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CALCE, CEMENTO Due bacini separati o due capacità nello stesso bacino

Nel documento ARTI . E INDUSTRIE (pagine 61-75)

CALAMAJO 49 Un vecchio modello, di genere affatto diver. o dai

60 CALCE, CEMENTO Due bacini separati o due capacità nello stesso bacino

sono indi pensabili; si comincia, a riempire l'uno quando l'altro è prossimo a vuotarsi. E ordinariamente sul fi-nire della giornata che l'estinzione ha luogo; per questo la calce ha almeno 24 ore per estinguersi, ed i fram-menti più pigri ancor essi si disfanno e cadono in polvere.

« La calce estinta è all'indomani già assai rappresa;

bisogna rompe,rla colla zappa, o quanto meno tagliarla colla pala onde estrarla. Sembrerebbe che in tale stato non potesse essere ricondotta allo stato di pasta senza l'aggiunta di acqua, ma ciò è un errore.

«Se la calce, invece di essere acquistata vi va, ha di già subita l'immersione, i bacini si rendono inutili, e la ridu-zione in pasta si opera man mano che il bisogno l'esige;

si regola la dose d'acqua in maniera di raggiungere allo incirca la stessa consistenza che per l'altro processo ».

L'estinzione secca, per aspersione o per immersione, si suol fare nella seguente maniera. Essa consiste nel-l'affondare, a mezzo di un paniere, la calce viva ridotta in eguali frantumi, nell'acqua per la durata di qualche secondo, e nel ritirarla innanzi che cominci la fusione pastosa; poco stante si ridurrà in polvere più o meno prontamente secondochè il carbonato eli calce è più o meno puro. Si ottiene l'istesso scopo distendendo la calce in pezzi sopra un'aja e inaffiandola per aspersione con uno inaffiatojo o un altro mezzo che elia modo di distri-buire regolarmente e misuratamente l'acqua. In en-trambi i casi si dovrà ammassare la calce appena che ha ricevuto l'acqua,· onde si concentri il calore e l'alta temperatura più sollecitamente e prontamente riduca in polvere la calce. Così ridotta non si riscalda più a contatto dell'acqua, ne contiene dal 18 al 20 per% se è grassa, e dal 20 al 30 se è idraulica. Questo metodo si va generalizzando dacchè rende più facile il trasporto e la conservazione della calce in sacchi e botti.

La estinzione per aspersione consiste nel collocare la calce viva in un bacino circolare formato di sabbia, e nel gettarvi sopra l'acqua occorrente onde ridurla in pasta, coprendola però immediatamente colla sabbia.

Dopo la completa estinzione potrà proceclersi al rime-scolamento della malta. Questo processo è ordinaria-mente usato in Francia dal selciatore; ma per le calci idrauliche raramente gli si dà la preferenza sul metodo di estinzione per fusione.

La estinzione spontanea si fa collocando la calce viva al coperto della pioggia, espo ta all'umidità dell'aria.

L'idrato che ne deriva suole contenere il 0.22 del suo peso in acqua. Si riduce poi in pasta coll'aggiunta d'al-tra acqua. Questo metodo non è adottabile che per le calci grasse; applicandolo alle idrauliche, farebbe per-dere a queste le loro proprietà caratteristiche.

Se si deve credere a Plinio, le più antiche leggi edi-lizie proibivano che la calcina venisse acloprata se non se dopo tre anni dalla sua estinzione. Ma Vitruvio ed anche i moè!erni ingegneri si limitano a suggerire che la calce grassa si lasci per lungo tempo nella fossa a ma-turare nel solo caso che debba essere adoprata per into-nachi. Per le calci grasse la bontà di questa prescrizione è evidente: le molecole eli calce non ancora .l'cstlnzione S!Jontanea, in secondo grado l'estinzione a

secco, e in grado infimo il metodo ordinario; ma che ritenere per piil vantaggiosa l'estinzione per fusione, indi quella a secco, e per ultima quella spontanea.

Il metodo di estinzione esercita una grande influenza sulla bontà delle calci. Secondo pil1 recenti esperienze dello stesso Vicat, l'estinzione a secco deve preferirsi per le calci grasse, attesochè aumenta di 2/ 5 la coe-sione delle malte; e ciò perchè è maggiore la quantità della calce ch'entra nelle malte sebbene sotto eguali volumi. Le calci idrauliche guadagnano al contrario ad essere estinte col processo ordinario in grande acqua.

