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5 1800-1802: la Rivoluzione tardiva della scuola piemontese

6. La breve autonomia della scuola sabauda

La Commissione esecutiva, insieme con il primo e poi con il secondo Jury d’instruction publique, mise mano alla più sostanziale opera di riforma del sistema scolastico piemontese di tutta l’epoca rivoluzionaria e non solo. Non vi fu ordine di scuola al quale, tra la fine del 1800 e il 1802, gli uomini del governo e delle commissioni scolastiche non pensarono. Essi godevano di una serie di circostan- ze favorevoli: l’appoggio di Jourdan, innanzitutto, sinceramente interessato a modificare la scuola sabauda, non tanto per amore della cultura, ma piuttosto per guadagnare credito agli occhi del Primo Console; quindi, la mancanza di un preciso orientamento scolastico ed educativo da parte del governo parigino, in una fase politica ancora incerta. Non a caso, infatti, non appena divenne ufficiale l’annessione del Piemonte alla Francia e il potere di Bonaparte fu consolidato a sufficienza da permettergli di dedicarsi alla costruzio- ne del suo impero, le opportunità per Torino di proporre riforme e cambiamenti si ridussero drasticamente; in terzo luogo, tra gli anni nono e undicesimo dell’età rivoluzionaria, in Piemonte si registrò un grande e sino allora sconosciuto interesse per l’istruzione.

La testimonianza più evidente di tale anelito è la nascita della

Société libre d’instruction de Turin, fondata il 5 giugno 1801 (16 pra-

tile anno 9) con l’esplicito intento di contribuire al miglioramento della qualità e della diffusione dell’istruzione pubblica. Essa racco- glieva intellettuali di tutti gli orientamenti ideologici e culturali, da conservatori come Galeani Napione a “repubblicani” convinti come Giulio e Vassalli Eandi. Basta scorrere l’elenco dei soci della

Société libre d’instruction per accorgersi che era composta da uomini

che, a vario titolo, già prima della Rivoluzione avevano mostrato spiccati interessi pedagogici in qualità di redattori dei periodici scientifici e letterari, come Giulio e Giobert, piuttosto che come membri dell’Accademia delle Scienze e della Società di agricoltura, come Valperga Caluso, Buniva e Vassalli Eandi. E poi c’erano anche molti di quelli che si stavano occupando attivamente di scuo- la, sia in qualità di docenti di scuola secondaria, come Revelli, sia come autori di manuali scolastici, come Somis.

L’arrivo della Rivoluzione offriva loro l’opportunità non soltan- to di intervenire in prima persona nella definizione di modelli poli- tici, culturali e sociali che meglio rispondevano alle convinzioni elaborate negli anni precedenti, ma anche di dare nuova applica- zione alla propria vena filantropica e pedagogica.

È probabile che la Société abbia avuto vita breve ed effimera, come sostiene Tommaso Vallauri e come sembra attestare l’assenza di documentazione sulla sua attività, se si fa eccezione per il verba- le della prima seduta.124Tuttavia, la sua stessa fondazione dimostra

che, durante la breve esperienza rivoluzionaria, in Piemonte si rea- lizzò un’ampia convergenza di interessi e di speranze nei confron- ti dell’istruzione, originati da una fase storica che sembrava final- mente permettere riforme e innovazioni sino a quel momento solo auspicate e suggerite a bassa voce.

Come ultimo fattore, non va sottovalutata la libertà d’azione della Commissione e del Jury: in effetti, gli uomini al governo erano tutti (con l’eccezione di Carlo Giulio, che non sedette in questo periodo nella commissione scolastica) interamente estranei al mondo dell’università e della scuola e, quindi, svincolati da inte- ressi o da lobbies.

