473 BOERIO, ‘basso ministro de’ tribunali…al qale incombeva intimare gli atti giudiziari e pubblicare gli
editti”. Su queste forme di comunciazione pubblica, cfr. ora Filippo De Vivo, Information and Communication in Venice. Rethinking Early Modern Politics, Oxford - New York 2007.
474 Nel ms. 1572
475 La sua cattura è riferita anche nel II libro della Istoria del Paruta, in Benzoni-Zanato cit. , p. 49. 476 Carlo IX.
477 Marco Querini, di Lauro, già capitano del Golfo, subentrato a Giacomo Celsi come provveditore dell’armata. Cfr. Tiziano Zanato, cfr. P. Paruta, in Benzoni-Zanato cit., p. 45 e nt. 2.
478 Su Antonio da Canal, di, Girolamo, capitano del Golfo, 1562, Provveditore del Golfo 1566, Provveditore dell’Armata 1570-73. Cfr. F. Fasolo, Canal, Antonio da, di Girolamo, in: Dizionario biografico degli Italiani, vol. XVII; Roma 1974, pp. 634-637: capitano del Golfo 1562, Provveditore del Golfo 1566, Provveditore dell’Armata 1570
479 Nel ms. 1572.
480 Più ricco di particolari il Paruta in Benzoni-Zanato, p. 66.
481 CORTELAZZO ‘lungo la costa’ (ma gli esempi sembrano indicare piuttosto navigazione d’alto mare).
cinquanta galee, et sei galeazze aspettando don Giovanni482 che non venne se non gl’ultimi d’agosto e brevem(en)te le forze della lega non furono tutte addunatte che alli 2 sett(emb)re nel qual giorno Querini e Canale comparvero con sessantadoi galee dette di sopra secondo l’ordine impostoli.
Ma l’Armata turchesca essendosi posta all’ordine in numero e qualità tremenda havendo comissione di far i maggior danni a luochi del Dominio che potesse entrò a XV di giugno 1571483 nel porto della Suda484, et sbarcata molta gente abbruggiò le ville, et i casali circonvicini, et tutte le case di quel belissimo piano ch’arriva sin alla città della Canea, tagliando gli olivetti e le vigne non essendo molestati né rebutati se non da soldati corsi, che quel medesmo giorno erano con nave gionti in quella città, quali immediate uscirono alla scaramuccia; ma essendo venuto uno che diede nova al bassà, che la città di Rettimo per tema della sua potente armata era statta abbandonata da Rettori, soldati, et habitanti il qual si dice esser stato prete capelano d’una di quelle galee, che si ritrovava in quel Regno, subito detto Bassà dette ordine che l’Usciali485
vi andasse con grossa banda d’Armata il quale a XX del detto mese sbarcò in quel infelice città a torto da suoi abbandonata, et con poca ragione, e discorso fu //
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sachegiatta e doppoi posto fuoco nelle più belle parti, et importanti, che vi fossero, cioè nel castello dov’erano le stancie de Rettori e de sig(no)ri principali et ne quei beliss(im)i palaggi alla marina per quali non dovea invidiar città di Levante, e forsi comparirk con molte d’Italia, et per li molti comodi belezza di sito, et abbondanza di tutte cose, che possono illustrar una città infine si chiamava giardino e delitie di quel Regno. Durò l’incendio più giorni, et rese infelice spettacolo a suoi cittadini che dispersi ne monti piangevano la rovina della cara patria486. Sbandaronsi nel paese anco i turchi e fecero molti dani e pregioni partitasi poi l’Armata di Candia e venuta a Cerigo anco in quell’isola fece quei maggior danni che poté senza tentar la fortezza e capitata al Zante, abbrugiò e rovinò i borghi, et cossì alla Cefalonia487, et intorno a Corfù presero due nostre galee cioè Michiel Barbarigo e Pietro Bertolucci da Zara488, le quali non sapendo che il nostro Gen(er)ale fosse andato a Messina venivano di Schiavonia, et credendo fosse la nostra diede in l’armata nemica m’acciò che la fortuna compiutamente godesse de nostri mali espugnarono dui nostre navi Moceniga e Lezze, che cariche di fanterie, monitioni, e vittovaglie, andavano a Corfù
482 Molino non descrive la figura di don Giovanni d’Austria, che pure colpì i contemporanei. Si veda il bel ritratto di Paruta nel II libro (ed. Benzoni-Zanato, p. 79).
