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La scuola piemontese alla ricerca della sua identità

1. La fine dell’indipendenza

Che l’esperienza rivoluzionaria fosse ormai giunta al termine e che Bonaparte avesse bisogno di interlocutori ben diversi da quelli utiliz- zati sino a quel momento dal governo francese è dimostrato dal fatto che, il primo dicembre 1802, Jourdan fu rimosso dal suo incarico. Gli osservatori coevi capirono immediatamente che l’allontanamen- to dell’Amministratore generale dipendeva non dal fatto che era stato nominato Consigliere di Stato, ma dalla sua vicinanza ai circo- li repubblicani, anche perché il suo sostituto, Jacques François Bous- say de Menou, aveva invece fama di “accarezzare preti e nobili”.1

Il periodo di interregno venne gestito da Charbonnière, sécretai-

re général chargé provisoirement de l’administration générale della 27a

Divisione Militare. Fu Charbonnière a occuparsi di eliminare dagli incarichi di responsabilità gli uomini che avevano collaborato con Jourdan. Per la verità, non ne erano rimasti molti, anche perché, come abbiamo visto, in Piemonte la componente filo-annessionista e favorevole ad accogliere le riforme proposte da Parigi era tutt’al- tro che numerosa. I più convinti sostenitori dell’ex Amministrato- re generale erano proprio i membri del Jury d’instruction publique, che Charbonnière si premurò di giubilare.

Poiché non sarebbe stato facile riuscire a dimostrare che Botta, Brayda e Giraud avevano lavorato male, dato l’impegno che essi

1. Cfr. Raccolta, vol. xi, pp. 79-80. Sulle ragioni della rovina di Jourdan è partico- larmente esplicito G. Morardo, Memoria ragionata di fatti memorandi relativi all’Ate-

neo di Torino e Catalogo Storico di tutte le opere dell’autore, con molte interessanti notizie di storia patria, Torino, presso i principali libraj, anno xii, p. 63. Il giudizio su Menou è tratto, invece, da N. Bianchi, Storia della monarchia piemontese, dal 1773 sino al 1861, Torino, Bocca, 1880-1885, 4 voll., vol. iv, 1885, p. 7.

avevano profuso per adempiere al mandato ricevuto da Jourdan, il governatore ad interim scelse una strategia amministrativa, accu- sandoli di avere gestito in modo scorretto e privatistico i soldi destinati all’istruzione. Così, apparentemente senza motivi contin- genti, pochi giorni dopo la sua nomina, il 13 gennaio 1803 (22 nevoso anno 11), Charbonnière nominò una commissione straor- dinaria per la verifica della contabilità dell’Ateneo. Il 25 dello stes- so mese (4 piovoso anno 11), la stessa commissione fu anche inca- ricata “dell’esame del modo d’insegnare che ora si usa nell’Ateneo nazionale, egualmente nel Pritaneo della Divisione”, al fine di pro- porre “ove d’uopo, all’Amministratore generale intorno a tali oggetti quelle misure che crederà opportune”.2

Sebbene il nome di Jourdan non venisse mai pronunciato, anche perché non direttamente responsabile della contabilità dell’Ateneo, l’inchiesta ne metteva di fatto in forte dubbio l’operato e prelude- va a un prossimo cambio di orientamento da parte di Menou. Da subito, invece, chi si trovò nell’occhio del ciclone fu il Jury d’in-

struction publique, sospettato di avere distorto i fondi dell’Universi-

tà a fini personali e di averli amministrati in modo scorretto. Il 6 marzo (14 ventoso anno 11), ben prima che le indagini fosse- ro giunte a compimento, Charbonnière rimosse d’ufficio il Jury. Qualche giorno più tardi, il 5 aprile, Giraud fu anche destituito dall’incarico di direttore del Pritaneo.3 Botta, Brayda e Giraud

intrapresero una serrata autodifesa, sia producendo a Parigi i mate- riali che attestavano gli obiettivi e la trasparenza della loro politica, sia denunciando l’assenza di obiettività da parte della commissione d’inchiesta.

Il 10 marzo, i membri del Jury inviarono a Chaptal copia della corrispondenza ufficiale che avevano tenuto con Jourdan prima e con Charbonnière poi, oltre che con Parigi, al fine di dimostrare che non avevano mai agito senza il preventivo consenso del gover-

2. “Bollettino degli atti dell’amministrazione generale della 27a

Divisione milita- re”, n° 198, anno 11, pp. 196-199.

