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Il pregiudizio per le esigenze educative del minore

4. Rito penale minorile e rito ordinario: differenze

1.3 Il pregiudizio per le esigenze educative del minore

L'art. 27 d.P.R. n.448/1988, infine, subordina la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto alla circostanza che l'ulteriore corso del procedimento pregiudichi le esigenze educative del minore.

Quest'ultimo risulta il parametro decisorio più contestato, dal momento che dalla formulazione della disposizione non si evince con certezza se esso costituisca un requisito che si aggiunge alla tenuità del fatto e all'occasionalità del comportamento, oppure sia solamente la spiegazione della ratio che fonda l'esigenza di una rapida espulsione del minore dal processo.

Parte della dottrina, facendo leva sul dato testuale, riduce il pregiudizio alle esigenze educative a semplice corollario degli altri due presupposti.138

Infatti, la collocazione a chiusura della fattispecie di irrilevanza farebbe propendere per una funzione meramente sussidiaria del 136 C. CESARI, Le clausole di irrilevanza, cit., p. 251.

137 M. COLAMUSSI, La sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, cit., p. 1674

138 P. GIANNINO, Il processo penale minorile, Cedam, Padova, 1997, p. 228; F. PALOMBA, Il sistema, cit., p. 377; L. PEPINO, Processo minorile e formule definitorie, cit., p. 529.

parametro in esame: è solo alla fine dell'iter valutativo, verificate la tenuità del fatto e l'occasionalità del comportamento, che il giudice può trovare conferma delle conclusioni cui è giunto, verificando quanto la prosecuzione del rito per un reato tanto lieve arrecherebbe danno all'imputato.

Se si accoglie una simile interpretazione, se ne dovrà concludere che la declaratoria di irrilevanza ex art. 27 d.P.R. n.448/1988 richiede la sussistenza dei soli requisiti oggettivi della tenuità e dell'occasionalità. Tale concezione sembra fondarsi sull'idea che l'istituto dell'irrilevanza del fatto sia diretto a garantire la funzione di ultima ratio del diritto penale, quindi a non punire in via generale i minorenni per fatti esigui.139

L'opposta teoria considera, invece, il pregiudizio per le esigenze educative dell'imputato minorenne come un presupposto autonomo ma ne propone una lettura «in positivo».140

In questa prospettiva, in presenza dei requisiti della tenuità e dell'occasionalità, il processo dovrebbe sempre concludersi, a meno che la prosecuzione non risulti utile a responsabilizzare il minore, mentre il proscioglimento immediato potrebbe fargli arrivare un messaggio di «lassismo» oppure, addirittura, di invito a delinquere. In tal caso, la pronuncia di irrilevanza sarebbe preclusa.141

Questa soluzione trova fondamento nell'idea che lo scopo principale dell'art. 27 d.P.R. n.448/1988 sia la depenalizzazione, la quale, tuttavia, può essere sacrificata quando l'ulteriore corso del procedimento risulti utile per le esigenze educative del minore.

139 R. BARTOLI, L'irrilevanza penale del fatto. Alla ricerca di strumenti, cit., p. 1494.

140 R. DE MATTEO, La dichiarazione di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, in Temi romana, 1994, p. 209; V. PUGLIESE, La formula terminativa dell'irrilevanza del fatto nel processo penale minorile, in Min. giust., 1997, p. 125.

141 G. MANERA, Brevi osservazioni sul proscioglimento del minorenne per l'irrilevanza del fatto ex art. 27 legge n. 448 del 1988, in Giur. merito, 1992, p. 948.

In realtà, l'art. 23 del Progetto preliminare delle disposizioni sul

processo penale a carico di imputati minorenni faceva espresso

riferimento alla necessità che il giudice, in presenza di un fatto tenue ed occasionale, verificasse che l'ulteriore corso del procedimento non rispondesse alle esigenze educative del minorenne. Nella versione definitiva dell'art. 27 d.P.R. n.448/1988, l'espressione è stata sostituita dal richiamo al rischio che l'ulteriore corso del procedimento «pregiudichi» le esigenze educative del minore.

In virtù della costruzione della norma risulta, pertanto, preferibile un'interpretazione del presupposto come requisito autonomo ma da valutarsi «in negativo».142

Il giudice, dunque, pronuncerà la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto quando, oltre alla tenuità del fatto e all'occasionalità del comportamento, risulti che la prosecuzione del procedimento potrebbe riflettersi in modo pregiudizievole sui processi educativi in atto al di fuori del circuito penale. Tale soluzione, pur riducendo notevolmente l'ambito di applicazione della norma, appare come la più corretta perché conforme alla ratio della disposizione: dare attuazione al principio di minima offensività del processo penale minorile.

Tuttavia, il requisito autonomo del pregiudizio alle esigenze educative risulta di difficile accertamento. È pressoché impossibile, infatti, stabilire in astratto quando il processo rechi danno e quando, invece, risulti vantaggioso.143

La vaghezza della clausola può apparire, dunque, in contrasto con il principio di legalità di cui all'art. 25, comma 2 Cost. o, addirittura, dar luogo a delle disparità di trattamento.

In effetti, se anche si riuscisse a determinare a priori gli elementi da 142 R. BARTOLI, L'irrilevanza penale del fatto. Alla ricerca di strumenti, cit., p.

1494.

143 R. BARTOLI, L'irrilevanza penale del fatto. Alla ricerca di strumenti, cit., p. 1494; C. CESARI, Le clausole di irrilevanza, cit., p. 263.

valutare per appurare la sussistenza del presupposto, quali il ceto sociale o il contesto familiare d'appartenenza, la norma risulterebbe confliggente con l'art. 3 Cost., il quale esige che tutti i cittadini ricevano dalla legge un trattamento non dipendente dalle diverse condizioni personali o sociali.144

Nella prassi giurisprudenziale, il pregiudizio per le esigenze educative del minore è stato ritenuto fondato in presenza di parametri di varia natura. Si è dato, ad esempio, rilievo alla circostanza che l'imputato fosse alla ricerca di un lavoro e si stesse accingendo a svolgere il servizio militare.145

In altre occasioni, la prosecuzione del procedimento è stata ritenuta superflua, se non dannosa, a fronte della positività dei processi educativi in corso risultante dalle informazioni raccolte dai servizi minorili.146

Talvolta, infine, il processo per un fatto irrilevante è stato considerato svantaggioso per l'imputato quando, innestandosi nel percorso di educazione avviato con la collaborazione della famiglia, possa compromettere l'inserimento sociale del minore nella comunità di appartenenza.147

144 C. CESARI, Le clausole di irrilevanza, cit., p. 263.

145 Trib. min Torino, 8 gennaio 1995, D. S., in AA. VV., Il processo penale minorile, cit., p. 602.

146 G.u.p. Trib. min. Perugia, 21 gennaio 1993, R. A., in AA. VV., Il processo penale minorile, cit., p. 615.

147 G.i.p. Trib. min. Cagliari, 22 settembre 2000, M. S., in AA. VV., Il processo penale minorile, cit., p. 537.