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Gli operatori dei centri si interrogano

4. Le interviste e l’analisi del contenuto

4.2 Gli operatori dei centri si interrogano

Per la nostra ricerca si è optato per un tipo particolare di intervista. Si è scelto, infatti, di sottoporre delle interviste semi – strutturate a testimoni privilegiati, cioè a persone esperte, osservatori privilegiati, perché conoscitori competenti, con una visione diretta e profonda della realtà oggetto del nostro studio.

Le interviste sono state pertanto sottoposte ad interlocutori particolarmente rappresentativi, quali possono essere i presidenti di associazioni di volontariato e i rappresentanti di istituzioni pubbliche, che per scelta o per mestiere, hanno a che fare con categorie di vittime.

Sono stati individuati sul territorio bolognese una serie di centri che si occupano di sostegno alle vittime e, dopo una necessaria selezione, considerata la numerosità delle strutture, tali centri sono stati suddivisi in due categorie: servizi pubblici e servizi privati.

In realtà tali gruppi potrebbero essere tripartiti in quanto vi sono servizi afferenti al settore pubblico, associazioni di volontariato e servizi, del tutto peculiari, che nascono dalla volontà di mettere insieme delle esperienze comuni originate da un medesimo dramma e che perseguono i gli stessi

150 P. Guidicini (a cura di), Nuovo manuale della ricerca sociologica,Franco Angeli, Milano, 1968, p. 200. 151 Ivi, pag. 241.

obiettivi, come è il caso di quelle associazioni nate in seguito alle stragi terroristiche. È questo il caso di “uomini e donne che hanno saputo trasformare il loro dolore in una possibilità concreta d’imparare a far valere le proprie ragioni e diritti che riguardano tutti […] Si tratta di una forma preziosa di mobilitazione collettiva interna alla società civile, che oltrepassa gli schieramenti partitici e ideologici. I familiari rivendicano diritti, impongono – in quanto cittadini e non come istituzione – eventi drammatici all’attenzione collettiva. [..]”152

Le associazioni dei familiari, come sottolinea G. Turnaturi, hanno una doppia anima, quella dei gruppi primari e quella dei gruppi secondari.; infatti, queste associazioni sono connotate da coesione affettiva, solidarietà, e rapporti molto stretti così come i gruppi primari e, nel contempo, non adottando una strategia di chiusura verso l’esterno, agiscono secondo modalità di intervento volte ad incidere sul corpo sociale, con la precisa volontà di farsi riconoscere e farsi pubblico.153 Interessi meramente individuali e impegno collettivo si fondono con l’obiettivo di ottenere verità e giustizia per i propri cari, “emerge ‘il familiare cittadino’, un soggetto sociale molto complesso perché privato (il familiare), pubblico (il cittadino), collettivo (associato ad altri), per il quale interesse individuale e impegno nell’azione collettiva sono inscindibili”154.

Dalla dimensione personale, privata di un lutto familiare si passa ad una dimensione pubblica in quanto, nel caso delle associazioni di familiari delle vittime di reato, “dopo la perdita, il dolore, la sventura si cercano le possibilità di agire in quella stessa sfera emozionale colpita, non più e non solo privatamente bensì pubblicamente […] pubblico è divenuto il dolore stesso, non la sua manifestazione e pubblica è la determinazione a voler riparazione, seppure parziale”155.

Partendo dalla definizione di Peter Mayer secondo la quale “un gruppo consiste in un numero determinato di persone, fra le quali sussistono dei rapporti regolari e in cui sia intrapreso uno sforzo unitario per la realizzazione di un fine comune”156, occorre chiedersi quali siano i fini perseguiti da tali associazioni e, se, e in quali termini, queste possano ritenersi dei gruppi di pressione, delle

lobby, con il preciso intento di incidere sulle istituzioni legislative. A questo proposito da parte

degli studiosi esistono posizioni diverse. C’è chi non riesce a pensare alle associazioni delle vittime, o dei loro familiari, come a delle lobby e che ritiene piuttosto che “la comprensibile pressione che le associazioni dei familiari delle vittime esercitano sulle forze politiche e istituzionali e sull’intera società civile per avere giustizia e verità sui reati che hanno segnato la loro vita non può essere confusa con una strumentale istanza economica o con la velleitaria pretesa di una <<visibilità

152 R. Bisi, “Vittime, vittimologia e società”, in Bisi R., Faccioli P. ( a cura di), Con gli occhi della vittima. Approccio

interdisciplinare alla vittimologia, Franco Angeli, Milano, 1996, p. 105.

