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5 1800-1802: la Rivoluzione tardiva della scuola piemontese

7. Sogni di riforma

Oltre ai numerosi disegni di legge con i quali si provò a modi- ficare il sistema scolastico ed educativo piemontese, nel periodo di governo del Jury d’instruction publique, si registrò anche la redazione del più articolato, ma anche del più utopico, dei piani di riorganizzazione del modello formativo sabaudo. Redatto nel- l’estate del 1801 da Pierre Toussaint de La Boulinière, all’epoca “chef de la division de l’intérieur», esso rimase lettera morta, condannato a giacere tra le carte del Ministero dell’Interno a Parigi a causa della sua pericolosa carica d’innovazione, ma anche per il suo scarso realismo.

Su La Boulinière non sappiamo molto, se non che era nato intorno al 1780 nel Limousin, a Saint Victurnien, ed era, quindi, conterraneo di Jourdan, che lo volle come suo segretario quando venne incaricato di governare il Piemonte in nome della Grande

145. L’arrêt del 25 vendemmiaio anno 10 annunciava la riapertura “per la seconda volta” dell’Università e del Pritaneo Nazionale per il 15 brumaio successivo, in segui- to alla pace stipulata tra Francia e Inghilterra (cfr. Raccolta, vol. vi, pp. 95-96). La cita- zione è tratta da p. 95.

146. Il provvedimento conteneva anche indicazioni più precise circa i classici da studiare, per i quali si rifaceva integralmente ai programmi in uso nelle scuole di Anti- co Regime. Oltre a raccomandare traduzioni da entrambe le lingue, prescriveva, però, di concentrarsi sui passi “ove si tratta di virtù, di eroismo, di Patria, di Libertà” (Rac-

Nation.147Su incarico dell’Amministratore Generale, nel 1801, La

Boulinière redasse un voluminoso Plan d’une statistique générale

pour les six départemens de la 27eme Division militaire, che avrebbe

dovuto servire da base teorica e metodologica per la raccolta dei dati relativi all’economia, alla popolazione e alla storia del Pie- monte.148

Pur ricoprendo un ruolo amministrativo e politico, La Bouliniè- re non rinunciò a occuparsi di cultura e di scuola in particolare. Si direbbe quasi che egli abbia gestito per conto di Jourdan le rela- zioni con i letterati torinesi, divenendo di fatto la voce dell’ammi- nistratore generale all’interno delle istituzioni formative e cultura- li subalpine. Sembrano dimostrarlo la sua nomina a segretario per- petuo della Société libre d’instruction e ancor più l’incarico di professore sostituto di francese presso l’Università.

Negli stessi giorni in cui il progetto di riforma della scuola redatto da La Boulinière veniva spedito a Parigi affinché fosse esa- minato, il 16 settembre 1801 (29 fruttifero anno 9), fu creata pres- so l’Università di Torino una cattedra di francese. Come gesto di cortesia, venne richiesto all’Institut de France di nominare un docente, ma il presidente Hubert Paschal Ameilhon scrisse a Jour- dan chiedendogli di segnalare una persona gradita al governo pie- montese. E il governo non si fece sfuggire l’occasione per segnala- re proprio il segretario del generale, che divenne così ufficialmen- te professore aggiunto.149

147. Nouvelle biographie générale. Depuis les temps les plus reculés jusqu’a 1850-60, Copen- hague, Rosenkilde et Bagger, voll. 27-28, 1967, coll. 401-2. La Boulinière morì a Étam- pes nel 1827, mentre ricopriva la carica di sottoprefetto. Medico, fu autore di alcune opere, specialmente di carattere storico, una volta rientrato in Francia. Nella Divisione dell’Interno, dov’era impiegato, rientravano l’istruzione pubblica, le belle arti e i teatri.

