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Brevi cenni sul reato di omicidio

5. L’autore di reato: un ritratto dalle perizie e dalle storie di vita

5.3 Brevi cenni sul reato di omicidio

Il codice penale italiano, al titolo XII Dei delitti contro la persona, al capo I dei delitti contro la vita

e l’incolumità individuale, prevede, all’articolo 575, la disciplina del reato di omicidio253 e ai

successivi articoli (576, 577) menziona le circostanze aggravanti254.

In base all’elemento soggettivo, il reato di omicidio può essere tripartito in omicidio doloso, ex articolo 575 c.p., ossia quando l’evento è preveduto e voluto dall’agente, omicidio colposo, ex articolo 589 c.p., quando la condotta dell’agente è caratterizzata da negligenza, imprudenza o imperizia, omicidio preterintenzionale, ex articolo 584 c.p., quando l’azione o l’omissione va oltre

251 Ivi, p. 84.

252 A. Balloni, R. Bisi (a cura di), “Analisi di un caso di duplice omicidio”, in Bisi R. (a cura di), Psicodiagnostica e

storie di vita in criminologia – un’analisi attraverso l’omicidio, Franco Angeli, Milano, 2004, p. 14.

253 Articolo 575 c.p. – Omicidio. “Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad

anni ventuno”.

254 Articolo 576 – Circostanze aggravanti. Pena dell’ergastolo. Si applica la pena dell’ergastolo se il fatto preveduto

dall’articolo precedente è commesso: 1) col concorso di taluna delle circostanze indicate nel numero 2 dell’articolo 61; 2) contro l’ascendente o il discendente, quando concorre taluna delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell’articolo 61 o quando è adoperato un mezzo venefico o un altro mezzo insidioso ovvero quando vi è premeditazione; 3) dal latitante, per sottrarsi all’arresto, alla cattura o alla carcerazione ovvero per procurarsi i mezzi di sussistenza durante la latitanza; 4) dall’associato per delinquere, per sottrarsi all’arresto, alla cattura o alla carcerazione; 5) nell’atto di commettere taluno dei delitti preveduti dagli articoli 519, 520, 521 [articoli oggi abrogati ex L. 15.02.1996, n° 66 “norme contro la violenza sessuale]. Articolo 577 – Altre circostanze aggravanti. Ergastolo. Si applica la pena dell’ergastolo se il fatto preveduto dall’articolo 575 è commesso: 1) contro l’ascendente o il discendente; 2) col mezzo di sostanze venefiche, ovvero con altro messo insidioso; 3) con premeditazione; 4) col concorso di talune delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell’articolo 61. La pena è della reclusione da ventiquattro a trenta anni, se il fatto è commesso contro il coniuge, il fratello o la sorella, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo, o contro un affine in linea retta. Articolo 61. Circostanze aggravanti comuni. Aggravano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali , le circostanze seguenti: 1) l’aver agito per motivi abietti o futili; 2) l’aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato; 3) l’avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell’evento; 4) l’aver adoperato sevizie, o l’aver agito con crudeltà verso le persone; […] ecc.

l’intenzione dell’agente255.

Un’ulteriore bipartizione può essere fatta distinguendo l’omicidio in strumentale ed espressivo in relazione alla qualità dell’azione eseguita e alla motivazione.

L’omicidio è strumentale quando è pianificato, intenzionale, razionale, è espressivo quando invece viene commesso in seguito ad un’emozione violenta256; F. Ferracuti e M.E. Wolfgang precisano che l’omicidio può presentare “due tipi fondamentali di comportamento: a) omicidio premeditato, volontario, intenzionale, pianificato e razionale e, b) uccisione che si verifica nel corso di uno stato emotivo violento, come risultato della volontà di ledere, ma senza una specifica intenzione di uccidere. Sul piano criminologico, probabilmente meno del cinque per cento degli omicidi noti sono premeditati, pianificati ed intenzionali. Gli individui che li commettono, per la maggior parte, sono delinquenti episodici, che non hanno avuto precedenti contatti gravi con la polizia e con la giustizia penale”257. La natura strumentale del reato poi integra anche la finalità dell’azione, in quanto il soggetto agente agisce, commettendo reato, attraverso una pianificazione, più o meno dettagliata, delle operazioni al fine di conseguire lo scopo prefissato.