483 Nel ms. 1572
484 Paruta, II libro, ed. Benzoni-Zanato, p. 57.
485 Più comunemente, nelle fonti venete, Occhiali: cioè Uludj ‘Alī Pasha, beglerbeg di Algeri. 486 Così, ma con minor pathos, il Paruta, II libro, ed. Benzoni-Zanato, pp. 58-59.
487 Ivi, p. 59.
et andatti a Soppoto489 con un fiero assalto il presero restando pregione Manoli Murmori capitano di gran valore, che fu condotto a Costantinopoli e posto in Torre di Mar Negro. Scese l’armata poi a Dulcigno490 la qual terra era assediata già qualche giorno inanti dall’essercito turchesco e si diffensava gagliardam(en)te da Hier(ola)mo Veniero conte dal s(igno)r Sarra Martinengo491, valoroso capitano, al gionger del qualel mandarono conoscendo non potersi tenere ad arrendersi al Bassa da mare salva la vitta, et la robba a paesani, et l’armi a soldatti e capitani accettò l’offerta il Bassà, ma non fu osservato nulla, perché da i Capi in fuori tutti gl’altri furono posti alla cattena, et la terra rovinata et i paesani saccheggiati. Partitasi l’Armata, et venutta sotto Antivari terra forte e da tenersi qualche giorno, subito fu resa da Alless(andr)o Donato conte di essa certo vigliacam(en)te salva la città e la robba così de cittadini come de soldati, il qual poi, per tal eccesso, come ribelle fu bandito dal Cons(igli)o di X492 et poi venuta a Budua, ch’era stata abbandonatta di comissione del Prov(edito)re di Cattaro l’incendiò, et rovinò e gionta a Castel Nuovo in Bocca di Cattaro si diede a spalmar le galee, et racconciar l’Armata nel qual tempo l’Ucchiali non volendo star in otio tolte molte galee, et galeotte scorse //
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più avanti, et andatto sotto Curzola trovò, che impaurito Ant(oni)o Balbi conte di già con molti s’era partito, et abbandonato il luoco alla sua fede comesso, ma che in sua vece le donne presero l’armi, et corse alle mura invittam(en)te diffesero la Patria et il loro honore, et alli mariti, et huomini del luoco fatta segnalatta vergogna, si liberarono valorosam(en)te dall’eminente periglio493. Corse più in giù anco l’Usciali, et arrivato a Liesena con l’empie e sacrilegie mani profanò, et abbruggiò il monasterio della Madonna, i borghi, et molti edifitii poca diffesa facendo quei del luoco; che con Hier(olam)o Querini Prov(edito)re s’erano salvati all’alto, et nel castello in questo mentre andando una doppo l’altra le nove in Venetia, l’Armata gionta in Colfo, et fatti segnalati, et estremi danni, presi tanti luochi, e tremenda col ferro e fuoco farsi d’ogni parte cedere, et inchinare, un estremo spavento entrò negl’animi di tutti gl’ordini, e massime della timida plebe non usata già mai sentirsi apropinquar inimico, e di tal sorte armato, però tumultuando di già s’affiguravano vederselo sopra fiero, et inhumano come haveano sentito da molti raccontare, onde quasi tacitamente piangeano li fig(io)li le case e la Patria. Sol il Senato invitto e
489 Il Paruta lo chiama Sopotò e lo dice “luogo ad altri acquisti opportuno”. Cfr. Benzoni-Zanato, p. 61,67 (l’editore non ha identificato il luogo, ma lo colloca, coerentemente col racconto dei movimenti della flotta turca, in Albania).