148. P. deLaBoulinière, Plan d’une statistique générale pour les six départemens de la

27emeDivision militaire (ci devant Piémont), publié par ordre du Général Jourdan, conseiller

d’État, administrateur général, auteur P. Laboulinière, chef de la division de l’intérieur dans l’administration générale, membre de plusieurs académies et sociétés savantes, Turin, de l’Im-

primerie Nationale, an xi. I principi a cui La Boulinière dichiarava esplicitamente di ispirarsi erano quelli dell’economia politica, che egli sperava di vedere applicati anche in Piemonte grazie alla collaborazione degli intellettuali e degli amministratori locali. 149. Da una lettera che La Boulinière scrisse a un destinatario non precisato, ma identificabile probabilmente nel Grand Maître dell’Università, si hanno notizie sia sulla carriera del letterato francese, sia sulle difficoltà che egli incontrò al momento della riorganizzazione del sistema universitario da parte di Napoleone (anp, Instruc-

È probabile che La Boulinière abbia sottoposto al vaglio dei lette- rati torinesi anche il suo Rapport et projet d’arrêté sur l’instruction publi-

que en Piémont prima di spedirlo a Parigi.150Questo, per lo meno,

viene affermato da Jourdan, che nella lettera d’accompagnamento precisava che il progetto era stato preventivamente approvato dai “savants les plus distingués de ce pays”, nonché da lui stesso.151

Sarebbe davvero interessante sapere chi furono quei “savants” che apprezzarono il progetto di La Boulinière e se il loro consenso fosse sincero o dettato da opportunismo. Forse il capo della divisione degli Interni l’aveva letto e discusso in seno alla Società libera d’istruzione o forse si era limitato a farlo conoscere al Jury d’instruction publique. Quello che è certo è che il piano che egli redasse non aveva nulla in comune con quelli ideati sino ad allora in Piemonte e nulla ebbe in comune con quelli che sarebbero stati predisposti in futuro.

È, quindi, pressoché certo che il merito della sua ideazione vada attribuito in larghissima parte proprio a La Boulinière e che gli eventuali lettori abbiano avuto un peso modesto nella redazione del progetto. Maggiori responsabilità vanno, invece, attribuite ai piemontesi in merito al Rapport che precedeva il piano vero e pro- prio. Esso era volto a tracciare la storia delle istituzioni scolastiche e formative del Piemonte, dalla loro nascita sino all’arrivo della

tion publique, F/17/1604, Académie de Turin, Personnel de l’Université de Turin, 1803- 1814). Nella lettera, spedita da Torino il 14 brumaio anno 14, La Boulinière spiega

che grazie a Jourdan sei anni prima aveva cominciato la carriera amministrativa, prima come vice poi come capo della divisione dell’Interno. Poi, nel 1801, su segnalazione del Jury d’instruction publique, era stato nominato professore aggiunto all’Università presso la cattedra di letteratura francese. Ora chiedeva di poter rientrare nell’ammini- strazione o di conservare l’incarico all’Università per non rimanere senza risorse. È probabile, però, che egli abbia subito, con qualche anno di ritardo, gli effetti dell’epu- razione del suo protettore Jourdan, e che sia stato giubilato, come dimostra il fatto che dal 1806, non risulta più tra il personale dell’Ateneo e negli anni successivi i bio- grafi lo segnalano in Francia.

150. anp, Instruction publique, F/17/1603, Académie de Turin, Organisation de l’in-

struction publique en Piémont, 1800-1813, Rapport et projet d’arrêté sur l’instruction publi- que en Piémont, présenté à l’Administrateur général par P. La Boulinière, chef de la division de l’intérieur, le 1erjour complémentaire an 9 (22 Settembre 1801). Una copia è conser-

vata in anp, Instruction publique, F/17/1604, Académie de Turin, Personnel de l’Univer-

sité de Turin, 1803-1814.

151. anp, Instruction publique, F/17/1604, Académie de Turin, Personnel de l’Univer-

sité de Turin, 1803-1814. La lettera di Jourdan al ministro dell’Interno a Parigi è data-

Rivoluzione e doveva servire a dimostrare che la scuola e l’istruzio- ne avevano nell’antico Regno di Sardegna un’importanza e un pre- stigio non comuni, e che era necessario salvaguardarle e incremen- tarle per mezzo di un opportuno provvedimento di legge. A questo doveva, appunto, provvedere il Projet d’arrêté sur l’instruction publi-

que en Piémont.

Sin dai presupposti teorici della proposta, il funzionario france- se dimostrava di conoscere bene il contesto culturale destinato a riceverla: se, infatti, da un lato, il modello scolastico elaborato da La Boulinière intendeva realizzare anche in Piemonte una certa uguaglianza formativa, nel senso che tutti i cittadini avrebbero avuto in via di principio le stesse opportunità di accedere all’istru- zione, dall’altro si sforzava di tranquillizzare i piemontesi circa la salvaguardia dell’ordine sociale, in cui avrebbero continuato a esse- re ben distinti amministratori e amministrati.

Per questo, recuperando la proposta formulata da Chaptal il 12 agosto 1800 (18 brumaio anno

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) e mai divenuta testo di legge, e coniugandola con gli aspetti più innovativi della legge del 3 bru- maio anno

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, all’epoca ancora in vigore in Francia, La Boulinière prevedeva tre ordini di scuola: municipale, comunale e speciale. L’accesso ai differenti tipi di scuola variava non in base alla prove- nienza sociale degli studenti, ma alle possibilità future di accedere a differenti livelli di responsabilità e impegno sociale e politico. Se tutti, almeno in teoria, avrebbero potuto partecipare all’ammini- strazione municipale, pochi sarebbero arrivati a quella comunale e pochissimi a quella nazionale.

Distinguere gli ordini di scuola in rapporto al futuro impegno politico degli studenti non avrebbe significato, secondo La Bouli- nière, spingere tutti i cittadini verso ruoli direttivi, in quanto “si tous étoient administrateurs, il n’y auroit plus d’administrés”. Nep- pure, però, prevedere differenti livelli di formazione significava negare l’uguaglianza tra gli uomini, in quanto in natura “l’égalité de fait n’existe surement pas, et n’existera jamais”. Uguaglianza non vuol dire, infatti, “monotonie”, ma “consiste en ce que tous jouissent des mêmes droits civils et des mêmes droits politiques et soient appelés par la loi aux mêmes emplois, et, par une juste et nécessaire conséquence, au même degré d’instruction”.

Al fine di non entrare in discorsi politicamente rischiosi, il segre- tario di Jourdan sceglieva, quindi, di sottolineare non le conseguen-

ze politiche dell’istruzione obbligatoria, ma quelle soggettive e indi- viduali, più neutre e largamente condivisibili: il presupposto era che “dans l’état actuel des choses, tous les citoyens jouissent des mêmes droits civils et politiques, tous sont appelés par la loi à remplir les mêmes emplois, mais tous ne sont pas appelés au même degré d’in- struction”. Per giungere al “complément de notre heureuse Révolu- tion” ci sarebbe voluta “une réforme totale de l’éducation, qui, devenant réellement nationale, y feroit participer tous les citoyens de cette grande République, offriroit à chacun les moyens de déve- lopper les facultés dont la nature lui a fait présent, sans égard aux distinctions sociales, et réaliseroit par là l’espoir philosophique de voir le citoyen issu de parents obscurs mériter et obtenir un rang distingué dans la République par les services que ses facultés et son instruction lui permettent de rendre à la Patrie, tandis que par un contraste très utile sans doute le fils du citoyen distingué, privé des moyens qui firent de son père un grand soutien de l’état, prendroit place selon ses facultés dans les rangs inférieurs de la société!”.

Era difficile, allora, non condividere la denuncia di La Bouliniè- re, secondo cui “les rapports d’amitié, les affections de la parenté, sont souvent en opposition avec les devoirs du citoyen et la pro- spérité de l’état”. E non desiderare una reale meritocrazia, conside- rando il fatto che “nous serons encore loin du pur Républicanisme tant que la considération due aux citoyens illustres sera aveugle- ment déversée sur leurs fils, leurs parents, leurs amis, tant que les fonctions publiques leur seront indistinctement confiées, et nous n’aurons réellement fait autre chose que changer de dynastie dans la noblesse héréditaire”.

Coerentemente con questi presupposti, il funzionario francese poneva un’attenzione particolare sul primo grado di istruzione, quello municipale. Alle scuole municipali avrebbero dovuto essere iscritti tutti i bambini dai 6 ai 12 anni, per un totale di 6 anni di corso, divisi in tre bienni: nel primo si sarebbero insegnate storia naturale, fisica e storia sociale; nel secondo, arti utili (agricoltura nelle campagne e artigianato in città), morale, economia, elementi del patto sociale; nel terzo, leggere, scrivere ed elementi del calco- lo applicato all’agricoltura.

Secondo La Boulinière, “il faut multiplier le plus possible ces institutions qui, sans contredit, sont les plus importantes de toutes celles qui ont trait à l’instruction publique”, in quanto “un état

Républicain peut subsister sans savants, sans érudits, sans métaphy- siciens, il n’existera jamais sans hommes instruits de leurs droits et de leurs devoirs, sans citoyens”. La proposta di legge prescriveva, pertanto, che “les écoles municipales seront réparties de manière que l’instruction primaire soit possible pour tous”, e per questo prevedeva di fondare un istituto ogni 2000 abitanti (3000 per le città), oltre che nei borghi che distavano oltre due miglia dalla scuola più vicina.

L’estensore non poteva nascondere che il suo progetto necessita- va di maestri istruiti e di locali adatti e che, quindi, sarebbe costato caro. Si trattava, però, di una spesa necessaria per lo Stato, poiché “tant que les citoyens ne constitueront pas la plus grande partie de la nation, la versatilité présidera aux destinées de la République”. Di qui l’esigenza di avere una scuola in ogni villaggio, non in cen- tro, ma in campagna, dove, citando implicitamente Rousseau, La Boulinière sosteneva che gli studenti “auroient sous les yeux le grand livre dans le quel il convient de leur apprendre à lire”.

Nella pratica, però, il funzionario francese lasciava aperto il pro- blema del finanziamento, in quanto lo attribuiva agli stessi munici- pi, i quali avrebbero dovuto pure provvedere ad alloggiare i mae- stri. Nello stesso tempo, escludeva che i costi dell’istruzione potes- sero ricadere sulle famiglie, che si sarebbero rifiutate di pagare. Egli consigliava, così, di destinare alle scuole una parte delle tasse, senza però rendere nota tale destinazione dei soldi pubblici, al fine di evitare polemiche.

Molto più innovative erano le indicazioni relative ai programmi e alla didattica elementare, per le quali l’estensore del progetto di legge recuperava non solo la letteratura politica coeva, ma anche quella educativa e medica prodotta da Illuministi e Idéologues. Echeggiano nelle pagine manoscritte di La Boulinière le idee e tal- volta le parole stesse di Rousseau, di Condillac, di Tissot, di Con- dorcet e di Chaptal.

Mettendo insieme gli stimoli della letteratura politica rivoluzio- naria con quella scientifica e letteraria dei Lumi, il funzionario francese cercò di dotare di fondamenta salde il suo modello politi- co e ideologico di istruzione. Muovendo dal presupposto che “c’est dans les écoles municipales que doivent se former les citoyens”, non sarebbe bastato insegnare ai ragazzi lettura, scrittura, calcolo, “éléments du pacte social”, di cui normalmente gli abitanti dei vil-

laggi non sanno che farsi. Lo studente avrebbe dovuto, invece, stu- diare tutte quelle materie che potevano risultare immediatamente utili e interessanti, oltre che aiutarlo a sviluppare corpo e mente: quindi, si partiva dalla conoscenza empirica della geografia e della storia locale, dall’agricoltura, dalle arti e dal commercio, parago- nandoli con quelli di altri paesi, che conosceva solo teoricamente sui libri. Partendo proprio dalla pratica e dalla curiosità, si sarebbe, così, arrivati a insegnargli a leggere, a scrivere, a contare. Allo stes- so modo, l’alunno sarebbe stato introdotto alla conoscenza dei rap- porti sociali, dei suoi diritti e doveri, sperimentando in prima per- sona che il bene dello Stato riposa sulla “morale philantropique”.

Applicando il modello cognitivo elaborato da Condillac, La Boulinière suggeriva di basare ogni insegnamento sull’osservazio- ne, sulla riflessione e sull’organizzazione logica da parte del discen- te. Dal Traité des sensations, in particolare, egli raccoglieva uno sti- molo che all’epoca (come oggi, per la verità!) non ebbe la fortuna che avrebbe meritato: per favorire qualunque apprendimento è necessario “faire naître le désir” nell’alunno. Inoltre, rifacendosi alla trattatistica medica settecentesca, insisteva sulla necessità di dedicare una parte consistente della giornata scolastica alla ginna- stica e al gioco (lotta, corsa, pallone).

Sempre sulla scia di Condillac, La Boulinière sosteneva che le prime facoltà da esercitare erano la memoria e l’attenzione: per questo, prescriveva di partire dallo studio della storia naturale e della geografia, discipline “primordiales et fondaméntales”. A que- ste si sarebbe poi aggiunto il ragionamento, da sviluppare con la matematica e la fisica. Infine, storia e geografia politica. Su queste basi poggiava poi, da un lato, l’apprendimento di insegnamenti pratici, come l’agricoltura e le arti meccaniche, dall’altro quello di materie teoriche, prima incomprensibili, come la letteratura, la morale e la legislazione.

