgrande).

Il vigore della fede cattolica, testimoniata dai tre giovani, ha sempre unito la collettività e alimentato valori di vicinato e solidarietà, fino a scambiarsi anche gratuite collaborazioni durante le campagne di lavoro.

L’attuale collettività è carente di socialità, perché disgregata dall’ul-timo evento sismico del 1980 ed erosa da una straripante emigrazione che gli ha sottratto la forza e il ruolo tipico della gioventù, capace di quel tono brillante e d’insostituibile concentrato di linfa, entusiasmo e dinamica di vita, necessario per ogni palpito della società.

Questa trasformazione ha spezzato tra le generazioni quel filo esi-stenziale dell’ereditarietà etica.

Gli anziani non sono più testimoni e laboratori da frequentare per conoscere sperimentati modi di operoso e fattivo dialogo sui temi dei

valori economici e del rispetto umano, e non più avamposti lungo sentieri di condivisione ma elementi di retrovia abbandonati al loro destino, dettato dal tempo e dalla fragilità umana.

Condizione da invertire perché non crolli rovinosamente ogni cri-terio relazionale portatore di vita e di sostegno alla struttura familiare, sociale e territoriale.

NICOLA CIANCI di LEO SANSEVERINO

(Castelgrande, 6 aprile 1835). Da Michele e da Antonia Farenga. Ap-partenente ad antica famiglia gentilizia, aggiunse al proprio cognome quello dei baroni Sanseverino di Calvera estintisi nella sua famiglia.

Dopo avere frequentato il Real Collegio di Salerno, passò a Napoli dove, nel 1860 accettò il programma del Comitato dell’Ordine e, nell’a-gosto, partecipò ai moti insurrezionali. Entrato in magistratura nell’apri-le del 1862, fu sostituto Procuratore Generanell’apri-le a Lucera, a Catanzaro, a Genova ed a Napoli. Nominato Consigliere di Cassazione nel febbraio del 1894, fu a Firenze e, nel novembre del 1899, ritornò a Napoli. Let-terato e poeta pubblicò in Salerno, nel 1857, per i tipi della tipografia Migliaccio, un canto su Le rovine di Pesto e, nel 1859, in Napoli, per i tipi della tipografia del Giornale delle Belle Lettere, un canto su Amalfi.

Nel 1892 per i tipi della tipografia Giacchetti di Prato, raccolse i suoi scritti giovanili nelle Rimembranze della prima vita. Autore di numero-se memorie giuridiche e collaboratore delle maggiori riviste giuridiche del suo tempo, pubblicò nel 1886 una monografia su I reati simultanei complessi e continuati, nel 1900 una monografia su Il possesso e, nel 1903, uno studio su I reati concorrenti. Studioso di Storia del diritto, pubblicò in Napoli nel 1886 una Illustrazione della legge nobiliare na-poletana del 25 gennaio 1756, nel 1891 uno studio su I campi pubblici di alcuni castelli del medio evo in Basilicata e, nel 1894, un saggio su Il patriarcato di Venezia. Cultore di storia patria pubblicò in Napoli nel 1889, presso Lubrano, una interessante monografia Da Castelgrande agli avanzi ciclopici di Muro lucano. Socio ordinario della Accademia Pantaniana nel 1882, fu relatore , nel 1904, del premio Tenore su la storia e dottrina delle chiese ricettizie. Nel 1872 aveva sposato Alfon-sina Mariottino e morì in Napoli il 12 luglio 1908. (Fonti e Bibl. ASP Pref.

Bas., Gab., 37/9.- Bozza, Lucania, II , p.268; Masucci, N. C. di S. in Atti Accademia Pantaniana, vol. XXXIX; In memoria di N. C. di S. Napoli, s.n.; Gattini, Bibl. Bas., p.

66 , n. 82; De Pilato, Saggio bibl., pp.30 s. 160; Pedio La Basilicata nel Risorgimento politico italiano, pp. 286, 340; ibid., Storia della storiografia, p. 283).