I primi, significativi, interventi ebbero per oggetto l’Università di Torino e mirarono a modificarne sia l’impianto formativo e cul-

124. Cfr. T. Vallauri, Storia della Poesia in Piemonte, Torino, Chirio e Mina, 1841, t. ii, p. 293 nota 1. Più affidabile è il volumetto Société libre d’instruction de Turin, pro-

cès verbal d’ouverture, Turin, de l’Imprimerie Nationale, s.d. in cui sono riportati i

nomi dei 18 membri che la componevano: Giulio (presidente), Vassalli (vicepresiden- te), La Boulinière (segretario perpetuo), Caluso (segretario ordinario), Buniva, Bon- vicino, Giobert, Turina, Regis, Giorna, Dana, Napione, Revelli, Mablino, Marenco, Somis, Bottone, Cridis.

turale sia l’organizzazione e l’amministrazione. L’Ateneo venne ufficialmente riaperto il 15 novembre 1800 (24 brumaio anno 9), e a pronunciare solennemente il discorso inaugurale fu proprio Carlo Bossi, presidente della Commissione Esecutiva.125Intanto, il

18 ottobre, giorno in cui vide la luce il primo Jury, la stessa Com- missione Esecutiva aveva approvato la “pianta” degli insegnamen- ti, con una significativa riduzione delle Facoltà, trasformate in Scuole Speciali.126 Tra le novità di maggiore rilievo vi era la sop-

pressione delle cattedre di teologia, che però vennero riportate in vita poco più di un mese dopo, il 1° dicembre (10 frimaio anno 9). I musei universitari vennero non solo conservati, ma accresciuti: oltre al Giardino Botanico furono istituiti il Museo di Storia Natu- rale, il Museo di Pittura e di Scultura e il Museo d’Antichità.

Altra novità di rilievo fu la creazione della Scuola Speciale di veterinaria, presso il Castello del Valentino, il 19 dicembre 1800 (28 frimaio anno 9), con l’obiettivo abbastanza esplicito di andare in aiuto alle truppe francesi, costantemente alle prese con i proble- mi dei cavalli e degli animali impiegati nell’esercito. Nel mese di piovoso, poi, furono pubblicati i programmi di insegnamento e le indicazioni didattiche per tutte le Scuole Speciali.127

Poco mutò, invece, riguardo ai programmi d’esame e alle modalità per il conseguimento dei titoli accademici, che continuarono a essere affidati al controllo dei collegi professionali, a essere sottoposti a iter burocratici complessi e a prevedere costi tutt’altro che esigui.128

Anche nella gestione amministrativa dell’Ateneo le innovazioni furono di non poco conto. Con lo stesso decreto che riportò tempo-

125. Raccolta, vol. ii, pp. 81-83.

126. S. Giraud, Mémoires sur l’état et l’organisation de l’Instruction publique dans la

27edivision militaire, suivis de l’extrait d’un rapport présenté à l’administration générale

par le conseil de l’instruction publique, en Thermidor an X, par le citoyen Giraud, Directeur

du collège national, membre du Jury d’instruction publique, Turin, de l’Imprimerie Natio-

nale, an xi, p. 17.

127. F. Brayda, C. Botta, S. Giraud, Anciens membres du jury d’instruction publique de la 27edivision militaire, Vicissitudes de l’instruction publique en Piémont

depuis l’an VIIjusqu’au mois de ventôse an XI, Turin, De l’imprimerie de Felix Buzan, an xi, p. 16.

128. Si vedano a tale proposito le indicazioni riportate nel Règlement pour les exa-

mens publics del 18 febbraio 1801 (26 germinale anno 9) (Vicissitudes, cit., p. 4;

S. Giraud, Mémoires, cit., p. 18) e nelle Tarifs des émoluments pour la collation des grades

raneamente in vita gli insegnamenti di teologia, il 1° dicembre 1800, venne assunto un provvedimento di estrema importanza, ovvero la creazione dell’Amministrazione economica dell’Ateneo, a cui venne affidato l’incarico di gestire la contabilità dell’Università.129

