I COMUNISTI IN PARROCCHIA: IL SESSANTOTTO CATTOLICO IN ITALIA
26 Citazione riportata in Roberto BERETTA, Il lungo autunno Controstoria del Sessantotto cattolico, cit., p 217.
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impegnava nelle battaglie anti-imperialiste o nella contestazione attiva dello stato borghese, era convinta che fosse possibile far circolare e affermare il messaggio cristiano nel cuore dei conflitti sociali più acuti, adottando il linguaggio del conflitto stesso. Era convinta di poter integrare il discorso della lotta di classe in una strategia di protesta religiosa, senza che per questo il messaggio cristiano andasse perso. L ’antico rifiuto di fare politica all’inizio degli anni Cinquanta, si trasformava in un rifiuto di affermarsi attraverso un progetto politico alternativo. Ad ogni prospettiva di questo tipo CL opponeva la necessità di una liberazione immediata, che si viveva solo all’interno della Chiesa28.
In questo senso la critica di CL si rivolgeva non tanto ai gruppi marxisti bensì proprio ai “dissensienti” cattolici, alla loro religione terrena. C’era un nuovo modo di vivere l’invito all’impegno nel mondo prodotto dal Concilio: non un progetto politico ma un nuovo progetto di vita, l’affermazione del senso religioso in tutti gli ambiti della vita umana.
Il Sessantotto italiano, insomma, per don Giussani fu innanzitutto una crisi di fede. E la tentazione fu addirittura eretica: ovvero l’eliminazione del trascendente, la presunzione dell’uomo di farcela da solo, di bastare a se stesso. Le strade proposte da Comunione e Liberazione invece erano radicalmente diverse. Già all’inizio del 1970, mentre in Cattolica continuavano a susseguirsi occupazioni e scontri, i cieliini - cacciati indietro dal Movimento studentesco - tornavano a farsi vedere nell’ateneo. Li elogiava il rettore Franceschini sul “Regno”: “C’è, nella Cattolica e fuori, una nuova organizzazione studentesca, Comunione e Liberazione, una minoranza numericamente esiguua che però riesce ad ottenere un’udienza sempre più raccomandabile. Il gruppo di questi nuovi contestatori non copre certo il ruolo di una sinistra di comodo. Non lesinano ironia sulla reazione deglli accademici e di tutti i membri del clan del potere. Solo una convinzione li distingue dagli altri contestatori: quella di credere nella Chiesa come nell’unico luogo della liberazione effettiva dell’uomo”29
L’altro Sessantotto dei cattolici
Il racconto della nascita di Comunione e Liberazione mette in luce un altro modo di vivere il Sessantotto: non la timida partecipazione della Fuci e della Giac, ma neanche un annullamento a favore dell’ideologia marxista. La scelta di Comunione e Liberazione era quella di una fedeltà assoluta ai valori cristiani (che si esprimeva anche come fedeltà alle gerarchie al momento della campagna per il “si” al referendum sul divorzio) e di un impegno nel mondo che consisteva innanzitutto nell’affermazione di tali valori. In questo modo Giussani affermava
28 Ivi, p.125.
29 E. FRANCESCHINI, Cosa succede alla Cattolica?, in “Il Regno”, febbraio 1970, pp. 50-51.
che esisteva un altro modo - forse l’unico vero modo - per coniugare impegno sociale e pratica religiosa. C’è da chiedersi se non sia proprio CL l’espressione più vera del Sessantotto cattolico, un Sessantotto fedele ai valori del cristianesimo.
Esisteva dunque un altro Sessantotto, quello dei cattolici che hanno criticato fin da subito l’idea dell’“anno santo” della contestazione.
Non si trattava di cattolici reazionari, Lefebvriani e nostalgici, ma più semplicemente di intellettuali cristiani formatisi alla scuola della democrazia e dell’anti-fascismo. Non vogliamo qui trattare di coloro che si opponevano ciecamente al rinnovamento della Chiesa e ad un suo impegno nella società, ma di cattolici fedeli allo spirito del Concilio, quello, secondo il loro parere, più autentico. Proviene da loro la critica alla lettura del Concilio da parte della “sinistra” dell’Azione Cattolica, o della Scuola di Bologna di Alberigo: una lettura, denunciavano, piuttosto parziale dei documenti e delle encicliche. Sul Sessantotto come incarnazione dello spirito conciliare è critico Baget Bozzo: “Non sono d’accordo con chi ha detto che il Sessantotto è figlio del post-Concilio. Anzi, secondo me è il contrario: il Sessantotto falsifica l’ipotesi conciliare, cioè quella dell’accordo della religione con la scienza”. Sul fatto che i leader del Sessantotto continuavano a rifarsi moltissimo allo spirito del Concilio, cioè alla conciliazione tra Chiesa e modernità, ci sarebbe stato un capovolgimento del rapporto di causalità: “È il Sessantotto che entra nella Chiesa, non il Concilio che entra nel Sessantotto, e obbligando poi a un passo indietro perché alla fine la Chiesa si trova davanti fenomeni come il catechismo olandese, in cui il dogma viene marginalizzato. Cos’è infatti il catechismo olandese? È la trasposizione del Sessantotto nella Chiesa. Mentre la teologia conciliare aveva fatto abolire gli altari per sostituirli con una mensa, nel catechismo olandese qualunque tavola diventa una mensa eucaristica”30.
