I COMUNISTI IN PARROCCHIA: IL SESSANTOTTO CATTOLICO IN ITALIA
8 M BRAMBILLA, Dieci anni di illusioni Storia del Sessantotto, Rizzoli, Milano, 1994, p 24.
/ comunisti in parrocchia: il Sessantotto cattolico in Italia
Questa ricerca del paradiso in terra, questa commistione tra principi cristiani ed impegno sociale avrebbero avuto come sbocco rincontro dei cattolici (Brambilla li definisce in realtà ex-cattolici) con la dottrina marxista, e la nascita di una nuova dottrina, nota come “cattocomunismo”.
Il Sessantotto dei Giovani di Azione Cattolica
Se il Concilio aveva favorito il fiorire di gruppi più o meno organizzati di laici, Tassociazionismo giovanile - ed in particolare studentesco - cattolico restava ancorato alla tradizione, con un’Azione Cattolica che la faceva da padrona con una struttura capillare ed organizzata.
Il Concilio Vaticano II rappresenta sempre, nelle autobiografie della maggior parte dei movimenti cattolici, una data simbolo: certificato di nascita, prova della loro ortodossia, garanzia contro ogni obiezione mossa dai critici del fenomeno movimentista. In realtà i movimenti organizzati non giocavano alcun ruolo in Concilio, né tra i protagonisti, né tra i temi in discussione. Dunque l’influenza dell’assise sui movimenti organizzati è da ritenersi ancora una volta frutto del clima del Concilio e del post-Concilio, più che effetto diretto dei dibattiti e documenti del Vaticano IL Un primo fattore era il passaggio di paradigma nell’ecclesiologia cattolica. L’enfasi posta dal concilio sul laicato aveva messo fine alla separazione all’interno della Chiesa tra i duo genera christianorum. Una nuova visione dell’autorità della comunità ecclesiale, secondo il modello di “Chiesa come comunione” apriva spazi per l’esistenza di esperienze diverse al di fuori, se non contro, la verticalità del rapporto fedele-parroco-vescovo. Anche il tentativo di radicare maggiormente il baricentro del cattolicesimo nella “chiesa locale” o “particolare” contribuiva a rinnovare un modello gerarchico ostile alla formulazione di esperienze basate maggiormente sulla dimensione comunitaria.
Un secondo fattore, diverso ma sempre dipendente dalla svolta ecclesiologica del Vaticano n, era la crisi dell’Azione Cattolica e del suo modello, contenitore e raccoglitore di tutte le esperienze di mobilitazione giovanile (e non solo). Concepita all’inizio del novecento come risposta e mobilitazione all’offensiva delle culture politiche percepite come ostili al cattolicesimo, l’AC perdeva gran parte del suo significato e della sua missione quando venivano meno l’inimicizia tra Chiesa e mondo moderno e le sue ricadute ideologiche e politiche.
C’è anche da sottolineare che se la storia della ricezione del Vaticano II arriverà a distinguere ciò che è peculiare al post-Concilio da ciò che obbedisce ai grandi processi storici dell’Ottocento e del Novecento - dalla crisi del clero alla secolarizzazione, dalla inculturazione all’accentramento - per i soggetti attivi del cattolicesimo italiano di quel momento tutta la vita cristiana dipendeva dal Vaticano II, dalla sua attuazione, dalla sua applicazione o dal suo superamento. Dal punto di vista storico-critico tali nessi di causalità non sono sempre veri, ma
soggettivamente chi viveva il post-Concilio trova comunque nel Vaticano II tutte le cause, tutti i meriti e tutte le colpe alle quali rifarsi.
In realtà, ad esempio, la crisi di una grande organizzazione come l ’Azione Cattolica, da più parti imputabile alla rivoluzione conciliare, era invece determinata anche, forse soprattutto, dalle scelte di organizzazione volute dalla presidenza e dalla “scelta religiosa” del movimento, fatta proprio nel momento in cui il laicato cattolico propendeva per un maggiore impegno politico-sociale.
Gli anni del cambiamento voluto da Bachelet e da Paolo VI erano anche quelli dell’esplosione della contestazione studentesca in Italia. Analizzando i documenti rinvenuti all’archivio “Paolo VI” per lo studio dell’Azione Cattolica e dei movimenti cattolici in Italia, ci si rende immediatamente conto del doppio ruolo giocato dagli studenti cattolici impegnati nei rami giovanili di Azione Cattolica (la GIAC per gli studenti medi e la FUCI per gli universitari): questi erano da un lato certamente coinvolti come protagonisti nella contestazione, dall’altro sembravano essere spettatori che guardavano la realtà, che pure si trovavano a vivere ogni giorno, con il distacco degli osservatori esterni e degli studiosi. In particolare, se da fonti differenti da quelle ufficiali delle associazioni cattoliche conosciamo il grado di coinvolgimento di questi studenti nelle vicende sessantottine, le carte ufficiali, i ciclostilati raccolti nelle buste riguardanti gli anni della contestazione, ci raccontano spesso di un’organizzazione che guardava al Movimento come se non ne facesse parte, con un certo distacco che pure non determinava inizialmente un giudizio negativo. Anzi, nella presentazione di una ricerca nei licei di Milano, che, attraverso migliaia di interviste, si interrogava sulle posizioni degli studenti nei confronti delle principali tematiche politiche ed economiche, gli incaricati della ricerca valutavano favorevolmente le agitazioni studentesche del 1968. Le agitazioni degli studenti medi avevano, infatti, a loro parere dimostrato che i giovani non sopportavano più l’immobilismo, che erano alla ricerca di “idee, informazioni e propositi a misura dei tempi [...] I conservatori di destra e di sinistra, sostiene Giorgio Bocca, hanno preso l’abitudine di chiamare tutti costoro cinesi o filo-cinesi. Se le cose stanno in questo modo, non si può fare a meno di augurarsi che tutti i giovani divengano presto “cinesi”, se questo vuol dire maggiore impegno nella responsabilizzazione politica”9.
Il giudizio era dunque senz’altro positivo, e più avanti nel documento si ribadisce che l’interesse per la politica, e per la politica scolastica in particolare, andava aumentando nel corso dei mesi, e che gli studenti protestavano per mettere in luce i problemi della scuola.
Ma a questi problemi la politica rispondeva “con un appello alla ragione” o con “l’imposizione di una decisione per assicurare, nelle ipotesi migliori, una
9 Archivio Giac, Una ricerca nei licei di Milano, Ciclostilati Studenti 1968, busta 689. La