Per rimettere in funzione lo Studio torinese, il 15 febbraio 1801 (26 piovoso anno 9), si procedette alla ridefinizione e all’incremen- to del suo patrimonio, attraverso la concessione di numerosi beni, tra cui quelli del Seminario di Torino, del collegio dei Missionari, del convento dei Minimi di san Francesco da Paola, della Certosa di Collegno, dell’Abbazia di Casanova e dei possedimenti dell’Or- dine Mauriziano a Stupinigi e a Vinovo. Si passò, così, da un patri- monio che il Jury stimava per il 1799 in 196 480 lire a 545 242 lire.130 Il Collegio Nazionale e l’Accademia Nazionale vennero

aggregati all’amministrazione finanziaria dell’Università, portando in dote le loro rendite.

Un discorso a parte va fatto a proposito degli stipendi, che sotto il governo francese aumentarono sensibilmente: quello dei professori universitari passò da un massimo di 2000 lire, attribuito in Antico Regime a una piccola percentuale di docenti, a una cifra compresa tra 2400 e 3000 franchi, in base alla durata del corso (il provvedi- mento fu ratificato il 25 marzo 1801, 4 germinale anno 9). Significa- tivo, seppur graduale, fu anche l’aumento degli emolumenti dei docenti degli altri ordini di scuola, tradizionalmente mal remune- rati dal governo sabaudo e costretti alla perenne ricerca di fonti di guadagno integrative, attraverso lezioni private e ripetizioni.

È innegabile che le condizioni di lavoro degli insegnanti delle secondarie e dell’Ateneo migliorarono in epoca francese. Del resto,

129. L’amministrazione economica dell’Ateneo venne sostituita, nel gennaio del 1802 (26 piovoso anno 11), dal Conseil supérieur de l’Athénée, composto dai presidenti di tutte le istituzioni afferenti, ovvero dal presidente del Jury d’instruction publique, dell’Ac- cademia nazionale, della Società agraria, del Consiglio di salute pubblica e dal governa- tore del Collegio delle Province. Il Consiglio Superiore si proponeva di verificare la contabilità e stabilire la ripartizione dei fondi tra le varie istituzioni culturali che gode- vano degli stessi fondi dell’Università, in particolare del Pritaneo Nazionale. La creazio- ne del Conseil non va considerata come l’opera di Botta, Brayda e Giraud, quanto piut- tosto di Menou, subentrato nel frattempo a Jourdan, che attraverso il Conseil intendeva proprio tenere sotto controllo l’operato della Commissione d’istruzione pubblica.

130. anp, Instruction publique, F/17/1613, Académie de Turin, Domaines, rentes et

bastò equiparare il trattamento dei professori piemontesi a quello dei loro colleghi in Francia. Il fatto, però, che la Commissione ese- cutiva abbia provveduto assai per tempo a elevare i salari, in un momento in cui la situazione finanziaria dello Stato era tutt’altro che florida, sembra attestare la volontà, oltre che di porre rimedio a una situazione da tutti descritta come ingiusta, di ricompensare una categoria professionale in larga parte favorevole al governo e alla Rivoluzione. In Antico Regime lo stipendio più elevato ammontava a 600 lire per i docenti meglio pagati, ovvero quelli di teologia e filosofia. I salari scendevano ulteriormente quando si trattava degli insegnanti di retorica (che guadagnavano in media 500 lire), di umanità (400 lire) e grammatica (350 lire). Lo stipen- dio di un professore era equiparabile a quello di un impiegato pub- blico di basso livello, come ufficiali subalterni e uscieri. Bisogna anche tenere conto del fatto che, nonostante le reiterate proteste e le giustificatissime richieste di aumento, gli stipendi non erano mai stati ritoccati nel corso degli ultimi 40 anni.131

I traitements dei professori dei collegi superiori di Torino, nell’an- no dodicesimo, oscillavano da 600 a 2250 franchi, in relazione all’an- zianità e agli incarichi ricoperti. Essi vennero ritoccati in maniera significativa l’anno successivo e salirono a 800 franchi per i professo- ri di 6ae 5ae a 1300 per il docente di retorica. Ad essi andava aggiun-

to anche l’alloggio, presso il Collegio del Carmine.132Molto più bassi

erano i salari dei docenti dei quattro collegi inferiori, che andavano dai 330 franchi dei maestri elementari ai 495 franchi degli insegnan- ti di francese e di prima, ai quali andavano aggiunti da 100 a 150 franchi come indennità d’alloggio.133Essi vennero portati nel 1805 a

400 franchi per i maestri di prima e a 500 per quelli di terza.