La tesi espressa da Baget Bozzo rappresentava in sintesi quello che possiamo definire come “l’altro Sessantotto”31 dei cattolici: si trattava di una cultura alternativa (liberale, cattolica, tradizionalista) che emergeva durante gli anni sessanta e si contrapponeva a quella “maggioritaria”, ed è rappresentata, tra gli altri, da Augusto Del Noce e Gabrio Lombardi.
E soprattutto l’opinione di Gabrio Lombardi, espressa prima in quanto presidente del Movimento Laureati, proprio negli anni della contestazione, e poi negli anni Settanta come promotore di una campagna per il referendum sul divorzio, a risultare particolarmente incisiva nella critica alle posizioni assunte dai contestatori. Le motivazioni di Lombardi non erano strettamente confessionali e teologiche, ma soprattutto sociologiche e, nel suo impegno contro la legge sul divorzio, morali.
30 R. BERETTA, Il lungo autunno. Controstoria del Sessantotto cit., pp. 300-301.
31 È il titolo del numero della rivista “Ventunesimo secolo” dedicata a questo gruppo di intellettuali cattolici. L’altro Sessantotto, “Ventunesimo secolo”, anno IX, Giugno 2010.
I comunisti in parrocchia: il Sessantotto cattolico in Italia
La polemica di Lombardi si concentrava principalmente sull’aspirazione degli studenti a partecipare al governo dell’università. Era questa una battaglia fieramente portata avanti dai giovani cattolici (abbiamo già citato i ciclostilati della Gioventù Cattolica a riguardo): si trattava secondo Lombardi, di un’interpretazione ambigua della partecipazione degli studenti come “responsabilizzazione”; non si teneva conto della loro presenza nell’università in qualità di utenti del servizio, e non di corresponsabili del servizio stesso.
Tuttavia, Lombardi non negava la crisi presente nell’università italiana, anzi, era convinto della necessità di una riforma. La sua critica era piuttosto rivolta ai metodi della protesta e alle richieste degli studenti. Il saggio di Roberto Perdei sulla figura di Gabrio Lombardi riporta fedelmente la critica che egli fa al Movimento Studentesco: “Le agitazioni sono prive di qualsiasi serietà anche perché, promosse da non meglio definiti Comitati di agitazione, si svolgono al di fuori di ogni qualificata rappresentanza studentesca”. Lombardi criticava l’assemblearismo (anche questo portato avanti dagli studenti cattolici): “So bene che il meccanismo della rappresentanza è quanto di meno entusiasmante si possa
immaginare. [...] Se la rappresentanza non è entusiasmante, l’assemblea per contro
è decisamente mistificatrice: da l’impressione di un’immediata partecipazione diretta, ed è invece il luogo tipico in cui una minoranza decisa e abile conduce come vuole e dove vuole”.
Si rivolge, come abbiamo detto, contro la partecipazione al governo delle Università: “Che le Università siano degli studenti, come spesso si è sentito ripetere nelle settimane scorse, è affermazione compassionevole prima che eversiva. Le Università sono dei professori, non sono degli incaricati né degli assistenti, non sono degli studenti. Sono del popolo italiano nella sua globalità” 32.
Ma Lombardi non era, come si potrebbe pensare, un intellettuale fuori dal mondo, egli viveva con spirito propositivo il clima di rinnovamento degli anni Sessanta: “Uomini del ventesimo secolo, ringraziamo la Provvidenza di averci fatto vivere negli anni Sessanta, nella esaltante certezza che ciascuno di noi può e deve essere protagonista - come singolo e come membro di gruppi - nella grande avventura di liberazione o di asservimento che si sta giocando nel mondo”33. Della cultura della partecipazione egli traeva gli aspetti positivi nel lungo attivismo per la promozione di un referendum sul divorzio. La sua preoccupazione risiedeva piuttosto nelle derive che questa grande partecipazione avrebbe potuto determinare. Anche la battaglia contro il divorzio non fu una battaglia religiosa o fondata esclusivamente su questioni teologiche. Infatti, mentre per i cristiani 1’esistenza o meno di una legge sul divorzio non cambiava in nulla il principio dell’indissolubilità del matrimonio, le argomentazioni di Lombardi riguardavano il
32 Tutte le dichiarazioni di Lombardi sono prese da Roberto Pertici, Le ragioni degli altri: Gabrio Lombardi e la questione del divorzio, in “Ventunesimo Secolo”, cit, pp. 9.32.
carattere morale di questa scelta, il venir meno dell’idea di un impegno definitivo, l’inculcare negli uomini e nelle donne la sensazione che l’impegno, qualsiasi tipo di impegno, potesse essere saltuario.
L ’analisi di Lombardi sugli interi anni Sessanta appare oggi, alla luce degli effetti della contestazione sulla società italiana, piuttosto attuale. E l’analisi di un cattolico lucido nei giudizi, scevro da condizionamenti e capace di guardare gli effetti della “contestazione globale”.
Le sue analisi rappresentano, oggi, uno specchio abbastanza fedele della società post-sessantottina.
Annali Storici di Principato Citra IX, 2, 2011, pp. 165-175
Stefano De Divitiis