Nella dinamica propria del reato di omicidio è di fondamentale importanza conoscere, qualora esista, la natura dei rapporti tra autore e vittima al fine di comprendere se questi siano interrelati o meno. In particolare si deve a Frederic Wertham258 il riconoscimento di una sociologia della vittima in relazione proprio al reato di omicidio. Egli affermava, infatti, che “non si può comprendere la psicologia dell’omicida se non si comprende la sociologia della sua vittima”, sottolineando il carattere non casuale dell’interazione violenta.

A proposito del rapporto che intercorre tra l’autore e la vittima, alcune ricerche in tema di omicidio, seppur datate, quali quella di P. Horoszowski e N. H. Avison, presentano aspetti che possono offrire, ancora oggi, utili spunti di riflessione.

La ricerca di P. Horoszowski259 viene pubblicata nel 1947 e si avvale delle sentenze emesse dai Tribunali in Polonia dal 1932 al 1936. Secondo l’autore è necessario distinguere, nell’omicidio passionale, due componenti fondamentali che egli individua nel motivo, inteso come “un’idea sotto

255 Articolo 43 c.p. - Elemento psicologico del reato. — Il delitto: è doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento

dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione; è preterintenzionale, o oltre l’intenzione, quando dall’azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente; è colposo, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.

256 A. Balloni, Criminologia in prospettiva, Clueb, Bologna, 1983.

257 F. Ferracuti, M.E. Wolfgang, Il comportamento violento: moderni aspetti criminologici, Giuffrè, Milano, 1966, p.

239.

258 F. Wertham, The show of violence, Doubleday, New York, 1949.

259 P. Horoszowski, “Homicide of Passion and its Motives”, in Drapkin I., Viano E. (edited by), Victimology: A New

la cui influenza si decide di agire in un certo modo” 260 e l’emozione, violenta e lacerante, senza il sopraggiungere della quale non si arriva al compimento dell’atto.

Dagli studi di Horoszowski emerge che le uccisioni di uomini da parte di individui dello stesso sesso sono spesso legate a degenerazioni di litigi o a motivi di interesse, tuttavia riguardano soggetti che, pur non avendo legami di sangue, non sono estranei tra loro (inquilini, soci, superiori, ecc); i casi invece di donne uccise da uomini concernono rapporti di stretta parentela.

Si può notare, inoltre, una sostanziale differenza nella condotta in base al genere di appartenenza. Le donne, secondo l’autore, uccidono prevalentemente i figli in tenera età e difficilmente i coniugi o altri familiari, più che altro agiscono per motivi d’onore o erotici; gli uomini, invece, uccidono soprattutto per motivi di onore o di solidarietà, seguiti da motivi di natura economica o erotica. Si può evincere, dunque, che l’importanza delle relazioni, nelle interazioni violente, deve essere considerata attentamente, anche in relazione ai ruoli familiari e sociali che rivestono i protagonisti.261

Qualche anno più tardi N. H Avison262 presenta i risultati di una ricerca, in tema di omicidio, realizzata in Scozia, prendendo in esame gli omicidi avvenuti tra il 1950 e il 1968. L’autore ritiene che, nella maggior parte dei casi, esista un grado più o meno intenso di partecipazione della vittima all’azione criminale e suddivide gli omicidi in due categorie: quelli ritenuti come una soluzione estrema di un problema e quelli che sono il risultato di un’interazione particolarmente complessa263. Anche nel contesto italiano sono state effettuate ricerche aventi come oggetto di studio il reato di omicidio. Si pensi, solo per citare un esempio, alla ricerca di T. Bandini, U. Gatti e G.B. Traverso264 sui casi di omicidio e di tentato omicidio nella città di Genova.

Per quanto concerne l’aspetto che interessa approfondire, riguardante il tipo di relazione esistente tra autore e vittima di reato, la ricerca, realizzata sulla consultazione di fascicoli delle varie sedi giudiziarie e della questura e di perizie medico-legali, individua tre grandi gruppi di relazioni, riprendendo la classificazione costruita da Ciale e Jayewardene265 che considera quattro tipi di omicidi:

1. l’omicidio nell’ambito della famiglia ristretta;

260 A. Balloni, “In tema di omicidio: alcune considerazioni”, in Bisi R. (a cura di), Scene del crimine e profili

investigativi. Quale tutela per le vittime?, Franco Angeli, Milano, 2006.

261 A. Balloni, Criminologia in prospettiva, Clueb, Bologna, 1983.

262 N.H.Avison, “Victims of Homicide”, in Drapkin I., Viano E. (edited by), Victimology: A New Focus, Lexington

Books, Lexington Massachusetts, 1975.