La calce cùll'estinguerla aumenta sempre di volume.

In pratica si suole determinare il rapporto di questo accrescimento in volume fra la calce viva e la spenta in pasta o gTassello come la si ha deposta e condensata nelle fosse cla calce. Il metodo di estinzione e la natura delle pietre da calce influiscono su di esso rapporto.

Pel carbonato di calce puro può un suo volume diven-tare triplo ed anche quadruplo; però per le calci grasse ordinariamente questo rapporto sta fra 1.70 e 2.50; per "

L'aumento di volume nelle calci idrauliche presenta grandi variazioni e può da lmc.20 salire a lmc.SO per ogni metro cubo eli calce viva o di pietra calcare. Que-sta variazione poi rispetto il peso è molto più sensi bile;

generalmente il peso delle calci idrauliche aumenta col-l'aumentare il grado d'idraulicità. La calce spenta ed ricorrere alla calce idraulica artificiale, ben ponderando la convenienza economica di fronte alla pozzolana natu-rale, in Italia assai abbondante, che ha a suo favore la testimonianza di opere millennarie.

Raro è che non vi sia località, dice il chimico Wagner, in cui non possano fabbricarsi i cementi artificiali. I processi a tal uopo adottati sono due, quello cioè di una sola cottura e quello a doppia cottura.

Il primo consiste a mescolare il carbonato di calce ridotto in poltiglia coll'argilla nella proporzione cbe dà al composto il grado d'idraulicità di cui si ha bisogno.

Il composto ridotto in pani, essiccato all'aria, si sotto-mette alla cottura, indi si riduce in polvere o coll'estin-zione o con un mezzo meccanico, secondo esiga il grado d'idraulicità del composto. L'economia di questo pro-cesso esige che si adopri il calcare e le marne natural-mente disgregate, e la loro mescolanza possa farsi senza premettere la loro polverizzazione. Siccome nelle cal-cari e nelle marne è assai variabile la proporzione del-l'argilla e silice che vi si contiene, così è d'uopo premet-tere accurate analisi chimiche prima e dopo la loro calcinazione, onde proporzionarvi l'argilla o terra di stoviglie, la quale ancor essa vuol essere analizzata, potendo contenere il calcare, la silice e allumina in proporzioni diverse.

Il composto della marna o del calcare coll'argilla si opera tanto a mezzo di mole orizzontali quanto di

CALCE, CEMENTO mole o ruote verticali giranti in un canale anulare, entro

cui la materia è rimescolata con rastrelli portati dalle ruote ed inaffiata sinchè se ne abbia una poltiglia piut-tosto densa. La buona qualità di queste calci idrauliche o cementi dipende assai dal buono e fino impasto delle materie, come dalla buona loro scelta.

Nel caso in cui il calcare e le marne non siano abba-stanza di grana· 1ina e disgregate, allora si ricorre al secondo metodo di fabbricazione, che consiste nel me-scolare una conveniente porzione di argilla con calce grassa in pasta, e nel sottoporre una tal miscela, ridotta che sia in pani, ad una seconda (per rispetto al calcare) calcinazione. Secondo il Vicat, le calci ordinarie molto grasse possono comportare venti parti di argilla per cento di calce, le medie da quindici a dieci, e sei parti qualora la calce presenti qualche grado d'idraulicità.

Abbondando in argilla in proporzione della calce si avranno calci sempre più idrauliche, poi cementi (che non si fondono e bisogna polverizzare meccanicamente) e poscia pozzolane artificiali , le quali non potranno usarsi senza mescolarle a calce grassa.

Con questo secondo processo, che può chiamarsi pro-cesso a doppia cottura, si ottengono dei buoni risultati anche adoprando sabbia silicea finissima, o della silice ridotta in polver.e impalpabile, mischiata intimamente alla calce pressoché pura, nelle proporzioni in volume di 12 a 20 di silice per 100 di calce.

Fin dal 1796 l'inglese Parlker pel primo cercò di for-mare artificialmente il cemento, ch'esso chiamò inglese o romano. In una fornace da calce calcinava i nuclei argillosi delle rive del Tamigi, ad una temperatura quasi sufficiente per vetrificarli, e poi ll polverizzava :finamente. La polvere è di color rosso bruno e viene sollecitamente imballata perchè avidamente assorbe l'acqua e l'anidrite carbonica. Può essere adoperata senza l'aggiunta d'altre sostanze e indurisce fra quin-dici a venti minuti.

