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2. