RASSEGNA DI PUBBLICAZIONI RECENTI
— 331 Finanze locali
1. Con la pronuncia in rassegna la Commissione Centrale risolve ancora una volta una questione che in passato ha dato luogo a deci
sioni spesso contrastanti, questione che prende origine dalla interpre tazione ed applicazione dell’art. 15 del R.D.L. 20 settembre 1920, nu mero 1043, che al primo comma stabilisce: «Sono dichiarati esenti dal l’imposta di ricchezza mobile i sussidi, concorsi e contributi pagati dallo Stato, dalle provincie, dai comuni, e da altri enti pubblici, per fini di pubblico interesse, sia ad enti che a privati individui».
La norma in esame viene illustrata nella circolare ministeriale nu mero 106SO del 7 ottobre 1926, la quale prende le mosse dall’art. 3 del R.D. 16 dicembre 1922, n. 1660, che dichiarava soggetti all’imposta per ritenuta diretta le somme corrisposte dallo Stato ad enti o privati a titolo di sussidi, concorsi o contributi. Si afferma nella citata circolare che, in conseguenza dell’art. 15 del R.D.L.' 20 settembre 1926, n. 1643, «debbono essere esonerati dall’applicazione d<U’imposta per ruolo o per ritenuta diretta tutti i sussidi e contributi pagati dallo Stato o da altri enti pubblici, sia che essi abbiano carattere di elargizione spon tanea o facoltativa, e tanto se la concessione sia accompagnata da oneri precisi e determinati a carico degli assegnatari, quanto se sia fatta ge- 14 14. Riv. dir. fin. - II - 1956.
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A formare il reddito netto concorre la posta attiva « contributo a credito alberghiero ».
Col ricorso in questa sede la Società deduce, come nei precedenti gradi di giurisdizione, la intassabilità del contributo ai sensi dell’art. 15 del R.D.
nericamente per agevolare l’assegnatario stesso nel conseguimento de gli scopi di suo istituto ».
2. Nel fare applicazione della norma, la Commissione Centrale a Sezioni Unite, con decisione n. 31936 del 16 dicembre 1931, affermò che la esenzione va intesa nel senso che le sovvenzioni non sono soggette alla ritenuta che altrimenti le colpirebbe, e non già nel senso che le sovvenzioni stesse possano essere avulse dal computo degli introiti del l’esercizio agli effetti della determinazione del reddito tassabile (1). Que sto principio è confermato da una successiva decisione della stessa Com missione Centrale del 14 febbraio 1933, n. 46870, nella quale si afferma che i sussidi corrisposti da una provincia per l’esercizio di una fer rovia non sono tassabili al nome della provincia salvo rivalsa, perchè per l’esercente della ferrovia non rappresentano un reddito netto, ma un introito che concorre con tutte le altre entrate a formare l’attivo della gestione (2).
Ma con pronuncie di poco tempo successive la Commissione Cen trale sembrò mutare orientamento: ed infatti, con decisione 7 novem bre 1934, n. 68120, emessa a sezioni unite, essa affermò che le sovven zioni che lo Stato corrisponde per la costruzione di impianti idroelet trici sono esenti dall’imposta di ricchezza mobile e debbono pertanto essere escluse dal computo del reddito tassabile a carico della società proprietaria degli impianti, non avendo rilievo il fatto che questa ab bia registrato le dette sovvenzioni nel conto profitti e perdite (3); e con le decisioni, emesse pure a sezioni unite, del 12 dicembre 1934, n. 69909, e del 27 febbraio 1935, n. 72945, affermò che l’esenzione compete sia alle sovvenzioni corrisposte per la costruzione degli impianti idroelettrici sia alle sovvenzioni destinate ad alleviare le spese di esercizio (4).
Nel senso della incondizionata esenzione dei sussidi e delle sovven zioni si pronunziò anche la Corte di Cassazione nella sentenza, emessa dalla prima sezione, 18 luglio 1935 in causa Soc. Naz. Ferrovie e Tran vie c. Finanza, confermata dalla successiva sentenza a sezioni unite del 12 luglio 1937 emessa tra le stesse parti (5).
