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Ma non bisogna frettolosamente identificare, in questi altri casi, la esigenza di una diretta ed ampia determinazione dei criteri del pre

E SUL SIGNIFICATO DELL’ART. 23 DELLA COSTITUZIONE

20. Ma non bisogna frettolosamente identificare, in questi altri casi, la esigenza di una diretta ed ampia determinazione dei criteri del pre

lievo con la regola della statuizione integrale delle sue modalità di cal­ colo, nella norma di legge.

Neppure per il campo dei tributi propriamente detti il principio di legalità, può essere inteso senz’altro in modo così rigido. Gli esempi del contrario nell’ordinamento finanziario attuale sono assai frequenti. Non si può pensare che si tratti di casi di illegalità. Infatti la loro vastità ed importanza, in relazione con la elasticità del dettato dell’art. 23 auto­ rizza a concepirli come manifestazioni perfettamente consone al princi­ pio di legalità dell’art. 23 della Costituzione. Di fronte ad una in­ terpretazione controversa di una norma costituzionale, si può pensare che il legislatore la violi per proprio difetto di impostazione o proprio arbitrio. Ma quando le leggi in questione abbracciano materie molto vaste e fondamentali, la loro stessa esistenza comporta la posizione, nell’ordinamento giuridico, di un certo principio, che serve per interpre­ tare la norma costituzionale controversa. Questa tesi ci sembra difficil­ mente contrastabile soprattutto quando le importanti leggi in que­ stione, che secondo una certa interpretazione eccessivamente rigida ed unilaterale del precetto costituzionale potrebbero apparire illegali, sono in realtà dettate da chiare esigenze di logica giuridica e di funzionalità, rispetto a scopi importanti dell’ordinamento vigente.

Siffatto discorso astratto acquista evidenza considerando l’applica­ zione del criterio di legalità dei tributi, alla materia delle finanze locali.

È noto che molti tributi locali, non sono interamente determinati nella loro qualità e nel loro ammontare, dalla legge dello stato; ma

che, al contrario, ampi elementi sono lasciati al riguardo alla decisione dell’ente locale medesimo, nell’esercizio del suo potere regolamentare. La ragione di ciò è del pari nota. Gli enti locali sono dotati di potestà tributaria, sia pure forse non di potestà originaria come lo stato (e for­ se la Eegione) ma semplicemente derivata (14). Ora, l’esercizio della po­ testà tributaria, anche derivata, comporta la effettuazione di certe de­ terminazioni dei caratteri dei tributi da prelevare (15). Se tutto il pre­ lievo fosse completamente disciplinato dalla legge dello stato, non si potrebbe parlare di potestà tributaria dell’ente locale. Esso sarebbe non già un soggetto che preleva tributi ma solo un mero soggetto attivo di rapporti tributari (16).

(14) Su autonomia ed autarchia, cfr. Zanobini, Caratteri particolari del­

l’autonomia, Studi per Ranelletti, Cedam, 1931, voi. Il, e Diritto amministra­ tivo, Parte 1, cap. I e l i e P. I li, cap. I ; M. S. Gia n n in i, Autonomia, Rivista

trimestrale di diritto pubblico, 1951, 851 ss. Sul tema della potestà tributaria degli enti locali, in relazione con il principio di legalità del tributo, cfr. spe­

cialmente Ingrosso, Contenuto e limiti del potere tributario degli enti locali,

RiV. Amm. Repubblica Ital., 1948, 401 ss.; M. S. Gia n n in i, Sulle autorizzazioni

a istituire tributi, in questa Rivista, 1950, II, 249 ss. spec. 252; Moffa, La potestà tributaria dello stato e degli enti minori di diritto pubblico, Diritto e Prat.

Trib., 1931, 11 ss.; Zin g a l i, Diritto tributario della Regione Siciliana, Giuffrè,

1953, spec. cap. II, Vanoni cit. a nota (15); A. Be r l ib i, Principi di diritto tri­ butario, voi. I, Giuffrè, 1952, p. 49 ss., 110 ss.

(15) Di particolare interesse è, a questo proposito, l ’impostazione del Vanoni, che si ricollega al suo pensiero riguardo all’esercizio della potestà tri­ butaria (cfr. nota 8). Questo A. (Elementi, parte I, cap. V), comincia con l ’os­ servare che nei riguardi della potestà normativa degli enti pubblici minori in materia di tributi, si fanno sentire due esigenze : da un lato la necessità che ogni ente pubblico sia fornito dei mezzi economici necessari alla propria at­ tività e per questo l ’ente è titolare di una potestà tributaria (beninteso nelle ipotesi delineate dal Vanoni : cfr. nota 8) dall’altro lato il principio costitu­ zionale che solo le camere e il re possono imporre tributi. Ma — soggiunge il Vanoni — questo principio costituzionale va inteso in modo molto elastico, perchè la pretesa di prelevare tributi appartiene per sua natura a tutti gli enti che esplicano attività pubblica, in conseguenza dell’attività prestata, salvo il riconoscimento dell’ordinamento giuridico statuale per quanto riguarda la trasformazione della pretesa in diritto tutelato dall’ordinamento giuridico esclusivo dello stato. La pretesa tributaria degli enti minori viene riconosciuta in modo diretto, attraverso l ’emanazione di leggi che tutelano la pretesa, o in modo indiretto attraverso il riconoscimento di un potere normativo degli enti minori a tutela della pretesa del tributo : in quest» riconoscimento, dice il Vanoni, è insita la garanzia di costituzionalità dell’esercizio del diritto al tri­ buto degli enti diversi dallo stato.

