515 goton, ‘cotone’(CORTELAZZO).
516 barzoto, ‘piccola barza’(CORTELAZZO). A sua volta, la ‘barza’ è ‘barca da carico, da guerra e da pirati
ingrossar all’inimico il campo, et le monitioni, non essendo verun’altra speranza di salute, di comun volere fecero ressolutione, di salvar alla Patria, et alla Cristianità le lor vite con honorato accordo, et cossì il primo d’agosto doppo mezzogiorno fatto tregua mandarono e receverono duoi ostaggi per sicurtà di quei che doveano negotiar i capitoli, quali si conclusero, che i capitani e soldati fussero salvi, et mandati da Mustafà in Candia con le lor robbe, et armi, con cinque pezzi d’artegliaria, e tra cavali da guerra, che i greci fossero salvi con le case loro, che li fosse lasciato il loro havere, et lasciati continuar nella fede Cristiana il qual accordo, e sottoscritto da Mustafà, et apparechiandosi i nostri alla patria a 5 d’agosto alle vintiun’hora, il Bragadino, il Baglione, Querini castellano, il Vicecamerlengo Bragadino, molti collonelli, capitani, et gentilhuomini d’importanza uscirono in campo al padiglione di Mustafà, per consegnarli le chiavi e salutarlo, quali nel principio furono ben veduti, et con astutia tirato il cap(itan)o Bragadino d’uno in altro raggioname(n)to finalmente tutto furioso li mosse vania517 imputandolo che durante la tregua gli havea fatto mazzar alcuni schiavi, onde infiamato comandò a suoi che prendessero tutta quella compagnia et condotti ligati nella piazza avanti al suo padiglione miserabilmente alla //
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sua crudel presenza fece tagliar a pezzi quei infelici s(igno)ri che con l’armi in mano erano stati cossì invitti com’agnelli furono scanati, e vinti dalla perfidia, et inhumana barbarie di Mustafà traditore al cap(itan)o Bragadin fu fatto porger il collo tre o quatro fiate come se dovesse troncarglielo, ma per più stratio tagliateli l’orecchie in quella volta lo preservarono in vitta, e immediate i turchi immitando il lor sig(no)re in un subito tagliarono a pezzi forsi trecento soldati, et altri christiani, ch’erano venuti amichevolm(en)te in campo,
Tormenti sofferti dal Braga(di)nobb
Fece alli 7 pur d’agosto l’entrata Mustafà in Famagosta, et fece impender per la golla messer Lorenzo Tiepolo già cap(itan)o di Baffo, et alli 17 del detto fatto andar messer Marc’Ant(oni)o Bragadino più volte carico di pietre su e in giù per le batterie con peso insoportabile, et fatti molti stratii della sua persona finalmente in quella piazza condutolo dove tante volte vestito di porpora pro tribunali sì rettamente e iustamente havea retto e governato padrone.
O miseria e instabilità dele cose mondane fattolo poner nel ferro della berlina lo fece crudelissimamente scorticare il qual martirio il santissimo, et invitissimo huomo con buona patienza sopportò non facendo pur un minimo segno che indicasse
517 vania, ‘sopruso da parte soprattutto degli arabi e dei Turchi a danno degli Occidentali (CORTELAZZO).
impatienza sol con intrepido cuore rimproverava il fiero et inhumano Mustafà la rotta e violata fede, il quale per suo trofeo fatta riempir la pelle di paglia impresa ad un’antena di una galeotta mandò per tutte quelle marine a dimostrarla, et il felice Bragadino colmo di maggior vittoria glorioso, e beato se ne ascese in cielo schifando col racquisto di miglior vitta i morsi e laceramenti dell’invidia e malignità così naturale e propia nelle republiche, che se fosse venuto salvo in Venetia i suoi gesti come sono hora decantati de tutti, et celebrati, così li saria stato forse di mestieri difenderli da quei che stanno delitiosamente nelle lor case discorono così severamente in camera, i sudori, le fatiche, et li perigli altrui.
Nova della vittoria contra Turchicc .