(1) Giur. imp. dir., 1932, n. 63. (2) Giur. imp. dir., 1933, n. 90. (3) Giur. imp. dir., 1935, n. 32. (4) Giur. imp. dir., 1935, n. 92.
(5) Giur. imp. dir., 1935, n. 131 e Giust. Trih.. 1938, pag. 201. Nella prima delle due sentenze sopra citate si legge :
« Si desume, inoltre, dalla chiara dizione dell’art. 15 del r.d.l. n. 1643 del 1926, che tutte le sovvenzioni godono della esenzione dell’imposta e non delia ritenuta dell’imposta, la quale, per se stessa, non avrebbe senso, come obietto di una speciale statuizione legislativa di esenzione ; la godono quale
L. 20 settembre 1926, n. 1643, « in quanto concesso nel pubblico interesse dello Stato che mirava a salvare da un pericoloso dissesto uno dei più grandi al berghi di Roma; e ciò, aggiunge la ricorrente, risponde indubbiamente ad un fine di pubblico interesse.
3. Al fine evidente di eliminare le perplessità manifestatesi nella giurisprudenza, con l’art. 21 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, si sta bilì che:
« La esenzione dalla imposta di ricchezza mobile concessa dal primo comma dell’art. lo del R.D.L. 20 settembre 1926, n. 1643, convertito nella legge 2 giugno 1927, n. 833, ai sussidi, concorsi e contributi, largiti per fini di pubblico interesse dallo Stato, dalle provincie, dai comuni e da al tri enti pubblici a favore di enti o privati individui, non esclude che, se dette erogazioni rappresentino un concorso nelle spese di produ zione ed altre passività deducibili, debbano essere comprese fra i ce spiti attivi ai fini della determinazione del reddito annuale tassabile ». I motivi e lo scopo del citato articolo 21 sono così posti in rilievo nella relazione ministeriale alla Camera per la conversione in legge del R.D.L. 24 ottobre 1935, n. 1887:
« L’art. 21 costituisce essenzialmente una interpretazione autentica dell’art. 15 del R.D.L. 20 settembre 1927, n. 1643, secondo il quale sono dichiarati esenti dall’imposta di ricchezza mobile i sussidi, concorsi e contributi largiti per fini di pubblico interesse ad enti od a privati dallo Stato, dalle provincie, dai comuni e da altri enti pubblici.
«Ad evitare che tale beneficio andasse al di là dei limiti dell’equo, l’art. 21 ha stabilito che esso importa soltanto l’esonero dall’imposta di ricchezza mobile per ritenuta diretta, quando il pagamento è
ese-che sia l ’ente concedente ed in qualunque modo dovrebbero scontare l ’impo sta qualora non fossero esentate.
« Se 1 esenzione ò legislativamente dichiarata, non può farsi questione di modalità del pagamento per ammetterla o escluderla. Esonerare per ritenuta e tassare per ruolo nominativo significherebbe fare pagare l ’imposta quando non è dovuta; confiscare un beneficio col metodo di esigere l ’imposta non do vuta, a mezzo di un diverso modo di riscossione.
« E decisiva anche la ratio legis espressa nel testo legislativo del 1926 ; l ’esenzione è giustificata da finalità di pubblico interesse. Apparirebbe assolu tamente sproporzionata la causa del privilegio in relazione all’unico modestis simo risultato pratico dell’esonero del pagamento per ritenuta.
« Che, nella specie, le sovvenzioni alla società ricorrente siano state fatte per scopi di pubblico interesse da niuno viene contestato.