263 A. Balloni, “In tema di omicidio: alcune considerazioni”, in Bisi R. (a cura di), Scene del crimine e profili

investigativi. Quale tutela per le vittime?, Franco Angeli, Milano, 2006.

264 Ricerca sugli autori e sulle vittime di 202 casi di omicidio e di tentato omicidio nella città di Genova (1961-1975) –

T. Bandini, U. Gatti, G.B. Traverso, “I comportamenti violenti in ambiente urbano”, in Canepa G. (a cura di),

Fenomenologia dell’omicidio, Giuffrè, Milano, 1985.

265 Ciale J., Jayewardene C.H.S., Murder in Canada, 1961-1970 (An Analysis of Statistical Data), Department of

2. l’omicidio della famiglia allargata;

3. l’omicidio al di fuori della famiglia (amici, conoscenti o estranei); 4. l’omicidio al di fuori della famiglia nel corso di altro reato266.

Gli autori italiani distinguono: l’omicidio nell’ambito della famiglia, l’omicidio tra persone che si conoscono e l’omicidio tra sconosciuti.267 Secondo questa ricerca, la percentuale maggiore dei reati di omicidio si riscontra nell’ambito di relazioni tra conoscenti (41.9%) e familiari (37.8%). Tra le numerose osservazioni ce ne sono alcune anche sul genere di appartenenza dell’autore di reato: “minore è il vincolo di parentela o di conoscenza tra autore e vittima e maggiore è la presenza di autori e vittime di sesso maschile. Le donne uccidono prevalentemente nell’ambito della famiglia, raramente tra conoscenti e quasi mai tra sconosciuti (…) Gli omicidi tra sconosciuti sono commessi esclusivamente da autori di sesso maschile. (…) Le donne (..) uccidono con maggiore frequenza soggetti di sesso maschile”268.

Un’altra ricerca, realizzata nella zona di Milano e provincia negli anni dal 1990 al 2003, ha focalizzato l’attenzione sul fenomeno degli omicidi-suicidi, rilevando che questo si riscontra prevalentemente fra coniugi, partners o, ex partners, fra genitori e figli269.

Potrebbero essere citate ancora numerose ricerche in tema di omicidio, ma possiamo concludere, concordando con R. Sette, la quale afferma che: “è (…) importante capire quali tipi di omicidio sono più diffusi in un particolare momento storico e quali, invece, accadono più raramente dato che omicidi diversi richiedono sia differenti strategie di azione con riferimento alle indagini da svolgere dopo che il fatto è successo, sia diversificate politiche di prevenzione e di controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine. (…)”270.

Lo studio delle relazioni interpersonali rappresenta uno degli aspetti fondamentali nell’analisi dell’omicidio: per “comprendere l’omicidio nei suoi diversi aspetti, occorre costruire delle biografie ed è necessario rivalutare la descrizione degli eventi che collega i rapporti apparentemente incomprensibili tra un autore e la sua vittima: infatti la descrizione non è soltanto una questione di osservazione e di riporto di dati, ma comporta l’esercizio della selezione dei dati nel senso che i diversi fattori che influenzano il comportamento devono essere distinti con precisione”271.

266 T. Bandini, U. Gatti, G.B. Traverso, “I comportamenti violenti in ambiente urbano”, in Canepa G. (a cura di),

Fenomenologia dell’omicidio, Giuffre, Milano, 1985, p. 72.

267 Ivi, p. 73. 268 Ivi,, pp. 79-80.

269 Merzagora Betsos I., Pleuteri L., Odia il prossimo tuo come te stesso – L’omicidio-suicidio a Milano e Provincia,

Milano, Franco Angeli, 2005.

270 R. Sette, “L’omicidio a Bologna nella seconda metà del XX secolo. Scenari di vittimizzazione”, in Rivista di

Criminologia, Vittimologia e Sicurezza, Vol. I, N. 2 – Maggio - Agosto 2007, reperibile in www.vittimologia.it/rivista

271 A. Balloni, “In tema di omicidio: alcune considerazioni”, in Bisi R. (a cura di), Scene del crimine e profili

5.4 Il caso di G.B.

Agli inizi degli anni ’80, G.B. , minore degli anni diciotto, viene imputato per il delitto previsto e punito dagli articoli 575272 e 577273, comma 1°, numero 1, c.p. per aver cagionato la morte della madre mediante strozzamento e del delitto previsto e punito dagli articoli 575, 577 comma 1°, numero 1 e 3 per avere, con premeditazione, colpito il padre, con un pesante legno, al capo e, con un coltello, al torace, allo scopo di cagionarne la morte e non conseguendo l’intento per resistenza della vittima e l’esito non letale della grave lesione inferta.