3. Cfr. Raccolta, vol. xi, p. 150. I materiali prodotti dall’inchiesta voluta da Char- bonnière e spediti a Parigi sono conservati in anp, Instruction publique, F/17/1603,

Académie de Turin, Organisation de l’instruction publique en Piémont, 1800-1813;

F/17/1604, Académie de Turin, Personnel de l’Université de Turin, 1803-1814 e F/17/1607, Académie de Turin, Organisation de l’instruction publique en Piémont, Athénée

no e soprattutto che non avevano compiuto quegli illeciti di cui erano accusati e per i quali, prima ancora di un verdetto definitivo, erano stati rimossi dal loro incarico. Lo sforzo di documentare la propria attività e la propria innocenza da parte dei triumviri della scuola subalpina fu intensissimo: quando ancora la situazione dove- va apparire salvabile, Giraud, da solo, compose i voluminosi

Mémoires sur l’état et l’organisation de l’Instruction publique dans la 27e

division militaire, provando a spiegare le ragioni che avevano ispira-

to la politica scolastica del Jury e di Jourdan;4dopo l’allontanamen-

to, il medico pinerolese diede alle stampe il bilancio del Pritaneo del 1802, al fine di renderlo pubblico e premurandosi di farlo avere anche a Parigi.5

Quindi, insieme con Botta e Brayda, cominciò a redigere un resoconto delle Vicissitudes de l’instruction publique en Piémont depuis

l’an VIIjusqu’au mois de ventôse an XI, che, però, non fece in tempo a

vedere pubblicate.6Il 19 settembre 1803 era, infatti, morto, proba-

bilmente schiacciato dal peso delle accuse formulate da quella che, in una lettera al Consigliere di Stato Laumond, aveva avuto modo di definire una “commission inquisitoriale”.7L’opera venne porta- 4. S. Giraud, Mémoires sur l’état et l’organisation de l’Instruction publique dans la 27e

division militaire, suivis de l’extrait d’un rapport présenté à l’administration général par le conseil de l’instruction publique, en Thermidor an X, par le citoyen Giraud, Directeur du col-

lège national, membre du Jury d’instruction publique, Turin, de l’Imprimerie Nationale,

an xi. Il discorso introduttivo di Giraud è datato 10 vendemmiaio anno 10.

5. Il bilancio del Pritaneo relativo all’anno accademico 1802-1803 è conservato in

anp, Instruction publique, F/17/1603, Académie de Turin, Organisation de l’instruction

publique en Piémont, 1800-1813.

6. F. Brayda-C. Botta-S. Giraud(Anciens membres du jury d’instruction publi- que de la 27e division militaire), Vicissitudes de l’instruction publique en Piémont depuis

l’an VIIjusqu’au mois de ventôse an XI, Turin, de l’imprimerie de Felix Buzan, an xi.

7. Giraud sembra essere stato preso di mira con maggiore astio da parte della Commissione d’indagine, rispetto a Brayda e Botta. Forse ciò fu dovuto al suo passa- to e al suo essere fuori dai canoni, oltre che al suo particolare impegno politico al fianco di Jourdan (era, infatti, anche membro del Consiglio generale del Dipartimen- to del Po). Egli scrisse accanite lettere di difesa e di denuncia della Commissione a Charbonnière (chiedendogli di sopprimerla, in quanto “se permet de prendre des informations sur mon compte étrangères à l’objèt de son institution”), a Menou e al Consigliere di Stato Laumond, il quale si trovava in missione a Torino. Le missive, datate rispettivamente 26 ventoso, 10 germinale e 16 germinale anno 11, sono conser- vate in anp, Instruction publique, F/17/1604, Académie de Turin, Personnel de l’Univer-

ta a termine dai membri superstiti dell’ex Jury, nell’ennesimo, vano, tentativo di confutare, per mezzo della documentazione ori- ginale, le imputazioni a loro carico.8

In realtà, non esisteva alcuna possibilità per Giraud, Botta e Brayda di conservare il proprio incarico, in quanto nessuno, a Tori- no come a Parigi, aveva interesse ad ascoltare le loro ragioni e ad approvare le loro strategie. È lo stesso Charbonnière a esplicitare questa situazione in una lunga relazione inviata alla capitale l’11 marzo 1803 (19 ventoso anno 11), pochi giorni dopo l’allontana- mento del Jury. L’Amministratore ad interim spiegava che, al momento della sua nomina, aveva raccolto moltissime lamentele a proposito del triumvirato e che per questo aveva nominato la Commissione d’inchiesta. Qualche tempo dopo, egli aveva ricevu- to una lettera di Menou, che si trovava ancora a Parigi anche se già investito del nuovo incarico, il quale lo informava di avere avuto notizia di abusi compiuti dal Jury, attraverso una serie di lettere provenienti da Torino.