153 G. Turnaturi, Associati per amore, Feltrinelli, Milano, 1991 154 Ivi, p. 87.

155 Ivi, p. 94.

personale>>”157, c’è invece chi sostiene che, nonostante esista il rischio concreto che l’esperienza di vittimizzazione diventi per alcuni un’occasione ghiotta al fine di accaparrarsi visibilità, prestigio, potere e finanziamenti, “però è certo che l’attività di lobby è necessaria ed in realtà è obbligatoria se si vogliono introdurre cambiamenti e riforme appropriate”158.

Forse, in questo caso, occorre ancora una volta sottolineare che esiste una sostanziale differenza a seconda del contesto geografico di riferimento perché “in Italia la finalità della forma associativa tra i familiari delle vittime […] sembra essere prevalentemente rivolta ad evitare che si spengano i riflettori su tragici avvenimenti che hanno caratterizzato momenti estremamente critici della storia del nostro Paese dal punto di vista della stabilità istituzionale, sollecitando al contempo una solidarietà sociale che dovrebbe servire a rinsaldare i vincoli fondativi di una società democratica”159.

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Una volta selezionate le strutture, i loro rappresentanti sono stati contattati telefonicamente per verificare la loro disponibilità a concedere un’intervista e per fissare eventualmente un appuntamento.

L’intervista semi – strutturata, sottoposta ai testimoni privilegiati selezionati, aveva l’obiettivo di indagare e approfondire, quando possibile, argomenti relativi non solo alla vita dell’associazione e/o del servizio pubblico, quindi alla storia, alle problematiche affrontate e alle tipologie di servizi offerti, ma anche inerenti alla condizione della vittima nel nostro paese in considerazione delle direttive europee emanate in materia.

Procediamo adesso con un breve excursus in modo da capire di cosa si occupino i centri oggetto della nostra ricerca.

I servizi afferenti al pubblico, sono cinque: 1. Ufficio sicurezza del Comune di Bologna;

Il servizio si occupa essenzialmente di tre aspetti: violenza alle donne, sfruttamento della prostituzione e riduzione del danno per le persone che si prostituiscono; per far questo l’ufficio opera di concerto con associazioni molto importanti sul territorio bolognese: la casa delle donne per non subire violenza per quanto concerne ogni tipo di violenza perpetrata contro donne sole o con bambini; l’Associazione Papa Giovanni XXIII e la Caritas diocesana di Bologna e, ancora, la casa delle donne per non subire violenza per il servizio di “uscita dai percorsi di tratta e sfruttamento sessuale”; per quanto riguarda poi il servizio di

157 R. Sette, S. Vezzadini (a cura di ), “Quale sostegno per quali vittime?”, tavola rotonda con: Augusto Balloni, Gemma

Marotta, Monica Raiteri, Raluca Simion, Emilio Viano in Balloni A., Bisi R. (a cura di), Processi di vittimizzazione e

reti di sostegno alle vittime, Franco Angeli, 2008. Anno VII - Numero 1/2008 Rivista Salute e Società, p. 110.

158 Ivi, p. 115. 159 Ivi, p. 111.

riduzione del danno per le persone che si prostituiscono, l’ufficio “città sicura” collabora con il MIT (movimento italiano transessuali) ad un servizio volto ad aiutare le persone che si prostituiscono per strada: donne, uomini, minori maschi e femmine, transessuali.

2. Fondazione Emiliano – Romagnola per le vittime di reato;

la Fondazione emiliano – romagnola per le vittime di reato, che nasce nell’ottobre del 2004, si adopera, sostanzialmente fornendo degli aiuti di natura finanziaria, per reati gravi e gravissimi quali omicidi, violenze sessuali, ecc., ma per attivarsi ha bisogno della mediazione del sindaco del Comune nel quale è avvenuto il reato, che chieda l’intervento della fondazione. La Fondazione emiliano – romagnola per le vittime dei reati, infatti, viene istituita grazie ad una legge regionale, la numero 24 del 2003, che all’articolo 7 prevede l’istituzione di tale Fondazione alla quale partecipano, come fondatori, le nove province (enti comunali e provinciali) dell’Emilia Romagna. Secondo quanto si apprende dalla succitata legge: <<la fondazione interviene a favore delle vittime di reati […] qualora da

delitti non colposi commessi nel territorio regionale ovvero nei confronti di cittadini ivi residenti derivi la morte o un danno gravissimo alla persona. La fondazione interviene su richiesta del sindaco del Comune in cui è avvenuto il fatto ovvero del Comune di residenza della vittima stessa. L’intervento della fondazione è volto a limitare, nell’immediatezza del fatto o in un periodo congruamente breve, le più rilevanti situazioni di disagio personale o sociale della vittima o dei suoi familiari conseguenti al reato stesso160>>.

