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2. Le condizioni implicite dell'istituto

2.2 La capacità di intendere e di volere

Il minore ultraquattordicenne, a norma dell'art. 98 c.p., è imputabile solo se nel momento in cui ha commesso il fatto era capace di intendere e di volere.

Nei suoi confronti non opera alcuna presunzione, ma il giudice deve, di volta in volta, accertare se il soggetto era imputabile o meno nella specifica situazione in cui si è verificato il fatto che gli è addebitato.152

La capacità di intendere e di volere del minore d'età compresa tra i quattordici e i diciotto anni viene, tradizionalmente, identificata con il concetto di «maturità», in realtà molto vago e controverso. Il termine non risulta da alcuna disposizione legislativa, in quanto frutto dell'elaborazione giurisprudenziale.

Nell'intento di fornire una definizione di «maturità», si è fatto riferimento a vari parametri, tra i quali ricorrono più frequentemente: l'armonico sviluppo della personalità, la capacità di soppesare le conseguenze dannose del proprio operato per sé e per gli altri, l'attitudine a distinguere il bene dal male, il lecito dall'illecito, nonché a determinarsi nella scelta dell'uno o dell'altro.153

L'indagine del giudice non può prescindere, pertanto, dagli accertamenti sulla personalità del minore previsti dall'art. 9 d.P.R. n.448/1988, né dalla valutazione del reato commesso, in quanto il livello di comprensione del proprio comportamento varia a seconda della qualità dell'illecito e del bene giuridico offeso.154

152 L'ordinamento penale italiano pone, dunque, una triplice distinzione concernente l'imputabilità di un soggetto in relazione all'età , sancendo:

a) una presunzione assoluta di incapacità di intendere e di volere per i minori di quattordici anni;

b) nessuna presunzione per i minorenni ultraquattordicenni, con l'obbligo di provvedere ad un accertamento in relazione al caso concreto;

c) la presunzione di capacità di intendere e di volere per i maggiorenni, per la quale è ammessa prova contraria per ragioni diverse dall'età, ovvero per vizio totale di mente od intossicazione cronica da alcool o da sostanze stupefacenti (artt. 88 e 95 c.p.).

153 Corte Cass., sez. I, 11 gennaio 1988, Marcioni., in Cass. pen., 1989, p. 1468. 154 Si è affermata, nel tempo, la prassi di utilizzare il combinato disposto degli artt.

Ne consegue che il giudizio sulla maturità del minore non è necessariamente legato a particolari indagini tecniche e può essere formulato dal giudice attraverso l'esame della condotta che il minore ha tenuto al momento del fatto e in corso di giudizio.155

Aspetto controverso è l'individuazione del grado di maturità necessario a fondare il giudizio di imputabilità.

Nella Relazione del Guardasigilli Alfredo Rocco che accompagna il codice penale, si definisce imputabile il minore che abbia raggiunto il normale livello di capacità di intendere e di volere del ragazzo medio della sua età.156

In realtà, il riferimento a stereotipi di età si rivela inadeguato ai fini dell'accertamento della maturità del soggetto. Trattandosi di personalità

in fieri e, quindi, con percorsi evolutivi estremamente diversificati,

risulta difficile identificare tipi astratti di individuo maturo per ogni classe d'età cui rapportare il minore imputato. Inoltre, l'impiego di un simile metodo darebbe luogo a delle incongruenze: si dovrebbe punire un quindicenne maturo per i suoi anni e, viceversa, prosciogliere un diciassettenne che ragiona come un sedicenne.157

Per tali ragioni, è sconsigliabile aderire a qualunque interpretazione del concetto di maturità che risulti ancorata ad un prototipo d'età.

Un altro parametro è stato individuato nella natura o nella qualità del reato. La capacità di intendere e di volere sarebbe, cioè, da valutarsi non soltanto con riferimento al momento in cui è stato commesso il fatto, ma anche in rapporto alla natura dello stesso.