Secondo il pensiero di questo A. cioè, il criterio di legalità tributaria va ricondotto al criterio di legalità dell’esercizio di potestà tributaria in senso giuridico, di enti pubblici che ne siano, per loro natura, fornti. Nell’ordina­ mento corporativo vi era maggior ampiezza per questo riconoscimento, anche giuridico, di enti pubblici che ne siano, per loro natura, forniti. Nell’ordina- ordinamento, l ’art. 23 impone dì considerare che vi sia riconoscimento di po­ testà tributaria soltanto laddove esista un esplicito riconoscimento di legge. Resta comunque confermato attraverso queste ipotesi, la « elasticità » della re­ gola di legalità delì’art. 23.

(16) Il Vanoni insiste molto sulla distinzione, che è per noi particolar­

mente interessante (e che opportunamente è ripresa ampiamente dal Ber l ib i,

Principi cit. a nota (14) p. 110 ss.) fra soggetto attivo della potestà tribu­ taria e soggetto attivo della obbligazione del tributo. Egli al riguardo scrive:

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Un ente che lia la potestà tributaria, sia pure derivata, non può non avere potestà normativa in campo tributano, sia pure entro certi precisi conimi segnati dalla legge, invero, mancando di questa potestà normativa, l’ente pubblico non può lare altro che amministrare i tri­ buti, die lo stato gli assegna, già completi in ogni loro elemento. Di­ scende dunque dai latto meuesimo cue il potere di imposizione, nell’or­ dinamento giuridico italiano, è stato riconosciuto ad enti pubblici terri­ toriali diversi nano stato (non e qui il caso di adrontare la delicata questione se si tratti di potere autonomo come per il Vanoni, o derivato e se il potere tributario autonomo compeLa soio alia Kegione, m quanto emana vere leggi), vaie a dire ai comuni ed alle provincie (cne lo eser­ citano coi loro regolamenti) sin da quando esiste io stato italiano, il principio cne le prestazioni patrimoniali coattive possano essere disci­ plinate, in parte da norme diverse dalla legge, aliene se il loro fonda­ mento deve trovarsi sempre nella legge, ai sensi dell’articolo 23 delia Costituzione.

C espresoione « in base alla legge » dell’art. 23 della Costituzione, va dunque interpretata in senso ampio, intendendo cne il fondamento del

« Soggetto attivo dell’obbligazione tributaria è l ’ente pubblico nei cui rap­ porti i ouoligo sorge, e cne na una pretesa, tutelata uai diruto, ad ottenere 1 aueiup,mcnto ». iNon sempre — aggiunge il vammi — u soggetto attivo dei- l ooongo tributario si iuentiliea con il soggetto attivo della potestà, in conse­ guenza ueiia tinaie l'esercizio uell oboilgazmne sorge, ed e tutelato uaiia regge. « i^uanuo i ente pubblico uelcgm au auro ente puobiico il compito ui eserci­ tare xunzioni cne sono proprie dell ente delegante e gii assicuri nei contempo i mezzi per tate esercizio, attraverso la delegazione uen amminisu azione ui fonti ui entrate, cne appartengono alien te delegante, len te puuoimcq ueie- gato si trova ad essere soggetto attivo di obbligazioni tributarie determinate nuli esercizio ueiia potestà oi imposizione propria ueii’ente ueiegume. ru ai- tri casi, per semplicità amministrativa, un ente soio preleva i imposta dovuta a piu enti da una stessa persona, per io stesso latto, salvo il riparto uei get­ tito ueii imposta ira 1 uiversi enti interessati. Adora solo 1 ente cne preieva 1 imposta ngura come soggetto ueii obodgazione, nei conironto uei singoli, seouene la particolare obbligazione discenda dall esercizio ueiia potestà nscaie uei diversi enti, d a ngura nei soggetto attivo ned oooiigazione tributaria e in certo senso piu concreta ueda ngura dei soggetto attivo ueda potestà tribu­ taria : essa si ìuentinca con l ’ente ai quaie n uiritto obbiettivo riconosce ja pretesa ui ottenere 1 adempimento di una prestazione, sia cne tate pretesa uiscenua uad esercizio ui un potere cne gii e proprio, sia cne uerivr uana de­ lega ui un potere cne appartiene ad altro ente ».

Un caso caratteristico — inumato opportunamente dal Berliri — di se­

parazione ira soggetto attivo ui potestà tributaria e soggetto attivo d e li’oDon-

gazione tributaria è quello delia « imposta sui reuuiti provenienti da ogni torma di attività commerciale o industriale, comprese le attività agricole sog­ gette ad imposta ui riccnezza mooue » cne 1 art. 52 del K.D. 20 settembre lym, il. 2011 consente Ui introdurre a favore delle Camere di Commercio tal- lora Consigli provinciali nell economia corporativa). L introuuziune ueiia « im­ posta » (cosi eniamata dada leggej non compete alle Camere di Commercio, ma al Ministero ued'lnuustria (un tempo uede corporazioni) di concerto con quello delie Finanze, con Decreto dei Capo dello Stato (.Decreto tveale), deter­ minando i renditi esenti e l’aliquota minima e massima e al Ministero dei! In­ dustria annualmente, stabilendo l ’aliquota ebe ciascuna Camera è autorizzata ad esigere.

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prelievo, ma non ogni suo elemento, debba trovarsi nella legge. Una di­ versa interpretazione renderebbe incompatibile l’art. 23 con il principio di autonomia delle finanze locali, sicuramente stabilito dal nostro ordi­ namento e sarebbe pertanto in contrasto con le regole comuni dell’inter­ pretazione sistematica.

21. Ci sembra il caso di insistere — ai fini di una retta impostazione