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La declaratoria di irrilevanza nella fase delle indagini preliminari:

normative.

Come anticipato, la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto può essere pronunciata già nel corso delle indagini preliminari, all'esito di uno specifico iter procedurale previsto dall'art. 27, commi 1 e 2 d.P.R. n.448/1988.

Al fine di garantire l'economicità e la minima offensività del processo penale minorile senza contravvenire al dettato dell'art. 112 Cost, il legislatore ha concepito un procedimento incidentale innestato nel solco delle indagini preliminari che, malgrado comporti l'esercizio dell'azione penale, il vaglio di merito e la conclusione con sentenza, consente di limitare il contatto tra il minore e il sistema giudiziario. In questa fase è il pubblico ministero ad assumere l'iniziativa di richiedere la sentenza in oggetto; il giudice non può provvedere d'ufficio.176

In presenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 27 d.P.R. n.448/1988, il p.m. è tenuto a presentare la richiesta di emissione della sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto. Sul magistrato inquirente grava, infatti, un obbligo processuale, come conferma il dato letterale della norma, che utilizza il verbo all'indicativo: «chiede».

Con la richiesta l'organo dell'accusa esercita l'azione penale, formulando l'imputazione sotto il duplice profilo della fondatezza degli addebiti e della sussistenza per essi dei presupposti dell'art. 27, comma 1 d.P.R. n.448/1988, e dà avvio alla fase processuale.

L'apertura del rito con l'atto di accusa implica che il pubblico ministero abbia compiuto una scelta tra azione ed inerzia, escludendo di dover 176 Concordano, sul punto, V. PATANÈ, L'irrilevanza del fatto nel processo minorile, in Esp. giust. min., 1992. p. 67; C. CESARI, Le clausole di irrilevanza, cit., p. 321; P. GIANNINO, Il processo penale minorile, cit., p. 229.

richiedere l'archiviazione. Qualora, invece, la notizia di reato dovesse rivelarsi infondata, la soluzione archiviativa è obbligatoria.

La Corte costituzionale ha chiarito che la richiesta di sentenza di non luogo a procedere non può seguire la restituzione degli atti al p.m. con l'obbligo di esercitare l'azione penale nelle forme ordinarie, ex art. 409 c.p.p..177

In assenza di limiti cronologici espressi, è opinione condivisa che l'istanza del magistrato inquirente possa essere presentata in qualsiasi momento delle indagini preliminari e che ne determini la chiusura.178

Competente a provvedere sulla richiesta è il g.i.p..

L'art. 27 d.P.R. n.448/1988 non reca traccia dell'espletamento di adempimenti di garanzia. È possibile, pertanto, che il minore e il suo difensore non ricevano alcun preavviso della richiesta di sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, in mancanza di informazione di garanzia (art. 369 c.p.p.), dell'interrogatorio preventivo dell'imputato (art. 64 c.p.p.) e, addirittura, dell'avviso di conclusione delle indagini (art. 415bis c.p.p.).

Pur trattandosi di una scelta normativa che la Corte costituzionale ha ritenuto legittima in virtù della struttura del rito, ispirata alla massima semplificazione179, non può passare inosservato il fatto che essa privi il

177 Corte cost., ordinanza n.48 del 25 febbraio 2002, che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 409, comma 5 c.p.p. e 27 d.P.R. n.448/1988, nella parte in cui non consentono al pubblico ministero di richiedere al giudice sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto nel caso di archiviazione non accolta. Secondo la Consulta, infatti, la richiesta di archiviazione chiude le indagini preliminari, pertanto l'art. 27 d.P.R. n.448/1988 non può trovare applicazione qualora il giudice abbia imposto l'esercizio dell'azione penale al pubblico ministero. Questa dovrà necessariamente assumere le forme ordinarie della richiesta di rinvio a giudizio. Circa l'eventuale incompatibilità di tale assetto normativo con gli artt. 3 e 31, comma 2 Cost., la Corte ha puntualizzato che l'interesse del minore alla rapida estromissione dal processo è, comunque, garantito dalla possibilità di ottenere il proscioglimento per irrilevanza in sede di udienza preliminare.

178 C. CESARI, Commento all'art. 27, cit., p. 321.

179 Corte cost, ordinanza n.32 del 16 gennaio 2003 in cui, relativamente ai giudizi immediato e direttissimo, si ammette che il diritto di difesa possa essere adattato alle esigenze di economia processuale. Anche in ordine al rito penale di pace, Corte cost., ordinanza n. 201 del 24 giugno 2004 ha ritenuto legittima l'esclusione

minore dell'opportunità di evitare l'esercizio dell'azione penale quando questa assuma la forma della richiesta di una pronuncia liberatoria per irrilevanza. Conseguenza che risulta ancora più grave in caso di rigetto dell'istanza con restituzione degli atti al pubblico ministero, cui fa seguito, di norma, la richiesta di rinvio a giudizio. In tal caso, infatti, l'imputato perde la possibilità di un'archiviazione senza aver avuto modo di sostenerne la necessità.