Ben diverse erano le somme percepite dagli insegnanti che pre- stavano servizio nei licei: nel 1810, il professore di retorica sarebbe

131. Sui salari dei professori piemontesi in Antico Regime, oltre che sulla loro for- mazione, cfr. M. Roggero, La scuola secondaria nel Piemonte di Vittorio Amedeo II e

Carlo Emanuele III: crescita ed involuzione di un modello innovativo, in “Bollettino Stori-

co Bibliografico Subalpino”, 72, 1974, pp. 449-518.

132. asct, Carte di epoca francese, categoria 32, Istruzione pubblica, cartella 116,

Extrait des registres des arrêtés de la préfecture du Po, 21 nivose an XIII.

133. asct, Carte di epoca francese, categoria 32, Istruzione pubblica, cartella 116,

Tableau des professeurs des écoles sécondaires et primaires de la ville de Turin, avec le montant de leurs traitements annuels, anno xii.

arrivato a percepire 2000 franchi (contro i 1300 del collega del col- legio), quelli di umanità, matematica e fisica 1800, quello di gram- matica 1500 e il maestro elementare 800, esattamente il doppio dei suoi omologhi delle scuole cittadine.134

Significativi furono pure gli interventi relativi all’ex Collegio delle Province: sotto l’energica guida di Sebastiano Giraud, il Pri- taneo divisionario venne spostato dal palazzo di via Accademia delle Scienze al più ampio monastero del Crocefisso, in piazza Car- lina. Vennero riportate in vigore le norme stabilite nel 1799, salvo quella relativa alla conoscenza del latino da parte degli aspiranti borsisti, chiamati nuovamente a darne prova per essere ammessi alle piazze di qualunque facoltà. Benché i nuovi regolamenti ricor- dassero molto da vicino quelli di Antico Regime a proposito del- l’ordine e della disciplina, i criteri di selezione dei borsisti erano legati all’ingegno e all’attaccamento al governo e non alla prove- nienza geografica. Inoltre, fu introdotta una lezione quotidiana sugli avvenimenti politici coevi, con evidenti fini di indottrinamen- to ideologico. Anche la distribuzione delle piazze tra le facoltà mutò, naturalmente in favore di Medicina e Chirurgia e di Mate- matica, care al governo torinese come a quello parigino, mentre furono soppresse quelle di Teologia.135

Sebbene non rappresentassero il principale oggetto d’interesse dell’Amministratore generale e dei Jury, anche le accademie rientra- rono nei piani di riforma del governo repubblicano. Non era certa- mente possibile, infatti, trascurare il peso politico e sociale di molti dei loro componenti, che, tra l’altro, avevano accolto con favore la Rivoluzione. Inoltre, alla luce delle pionieristiche esperienze dei fisiocrati francesi e delle teorie di molti Illuministi, era impossibile non integrare le accademie in un “piano di pubblica educazione”. Per di più, era innegabile che proprio l’Accademia delle Scienze costituisse il fiore all’occhiello del sistema culturale sabaudo, grazie alla fama dei suoi membri e alle ramificazioni che la mettevano in contatto con tutta l’Europa per mezzo dei corrispondenti.

134. asct, Carte di epoca francese, categoria 32, Istruzione pubblica, cartella 124, État

des emplois du Licée de Turin, s.d. ma probabilmente del 1810.

