SANT’ARSENIO E LA BADIA DELLA SS TRINITÀ DI CAVA
10 La si ritrova infatti, nella sopraccitata Bolla di Urbano II La chiesa sembra essere possedimento cavense già in un documento del 85 (cfr AC, XIV,31), che tuttavia
presenta forti sospetti sulla sua autenticità (cfr. C. CARLONE, I Principi Guaimari e i monaci cavensi nel Vallo di Diano, in Archivi e Cultura, a cura della Rassegna dell’Associazione Nazionale Archivistica Italiana, X Gennaio-Dicembre 1976, ed. Centro di Ricerca, Roma 1977, passim).
11 AC, D, 25.
12 N. SPINELLI, San Pietro al Tanagro: dal Feudalesimo all’ emancipazione, in il Postiglione, anno XXI/22, Giugno 2009, Salerno 2009, pp. 95-101.
dell’aggregazione a Cava non si hanno notizie certe14. La presenza dei monasteri
14 H. HOUBEN, cit. pp. 23-46; V. von FALKENHAUSEN, cit. p. 128 e ss; G. AROMANDO, cit., pp. 120-122. A tutt’oggi resta schiusa la questione delle donazioni vantate dalla millenaria Badia della SS Trinità di Cava (1011-2011), e come sostiene Carmine Carlone...nel Medioevo i notai riusavano, dopo sommaria e attenta rigenerazione, le pergamene, su cui erano stati già rogati dei precedenti documenti, e allorché veniva riusata la pergamena rigenerata, per rogare un atto recante data anteriore e compresa in un periodo determinato che va dopo il 1100, ciò lo si faceva essenzialmente per preparare e/o procurarsi un falso. I documenti che vanno dal 1116 al 1136, per quelli rogati a San Marciano sono dei falsi e soprattutto lo sono quelli riguardanti il Vallo di Diano. In effetti essi avevano il preciso compito di dimostrare a priori il possesso abbaziale sui siti in questione al punto da impedire la dimostrazione del contrario da parte di terzi pretendenti. L ’insieme dei falsi documenti non provengono esclusivamente e/o direttamente da Cava bensì da San Marciano di Diano, già dipendenza cavense ed oggi identificato come località San Marzano in Agro di San Pietro al Tanagro (cfr. I principi Guaimario, cit., Roma 1977, pp. 47-60). I falsi cavensi hanno innescato un delicato complesso meccanismo che involontariamente a messo in discussione anche l ’autenticità dei documenti simili o affini e fino allo studio del Carlone, al di sopra di ogni dubbio. L’immane opera investigativa ha contribuito all’affermazione di una nuova convinzione storica sia sulle origini dei diversi siti identificati sia della Badia stessa. E pure una giusta causa alla falsificazione dei documenti concernenti i territori valligiani è identificabile sia nella protezione offerta dalla Badia, al fine di sottrarle all’usurpazione attuata dai diversi signori sia nell’ampliamento dei diritti vantati dalla Badia sulle Terre in questione, (a riguardo dei falsi) Il numero dei falsi e la loro diffusione supera in molti casi la nostra stessa immaginazione. L ’esamina dei falsi e della loro funzione nel Medioevo porta a coeludere eh’essi abbiano avuto una loro ben precisa funzione. A partire dai re Merovingi dal ‘500 d.C., passando attraverso Carlo Magno fino ad arrivare alla donazione di Costantino vergata nell’V ili secolo, possiamo ritenere che il documento falso è stata una consuetudine che ha ingannato per secoli studiosi e dotti. Nel XVII secolo, si sostenne che tutti i documenti relativi ai sovrani precedenti all’V ili secolo, non fossero autentici; mentre nel XVIII secolo, si pensava addirittura che quasi tutta la letteratura latina antica fosse inventata nel Medioevo. Eppure i falsi documenti sono il risultato di un sapiente piano tardo medioevale di falsificazione universale della storia. La massa delle falsificazioni medioevali fa sorgere almeno due questioni: la prima di ordine morale -come ha potuto in Medioevo cristiano confezionare tanti falsi senza alcuno scrupolo? La seconda -come ha potuto farsi ingannare da tanti falsi? Le due domande sono collegate pur appartenendo ad ambiti diversi, quello morale e quello intellettuale. La mera constatazione quantitativa dell’immensa mole documentaria medioevale falsa non è il nocciolo del problema, i falsi medioevali, invece, ci pongono dinanzi ad una delle più gravi contraddizioni apparentemente insolubili. È fuori ogni dubbio la profonda religiosità medioevale, tanto da parlare di -epoca della fede-, e tuttavia in nessun’altra età si è tanto falsificato. A ciò si aggiunge il fatto che i principali falsificatori erano proprio degli ecclesiastici, da cui ci si attendeva amore per la verità oltre che una condotta di vita irreprensibile. E pure la falsificazione, non esente da pene giudiziarie ha visto poco se non nulla punito realmente o solo parzialmente. Non si può neppure dire che la teologia e l ’etica medioevale ammettessero l ’inganno, tant’è che sant’Agostino (m. 430), ha esplicitamente
Una dipendenza cavense: Sant'Arsenio e la badia della SS. Trinità di Cava
benedettini nella dinamica dell’insediamento umano rappresenterà una vera e propria energia centripeta che con il contratto di pastinato favorirà di gran lunga i coloni e dunque l’incremento della popolazione dei villaggi e delle borgate* 15. Inoltre, tra l’XI ed il XII secolo, lo sviluppo europeo coinciderà con quello del cristianesimo. L’Europa feudale è rurale e l’Europa della terra è essenziale, infatti, l’economia rurale resta una realtà primaria e l’agricoltura rimane sempre un problema, tant’è che ieri come ancora oggi, bisogna fare i conti con la fame del pane16.