È pur vero che il rito recupera il livello di garanzie necessario ai fini della pronuncia di irrilevanza tramite il contraddittorio che si svolge nell'udienza camerale ex art. 27, comma 2 d.P.R. n.448/1988, in cui il giudice provvede all'audizione contestuale del minore, dell'esercente la potestà genitoriale e della persona offesa dal reato.

Per quanto non espressamente previsto dall'art. 27, comma 2 d.P.R. n.448/1988, la disciplina dell'udienza va rintracciata nell'art. 127 c.p.p., disposizione di riferimento nei procedimenti in camera di consiglio quando non siano regolati da norme specifiche. Restano, tuttavia, dei dubbi sullo svolgimento dell'iter procedimentale. Non è chiaro, ad esempio, se la partecipazione all'udienza dei soggetti indicati dalla norma sia obbligatoria, come sembra suggerire la categoricità dell'espressione «sentiti»180, oppure eventuale, come prevede la

disciplina dei procedimenti in camera di consiglio181, secondo la quale i

soggetti convocati sono «sentiti se compaiono» (art. 127, comma 3 c.p.p.).

La preferibilità del secondo orientamento sembrerebbe confermata dall'impossibilità di procedere all'accompagnamento coattivo del minore, pure previsto in udienza preliminare e in giudizio, nonché dell'offeso e dell'esercente la potestà genitoriale, per i quali è escluso in

dell'art. 415bis c.p.p. dal novero delle norme ivi applicabili.

180 Propende per questa interpretazione A.C. MORO, Manuale di diritto minorile, Zanichelli, Bologna, 2002, p. 492.

ogni caso.182Di conseguenza, l'art. 27, comma 2 d.P.R. n.448/1988 può

essere letto nel senso che le parti e gli interessati non hanno l'obbligo di comparire, ma devono essere messi in condizione di intervenire nell'udienza camerale. A tal fine, di quest'ultima deve essere dato avviso al p.m., al minore e al suo avvocato, alla persona offesa e al titolare della potestà con almeno dieci giorni di anticipo.183

Le parti e i soggetti comparsi devono essere obbligatoriamente sentiti. Il minore è sottoposto ad audizione da parte del giudice ma può anche rendere dichiarazioni spontanee, come previsto dall'art. 127 c.p.p., e deve essere assistito da un difensore. È controverso, tuttavia, il suo diritto, qualora sia privo del difensore di fiducia, alla nomina di quello d'ufficio. Un orientamento, per la verità minoritario, nega tale possibilità in ragione del fatto che nessun pregiudizio potrebbe derivare al minore, né da una sentenza di accoglimento né da una decisione di rigetto.184

In realtà, l'imputato potrebbe desiderare un esito migliore di uno che ne presuppone la responsabilità. Ne consegue che, quando il difensore di fiducia non sia stato nominato o sia venuto a mancare, il minore ha diritto, come nel rito ordinario, alla designazione di un difensore d'ufficio, individuato tra gli specialisti in diritto minorile di cui all'art. 11 d.P.R. n.448/1988.

Le prerogative del rito minorile emergono, in particolare, durante l'audizione dell'imputato, che avviene con modalità tali da garantire il rispetto di una personalità in fieri, tra le quali rientra l'obbligo di trasparenza e di informazione ex art. 1, comma 2 d.P.R. n.448/1988.185

182 S. DI NUOVO, G. GRASSO, op. cit., p. 324 sottolinea come l'art. 27, comma 2 d.P.R. n.448/1988 non preveda l'accompagnamento coattivo dell'imputato e come le ipotesi di limitazione della libertà siano tassative e non suscettibili di estensione per analogia.

183 L'art. 127, comma 1 c.p.p. individua i destinatari dell'avviso di procedimento in camera di consiglio nelle parti, nei difensori e nelle «altre persone interessate», identificate dall'art. 27, comma 2 d.P.R. n.448/1988 nella persona offesa e nell'esercente la potestà genitoriale.

184 Corte Cass., sez. IV, 14 maggio 1992, D.C., in Riv. pen., 1993, p. 783

Il g.i.p. assume la sua decisione sulla base degli elementi raccolti nelle audizioni camerali e delle risultanze delle indagini preliminari. Infatti, benché l'art. 27 d.P.R. n.448/1988 taccia sul punto e si registrino posizioni dottrinali contrastanti, si deve ritenere che il p.m., come avviene quando esercita l'azione penale nelle forme ordinarie, provveda al deposito in cancelleria del fascicolo contenente gli atti di indagine insieme alla richiesta di declaratoria di irrilevanza del fatto. D'altronde, la norma, imponendo la restituzione degli atti al magistrato inquirente in caso di rigetto dell'istanza, lascia presupporre che questi abbia messo l'intero fascicolo a disposizione del giudicante.