Alcuni dei presunti abusi erano alquanto generici e non sareb- bero certo stati sufficienti a licenziare i responsabili: secondo le accuse, Giraud, che avrebbe dovuto essere controllato dal Jury, in qualità di direttore del Pritaneo, non poteva farne parte; egli, poi, era l’unico membro stabile del Conseil supérieur de l’Athénée, il cui controllo era, quindi, di fatto mantenuto dal Jury; inoltre, sembra- va che non esistesse alcun atto formale di nomina della Commis- sione scolastica; Charbonnière sosteneva anche che Botta, Brayda e Giraud si erano attribuiti uno stipendio troppo elevato (di 3100 lire) e avevano cumulato più funzioni e più retribuzioni, mettendo addirittura a repentaglio il pagamento delle pensioni dei docenti; infine, li incolpava di avere approfittato della loro posizione per procurare ad alcuni amici un posto all’Università.

Una sola era l’imputazione davvero grave: il sospetto che, per fare tornare i conti, gli amministratori della scuola piemontese avessero

8. Al pari dei Mémoires di Giraud, anche le Vicissitudes nascevano come raccolta ragionata di documenti. L’intento degli autori era, infatti, esplicitato sin dall’introdu- zione: “nous ne ferons point des suppositions hasardées; mais nous rapporterons des faits; nous ne dénoncerons point dans les ténèbres; mais nous mettrons le public dans la confidence de tout ce que nous avons opéré; nous ne déclamerons point; mais nous raisonnerons” (Ivi, pp. 4-5).

dichiarato più studenti di quanti non ce ne fossero in realtà. E fu proprio per verificare questa ipotesi che Charbonnière nominò la Commissione d’inchiesta. Tuttavia, la lettera del sostituto di Menou contiene anche un altro dei motivi della rovina del Jury: le reiterate lamentele dei professori universitari, secondo i quali “leur inique étude a toujours été d’humilier le corps respectable des professeurs, dont ils redoutaient les lumières. Ils ont toujours affecté dans leurs avis de les confondre avec les étudians, prenant toutes les mesures sans les prévenir, lançant des arrêtés contre quelques uns et leur fai- sant perdre ainsi journellement la confiance et le respect qu’ils doi- vent imprimer à leurs élèves. Le corps entier des professeurs a pré- senté sur cet objet des réclamations par écrit et par députation sur les vexations les plus odieuses et dont je pourrais vous transmettre les pièces originales”. Insomma, non si poteva tollerare la politica di discredito del corpo docente da parte del Jury, grazie alla quale l’ate- neo aveva perso la fiducia della popolazione, che ne disertava le aule. Era, quindi, proprio nei gradi più alti del sistema d’istruzione piemontese che si annidavano i più influenti nemici del Jury. I pro- fessori dell’Università di Torino trovarono un valido e motivato appoggio nella loro guerra al Jury nei rivali politici di Botta, Bray- da e Giraud, ovvero nei repubblicani ostili all’annessione alla Fran- cia. Insomma, è lecito sospettare che la decisione di sostituire gli uomini che sino a quel momento avevano guidato la scuola pie- montese non arrivasse da Parigi, ma che sia partita da Torino. Il Consolato non poté che approvare, dato che il discredito che stava per coprire l’operato del Jury avrebbe confermato di fatto i deme- riti di Jourdan. Inoltre, come i piemontesi avrebbero ben presto scoperto, Bonaparte individuava all’interno della classe dirigente di Antico Regime gli uomini a cui affidare il controllo delle nuove province, e per questo si sarebbe appoggiato alle aristocrazie loca- li, piuttosto che a coloro che avevano abbracciato con entusiasmo la causa repubblicana e filo-francese.9

Gli avversari interni del Jury e il governo parigino si trovarono, quindi, temporaneamente uniti nella guerra ai responsabili del sistema scolastico subalpino. Anzi, se la rimozione di Jourdan fu

9. Su questo tema insiste per spiegare la politica napoleonica D. Outram, Educa-

tion and Politics in Piedmont, 1796-1814, in “The Historical Journal”, 1976, n° 19,

senza dubbio opera di Bonaparte, l’epurazione di Botta, Brayda e Giraud dipese inequivocabilmente da Torino. A ispirarla e a gestir- la furono non solo gli avversari politici della Commissione scolasti- ca, ma anche una parte consistente di quanti ne avevano subito le decisioni, i docenti universitari e i membri delle accademie.