G. nacque dopo gravidanza e parto normali, ebbe uno sviluppo psicofisico normale. Non frequentò la scuola materna, perché difficilmente vi si adattava ed anche perché era accudito dalla nonna paterna, con la quale sviluppò un legame intenso.

G. visse comunque sempre in casa, frequentò le scuole elementari e quelle medie.

Il profitto scolastico era buono e la condotta altrettanto, tanto da non destare preoccupazione né a casa né tanto meno a scuola. Quando si iscrisse all’istituto tecnico per geometri, cominciarono le preoccupazioni dei suoi genitori per lo scarso rendimento e le numerose assenze (che lo porteranno poi ad essere respinto in seconda superiore), problemi però che, come ebbe occasione di precisare il padre, si verificarono soltanto nell’anno 83-84; il comportamento di G., infatti, fino a quella data, poteva considerarsi irreprensibile.

Al di fuori dell’ambiente scolastico, G. frequenta i coetanei e inizia a giocare a calcio prima come dilettante e in seguito da professionista, tanto da partecipare ad un provino per una importante squadra di serie A.

È nella primavera del 1984 che “il minore vive con intensità molti problemi e molte esperienze: la prospettiva di una carriera calcistica, l’unione di affetto con una ragazza diciottenne, il problema della scuola e del lavoro274”. In questo periodo, emergono i primi problemi con il padre, secondo G., critico non solo nei confronti delle partite giocate, ma anche rispetto alla ragazza verso la quale non celava la propria disistima. G. manifesterà nei confronti del padre sentimenti ambivalenti, una sorta di amore-odio, perché da una parte gli è molto legato ma, allo stesso tempo, non sopporta le continue critiche che questi gli rivolge.

272 L’articolo 575 del Codice Penale disciplina il reato di omicidio: chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con

la reclusione non inferiore ad anni 21.

273 L’articolo 577 del Codice Penale prevede “altre circostanze aggravanti. Ergastolo”: si applica la pena dell’ergastolo

se il fatto preveduto dall’articolo 575 è commesso: 1) contro l’ascendente o il discendente; 2) col mezzo di sostanze venefiche, ovvero con un altro mezzo insidioso; 3) con premeditazione; 4) col concorso di talune delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell’ articolo 61 (circostanze aggravanti comuni). La pena è della reclusione da ventiquattro a trenta anni, se il fatto è commesso contro il coniuge, il fratello o la sorella, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo, o contro un affine in linea retta.

I rapporti con la madre sembrano differenti: c’è una buona confidenza ed ella sembra più indulgente nei confronti della fidanzata di G. Le discussioni più frequenti riguardano la scuola, entrambi i genitori mostrano su quest’aspetto un atteggiamento intransigente e tali discussioni si inaspriscono, quando i genitori scoprono le frequenti assenze di G. il quale vive ormai la scuola come un’ossessione e subisce, molto spesso in silenzio, le sfuriate dei suoi.

In questo contesto conflittuale, G. prova, con scarsissimi risultati, a spiegare ai genitori che la scuola non lo interessa, anche perché si sente incompreso perfino dagli insegnanti, e che vorrebbe piuttosto iniziare a lavorare, ma questi suoi tentativi sfociano puntualmente in litigi. Alla fine dell’anno scolastico G. viene bocciato, ma non comunica ai suoi la bocciatura, riferendo, invece, di essere stato solo rimandato in matematica “per poi far finta di recarsi a sostenere l’esame e successivamente rinunciare alla scuola. Per la scuola i conflitti divennero intensi con il padre, tanto che questi e il minore, per un certo tempo, non si parlavano, diventando la madre il tramite per comunicare. Fuori casa non aveva problemi, aveva amici fidati, si sentiva apprezzato nell’ambiente calcistico ed anche nell’ambito del lavoro”275. G. aveva l’impressione che il comportamento dei genitori fosse eccessivamente invadente e intrusivo come se “i suoi si volessero sostituire (a lui) nelle sue esperienze, senza neppure dargli la possibilità di compiere qualche sbaglio”276. È in questo contesto familiare che si consuma la tragedia che vede G. protagonista di uno dei delitti più efferati. Quel sabato mattina in cui si verificano i fatti, G. compie alcuni gesti abituali poi trova la madre, ancora a letto, perché a casa dal lavoro, e osservandola, la vede come una sagoma, “ne vedeva i

contorni e la persona era tutta nera, appunto come gli appariva quando lo sgridava”277. Con una

tranquillità che gli esperti definiscono allucinante la soffoca, poi esce di casa, incontra gli amici, la ragazza e poi, come se nulla fosse successo, ritorna a casa. Lì ha la sensazione di aver lasciato il “lavoro” incompiuto, così, con le intenzioni più nefaste, si prepara per attendere il rientro del padre, e dopo averlo colpito (non mortalmente) fugge di casa, si allontana dalla sua città, per essere poi arrestato, dopo qualche giorno, in una città diversa dalla sua.