Se il g.i.p. ritiene sussistenti i presupposti di cui all'art. 27, comma 1 d.P.R. n.448/1988, è tenuto a pronunciare sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, come suggerisce l'uso dell'indicativo «provvede» nel testo della disposizione. Laddove, invece, rigetti la richiesta, restituisce gli atti al pubblico ministero con ordinanza motivata e inoppugnabile. 186

In tal caso, è pacifico che si debba approdare alla richiesta di rinvio a giudizio oppure, dopo la prosecuzione delle indagini, ad una nuova richiesta di sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto sorretta da ulteriori elementi.187

D'altra parte, in virtù del principio di irretrattabilità dell'azione penale, si deve ritenere preclusa la possibilità di richiedere l'archiviazione.

all'art. 27, comma 2 d.P.R. n.448/1988 non può essere effettuata la modifica dell'imputazione. Si tratta di una circostanza che trova giustificazione nel carattere semplificato del rito e nell'impossibilità di formare in udienza nuovi elementi di prova.

186 Il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione ex art. 568 c.p.p. e il silenzio dell'art. 27 d.P.R. n.448/1988, che, invece, prevede l'appello contro la sentenza che dichiara l'irrilevanza, suggeriscono l'inoppugnabilità dell'ordinanza. Una simile interpretazione costituisce deroga all'art. 127, comma 7 c.p.p., che contempla la possibilità di ricorso per Cassazione avverso l'ordinanza emessa all'esito del procedimento camerale.

187 V. PATANÈ, L'irrilevanza del fatto, cit., p. 67; M. G. COPPETTA, Il proscioglimento per irrilevanza del fatto, in AA. VV., Diritto e procedura penale minorile, cit., p. 442; Corte cost., ordinanza n. 103 del 7 aprile 1997, dove, incidentalmente, si indica che, in seguito all'ordinanza di rigetto del g.i.p., il p.m. deve richiedere il rinvio a giudizio.

In dottrina, tuttavia, si sostiene la necessità di riconoscere al p.m. anche la possibilità di esercitare l'azione penale accedendo di nuovo a un rito speciale, quale il giudizio immediato, sempre che ne ricorrano i presupposti.188

In definitiva, le perplessità che desta il rito che conduce alla declaratoria di irrilevanza in corso di indagine nascono dalla constatazione che il legislatore, nell'ottica di favorire il più possibile la

ratio di deflazione e di minima offensività sottesa all'istituto, si sia

astenuto dal disciplinare aspetti decisivi, quali gli adempimenti di garanzia, la difesa tecnica del minore imputato, le conseguenze del rigetto della richiesta del pubblico ministero.189

Pertanto, è auspicabile un nuovo intervento normativo in grado di colmare le lacune esistenti, che si prestano ad interpretazioni fuorvianti.

4. Le garanzie per l'imputato della pronuncia di irrilevanza del fatto in sede di udienza preliminare.

Malgrado l'adozione della sentenza ex art. 27 d.P.R. n.448/1988 in corso di indagine rappresenti l'ipotesi statisticamente più ricorrente e la più conforme alla ratio dell'istituto190, in quanto consente la rapida

uscita del minore dal procedimento e la deflazione processuale, è innegabile che maggiore sia il livello di garanzie offerto dall'ordinamento quando la pronuncia avviene in udienza preliminare, a norma dell'art.27, comma 4 d.P.R. n.448/1988. Tale sede, infatti, assicura all'organo giudicante una migliore conoscenza del caso che gli 188 M. CERATO, Riflessioni critiche sull'”irrilevanza del fatto” nel processo penale

minorile, in Dir. pen. proc., 1997, p. 1542.

189 C. CESARI, Le clausole di irrilevanza, cit., p. 338.

190 A. CIAVOLA, V. PATANÈ, La specificità delle formule decisorie minorili, cit., p. 329; C. CESARI, Commento all'art. 27, cit., p. 329;.L. PEPINO, Commento all'art. 27, in AA.VV., Commento al codice di procedura penale, coordinato da M. CHIAVARIO, Utet, Torino, 1994, p. 285.

viene sottoposto, la possibilità di realizzare forme anche avanzate di contraddittorio e, allo stesso tempo, di definire il processo sulla base dei materiali raccolti in corso di indagine.

Competente è il g.u.p., organo collegiale, il quale può provvedere anche d'ufficio, dunque indipendentemente dalla richiesta del pubblico ministero o, addirittura, contro il suo parere.