135. Per una più approfondita descrizione delle vicende del Collegio delle Provin- ce tra il 1800 e il 1802 rimando ancora una volta a M. Roggero, Il sapere e la virtù, cit., pp. 185-195.

Da società privata, pur dotata dell’approvazione e del sostegno del re, l’Accademia delle Scienze venne trasformata in ente pubbli- co, con il nome di Accademia Nazionale. Il nuovo regolamento, emanato il 25 ottobre del 1800 (3 brumaio anno 10), introdusse all’interno dell’Accademia Nazionale la distinzione in due classi, una di scienze esatte e l’altra di scienze morali, economiche e poli- tiche. L’Accademia riprese i suoi lavori il 17 gennaio 1801 (27 nevoso anno 9), dopo avere subito l’epurazione dei soci più legati alla monarchia.136

In ogni caso, grazie al decreto del 13 aprile 1801 (23 germinale anno 9), la storica istituzione culturale torinese venne a godere di un patrimonio assai più considerevole rispetto a quello precedente. Come per l’Università, anche nei riguardi dell’Accademia la Com- missione esecutiva mise in atto una politica generosa, caratterizza- ta da un’ampia concessione di beni. La stessa strategia venne attua- ta nei confronti dell’Accademia di agricoltura, riportata in vita con

arrêt del 1801 (9 piovoso anno 9), e dell’accademia degli Unanimi,

che venne trasformata in ente pubblico con il nome di Accademia subalpina di storia e belle arti (15 marzo 1801, 24 ventoso anno 9). Che la politica nei confronti delle accademie torinesi rispondes- se a logiche culturali e pedagogiche ben definite è attestato con particolare evidenza dal progetto, approvato per legge il 5 marzo 1801 (14 ventoso anno 9), ma solo in parte realizzato, di trasforma- re l’ex Collegio dei Nobili in Palazzo delle Scienze, che avrebbe dovuto ospitare non solo l’Accademia delle Scienze, collocata da tempo nell’ex scuola gesuitica, ma tutte le accademie cittadine, affiancate dalle scuole di scultura e disegno, oltre che dai Musei di storia naturale e dell’università.

136. Sulla storia dell’Accademia delle Scienze in età francese cfr. i saggi raccolti in

I due primi secoli della Accademia delle scienze di Torino. Atti del convegno, 10-12 novembre 1983, Torino, Accademia delle Scienze, 1985-1987, 2 voll.; M. Cerruti, Le buie trac-

ce. Intelligenza subalpina al tramonto dei Lumi, Torino, Centro studi piemontesi, 1988;

G.P. Romagnani, Archeologia, erudizione e storia. Le origini della classe di scienze morali,

storiche e filologiche, in Tra società e scienza. 200 anni dell’Accademia delle Scienze di Tori- no. Saggi, Documenti, Immagini, Torino, Allemandi, 1988, pp. 52-61; sulle vicende di

età rivoluzionaria, nel contesto delle altre istituzioni culturali torinesi cfr. M. Violar- do, Istituzioni culturali, circoli intellettuali, editori, almanacchi, in Storia di Torino, vol.

vi, La città nel Risorgimento (1798-1864), a cura di U. Levra, Torino, Einaudi, 2000, pp. 201-227.

La creazione del Palazzo delle Scienze rientrava a pieno titolo in una strategia di utilizzo del territorio urbano a fini educativi, al pari della riorganizzazione della città in sezioni e dei progetti di riutiliz- zo di alcuni spazi. Identici obiettivi si propose Anton Maria Vassalli Eandi, il quale, sempre nel 1801, predispose una carta topografica di Torino dividendola in quattro aree, tante quante erano i continenti all’epoca riconosciuti. Alle vie venivano assegnati i nomi degli stati del continente, mentre le piazze erano dedicate agli uomini “che specialmente si distinsero pel loro zelo del ben pubblico”.137