Il governo badiale di Pietro Pappacarbone (1079 - 1123)17 (vescovo di
Policastro 1069-1070 e nipote del fondatore della Badia), il quale fu institutor
della Congregazione cavense, modellata sull’esempio di quella di Cluny, pur senza da essa dipendere minimamente18. La centralizzazione del sistema monastico voluta ed attuata da Pietro aveva come suo precipuo scopo quello di attuare una riforma ancora più severa di quella già attuata da Cluny, tant’è che le diverse abbazie furono ridotte a priorati e la nomina del priore riservata direttamente all’abate di Cava19.
Infatti, l’abate mostrò vivo interessamento per le dipendenze cilentane e valligiane, al punto da prenderne le difese persino contro le prepotenti pretese avanzate da Ruggero Sanseverino (1237-1285)20.
condannata ogni forma di menzogna, compresa quella per necessità (...). L’etica medioevale, che rimase profondamente ancorata agli insegnamenti del padre e dottore della Chiesa Agostino, non ha dato un giudizio diverso e ha rifiutato ogni forma di falsificazione, e come afferma a chiare lettere Papa Innocenzo III (1198-1216), -non si può tollerare in alcun modo la falsificazione ammantata da santità-. Menzogna e frode sono respinti con sorpeendente fermezza (cfr. H. FUHRMANN, Guida al Medioevo, Laterza edizioni, Bari, 2009, pp. 183-198; G. VITOLO, San Pietro di Polla nei secoli XI-XV, -contributo alla storia dell’ insediamento medievale nel Vallo di Diano, Laveglia edizioni, Salerno 1980, pp. 13-18).
15 A.G. CAFARO, Dell’attività commerciale e marittima dei Benedettini di Cava nel Medioevo, in Rivista Storica Benedettina XII/1921, pp. 65-87.
16 J. LE GOFF, Il cielo sceso in terra, le radici medioevali dell’Europa, Laterza edizioni, Bari, 2008, p. 65.
17 La nomina di Pietro dev’essere avvenuta prima del 1076 (cfr. AC, XII, 35), anno in cui egli è abate di Sant’Arcangelo. Richiamato a Cava prima del gennaio 1073, venne nominato decano del monastero (cfr. AC, XII, 108), e nel 1078 nominato abate effettivo (cfr. AC, XIII, 69). Il suo lungo governo badiale destò ammirazione e scontenti come riferisce il suo biografo Ugo di Venosa, (cfr. S. LEONE, Dalla fondazione del Cenobio..., cit., pp. 5-8).
18 S. LEONE, Dalla fondazione del Cenobio..., cit., p.7. 19 Ivi.
20 G A. LOUD, cit., p. 322; G. PASQUARIELLO, Morsico antica e medioevale, Marsico Nuovo (PZ), 2003, pp. 121-134; P. NATELLA, I Sanseverino di Marsico, una Terra un Regno, voi. I, Il Gastaldato di Rota (VIII-XI secolo), 2° edizione a cura dell’Arci Postiglione, Salerno 2008.
RADIA
CAVA
Nella Storia e nella Civiltà del Mezzogiorno Medievale
CHIESE E MONASTERI DIPENDENTI DALLA BADIA DI CAVA NELL’ ITALIA MERIDIONALE
(£) 3 o più dipendenze ♦ 2 dipendenze O 1 dipendenza
Figura 1. Possedimenti cavensi, pp.9-10 fa cura di G. Vitolo e F. Mottola), Salerno 1991.
Non a caso il suo biografo e contemporaneo Ugo da Venosa21 nel registrarne la morte negli Annales Cavense annota: constructor atque institutor huius Sancte
Trinitatis22. Praticò la vita ascetico-religiosa tanto da eguagliare gli antichi padri23.
21 Naturalmente non si ignora che, pur essendo Ugo, abate di Venosa fra il 1114 ed il