« Ed è inutile la distinzione tra sussidi di costruzione o di esercizio, secondo gli artt. 35 e segg. T.U. 9 maggio 1912, n. 1447, pur potendosi dagli atti desu mere elementi positivi che nella specie si tra tti di sovvenzioni di costruzione. Nell’un caso e nell’altro la ragione dell’esenzione -assiste, perchè anche i sus sidi di esercizio vengono concessi per fini di pubblico interesse. Lo Stato e gli altri enti possono intervenire per concorrere nelle spese di costituzione dell’im presa dandole un aiuto finanziario nel momento difficile e costoso dell’im pianto, oppure per prestare un concorso di mezzi per l ’esercizio, specie quando esso sia presunto passivo. L’art. 15 del citato r.d.l. n. 1643 del 1926 non distin gue circa la natura dei sussidi, ma pone una sola condizione per l ’esenzione : il pubblico interesse ».
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Chiede di essere sentita.
Resiste l ’Ufflcio, il quale osserva trattarsi di un contributo annuale dato come concorso nelle spese di produzione che deve costituire un elemento del reddito lordo ai sensi dell’art. 21 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, conclu dendo per il rigetto del ricorso.
güito dallo Stato, o per rivalsa, quando il pagamento è eseguito da al tri enti pubblici, ma non esclude che allorquando il sussidio o il con tributo rappresenta un concorso alle spese di produzione o ad altre passività detraibili, esso debba essere compreso tra i cespiti attivi del l ’azienda agli effetti della determinazione del reddito netto tassabile in categoria B ».
E nelle istruzioni ministeriali 28 giugno 1937, n. 6200 la norma in esame è così illustrata:
« L’art. 21 mira ad impedire che certi determinati redditi, ai quali le vigenti disposizioni hanno voluto assicurare un equo trattamento fi scale, finiscano con il beneficiare di un privilegio che va al di là del giusto.
« L’art. 15 del E.D.L. 20 settembre 1926, n. 1643, ha dichiarato esenti dall’imposta di ricchezza mobile i sussidi, i concorsi, i contributi pagati ad enti od a privati, per fini di pubblico interesse, dallo Stato, dalle Provincie, dai comuni e da altri enti pubblici.
« Al riguardo si è voluto in via autentica ben chiarire — contro le pretese degli interessati e contro le oscillanti pronuncie giurispruden ziali — che tale esenzione riguarda soltanto l’imposta da applicarsi per ritenuta, quando il sussidio, concorso o contributo è pagato dallo Stato, e per rivalsa, quando il reddito è pagato dalle provincie, dai comuni e da altri enti pubblici, ma che esso deve considerarsi come uno dei ce spiti attivi per la determinazione del reddito netto di categoria B, tas sabile a carico di chi ha incassato il contributo, nell’atto in cui questo è incassato ».
La Commissione Centrale delle Imposte, con decisione n. 101309 del 9 giugno 1937, affermò il carattere interpretativo dell’art. 21 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, rispetto all’art. 15 del R.D.L. 20 settembre 1926, n. 1643, e conseguentemente la sua applicabilità anche ai contributi ed alle sovvenzioni corrisposte anteriormente all’entrata in vigore della norma (6).
L’art. 21 della legge 8 giugno 1936 n. 1231, non eliminò però le per plessità della giurisprudenza, tanto è vero che la Commissione Centrale, con decisione 26 marzo 1942, n. 53346, affermò che le somme annual mente riscosse in conto sovvenzioni hanno carattere di capitale e non di reddito e non vanno quindi incluse nell’accertamento, quale che sia il risultato dell’esercizio (7); però, poco tempo dopo, la Commissione Centrale si orientò in senso opposto, affermando, nella decisione nu mero 77225, del 25 giugno 1945, emessa a sezioni unite, che i contributi
(6) GUir. imp. dir., 1938, n. 23. (7) Giur. imp. dir., 1943, n. 41.
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Ritenuto che la domanda di audizione personale va disattesa non ravvi sandone la necessità nè ricorrendo l ’ipotesi dell’art. 50 della legge d’imposta, il Collegio considera che con l ’art. 15 del R.D.L. 20 settembre 1926, n. 1643, vennero dichiarati esenti dall’imposta di R.M. i sussidi, concorsi e contributi
pagati dallo Stato per far fronte alle spese di esercizio sono tassabili se, includendoli tra gli introiti lordi, ne risulti un saldo netto di bi lancio (8).