3. Il Faro, centro specialistico provinciale per gli abusi all’infanzia;

il centro specialistico “il Faro” è nato, nel 2002, da un progetto pensato da alcuni operatori dei servizi sociali e sanitari della Provincia di Bologna che hanno avvertito, a seguito di esperienze formative di aggiornamento sul tema della violenza all’infanzia, l’esigenza di individuare un servizio che in modo specialistico si occupasse del problema. Il centro è sostenuto da una convenzione tra l’Azienda sanitaria locale di Bologna, l’Azienda sanitaria di Imola, l’Azienda ospedaliera Sant’Orsola – Malpigli, il Comune di Bologna, il Consorzio dei servizi sociali di Imola e l’Amministrazione provinciale.

4. Ufficio vittime dell’usura e del racket presso la Prefettura;

il servizio è stato istituito in concomitanza con la legislazione nazionale in materia antiusura.

160 Articolo 7, L.R. 24/2003 - Legge Regionale (Emilia Romagna) 4 dicembre 2003, n° 24, Disciplina della polizia

amministrativa locale e promozione di un sistema integrato di sicurezza, Bollettino ufficiale n° 182 del 5 dicembre 2003.

Le prime leggi sono risalenti ai primi anni ’90 e hanno ricevuto una sostanziale modifica, un potenziamento, con la legge n° 44 del 1999, che offre la possibilità di reinserimento nell’economia legale a coloro che hanno avuto il coraggio di denunciare i propri aguzzini. L’unica categoria che al momento può beneficiare di questo servizio è quella degli imprenditori in difficoltà, gravati da danni finanziari, spesso anche estremamente ingenti, amplificati da una situazione di sofferenza pregressa.

5. Servizi sociali per minori del Comune;

il Comune di Bologna, attraverso questo servizio, svolge attività di tutela dei minori così come previsto dalle leggi.

In particolare questo servizio si occupa delle problematiche riguardanti i minori da 0 a 18 anni, interloquendo con i loro genitori, per le questioni più varie che possono riguardare problemi di evasione scolastica, ma anche problemi di maltrattamento, dalla non cura all’abuso.

Per quanto riguarda i servizi privati, invece, sono state prese in considerazione 10 associazioni:

1. Associazione familiari vittime della strage 2 agosto 1980;

l’associazione, nata in seguito alla strage del 2 agosto del 1980, è una delle prime associazioni di questo tipo (vittime di stragi terroristiche) costituitesi in Italia.

Durante la sua attività questa associazione ha presentato un’evoluzione: inizialmente si è focalizzata l’attenzione esclusivamente sulla richiesta di giustizia e sull’andamento dell’iter processuale, successivamente invece si è anche portato avanti il discorso dei risarcimenti dei danni alle persone che sono rimaste coinvolte nella strage e l’associazione si è fatta promotrice di leggi per la tutela delle vittime.

Nonostante il passare degli anni, l’associazione delle vittime si batte per far capire il motivo del proprio malessere ai governanti, affinché i familiari non vengano più visti come questuanti solo perché chiedono l’applicazione delle leggi e il rispetto dei loro diritti.

2. Associazione familiari vittime della uno bianca;

l’associazione nasce in seguito ai delitti commessi dalla cosiddetta “Banda della Uno Bianca”, formata anche da poliziotti, che ha imperversato, tra la fine degli anni ’80 e i primi del ’90, sul territorio di Emilia – Romagna e Marche, uccidendo ventiquattro persone e

ferendone più di cento; si occupa, ancora oggi, dei problemi psicologici e finanziari che tormentano le vittime e i loro familiari.