490 Sulla cui caduta riferisce più ampiamente Paruta, II, edizione Benzoni-Zanato, pp. 67-70. 491 Sciarra Martinengo.
492 Il Paruta attribuisce genericamente la condanna al Senato (ivi, p. 70).
493 Il Paruta riconosce il valore delle donne di Curzola, ma presenta i fatti in modo meno vergognoso per gli uomini (ivi).
d’invechiata prudenza havendo discorso molto avanti quello che i strani accidenti della guerra sogliono apportare, di tutto ponto il castel nuovo del Lido che diffende l’entrata havea fatto terrapienare, e fatte piazze per artegliarie onde non vi fu altro che fare, che condurvele e ponerle drento molti bombardieri, et grosso presidio, tre galeazze, ch’erano all’ordine per andare all’Armata furono ritenutte, e poste in diffesa della bocca del porto et fortificato anco quello di Malamoco, e Chiozza. Calarono poi le cernede della terraferma, et la cavalaria d’huomini d’arme quali passarono poi sui lidi con molta fanteria pagata, che si ritrovava a Chiozza per l’Armata, che in tale sospetto si trattene, onde tanto apparato di breve si vidde a tal diffesa, che oltre che rendeva la cità sicura, et invincibile pareva un giusto essercito in quel luoco accampato, et acciò le cose passassero ordinatamente ellessero un Prov(edito)r Gen(er)al sul Lido, che fu messer Vicenzo Moresini con altri otto quali l’agiutassero in l’occorentie, onde se ben parve a tutta la città cosa lacrimosa reducendosi le cose alle mura si pò dir di Venetia, innovando con questa accerba memoria le guerre antiche di Genovesi, pur a prudenti parve quest’accione saviissima e con sano conseglio fatta494.
In questo mentre l’Armata della lega tutta adunatasi a Messina datto molte //495
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consulte e dispute finalmente a sedici di sett(emb)re si levarono da quella città con intentione di trovare l’inimico, et combatterlo in n(umer)o di 200 et sette galee, sei galeazze e molte navi cioè per il Pontefice, galee dodici per il Re Cattolico, ottantauna per la Ser(enissi)ma Sig(no)ria di Venetia centoedieci496, et le sei galeazze, armata per numero e qualità tale, che mai per ricordo per istorie tal n’ebbe la Cristianità, ma poca speranza haveano quei s(igno)ri di vendicar tanti danni e rovine fatte dal superbo inimico, poiché s’havea nova che ritirandosi in Levante in ogni luoco della Republica havea lasciato memorabil segno della sua rabbia, perché non parendo all’Uscelli andar più avanti di Lesina anzi dando volta indietro al Bassà che era a Bocca di Cattaro si ritirarono; et gionti a Corfù sbarcarono ad abbrugiar quei borghi, benché con suo danno uscendo dalla fortezza i soldatti alla scaramuccia497. D’indi poi andarono alla Parga dove da un chiaus mandato a posta dal lor sig.re intesero la presa di Famagosta, et hebbero strettissimo ordine498 che quanto prima dovessero trovar l’Armata cristiana e combatterla usando in tal comandamento parole
494 Cfr. Paruta, II libro, ed. Benzoni-Zanato, p. 71-73. 495 Vedi nota 121
496 Il totale sarebbe 203: forse il Molino ha trascurato i contributi minori di altri principi italiani. Il Paruta dà una cifra più alta, 220 galee sottili, oltre a 6 galeazze e 25 navi e vascelli (ed. Benzoni-Zanato, p. 101).