Se, quindi, anche nel progetto di La Boulinière continuava a essere previsto lo studio della morale e di una sorta di religione laica, fondata sulla preminenza del bene pubblico su quello dell’in- dividuo, esso veniva previsto non come il punto di partenza del- l’educazione dei giovani, ma come quello di arrivo. A differenza di quanto prescritto dalla pedagogia di Antico Regime e da buona parte di quella rivoluzionaria, secondo il funzionario francese gli insegnamenti astratti dovevano essere affrontati per ultimi, in

quanto non potevano essere imposti con lo studio mnemonico, ma necessitavano di essere introiettati profondamente dal discente.

Nonostante l’attenzione per le capacità cognitive dell’individuo, il modello scolastico e formativo elaborato da La Boulinière rima- neva, tuttavia, funzionale ai bisogni della repubblica, in quanto pre- vedeva che “les hommes doivent se borner à apprendre ce qui doit leur être utile ou à la société, dans l’exercice de la profession dans la quelle le sort ou la volonté les appelle”.

Inoltre, continuava a essere invocata come strumento educativo l’emulazione. Certo, i principi teorici su cui veniva fondata l’utilità della competizione tra gli alunni erano molto moderni e si riface- vano a Helvétius e forse anche a Filangieri: esami, premiazioni e concorsi pubblici dovevano servire a stimolare “l’amour de la gloi- re, ou ce qui est la même chose de l’estime”.

In un modello formativo così complesso un ruolo di primo piano era assegnato ai maestri. Preparati nelle scuole normali, avrebbero dovuto cominciare a insegnare nelle scuole dei villaggi più piccoli per poi spostarsi in quelle più popolose, con un conseguente aumento dell’impegno, ma anche del salario. La Boulinière insiste- va sul fatto che “il faut qu’une profession aussi honorable offre quelques avantages pécuniaires et que les personnes qui s’y livre- ront jouissent, outre la considération publique, des moyens de sub- sister convenablement”. Per questo, prevedeva che le retribuzioni potessero salire dai 500 franchi del primo impiego, sino a 1000 franchi. Inoltre, immaginava che i maestri potessero fare carriera e passare negli ordini superiori d’istruzione, sino all’insegnamento nelle scuole speciali.

Per la verità, un punto saldo del progetto era proprio la garanzia di un buon trattamento economico per gli insegnanti di tutti i gradi, che La Boulinière mutuava esplicitamente da Chaptal. Era, infatti, necessario che i docenti di tutti gli ordini di scuola godesse- ro di salari tali da non avere bisogno di fare altri mestieri e che, una volta ritiratisi dall’insegnamento, beneficiassero di pensioni pro- porzionate agli anni di lavoro.

Il secondo livello dell’istruzione pubblica era rappresentato dalle scuole comunali o generali, ai quali accedevano i ragazzi dai 12 ai 17 anni (e comunque non prima del compimento del decimo anno d’età). Anche le scuole comunali duravano, quindi, un lustro e, nelle intenzioni dell’estensore, dovevano essere le eredi dei collegi

provinciali, che sarebbero così stati conservati e integrati da nuovi istituti fondati su richiesta dei jury, che avrebbero dovuto presiede- re al sistema scolastico in ogni arrondissement.

Il programma era simile a quello delle scuole comunali, ma implicava una capacità di astrazione e di generalizzazione superio- ri e costringeva gli studenti a passare dalla realtà locale a quella glo- bale e generale. Nei primi due anni si sarebbero, pertanto, affron- tate la storia naturale, la geografia e la matematica, in terza la fisi- ca, la storia universale e la geografia politica, alle quali, in quarta, si sarebbero aggiunte le arti meccaniche e l’agricoltura, oltre alla let- teratura francese e italiana. In quinta era la volta della morale pub- blica e privata e del diritto. L’educazione intellettuale era affianca- ta da quella fisica, con un notevole scarto con il passato, in quanto essa era intesa non solo più come ballo, canto, scherma ed equita- zione, ma soprattutto come ginnastica.

Nel passaggio da un anno all’altro, gli allievi avrebbero dovuto