L'estensione dei poteri decisori del giudicante trova giustificazione non soltanto nella centralità dell'udienza preliminare nel rito penale minorile, ma anche nell'ampiezza del materiale cognitivo sul quale fondare la statuizione. Infatti, in questa fase processuale, la decisione sull'irrilevanza è assunta sulla base degli elementi contenuti nel fascicolo d'indagine, che include anche le investigazioni difensive, delle memorie e documenti prodotti in udienza, e delle risultanze degli ulteriori accertamenti eventualmente disposti dal g.u.p. nell'esercizio dei poteri integrativi di cui agli artt. 421bis e 422 c.p.p..

La prima disposizione consente al giudice di disporre un'integrazione d'indagine laddove le risultanze investigative risultino incomplete; l'altra gli permette di assumere, anche d'ufficio e direttamente in udienza, prove delle quali appare evidente la decisività ai fini di una statuizione favorevole sull'irrilevanza.191

È palese, dunque, l'ampiezza del panorama cognitivo a disposizione del giudicante nell'udienza preliminare minorile, che rende la pronuncia ex art. 27 d.P.R. n.448/1988 assunta in questa fase processuale la soluzione in grado di offrire al minore il più alto livello di garanzie, pur nel rispetto dello spirito dell'istituto.

A tal proposito, parte della dottrina sottolinea criticamente come, di fronte al ruolo centrale assunto dall'imputato, impallidisca il ruolo 191 L'integrazione probatoria ex art. 422 c.p.p. risulta giustificata dal fatto di esercitarsi soltanto pro reo. Tuttavia, quando essa è finalizzata alla pronuncia della sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, si lega ad una fattispecie la cui premessa è la fondatezza degli addebiti mossi al minore. Esiste, pertanto, il rischio che tale potere travalichi i limiti imposti dalla legge e si risolva in uno svantaggio per l'imputato.

della persona offesa.192 Escluso, per quest'ultima, un potere di veto

sulla decisione di irrilevanza, l'unica possibilità di ostacolare una valutazione del reato in termini di esiguità le è offerta dall'esercizio dei diritti riconosciuti dall'art. 90 c.p.p. e richiamati espressamente dall'art. 31, comma 5 d.P.R. n.448/1988.

Tale disposizione disegna, per l'offeso, un ruolo affievolito anche come fonte di prova, disponendo che le persone convocate in udienza siano sentite solo se necessario ai fini indicati nell'art.9 d.P.R. n.448/1988. Dunque, il ruolo della persona offesa è offuscato a favore della figura dell'imputato, com'era inevitabile che fosse, dato l'impianto dell'intero processo minorile e ancor più rispetto ad una decisione che costituisce, nella sostanza, una criptocondanna pronunciata sulla base di atti non formati in contraddittorio. In sostanza il minore, in udienza preliminare, ha acquisito una «fisionomia adulta»193:è sentito dal

giudice, affiancato da un folto numero di soggetti194 che gli

garantiscono assistenza tecnica e sostegno affettivo e psicologico,ma, soprattutto, gode di un'autonomia nella gestione delle strategie processuali che si spinge fino al controllo degli esiti dell'udienza, inclusa la pronuncia ex art. 27 d.P.R. n.448/1988.

L'irrilevanza del fatto, infatti, può essere dichiarata in udienza preliminare solo a condizione che il minore abbia prestato il proprio consenso alla definizione anticipata del procedimento, personalmente o a mezzo di procuratore speciale.

Il momento in cui chiedere il benestare è collocato dall'art. 32, comma 1 d.P.R. n.448/1988 prima dell'avvio della discussione, salvo il caso in cui sia stato validamente prestato in precedenza, sia durante la stessa 192 C. CESARI, Le clausole di irrilevanza, cit., p. 340.

193 C. CESARI, Le clausole di irrilevanza, cit., p. 341.

194 Dell'udienza preliminare deve essere dato avviso ai servizi minorili che abbiano svolto attività per il minorenne, all'esercente la potestà dei genitori, alla persona offesa (art. 31, comma 3 d.P.R. n.448/1988) nonché ai genitori, se diversi dal titolare della potestà, o ad altra persona idonea che il minore abbia indicato e che sia stata ammessa dal giudice ad affiancarlo (art. 12 d.P.R. n.448/1988).

udienza preliminare che, secondo l'opinione maggioritaria, in corso di indagine. L'inizio della contesa dialettica deve intendersi, dunque, come termine ultimo per raccogliere la manifestazione di volontà dell'imputato.

Ad ogni modo, il consenso già prestato dovrà essere nuovamente espresso quando il suo oggetto assuma una diversa ampiezza o muti fisionomia, come nelle ipotesi in cui lo stato degli atti sia mutato tra l'udienza in camera di consiglio di cui all'art. 27, comma 2 d.P.R. n.448/1988 e l'udienza preliminare, oppure dopo l'integrazione ex artt. 421bis e 422 c.p.p..195