A 18 del mese d’ott(ob)re 1571518 ad hora di sesta in tempo di grand(issi)ma afflitione per i tanti mali sucessi, perdita di tanti luochi, presa de tanti vascelli incendii, rovine, tribulationi, e tema di molto peggio, imperoché non era possibile, che inteletto d’huomo capisse, che l’Armata Cristiana facesse alcun effetto sì per esser il tempo inanti come per le male inteligenze, che fra principali v’erano ; ecco la misericordia del Sig(no)re opperar de suoi maravigliosi effetti la galea d’Onfrè Giustiniano strascinando bandiere de nemici per acqua, piena de turbanti, et abiti turcheschi all’improviso //
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comparere, et sbarata l’artegliaria mandar al cielo gridi lietissimi di vittoria et arrivata per mezzo il Palazzo subito sbarcòdd il Giustiniano, et salì in Collegio al Prencipe, in un subito corse tal grido per tutta la città, di modo che si vidde di subito in un tratto serar tutte le boteghe, e da tutte le parti correr alla Piazza le genti, e di maniera che giamai in tempo di mia vitta vidi motto tale. Scese il Prencipe per le scale, e con quei pochi, che si ritrovava andato in chiesa di S. Maria la quale in un baleno fu empita di gente, ingenochioni cantò in persona il Ser(enissi)mo Prencipeee il
Te Deum laudamus, e con lacrime vivissime che per immenso gaudio di tanto popolo
e nobiltà, fu udito da diversi singulti interotto. Si baciavano piangendo i nobili e cittadini l’uno e l’altro i frattelli i padri i figli chiamandosi rinati, e venuti di novo al mondo per possedere la libertà, la città, che di già in gran periglio confessavano, e spesse fiate reiterando dimandavano, sepur era vero, che l’Armata turchesca orribile e tremenda era conquassata, et presa, e dicendosi che sicome interviene delle cose haute per impossibile non potendosi sapere, si rimaneva sopra di sé per spatio, et vedendo
518 La data ufficiale è il 19. In favore di essa, cfr. Zanato, in Storici e politici veneti del Cinquecento e del Seicento, a cura di Gino Benzoni e Tiziano Zanato, Milano-Napoli 1982 (d’ora in poi, Benzoni-Zanato), pp. 876-877.
ch’era pur il vero si prerompeva in lacrime e lieti gridi, fu dal campanile di S. Marco subito sonato con tutte le campane, e così facendosi di parochia in parochia tutto fu pieno di tuoni e streppiti le pregioni furono aperte e da tutte le parti le genti come pazze piangeano, alzavano le voci, et le mani al cielo. Per tre giorni continui chiocò le campane, et si fecero sopra i campanili, et in molti altri luochi della città sì publici come privati fuochi, et luminarie talché parea la notte giorno. Si deliberò in Senato di celebrar il mortorio a tutti quei ch’erano in servitio di Cristo, et della Patria morti in quella gloriosa giornata, e particolarmente nominar i nobili nostri con la presenza del Prencipe e di tutto il Senato, et crearono in esso Cavaliere messer Onfré Iustiniano, che portò con tal diligenza tal felice nova decretando, che il giorno della Beata Giustina nel quale si havea hautto vittoria così felice, fosse posto fra solenni e festivi della città, et che il Prencipe in tal giorno ogn’anno visitasse la chiesa, con le chieresie519 et le principali scole, et che nelle monede dai vinti soldi, e quelle dai 40520
fusse improntata d(ett)a Vergine col ramo di Palma nelle mani con tale // p. 31
inscrittione Memor ero tui Iustina Virgo, e di queste poi in poco tempo se ne vidde innumerabil quantità uscite dalla Cecca, e perché cosa di maggior importanza in tai tempi non passava per l’animo di quei ch’erano al governo della Repub(lic)a che il trovar danaro per seguir la vittoria come quello che doppo tante gravezze [non] si poteva più cavare da sudditi, et ch’era tenuto in tal occasion tanto stretto, et caro, che veramente da questo in poi ogn’altra materia era facilissima, e possibilissima onde furono perciò necessitati per parte presa nel Maggior Cons(igli)o di levar la mittà de salarii