497 Cfr. Paruta, II libro, ed. Benzoni-Zanato, pp. 73-74.
cossì inconvenienti e superbe che ben si conoscevam la poca stima delle nostre forze, et la gonfiezza et alterezza del suo Capo, per il che s’avviarono a Lepanto per rinforzar di gente, et di vettovaglie e dall’altro canto l’Armate cristiane, gionte a Corfù, et poi alle Gomenizze499 porto capace e sicuro e poco disposto in l’Albania, si prepararono di andar avanti,
Inobedienza d’alcuni spagnolin
quando la fortuna acerba inimica alla Republica anci a tutta la Cristianità fece nascer tal accidente, che mancò poco, che i nostri non si disunissero da Cattolici500, et che non vi venissero alle mani, percioché essendo sop(r)a una galea nostra d’And(re)a Calergi da Rettimo alcuni Spagnoli insolenti che volevano maltrattare il Sopracomito, et anco gl’huomini di essa senza voler obbedire e perciò mandando il nostro General Veniero per essi non sol ricusarono andarvi, ma hebbero ardir lasciarsi intendere che in verun conto lo conoscevano né ubidivano e perché per forza si volse condurveli, uccisero un compagno di stendardo, per il che presi finalm(en)te all’antena ne fece sospendere tre di loro501. Questa cosa offese l’animo di D(on) Giovanni Gen(er)al della lega in modo che sdegnato volea contra il Veniero vendicarsi, e ne nasceva certo qualche lacrimoso sucesso se il prudentissimo, e non mai abastanza lodato Agostin Barbarigo Prov(edito)r Gen(er)al dell’Armata non s’havesse interposto; il qual fattosi inanzi col scudo //502
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della publica salute de Cristiani con destrezza503 mirabile, et eloquenza infinita con preghi e supplicationi necessarie ammolì gl’animi indurati e finalmente tanto operò, che placò D. Giovanni e vinse la malignità de molti suoi, che l’attizzavano ad ogni male, et fece che unita l’Armata christiana si partisse di quel luoco a quattro d’ott(ob)re504, ma con debole speranza d’aggionger e ritrovar la nimica, che essendo stata vincitrice in ogni luoco ogni dover portava, che ritirata si burlasse de nostri quali venendo l’invernata fra pochi giorni, di necessità l’Armata catolica dovea ritornar in Cicilia lasciando Venetiani in estrema rovina; ma però i nostri ordinarono l’Armata e schierarono le galee nel modo che si deve far andandoo a trovar l’inimico, et posero per antiguarda D. Giovan di Cardona con otto galee forbitissime, diedero il corno sinistro a messer Agostin Barbarigo con galee cinquantatre n°53 in la battaglia si
499 Hēgoumenìtsa, porto nelle coste greche di fronte a Corfù (Benzoni-Zanato 106). 500 Qui è altrove sta per spagnoli.
501 Così, ma più estesamente, anche il Paruta (Benzoni-Zanato 106-8), che si basa sulla relazione dello stesso Venier. Il Paruta attribuisce il decisivo intervento mediatore al Colonna.
502 Vedi nota 121
503 Parola chiave del linguaggio politico (ed ecclesiastico) della Controriforma. 504 Cfr. Paruta, II libro, ed. cit., p. 108.
trovorno D. Giovan d’Austria Gen(er)al della lega, Marc’Ant(oni)o Collona Gen(er)al del Papa, Sebastian Veniero Gen(er)al della Ser(enissi)ma Republica con sessantauna galea; et il corno destro fu sotto la scorta di Giovan And(re)a Doria, che furono galee cinquanta, consignando la retorguarda di 30 buone a D. Alvaro di Bazano marchese di S(an)ta Croce505, et avanti li tre corpi d’Armata, cioè dui corni e battaglia discosto un miglio e mezzo, posero le sei galeazze ad ogni corpo dui, incontro possente e forte come dal sucesso si conobbe506, et per conservar detto ordine fecero per ogni vinti galee un capo e spintisi inanti a sei d’ott(ob)re si trovorono e fermarono in Val d’Alessandria luoco in canal di Viscardo nella Ceffalonia e nonostante il tempo contrario la notte alla seconda guardia havendo intese per lettere dal Zante lo stato, et il luoco dove si ritrovava l’inimico, si fece levata indrizzando il camino alli scogli detti Cruzzolari507, et in quel med(esi)mo giorno i Turchi a Lepanto havendo posti quatordecimilla huomini da spada su l’Armata, e rinforzatala di tutto ponto, dopo molti contrasti fatti fra principali rissoluti finalmente a combattere, la notte finalmente uscirono del colfo di Lepanto con intentione di trovar i nostri alla Cefalonia poco ordinati a combatterli508, ma venuto il giorno, che fu domenica alli sette d’ottobre, dedicato alla beata Iustina vergine, a dui hore di sole si scopersero le potenti e grand’armate di gran longa maggiori che mai per istorie si vedessero in mare dai tempi d’Ottavio Augusto e Marc’Antonio, a nostri quali subito ordinatisi e spiegati li stendardi e bandiere e levati sin al cielo i cridi, et il suono dell’acute trombe resero un tremendo e dubioso spettacolo, che così come i nostri riempivano di speranza e di un certo generoso ardire di venir presto alle mani, così alli spietati barbari rabioso timore, vedendosi //
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fuor di speranza i nostri a fronte, et il vento che in pope a suo favor spirava nell’affrontarsi cessò e si fece gran calma, parve a nimici che Giovan And(re)a Doria col corno destro per allargarsi troppo in mare fuggisse la zuffa509, et a nostri, che il suo sinistro guidatto dall’Uscelli facesse il medesmo, onde spinte una parte e l’altra avanti le sei galeazze incomintiorno farsi sentire, perché essendo da nemici tolte in mezzo dai fianchi scarocarono una tempesta così spaventosa di canonatte con tanta rovina, et abbatimento di galee d’huomini, d’alberi antene, che sbigotiti i nimici e disordinati persi, et affondati molti legni confusi, venero a trovar poi l’Armata
505 Álvaro de Bazán (Alvaro di Bazzano), marchese di Santa Cruz (1526-1588).