È in questi progetti, anche se mai realizzati compiutamente, che è più evidente l’influenza dei dibattiti sull’istruzione e sulla costru- zione dell’opinione pubblica dell’età dei Lumi. Le stesse finalità ideologico-politiche e la medesima, sincera, fiducia illuministica nell’educazione sembrano aver dettato soprattutto le riforme delle scuole primarie e secondarie. Non c’è dubbio, infatti, che quelle su cui il governo repubblicano investì la maggior parte delle sue ener- gie furono le scuole definite in Antico Regime “fuori dall’Universi- tà”. Fu, tuttavia, quello l’ordine di scuola che, alla fine dell’esperien- za repubblicana, rivelò tutti i limiti di una politica incerta e incon- gruente, prigioniera com’era delle circostanze belliche e politiche. Però, proprio l’interesse per l’istruzione popolare costituisce la prova più salda della fiducia della Commissione esecutiva e del Jury

d’instruction publique nelle potenzialità dell’istruzione, intesa come

strumento per la crescita e la salvaguardia della repubblica e, dun- que, da diffondere anche tra gli strati più bassi della popolazione. Come era successo già in Antico Regime, gli interventi non riguardarono tanto l’impianto scolastico, quanto piuttosto i conte- nuti e i metodi dell’insegnamento. Non venne, infatti, modificata l’impostazione attribuita alla scuola sabauda dalla legge del 27 frut- tifero anno 8, ma venne più volte reinterpretata alla luce di pro- grammi d’insegnamento anche molto diversi tra loro.

Una volta sancita l’esistenza della scuola prima, composta da 5 anni, e della scuola seconda, che sostituiva di fatto le classi com- prese tra la grammatica e la filosofia, bisognava stabilire un piano

137. Della carta, che non sono riuscito a rintracciare, parla lo stesso A.M. Vassal- liEandinel Saggio sopra l’educazione e l’istruzione pubblica del professore Vassalli Eandi, conservato manoscritto in ast, Corte, Istruzione pubblica, Scuola per geometri e carte

di studi che fosse, allo stesso tempo, funzionale alla formazione del cittadino, rispettoso delle capacità di apprendimento degli studen- ti, ma anche atto a raccogliere le indicazioni prodotte dalla Com- missione per la valutazione dei libri di testo.

Il primo tentativo in questo senso venne compiuto attraverso una

Instruction provisoire d’enseignement dans les écoles premières et secondes

proposta dal Jury d’instruction publique e approvata dalla Commis- sione Esecutiva il 13 brumaio anno 9 (4 novembre 1800).138 Per

quanto riguardava la scuola elementare, le differenze più rilevanti rispetto al passato erano rappresentate dall’assenza del latino e dalla sostituzione della religione con i diritti e i doveri del cittadi- no. Per il resto, poco mutava nei piani di studio, che prevedevano lettura e scrittura, grammatica italiana, morale, aritmetica, istitu- zioni sociali, esercizio di stile in italiano. Costituiva un’innovazio- ne – probabilmente destinata ad avere scarsa applicazione – la pre- scrizione ai comuni più ricchi e che potevano permettersi due mae- stri di destinarne uno all’insegnamento dell’agronomia pratica e della storia naturale.

Ma la vera novità consisteva nel fatto che per la prima volta veni- va introdotto in Piemonte il metodo normale, nell’applicazione del quale i maestri avrebbero dovuto essere agevolati dai nuovi libri sele- zionati dall’apposita Commissione. L’Instruction provisoire, infatti, ordinava ai maestri piemontesi di utilizzare per la prima alfabetizza- zione il Primo e il Secondo Libro di Giambattista Somis,139oltre ai non 138. Il testo integrale dell’Instruction provisoire d’enseignement dans les écoles premières

et secondes dans les communes du Piémont et chef lieux d’arrondissements proposée par la Com- mission et le Jury d’instruction publique et approuvée par la commission exécutive le 13 bru- maire an 9 de la République française è riportato nei Mémoires sur l’état et l’organisation de l’instruction publique di Sebastiano Giraud (pp. 51-58), che la annoverava come una