3. Associazione vittime del Salvemini, 6 dicembre 1990;

l’associazione è oggi il risultato della confluenza di tre diverse associazioni costituitesi successivamente alla strage del 6 dicembre 1990, avvenuta a causa della caduta di un aereo militare su un istituto scolastico. Le tre associazioni, quella dei familiari delle vittime, degli studenti e dei lavoratori della scuola, si sono fuse insieme perché accomunate da finalità condivise. Immediatamente dopo l’accaduto, in situazione di emergenza, le esigenze erano di: tutela dei feriti, vicinanza ai familiari delle vittime, recupero della normalità didattica, e tutto ciò che riguardava l’iter processuale, quindi accertamento della verità, delle responsabilità e risarcimento dei danni. Oggi l’associazione continua a mobilitarsi per la tutela delle vittime e per questo ha continuato a mettersi in gioco, con la predisposizione e la gestione dei servizi a tutela delle vittime di qualunque reato e calamità, istituendo un centro

ad hoc per tutti i cittadini che si ritengono vittime di reati, violenze, calamità, truffe, ecc.,

che offre servizi di accoglienza, orientamento e accompagnamento. A questo scopo, il centro fornisce gratuitamente consulenze qualificate in campo psicologico e legale e si avvale anche di una serie di convenzioni stipulate con i Comuni di Casalecchio di Reno, Monteveglio, Sasso Marconi e Zola Predosa, la Provincia di Bologna, la Regione Emilia - Romagna, il C.I.R.Vi.S. (Centro Interdipartimentale di Ricerca sulla Vittimologia e sulla Sicurezza - Università di Bologna), l’Aspic Counseling e Cultura.

4. Associazione vittime della strada;

l’associazione è nata, intorno alla metà degli anni ’90, dalla rabbia di coloro che, in vario modo, sono rimasti coinvolti in incidenti stradali, che hanno subito la perdita di persone care, di affetti importanti. Oggi gli associati, constatata l’assenza delle istituzioni e l’ostinata sordità della società civile rispetto a tematiche talmente rilevanti per il nostro Paese, cercano di adoperarsi per rendere partecipi del loro dramma, non solo le istituzioni appunto, ma anche tutti i cittadini e continuano ad attivarsi per far conoscere i rischi, le insidie della strada e per garantire ad automobilisti e pedoni condizioni di sicurezza al fine di evitare ulteriori perdite di vite umane. L’intervistato inoltre ricorda che non poche sono le richieste di aiuto che gli pervengono direttamente da parte di molti genitori che hanno perso il proprio figlio in un incidente stradale. Questi necessitano di un supporto psicologico così specifico che solo un professionista può essere in grado di fornire.

5. Associazione PRIMA contro il mobbing e lo stress psicosociale;

l’associazione PRIMA, è un’organizzazione no profit nata nel 1996 che viene così chiamata proprio perché è la prima associazione in Italia che si occupa di mobbing.

È nata dalla necessità di creare un’organizzazione in grado di seguire attivamente, sotto l’aspetto della ricerca, della formazione e dell’assistenza questo fenomeno ed è perciò aperta a tutti coloro che siano interessati a tale fenomeno e desiderino contribuire allo sviluppo della ricerca o siano vittime di mobbing.

All’associazione, attiva su tutto il territorio nazionale, ci si rivolge per le richieste più diverse: ci sono i professionisti che hanno bisogno di formazione, ma anche semplicemente di informazioni sul fenomeno, e le vittime che chiedono giustizia dal punto di vista legale, oltre che il necessario supporto psicologico.

6. Casa delle donne per non subire violenza;

l’associazione, che nasce dalle riunioni di gruppi di donne alla fine degli anni ’80, in seguito a gravi episodi di stupro verificatisi in città, a breve distanza di tempo l’uno dall’altro, si costituisce nel 1990 come il primo centro antiviolenza in Italia dotato di casa rifugio.

Il centro, che si occupa di violenza domestica perpetrata non solo verso le donne ma anche verso i bambini, si batte per i diritti delle donne maltrattate che subiscono una grave deprivazione della libertà personale. Gli episodi di violenza intrafamiliare con i quali le operatrici della casa delle donne hanno a che fare quotidianamente e in numero sempre crescente, riguardano l’uso congiunto di diverse forme di violenza: fisica, sessuale e psicologica, ma anche economica e talvolta perfino spirituale, perché alcune donne vengono inibite perfino nell’esercizio della loro religiosità.

7. Gruppo giustizia UDI;

il gruppo giustizia UDI viene costituito nel 1945 con lo scopo di supportare le donne durante i processi in casi di violenza di genere e, successivamente, per fornire consulenza legale, per mettere in atto una battaglia politica al fine di difendere i diritti delle donne e offrire informazioni relativamente a temi di particolare importanza per le donne quali l’aborto, la maternità, la separazione, il divorzio. L’UDI pertanto “è un luogo di riferimento per tutte le

donne, trasversalmente, di ogni ceto e cultura”161 e si occupa prevalentemente di

conservazione e valorizzazione della memoria storica delle donne, tutela dei diritti di tutte le donne, ascolto e consulenza legale.