\V. Michaelis analizzando diverse qualità di cemento romano ottenne i risultati seguenti:

Calce

Il primo proviene dal calcare conchiglifero supe-riore di Krienberg presso Rudersdorf; il 2° è quello di Parlker; il 3° è di Tarnowitz, avuto dalla ganga di piombo; il 4° si ha dalle pietre calcari di Hausbergen.

Il

so

vuol esRere notato trattandosi di un cemento magnesiaco ferruginoso, e non siliceo come gli altri.

Il cemento conosciutissimo di Portland si forma im-pastando la polvere della pietra calcare di Portland con argilla, indi cuocendola in formelle nei forni a manica, alti da 14 a 20 metri e del diametro di 2.30 a 4 metri.

I forni si caricano a strati alterni di formelle e di com-busti bile ( coke ). Il grado di calore viene determinato sperimentalmente. Il cambiamento di colore nel mate-rrale posto a cuocere fornisce eccellenti indizi della cottura. Quando il color grigio verdognolo tende pas-sare al bluastro, in allora il cemento è già

soverchia-mente cotto. (W. Michaelis, Die hydraulischen M6rtel, Leipzig 1869.-P. Loss, Bau von Kalk. Céiment-Gyps uncl Z.iegel6fen, Berlin 1870).

Raro è che vi siano località in cui non possano fab-bricarsi i cementi artificiali.

Il Wagner enumera nove fabbriche di cemento in fabbricazione in quest'ultima località fu intrapresa dal ::;ig. Badda dietro indicazioni del Direttore di questa

Wagner nel suo trattato di Chimica industriale così ne dà conto.

Cottura in cataste. - Si ammonticchiano le pietre calcaree in grossi cumuli, che si rivestono con una camicia d'argilla come si fa colle carbonaje, e si regola il fuoco in modo che i grossi pezzi di pietra da calcina siano cotti anche internamente.

Cottura in forni da campagna. - Somigliano molto alle calcare; in essi si dispongono i pezzi grossi di

Quando richiedesi calce caustica purissima (come per la fabbricazione dello zuccaro) allora adottasi la propq-sta di Steinmann di cuocere la calce, cioè in fornaci riscaldate a gas.

Nei forni da calce propriamente detti, a fuoco inter-mittente, terminata che sia la cottura, bisogna !asciarli raffreddare per ritirare la calce cotta, prima d'infornare nuovo calcare. Nei forni continui invece la cottura ha luogo senza interruzione, perchè sono costruiti in modo da permettere la estrazione al dissotto della calce cotta e il caricamento della fornace al dissopra con nuovo calcare. Nei forni continui il combustibile può essere separato o mescolato alla pietra calcarea, e per essi si realizza una grande economia nel combustibile al confronto dei forni intermittenti.

Quando si tratta di calci grasse conviene per l'eco-nomia del trasporto che la cottura si faccia quanto più è possibile a contatto della cava del calcare e che essa cava sia poi aperta in prossimità del combustibile. Se questo poi consiste in legno da passo, in fascine o in eriche, e la produzione sia subordinata alla circostanza eccezionale della disponibilità di simile combustibile, egli è chiaro che mal si provvederebbe all'economia costruendo fornaci stabili e di grande spesa. Ecco il perchè degli usi inveterati delle calcare e delle fornaci da campagna che vediamo fumare qua e colà fra gli Appennini e fra le Alpi. Il procedimento più semplice, dice Sobrero nella sua Chimica doci?nastica, è quello di far mucchi di pietre calcaree con interposizione di

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materie com busti bili, quasi come si pratica per la car-bonizzazione del legno, procedimento sicuramente eco-nomico, egli dice, perchè non esige nessuna costru-zione, ma la cottura non procede uniforme e regolare.

La forma dei forni può variare assai. La fornace pih elementare è data dalla figura 93, ch'è nel tempo stesso quella pil1 comunemente usata. Hanno queste dimensioni assai varie, spesso la loro lunghezza è di 4 a 5 metri e la larghezza di m. 1.50 a m. 2.00, di forma quasi ellittica.

