Parla come t’iniziò tua madre
UNICITÀ DELLA DIVERSITÀ DI RAZZA
Interesse degli antropologi è lo studio della specie umana per indivi-duarne elementi di caratterizzazioni e sua distribuzione sul territorio universale.
Essi concordano sul principio che la parola “razza” ha un signi-ficato preciso soltanto per le specie inferiori, essendo possibile
defi-nirne la “razza pura” poiché costituita da elementi tutti discendenti da unico capostipite, quindi con una o più caratteristiche ereditarie sempre assolutamente comuni, per cui s’identifica una “linea pura”.
Ciò non può verificarsi se la riproduzione avviene per eterogamia, cioè per fusione tra gameti differenti per sesso di provenienza, con-dizione assolutamente necessaria nella specie umana.
In ogni nascituro coesistono qualità differenti ed ereditate dalla coppia genitrice e così via risalendo fino ai più remoti antenati.
Tale caratteristica fa di ogni nuovo essere umano necessariamente una diversa razza, ad eccezione dei gemelli fecondati da uovo unico e pertanto con identico patrimonio ereditario.
Precisato ciò, è scientificamente impossibile il concetto di razzismo fondato sulla pretesa apparte-nenza di esseri umani a una
“razza pura”, quindi supe-riore alle altre.
Questa cultura scien-tifica e di civiltà non fu patrimonio degli italiani quando, il 15 luglio 1938, fu firmato da Sabato Visco, Nicola Pende, Lidio Cipria-ni, Arturo Donaggio, Leone Franzi, Guido Landra, Marcello Ricci, Franco Savorgnan, Edoardo Zavattari, Lino Businco, dieci scien-ziati razzisti, il “Manifesto della Razza “,
vanto di Mussolini ma supportato con scarso contenuto scientifico e filosofico in un unico disegno di morte. (Fonte: I Dieci di Franco Cuomo / Dalai Editore 2005).
La Repubblica Italiana, riscattò tanta offesa alla dignità dell’uomo e al concetto di razza, scrivendo nella propria Costituzione, (Gazzet-ta Ufficiale del 27 dicembre 1947, n.298), tra i Principi Fondamen(Gazzet-tali:
“ART. 3 - Tutti i cittadini hanno pari dignità sociali e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando, di fatto, la libertà e l’eguaglianza dei
citta-dini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, eco-nomica e sociale del Paese”.
Principio già vigorosamente ricordato dal Presidente della Repub-blica Sergio Mattarella in occasione degli ottanta anni del “Manifesto della Razza” dichiarando “Il veleno del razzismo continua a insi-nuarsi nelle fratture della società e in quelle dei popoli: Crea barriere e allarga le divisioni. Compito di ogni civiltà è evitare che si rigeneri”.
(Fonte: Il Messaggero - Quelle leggi razziali del ’38 e il monito di Mattarella - da PRIMO PIANO / B.L. / Giovedì 26 Luglio 2018).
Così pure ribadito, sul tema delle operazioni di soccorso in mare, dal Comandante della Guardia costiera, Giovanni Pettorino“Il giura-mento prestato, da ciascuno di noi, di osservare la Costituzione e le leggi” e “L’impegno di prestare aiuto a chiunque rischi di perdere la propria vita in mare, principio segno e baluardo distintivo di civiltà”.
(Fonte: Famiglia Cristiana – Emergenza migranti / Vade retro Salvini /Annachiara Valle / N. 30 del 29 Luglio 2018).
Eppure continuano a riaffiorare pericolose derive con proposte di rappresentanti di governo miranti a rimettere in discussione fon-damentali conquiste democratiche tra cui la legge 205/1993 dell’ex Ministro dell’Interno Nicola Mancino, che punisce la propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale, etnico o religioso.
(Fonte: Il Messaggero - Lo scontro nel governo - da PRIMO PIANO di Antonio Ca-litri. / Sabato 4 Agosto 2018).
La specie umana dagli antropologi è suddivisa in “grandi razze”
dette anche “razze primarie”.
L’UNESCO nel 1950 ha redatto la “Dichiarazione sulla questio-ne razziale” precisando che la specie umana è rappresentata da tre grandi varietà:
“Mongoloide - Negroide - Caucasoide”
Esse si differenziano per caratteristiche somatiche, etniche, colore della pelle, usanze, credenze, lingue, abitudini, ordinamento politico.
Elemento distintivo riguarda fatti sociali e non biologici come pure, in seno alle stesse varietà, altre particolarità morfologiche.
Nel mondo, dovuto alla mobilità delle popolazioni, può dirsi prevalente l’incidenza della stirpe dei bianchi europei, per l’apporto da essi dato al po-polamento delle due Americhe, Australia, Sud dell’Africa e aree colonizzate.
Il razzismo, questo concetto di assoluta appartenenza discrimi-nante, un giorno sarà sconfitto, l’uomo conoscerà altre informazioni dell’ignoto e imparerà a vivere meglio.
Così avvenne quando fu sconfitto il concetto di assoluta appar-tenenza del feto al padre, sancito dal grande Aristotele, a sostegno dell’unicità dell’ovulo generatore perché posseduto solo dal ma-schio, poi nel 1700 si scoprì l’ovulo femminile e si convenne che il risultato della procreazione era di paritetica appartenenza tra uomo e donna e che di assoluto esiste solo il concetto del diritto alla vita, da tutti parimente conseguita e che nessun’altro riferimento potrà mai discriminarne il valore.
Sul territorio italiano esistono diverse realtà etnografiche tutelate nel rispetto della loro ricchezza culturale, fino dal loro primo essen-ziale e specifico elementorappresentato dalla lingua e senza altre preclusioni di sorte.
Il principio fondamentale è che ognuno di noi è un “Altro”, ognu-no di ognu-noi è un “Valore assoluto”, ognuognu-no di ognu-noi è “Miognu-noranza”, tutti degni di totale reciproco rispetto, perché l’entità umana si materializ-za in un corpo frutto del medesimo sistema biologico di riproduzio-ne, quindi appartenenti pariteticamente allo stesso criterio di vita di cui ognuno è titolare con pari dignità.
Ma nonostante importanti progressi scientifici e di conoscenze diffuse, l’uomo non riesce a liberarsi da proprie fobie, da propri egoismi, per cui compie atrocità inaudite, nella pretesa di fare preva-lere sull’altro una vantata prevalenza del proprio “IO”.
Né la storia, pur testimone di nefandezze, riesce a educare perché l’uomo non tesorizza e non sa superarsi, né usare umiltà, né con-sapevolezza dei propri limiti naturali, né accostarsi al valore della conoscenza, della bellezza della diversità con cui ognuno è chiamato a godere il dono irripetibile di possedere “la vita” su cui mai alcuno potrà vantare facoltà di offendere, negare, sopprimere.