Nella decisione in rassegna la questione viene risolta secondo il più recente orientamento giurisprudenziale e facendo leva sull’art. 21 della legge 8 giugno 1936 n. 1231 : in essa, dopo essersi accertato che i contributi statali erano stati corrisposti quale concorso alle spese di produzione, si afferma che l’esenzione riguarda soltanto la imposta da applicarsi per ri tenuta e non già l’imposta dovuta sull’utile netto di bilancio al quale con corre, quale posta attiva, il contributo statale; afferma anche la Com missione Centrale che se questo è stato devoluto al pagamento di de biti, ciò non comporta il mutamento della sua natura e la sua esclu sione dagli elementi attivi che concorrono alla formazione dell’utile di bilancio tassabile.
4. Come si desume chiaramente dai precedenti richiamati, la esen zione disposta dall’art. 15 del E.D.L. 20 settembre 1926, n. 1643, ha posto in discussione due distinte questioni: 1) quella dei limiti della esenzione in rapporto ai due momenti diversi in cui le sovvenzioni ven gono considerate (erogazione da parte dell’ente pubblico, inclusione nel patrimonio del concessionario quali elementi concorrenti alla forma zione del reddito di esercizio) ed al sistema di riscossione dell’imposta (per ritenuta all’origine, per ruoli nominativi a carico del percipiente); 2) quella dei limiti della esenzione, in rapporto alla destinazione dei contributi stessi (per far fronte alle spese di esercizio o per fronteg giare le spese di impianto (9).
(8) Nella decisione citata si legge questa motivazione:
« Stabilito, come innanzi si è detto, che i contributi straordinari hanno la stessa finalità e la stessa natura dei contributi ordinari, essi, per se stessi presi, non costituiscono nè una attività, nè una passività. Per se stessi non sono nè un capitale nè un reddito. Essi non sono esattamente che una somma di denaro, un contributo o sovvenzione per l ’esercizio della ferrovia, data la passività della sua gestione. I contributi non sono per sè stessi tassati, ma è tassato solo il risultato finale del bilancio, in esso inclusi, come stabilisce la legge, i contributi, Se, tenuto conto all’attivo dei contributi, e al passivo delle spese deducibili, vi è un reddito annuale di bilancio, questo è tassabile e non potrebbe essere altrimenti (GHur. imp. dir., 1946, col. 135).
(9) Nel considerare le questioni in esame si prescinde dalla questione pregiudiziale se le sovvenzioni, i contributi, i sussidi, di cui si discute possano essere considerati reddito di ricchezza mobile : la discussione di tale questione ci porterebbe troppo lontano e quindi si dà per ammesso che le sovvenzioni, i contributi, i sussidi abbiano carattere di reddito per i percipienti, benché su questo punto possano essere sollevate obiezioni.
Sul concetto di reddito di ricchezza mobile si veda il mio libro « Il red dito », Milano, 1953, Occorre peraltro osservare che la recente legge 5 gennaio
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pagati dallo Stato ai Ani di pubblico interesse, sia ad enti che a privati in dividui.
Con l ’art. 21 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, venne però, stabilito che 'l’esenzione dall’imposta di K.M. concessa dall’art. 15 del R.D.L. 20 settembre
La prima questione non sembra che trovi fondamento nelle dispo sizioni legislative richiamate che regolano la materia. Infatti, l ’art. 15 del E.D.L. 20 settembre 1926, n. 1643, dispone la esenzione dei contri buti in via generale senza distinguere il momento della loro erogazione dal momento in cui essi entrano nel patrimonio del concessionario e si fondono con gli elementi attivi e passivi del patrimonio stesso espressi nel bilancio; e tanto meno il citato art. 15 pone in evidenza la distin zione tra imposta riscuotibile per ritenuta ed imposta riscuotibile per ruoli.