Non si può, infatti, trascurare che i triumviri della scuola pie- montese avevano governato senza mai coinvolgere i suoi rappresen- tanti più noti e influenti, i professori dell’Ateneo, che essi avevano concepito, non senza un po’ di spirito di rivincita, come semplici funzionari dello Stato, chiamati a eseguire quanto veniva prescritto loro. Una scelta infelice, oltre che discutibile sul piano politico, dato che buona parte delle attenzioni e degli interventi normativi del

Jury aveva riguardato proprio l’Ateneo torinese. Analoga avversione

se l’erano procurata presso i membri dell’Accademia delle Scienze, con l’epurazione di molti autorevoli soci legati ai Savoia.

È indubbio, infatti, che il fallimento della Commissione vada attribuito in via prioritaria al suo isolamento politico e culturale in patria. Come aveva già messo in luce Vaccarino, nel Piemonte del 1803, Botta, Brayda e Giraud incarnavano la componente dei repubblicani più apertamente favorevole all’annessione del Pie- monte alla Francia e alla sua reale integrazione nella vita e nella cultura d’Oltralpe.10Tale orientamento politico si trovò in condi-

zioni di assoluta minoranza tra i repubblicani sabaudi dopo la cadu- ta di Jourdan. Non a caso, la commissione incaricata di giudicare l’operato del Jury era composta da convinti sostenitori della causa indipendentista, come Cavalli, Dal Pozzo, Negro e il sindaco di Torino Laugier, che avevano senza dubbio qualche conto da rego- lare con i filo-francesi.

Di fatto, poi, non si arrivò neppure a un giudizio definitivo sui presunti abusi del Jury. Quando, nel 1804, usci il Rapport de la com-

mission extraordinaire de l’examen des comptes de l’Athénée de Turin au général Menou,11 la vicenda era già chiusa da tempo: Giraud era

10. Cfr. G. Vaccarino, I giacobini piemontesi, vol. ii, cit., p. 887 e nota.

11. Rapport de la commission extraordinaire de l’examen des comptes de l’Athénée de

Turin au général Menou, Turin, par l’imprimerie philantropique, an xii. L’unico esem- plare che sono riuscito a rintracciare è quello che venne letto e approvato da Fourcroy e che è conservato in anp, Instruction publique, F/17/1607, Académie de Turin, Organi-

morto, Botta era stato cooptato all’interno del Corpo Legislativo a Parigi e Brayda era tornato a dedicarsi a tempo pieno al suo incari- co di giudice presso la Corte d’Appello di Torino. Insomma, i due membri sopravvissuti poterono procedere nelle loro carriere, a dimostrazione del fatto che le imputazioni mosse nei loro confron- ti non erano certamente troppo gravi.

Per di più il Rapport, completato sotto la direzione politica di Menou, che nel frattempo aveva assunto direttamente la guida della 27a Divisione Militare, gettava qualche ombra sul solo

Giraud, che nulla poteva più fare per difendersi. Pur non riuscen- do affatto a dimostrare i presunti illeciti, le inchieste della Com- missione furono solo in grado di documentare un eccesso di spese per il mantenimento degli studenti e del personale del Pritaneo. Non si faceva, invece, parola della contabilità dell’Università e degli altri ordini di scuola. Nonostante ciò, la bocciatura dell’ope- rato del vecchio Jury era comunque esplicita: infatti, il Rapport si dilungava sulla storia della scuola piemontese prima e dopo il 1798, insistendo sul fatto che nulla era mutato a livello di istruzione pri- maria e secondaria, tessendo gli elogi dell’organizzazione dell’Ate- neo di Antico Regime e auspicandone un pronto ristabilimento. Botta e Brayda non uscivano, quindi, compromessi dal procedi- mento d’inchiesta, ma ce n’era abbastanza per escludere ogni futu- ro coinvolgimento in questo genere di questioni. Del resto, gli imputati erano consapevoli del valore politico del processo e sape- vano anche che i loro avversari non avrebbero potuto spingersi troppo in là con le accuse, se non avessero voluto offrire ai france- si l’opportunità di assumere direttamente il controllo del sistema scolastico sabaudo. E neppure potevano anch’essi esprimersi trop- po liberamente per evitare lo stesso rischio, preoccupazione, que- sta, che li accomunava alla controparte.

È certo, allora, che i membri del disciolto Jury avrebbero sotto- scritto integralmente il giudizio formulato sulla Commissione d’in- chiesta da Gaspare Morardo, uno degli “amici” a cui essi avrebbe- ro trovato posto all’Università in qualità di storiografo, secondo il quale essa andava considerata un “monumento di spirito di partito, di mala fede, di squisita malizia, di somma impudenza e di maligni- tà grossolana; poiché ad ogni tratto vi si incontrano supposizioni false erronee ingiuriose, aperte menzogne, reticenze maliziose,