8. Il Pettirosso: per il recupero della tossicodipendenza;

il Pettirosso nasce, nel 1985, da un accordo tra la provincia e la chiesa di Bologna.

Il centro si occupa, oltre che del recupero della tossicodipendenza, adattandosi all’evoluzione dei tempi e attuando programmi idonei al tossicodipendente, che oggi ha un’età più avanzata e presenta soprattutto problematiche di natura sociale, perché è una persona disgregata prevalentemente sul piano delle relazioni sociali, anche di problemi legati al piano dell’educazione e a questo scopo offre consulenza ai genitori per aiutarli ad affrontare il disagio giovanile nel percorso educativo.

9. Codici onlus: contro l’usura e il racket;

l’associazione CODICI nasce, a livello nazionale, nel 1992/93 da un coordinamento di comitati e movimenti spontanei nati soprattutto al sud contro la mafia, ma in particolare contro il racket e l’usura.

A livello regionale, invece, nasce grazie ad una manifestazione itinerante nazionale del 2005 che sollevava e informava del fenomeno del sovraindebitamento familiare, spesso l’anticamera dell’usura; in quella occasione è stato chiesto e presentato un progetto di legge a tutte le regioni che estendesse il concetto di vittima dell’usura anche alle persone fisiche e non solo a quelle giuridiche come previsto dalla legge 44 del 1999. Dopo queste iniziative si è deciso di fondare una sede di Codici anche nella città di Bologna.

Codici onlus, riconosciuta dal Ministero del Welfare, si occupa di racket, usura ma anche della difesa dei consumatori ed è la prima associazione che si costituisce parte civile nei processi penali.

10. MIT, movimento italiano transessuali: contro la stigmatizzazione della diversità;

il Movimento Italiano Transessuali si fa portavoce di bisogni del tutto peculiari in quanto molto particolare è l’ambito cui fa riferimento. Con la vicepresidente del MIT non si può parlare esclusivamente di vittime di reato in senso lato, ma si deve parlare soprattutto di “vittime del pregiudizio”, ancora oggi così tanto radicato nel nostro paese che pure si annovera fra i paesi più democratici e liberali.

La vittima è la persona su cui grava uno stigma sociale, è colei che si considera, si sente o si pone fuori dalla cosiddetta norma e quando si parla di transessuali o di transgender scatta automaticamente la vittimizzazione.

I bisogni di queste persone sono soprattutto di salute per cui l’attività del MIT è prevalentemente quella del consultorio, segue la consulenza legale, il counseling telefonico, i gruppi di auto – aiuto, un servizio di orientamento per il lavoro con l’aiuto della CGIL, ecc; si occupa anche di iniziative di socializzazione, relazionali, che riguardano l’organizzazione di incontri e di feste.

Una volta raccolte le interviste, il loro contenuto è stato analizzato grazie al software Atlas.ti162 che consente la scomposizione del brano, in questo caso di ciascuna intervista; i segmenti di testo possono così essere codificati, messi in relazione e utilizzati per costruire una struttura di categorie le cui connessioni possono essere visualizzate mediante associazioni grafiche (figura 1).

Figura 1

162 Atlas è un programma di analisi del contenuto che consente di velocizzare le operazioni di codifica dei brani più

interessanti delle interviste realizzate, affinché sia più immediato il riscontro dei risultati pregnanti al fine di cogliere somiglianze e differenze significative tra le interviste.

L’analisi del contenuto che “è una tecnica di ricerca capace di descrivere in modo obiettivo, sistematico e quantitativo il contenuto manifesto della comunicazione”163, nel nostro caso è un’analisi computerizzata di tipo qualitativo realizzata grazie all’ausilio di Atlas.ti, un software progettato in Germania nella prima metà degli anni ’90 da Thomas Murh.

Il lavoro di analisi può essere riconducibile all’analisi delle valutazioni di cui parla G. Losito a proposito delle procedure d’analisi, intendendo, con questa espressione, quelle procedure “finalizzate a rilevare la valutazione – positiva o negativa – espressa nei testi analizzati nei confronti di qualcuno o di qualcosa, e a rilevare l’intensità di tale valutazione. […] procedure relative alla componente valutativa dell’atteggiamento in ipotesi associato al testo o, meglio, considerato come una condizione di produzione del testo stesso”164

Il risultato dell’analisi del contenuto di un’intervista può essere compromesso dalla diversa attribuzione di significato che gli attori, in questo caso intervistatore e intervistato, possono assegnare alla conversazione nel corso dell’interazione. I motivi possono essere i più vari come, per