Le pareti sono formate collo stesso calcare da calce grossolanamente commesso. Un'apertura serve all'in-troduzione del combustibile, e il corrispondente muro

Fig. 93.

carbonati. Quando le pietre superiori si sono ridotte ancor esse in calce, l'operazione è terminata: si lascia raffreddare e si sforna.

In queste fornaci havvi una perdita di calore considere-vole, perchè è assorbito dal circostante terreno, e percbè se ne disperde dalla parete o bocca superiore della fornace.

Si provvede a questo incon-veniente con una costruzione stabile in muratura di mat-toni refrattarii, come si vede nelle fig. 94, 95 e 96.

Le prime due rappresen-tano due forni periodici co-muni senza graticola. La se-conda figura rappresenta un altro simile forno con grati-cola, il vantaggio dell'uso

della quale è indiscutibile. Fig. 96.

Questi forni spesso si

co-struiscono accoppiati per diminuire la dispersione del calore e per non rendere intermittente l'opera dei

for-di facciata è costruito alquanto regolarmente onde pre-senti qualche stabilità l'intero fabbricato. Nell'interno e sopra i muri laterali si forma un vuoto con pietre calcari commesse ·assieme a secco in guisa che riman-gano degli spazi interposti tra pietra e pietra, e poi sopra la vòlta che ne risulta, si carica la pietra da calce, la pih grossa prima, e la pih minuta poscia. Per la bocca s'introduce la legna e si dà fuoc0 in prima lento, perchè si asciughi il materiale e si faccia la calcina-zione, H restringimento e assestamento del calcare non troppo rapidamente, onde rton avvenga la scomposizione della catasta; poscia si aumenta il fuoco per raggiun-gere la temperatura necessaria alla scomposizione dei

Fig. !l1.

Fig. 95.

naciari. Quando si vuole mettere in attività uno di questi forni, si costruisce con grossi pezzi di pietra calcarea una volta ogi vale alta circa un metro e mezzo, che si sostiene provvisoriamente con armatura di le-gname. Al dissopra si getta la pietra da calcinare. Il fuoco di legna deve procedere colle elette precauzioni onde l'assestamento sia regolare e la vòlta non si scom-ponga col bruciarsi dell'armatura che gli ha servito di appoggio nel costruirla.

Per rendere la cottura pih regolare e uniforme si sono immaginate fornaci pih complesse e di ben mag-giore spesa deUe descritte; così quella usata in Anno-ver e descritta dal Wagner. Però simili fabbricati per fornaci intermittenti non convengono mai, perchè la grave spesa del loro impianto non rimane compensata dal risparmio del combustibile, come avviene per le fornaci a fuoco continuo.

Per le fornaci stabili sopra descritte a fuoco discon-tinuo, il tempo della cottura varia secondo lo stato igrometrico del calcare e la qualità della legnc1., da 100 a 150 ore per una fornace di 75 a 80 m. c. di capacità.

È dal calo della carica, giunto da 1/ 6 ad 1

/r,

della sua altezza, che i fornaciari giudicano terminata la cottura.

Ciascun metro cubo di calce esige in media 1.66 steri

CALCE, CEMENTO 63

di legna da passo di quercia, 22 steri di fascine ordi-narie, o 30 di eriche. Queste cifre però dipendono dalla qualità della legna , dalla grossezza e densità! della pietra, e dalla forma e dimensioni delle fornaci.

Per tal modo di cottura adoperasi altresì il carbon fossile, ma ciò poco interessa l'Italia che non ne pos-siede. Il miglior metodo è quello dei fornaciai del Paese di Galles in Inghilterra.

Essi dispongono dei mucchi di pietra calcarea mi-schiandola con carbon fossile, cui ricoprono di zolle erbose, e conducono l'operazione come se si trattasse di far carbone di legna, evitando le correnti d'aria e moderando la tiratura secondo l'intensità della com-bustione. Operasi egualmente nel Belgio.

La calcinazione a fuoco continuo è il metodo al quale si accorda la preferenza, perché la fornace essendo sempre accesa, si economizza il combustibile che si consumerebbe in ciascuna infornata per riscaldare la fornace e i materiali che contiene. Questo metodo per-mette d'impiegare· i combustibili senza fiamma. Il cal-care ridotto prima in pezzi della grossezza di un pugno, si cuoce a contatto del combustibile stesso.