506 Molino accoglie l’interpretazione – ancor oggi ritenuta plausibile - secondo cui lo schieramento di queste enormi fortezze marittime davanti alla flotta cristiana scompaginò irrimediabilmente col tiro d’artiglierie la flotta turca, quando questa si lanciò all’attacco.
507 Curzolari
508 Cfr. la narrazione del Paruta, libro II, ed. citata, pp. 113 segg.
509 Così anche Paruta, ivi, p. 115 (che però ignora l’analogo equivoco dei Cristiani, di cui parla il Molino).
nostra510, che fresca, et inanimata dallo Spirito Santo in quattro hore n’hebbe compiuta vittoria, la qual così facilmente operò la maestà del s(igno)r Iddio certo col mezzo principalmente delle sei galeazze si combatè virilm(en)te et valorosamente nella battaglia intorno i Gen(er)ali, poiché apresso d’essi d’ambi le parti erano le principali e più segnalate galee di quelle Armate, et i gianizzari d’Alì Bascià Generale turchesco penetrarono sino all’albero della Galea Reale di D(on) Giovanni, ma furono dissipati da messer Sebastian Veniero nostro Gen(er)al che, investita la galea la rimesse et prese, seben fu poi sforzato difensarsi, et lasciar la presa essendo assalito da dui fanali, che l’investirono. Il qual Veniero fatte notabil prove quel giorno meritò lode dip valoroso e bravo capitano, e in modo che stupendosi il mondo li diede gran parte di quella segnalata vittoria, finalmente abbatuto lo stendardo reale turchesco, tagliata la testa a Alì Generale e mostrata sop(r)a una picca e prese tutte quelle galee che d’intorno facevano ostinata resistenza, da tutte le bande i nostri cominciarono a gridar e conoscer la vittoria, il corno destro de Turchi derimpetto di quel di s(er) Agostin Barbarigo, essendo maltrattato dalle galeazze e si pò dir rovinato vedendo con quanta braura i nostri correvano ad ingaggiarlo impaurito, volti i fianchi a nostri fugivano a dar in terra alli scogli Cruzzolari511, onde veduti dal Barbarigo e spingendo inanti valorosamente acciò non si salvassero fece investire, et con buone canonate gettar a fondo rovinar et dissipar l’inimico, e nel maggior corso della vittoria mentre era attento al combattere, et al vincere fu feritto d’una saetta sop®a l’occhio a morte. Il maggior dano, che si hebbe fu nel corno destro guidato dal Doria il quale con arte, et astutia //
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navale come alcuni dicono seben molt’altri affermano malitia e tema e desiderio in ogni evento di salvarsi si allargò tanto in mare, che diede campo al Uscelli cap(itan)o del corno contrario di caricar la furia sop(r)a quelle galee ultime del corno del Doria qual erano quasi tutte venetiane, che furono tagliatte a pezzi in un volger d’occhio512 et l’Usceli vedendo poi che in tutti gl’altri luochi si era perso, et che la vittoria si mostrava a Christiani, tolta la galea corfiotta per pope, si fugì con alcuni pochi vascelli invano seguito da alcuni nostri quali remasero vincitori in meno di quatr’hore mercé il valore del grande, et omnipotente Iddio d’una potente e grand’Armata infedele di trecento legni, seben il seguir la vittoria il far prigioni l’abbrugiar vascelli restati inutili durò sin a sera, che a pena redottasi la vittoriosa