Anzi, come si è visto, la circolare n. 10680 del 7 ottobre 1926 dice espressamente che devono essere esonerati dall’applicazione dell’impo sta per ruolo o per ritenuta diretta tutti i sussidi e contributi pagati dallo Stato e da altri enti pubblici.
Per rendersi conto della erroneità della distinzione, bisogna col locare esattamente la norma fra le disposizioni generali che regolano l’applicazione della imposta di ricchezza mobile per ritenuta diretta o per ruoli nominativi.
Il Testo Unico 24 agosto 1877, n. 4021, distingue preliminarmente i redditi di B.M. in due categorie fondamentali e tale distinzione spiega i suoi effetti sia sulla determinazione dell’imponibile, come sul sistema di accertamento e riscossione dell’imposta: da una parte vengono con siderati i redditi certi ed in .somma definita, dall’altra i redditi varia bili ed eventuali derivanti dall’esercizio di qualsiasi professione, indu stria o commercio (art. 8 T.U. cit.).
A norma dell’art. 11 del T.U. citato, l’imposta si riscuote per rite nuta diretta operata dallo Stato: a) sugli stipendi, pensioni ed altri assegni fissi personali pagati dalle casse dello Stato; b) sui redditi dei titoli del debito pubblico, sulle vincite al lotto, sui premi dei prestiti emessi dallo Stato, sulle annualità e sugli interessi pagati dallo Stato o per conto dello Stato (salve le eccezioni successivamente disposte). Il successivo art. 12 dispone che l’imposta si riscuote mediante ruoli nominativi (a nome del percipiente od a nome di chi effettua il paga mento) per tutti gli altri redditi diversi da quelli indicati.
Quindi, secondo il sistema della legge fondamentale, la ritenuta di- . ;■ retta è applicabile ai redditi certi ed in somma definitiva pagati dallo “A, Stato o per conto dello Stato, che vengono assoggettati ad imposta per il loro intero ammontare, senza detrazione alcuna (redditi di puro
capi-1956, n. 1 (artt. 20-21) ha notevolmente ampliato il concetto di reddito di ric chezza mobile : su questo argomento vedasi il mio scritto « Riflessioni sulla evoluzione legislativa del concetto di reddito di R.M, », in Giustizia Tributaria, 1955, pp. 113 e segg.
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1926, n. 1643, non esclude che se dette erogazioni rappresentino un concorso nelle spese di produzione ed altre passività deducibili, debbono essere comprese fra i cespiti attivi ai fini della determinazione del reddito annuale tassabile. Ed il Ministero con le sue istruzioni a stampa del 28 giugno 1937, n. 6200,
tale e redditi di puro lavoro non dipendenti da esercizio di libere pro fessioni). Ed infatti, facendo applicazione di questi principi, la Com missione Centrale, con decisione 14 febbraio 1933, n. 46870, affermò esat tamente che i sussidi corrisposti da una provincia per l’esercizio di una ferrovia non sono tassabili al nome della provincia salvo rivalsa, per ché per l ’esercente della ferrovia non rappresentano un reddito netto, ma un introito che concorre, con tutte le altre entrate, a formare l ’at tivo della gestione (10).
Se i contributi, com’è evidente, hanno attinenza con l’esercizio del l ’attività industriale del soggetto a favore del quale vengono erogati, essi non possono essere considerati avulsi da tutti gli altri elementi patrimoniali destinati all’esercizio dell’industria e quindi non possono essere considerati reddito netto tassabile per ritenuta diretta.
È evidente che se queste premesse sono esatte l’esenzione disposta con l’art. 15 del E.D.L. 20 settembre 1926, n. 1643, non avrebbe pos sibilità di pratica applicazione, accedendo all’opinione espressa dal mi nistero delle finanze e da buona parte della giurisprudenza.