Le fornaci pitl semplici sono internamente di una forma ovoidale, o, come suol dirsi, a manicotto, o quella di un tronco di cono rovesciato. Quest'ultime hanno alla base inferiore m. 1.00 di diametro e qualche volta fino a m. 3.30, il diametro della base superiore varia da m. 2.00 a m. 6.00, e 1'altezza da m. 3.00 a m. 10.80.

Le parti superiori eli tali fornaci contengono il calcare, mentre l'inferiore contiene la calce cotta; ne risulta che nella estensione in altezza della fornace si trovano tutti gli stati intermediarii tra la pietra cotta e la cruda. Il suo caricamento si fa per istrati alternati di pietre e di carbone, e dall'alto a mano a mano che la calce cotta è tolta in basso. Per cominciare un carica-mento, si dispone anzitutto nel basso della fornace una vòlta in pietea da calce, che si appoggia sulle sbarre di ferro che formano una specie di graticcio, ove arde un primo strato di carbon fossile di m. 0.05 a m. 0.07 di spessore, che si ricopre con uno strato di calcare di m. 0.16 a m. 0.22, sul quale si getta colla pala e in modo di chiudere gl'interstizi del calcare, un se-cont'lo strato di carbone fossile simile al primo; si col-loca sopra un secondo strato di calcare, e si continua così di seguito fino a raggiungere la sommità del forno, avendo ben cura di non sovrapporvi nuovi strati che a mano a mano che il fuoco salisce.

Lorchè la pietra in basso è cotta, la si fa cadere git1 col mezzo di un ordigno della forma di un forcipe, regolando la frequenza di questa estrazione sul tempo riconosciuto necessario per la calcinazione della pietra, tempo che ordinariamente è di 24 a 36 ore. A misura che la massa si abbassa, si ha cura di sovrapporre nuovi strati di calcare e di carbone fossile per tenere piena la fornace, che si vuota pressappoco per un terzo della sua altezza ogni volta.

Si avrebbe una cottura lunga e imperfetta, se si mettesse nel forno dci grossi massi di pietra: per faci-litare la calcinazione e renderla eguale si rompe il calcare in pezzi da 5 a 7 centim. di lato; i pani però di calce artificiale possono avere dimensioni maggiori.

La quantità del carbone fossile varia da 1.50 a 2.00 o 2.75 ettolitri per m. c. di calcare; quando la pietra con-tiene delle materie bituminose, si brucia un ettolitro di carbon fossile per m. c. di calcare calcinato.

Una fornace che può usarsi a fuoco continuo o inter-mittente, è quella rappresentata dalle .fig. 97 e 98, che sono gli spaccati sulla AB e sulla B C di essa fornace.

Questa è costruita solidamente in mattoni o in pietra squadrata a corsi regolari. Il cono tronco rovescio, formante il vaso della fornace, è alto m. 4.00, ha le basi del diametro di m. 4.00 la superiore e m. 1.66 l'in-feriore, la quale si attacca ad un cilindro verticale di egual diametro, alto m. 0.66, in fondo al quale sorge una pietra conica, dura ed infusibile, alta m. 0.80 e di base 0.75. Per tre porte D, D' (D" D'') si comunica alla parte cilindrica. Le dimensioni e la forma di tali ingressi risultano chiaramente da dette figure. Una co-lonnetta di arenaria divide ciascuna delle tre luci e sostiene il rispettivo architrave. I murati S S1 S" sosten-gono le volte degli ingressi e il caricamento della for-nace. Intorno e superiormente corre la galleria e(ghik in legname, destinata ad agevolare il caricamento. Se questa fornace si adopera a fuoco discontinuo allora si procede come di solito formando col calcare una specie di volta o cupola lnnettata in basso, e ponendo al dis-sopra il materiale da calcinare.

Fig. 97.

Fig. 98.

Il fuoco in legna si fa soltanto sotto la cupola, per le fenditure della quale penetra·no le fiamme e si pro-paga il calore all'intera massa. Ma non è questo il metodo che si addice a tal forma di fornaci: in queste si usa il fuoco continuo con carbon fossile in basso e disposto a strati alternati in tutta la mas a del calcare.

Si comincia la carica collocando intorno alla pietra conica centrale alcune fascine ben secche, che si coprono

Si comincia la carica collocando intorno alla pietra conica centrale alcune fascine ben secche, che si coprono

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