Dall’esame psichico e da quelli psicodiagnostici si rilevano segni di immaturità a carico delle strutture di personalità, di un soggetto dotato di ottime prestazioni intellettive.

I fatti per cui il minore è imputato restano “incomprensibili ed assurdi, trattandosi appunto di quelle rare situazioni in cui una regressione improvvisa e repentina causa la messa in atto di una serie di meccanismi di difesa verso presunti persecutori, ponendo l’individuo in una condizione di profonda immaturità, che realizza quel meccanismo che va sotto il nome di autoprotezione, simile anche a

275 Ivi, p. 18. 276 Ivi, p. 19. 277 Ivi, p. 20.

quanto si verifica nelle psicosi deliranti o schizofreniche”278. Le conclusioni279 cui si giunge in seguito alla perizia psichiatrica sono le seguenti:

a) G. sia all’epoca del fatto sia al momento della perizia non era infermo di mente e, dunque, era capace di intendere e volere;

b) la sua capacità non era nemmeno scemata;

c) G., all’epoca del fatto, era psichicamente immaturo, ossia non era in grado di conoscere ed apprezzare i motivi, il valore e le conseguenze della sua condotta, né di autodeterminarsi e di controllare i propri impulsi, tenuto conto delle sue condizioni familiari e sociali;

d) G. è persona socialmente pericolosa tanto da necessitare di un trattamento terapeutico complesso e prolungato, mediante il quale si deve tendere a favorire un armonico sviluppo delle strutture di personalità e della socializzazione, per neutralizzare anche la potenziale pericolosità connessa all'immaturità della sua personalità.

In appendice al caso sopra riassunto, appare opportuno operare un richiamo alla tematica dei danni risarcibili alle vittime, di cui si è già trattato; infatti, traendo spunto dal caso di G.B., si può riflettere sul peculiare argomento del diritto al risarcimento dei danni, a favore dei congiunti della vittima, laddove l’autore di reato sia proprio un familiare.

Come già trattato nell’ambito del paragrafo dedicato alle tipologie di danno, l’omicidio di un familiare, infatti, determina notevoli conseguenze. In questa sede è utile ricordare, che dalla commissione di un illecito, possono scaturire, incisivi effetti anche sotto il profilo civilistico, tra le quali nel nostro caso, la perdita dei diritti successori determinata dall’applicazione dell’istituto dell’indegnità280 a succedere, in quanto “nell’illecito endo familiare, l’indegnità a succedere costituisce una sanzione civile particolarmente significativa. Infatti, in questi casi, l’agente è escluso sia dalla successione della vittima, anche nell’ipotesi del tentativo, sia dalla successione del di lui coniuge, discendente o ascendente, pertanto, dalla successione di ogni altro stretto familiare. In tutti i casi tuttavia, sarà necessario rilevare la causa d’indegnità da parte dell’interessato, per ciascuna

278 Ivi, pp. 39-40.

279 Risposte ai quesiti - Relazione di perizia psichiatrica e psicologica d’ufficio eseguita dal professore Augusto Balloni,

p. 43.

280 È escluso dalla successione dei beni come indegno: 1) chi ha volontariamente conferito nell’uccidere la persona della

cui successione si tratta o il coniuge, o un discendente primario, o un ascendente della medesima persona defunta, purché non ricorra alcuna delle cause che escludono la punibilità a norma della legge penale italiana; 2) chi ha commesso, in danno di una di tali persone, un fatto al quale la legge penale dichiara applicabili le disposizioni sull’omicidio; 3) chi ha denunziato una di tali persone per reato punibile [con la morte], con l’ergastolo o con la reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a tre anni, se la denunzia è stata dichiarata calunniosa in giudizio penale; ovvero ha testimoniato contro le persone medesime imputate dei predetti reati, se la testimonianza è stata dichiarata, nei confronti di lui, falsa in giudizio penale; 4) chi ha indotto con dolo o violenza la persona, della cui successione si tratta, a fare, revocare o mutare il testamento, o ne l’ha impedita; 5) chi ha soppresso, celato o alterato il