Si ammetta ora che, in contrasto con i principi fissati nella legge organica, l ’art. 3 del E.D. 16 dicembre 1922, n. 1660, imponesse l’appli cazione dell’imposta per ritenuta diretta alle sovvenzioni dello Stato di cui si discute, mentre invece tali sovvenzioni, se incluse tra le poste del bilancio, avrebbero dovuto scontare l’imposta per ruoli nominativi quali elementi concorrenti alla formazione dell’utile di esercizio; pur ammettendo la tassabilità per ritenuta diretta e quindi per l’integrale ammontare di tali sovvenzioni, è evidente che, per il principio fissato nell’art. 8, terzo comma (n. 2), del T.IT. 24 agosto 1877, n. 4021, le sov venzioni stesse, una volta entrate nel patrimonio del beneficiario non potevano più essere considerate come elementi attivi concorrenti alla formazione dell’utile tassabile di esercizio senza dar luogo ad una pa lese duplicazione. Ne consegue che, se per l ’art. 3 del E.D. 16 dicembre 1922, n. 1660 le sovvenzioni di cui si discute erano assoggettate all’im posta di B.M. per ritenuta diretta, l’esenzione disposta con l ’art. 15 del E.D.L. 20 settembre 1926, n. 1643, non poteva evidentemente avere la sola funzione e lo scopo di trasformare la imposizione per ritenuta di retta in imposizione per ruoli nominativi a carico del percipiente, senza rendere inoperante la norma stessa, come esattamente ebbe ad osser vare la Corte di Cassazione con la citata sentenza del 18 luglio 1935. L’art. 15 citato dichiara esenti dall’imposta i sussidi, concorsi e contributi; il che vuol dire che queste entrate sono esonerate dall’im posta e non già che ad esse è applicabile un sistema di riscossione e non un altro.
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relative all’applicazione della legge, le quali hanno carattere normativo, ha precisato al riguardo che si è voluto in via autentica ben chiarire che tale esenzione riguarda soltanto la imposta da applicarsi per ritenuta, quando il sussidio, concorso o contributo è pagato dallo Stato ed ha aggiunto che la di sposizione ha carattere interpretativo.
In sostanza, il dilemma si pone in questi termini: 1) o si ritiene che al momento dell’emanazione del R.D.L. 20 settembre 1926, n. 1643, le sovvenzioni di cui si discute erano tassabili per ritenuta diretta al l’atto della loro erogazione, quali entrate avulse dal complesso degli introiti della società beneficiaria, ed il R.D.L. citato non poteva consi derarsi modificativo del sistema d’imposizione, perché la esenzione dalla ritenuta diretta non poteva avere la funzione di rendere tassabili le sovvenzioni quali elementi costitutivi del risultato finale del bilancio; 2) o si ritiene che al momento della emanazione del R.D.L. citato le sov venzioni dovevano essere tassate per ruoli nominativi a carico del per- cipiente, includendole fra gli altri introiti lordi, e l ’esenzione disposta con l’art. 15 del R.D.L. 20 settembbre 1926, n. 1643, non poteva avere altro significato se non quello della esclusione delle sovvenzioni dagli elementi attivi concorrenti alla formazione dell’utile di eserc'zio.
Le considerazioni che precedono ci inducono a ritenere che l’art. 21 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, nonostante le affermazioni contenute nella relazione e nella circolare ministeriale nonché negli atti parla mentari, abbia carattere innovativo e non interpretativo, e che la di stinzione tra imposizione per ritenuta diretta e imposizione per ruoli nominativi non abbia fondamento ai fini dell’esenzione.
E sembra davvero strano che, nonostante la non equivoca dizione dell’art. 15 del R.D.L. 20 settembre 1926. n. 1643. e l ’autorevole giuri sprudenza formatasi sull’articolo stesso. l’Amministrazione finanziaria sia riuscita a dare valore di interpretazione autentica ad una norma che in effetti ha carattere innovativo, perchè svuota di contenuto l ’esen