Il giovane, infatti, acquisisce la consapevolezza dell'illiceità dei vari il compito di tentare la riconciliazione tra le parti e poi dare atto del successo dell'attività svolta mediante la dichiarazione di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto. Una simile procedura assomma in sé le caratteristiche del proscioglimento per esiguità del reato e quelle della mediation.

155 C. SCIVOLETTO, Sistema penale e minori, Carocci, Roma, 2012, p. 26.

156 Relazione a S. M. il Re del Ministro Guardasigilli Rocco presentata nell'udienza del 19 ottobre 1930-VIII per l'approvazione del testo definitivo del Codice Penale, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 26 ottobre 1930, n.251, in Le Leggi, 1930, p. 810.

comportamenti in momenti diversi, a seconda del tipo di trasgressione. Ad esempio, per riconoscere l'immoralità di reati quali l'omicidio, lo stupro, la rapina, è sufficiente uno sviluppo limitato, poiché tali fatti si contrappongono alle più elementari regole di condotta.

Ne deriva che uno stesso soggetto può essere prosciolto per immaturità in relazione ad un certo addebito e, allo stesso tempo, essere giudicato imputabile per altri, in considerazione della comune avvertibilità del valore etico-sociale dell'illecito. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha precisato che il parametro dato dalla natura dei reati ascritti al minore, ancorché rientri tra quelli utilizzabili al fine di verificarne la capacità di intendere e di volere, risulta insufficiente per apprezzare quel complesso di consapevolezza, sentimenti, inclinazioni che viene espresso nel concetto di maturità.158

Allo stesso modo, sarà incompleta la sola osservazione del comportamento processuale tenuto dal minore, sebbene in passato si sia ritenuto che potesse bastare a fondare il giudizio di imputabilità. Se è vero, infatti, che i vari aspetti della condotta processuale, come la gestualità, la posizione del corpo, l'espressione del viso, possono essere valutati come manifestazioni di una certa personalità, è problematico riconoscere il significato da attribuire a ciascuno di essi. Il pallore del volto o il tremore della voce, ad esempio, possono indicare la colpevolezza del soggetto sottoposto a giudizio come pure, semplicemente, un sentimento di paura per l'insolita situazione che si sta vivendo. Una simile equivocità rende, dunque, poco attendibile il parametro in questione.

A ciò si aggiunga che, solitamente, trascorre un lungo lasso di tempo prima che il minore compaia in giudizio, quindi non è detto che l'eventuale maturità dimostrata in aula fosse presente anche all'epoca della commissione del reato.

In conclusione, nessun criterio di valutazione può essere assunto come 158 Corte Cass., sez. I, 28 settembre 1989, Armicar, in Cass. pen., 1991, p. 425.

indicatore assoluto e autonomo della maturità. È opportuno, invece, individuare una vasta gamma di parametri e leggerli in modo integrato, poiché ciascuno di essi ha delle ricadute sugli altri.159

Nel tempo, il concetto di capacità penale del minore si è progressivamente disancorato da presupposti prettamente medici e psicologici. Ciò non esclude che la maturità debba essere valutata innanzitutto sul piano psico-fisico, anzi, uno degli aspetti che caratterizza il trattamento del minorenne autore di reato è proprio l'obbligo di indagini sulla personalità, precluse nel processo degli adulti ex art. 220 c.p.p..

Il superamento della concezione medico-psicologica della capacità ex art. 98 c.p. comporta, invece, che, ai fini dell'accertamento della stessa, assumano rilievo anche fattori familiari, sociali, ambientali, idonei ad incidere sulla personalità del minore.160

Così, la capacità o l'incapacità di intendere e di volere viene correlata a qualsiasi evento possa avere influenzato il percorso evolutivo del giovane autore di reato.

Sarà, dunque, maturo il ragazzo sano di mente, psicologicamente equilibrato, che sa interiorizzare il senso di ordine o di divieto ed è capace di autocontrollo come se fosse un diciottenne.

159 R. RICCIOTTI, La giustizia penale minorile, Cedam, Padova, 2001, p. 33. 160 M. BOUCHARD, L. PEPINO, L'imputabilità, in AA. VV., Diritto e procedura