a reggimenti521, provisionati, et insomma da tutti quelli, che tiravano stipendii dalla Republica da soldati in poi per mesi sei acciò, che questo avanzo suplisse in parte al gran bisogno del publico nel qual era entrato gen(er)al concetto di far progresi, et imprese d’importanza. Acciò l’Armata havesse i suoi capi necessarii fu fatto in luoco del gloriosissimo Barbarigo Prov(edito)r G(e)neral messer Iacomo Soranzo p(ri)ncipal senatore, et famosissimo per le molte legationi fatte, huomo esperitissimo in ogni attione, et espeditolo in pochi giorni all’Armata. Furono in Ventia fatte in poco tempo molte feste, et allegrezze non più udite, i primi furono i drapieri quali fatt’acomodar le boteghe sul ponte di R(ial)to acconciarono il campo di S. Iacomo con panni scarlati, stendardi e bandiere, et sottoportico de drapieri fu riccamente adorno di tapezzarie, pitture, et arme, et sopra le collone trofei di spoglie
519 Congregazioni del clero (BOERIO). Su di esse, cfr. Bianca Betto, Le nove congregazioni del clero di Venezia (secc. XI-XV). Ricerche storiche, matricole e documenti vari, Padova 1984 ; ID., Le nove congregazioni del clero di Venezia, in: Contributi alla storia della Chiesa di Venezia, 3, La chiesa di Venezia tra medioevo ed età moderna, a cura di Giovanni Vian, Venezia 1989 pp. 113-145.
520 Cioè da una e due lire.
turchesche, et ogn’uno s’havea sforzato d’adobar in modo la sua bottega in particolare per avanzar le altre che qui si vedeano adunate le più belle e rare cose della città, percioché tante pitture, et immagini vi si scorgeano, che l’occhio vago mal potea satolarsi in tanta varietà; altre i tapedi di seta d’oro, et altre cose richissime che v’erano le quali la notte per i molti lumi accesi sì attorno il campo come in ogni luoco di draperia tal vista prestavano, che certo cosa più bella a fatica credo si possi trovare, e più calando giù del Ponte di Rialto a chi contemplava quella prospetiva; durò tal conciero522 tre o quattro giorni, et altretante notti dove vi concorse tutta la città in anta frequenza, che a tutte l’hore vi eraff un continuo reflusso di persone facendovisi sovente in proposito della vittoria solenne musica. Doppo i drapieri i orefici et gioielieri fecero la lor festa che fu se non tanto bella almeno più ammirabile, per le molte richezze apparite ; i toscani523 fecero ancor //
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la loro, et molte arti e compagnie né vi fu alcun poeta di qualche nome in Italia, che non componesse e mandasse in luce qualcosa in materia della vittoria accressendo il sogetto un’estraordinaria temperie del cielo, quella vernata di sorte che d’ogni luoco la terra mandava fuori, rose, viole, fiori et anco frutti se ben acerbi, sì che pareva gioissero tutti gl’elementi, nel qual tempo m(esse)r Sebastian Veniero nostro Gen(er)ale deliberò mandar m(esse)r Franc(esc)o Cornaro524 bailo di Corfù, et il s(igno)r Paolo Orsino G(e)neral dell’infanteria con mille fanti, sessanta cavalli, et sei pezzi d’artegliaria all’impresa de Malgariti525, luoco in tera ferma puocogg discosto e perché il luoco era fra monti, benché poco lontani della marina, vi fu con non poca industria e dificoltà condutte l’artegliarie le quali aspramente battendo e rovinando le difese fecero che adì 14 nov(emb)re 1571 si rese il presidio de Turchi, che era al n(umer)o di 200, fu il luoco spianato su l’occhio di quattrocento cavalli nemici, che hebbero ardir d’affrontarsi in quei passi, con nostri, che vittoriosi tornarono a Corfù, et poco doppo i Albanesi vicini del luoco di Sopotò s’impadronirono di esso, et poi lo consegnarono alla Sig(no)ria in mano de nostri, quali havendo intentione di ben seguir la vittoria et far qualche honorata et util impresa, quell’invernata si deliberarono di espugnar l’isola e terra di S(an)ta Maura, et posta l’armata all’ordine se n’andò il Veniero G(ene)rale a quell’impresa, conducendo la cavallaria di Corfù,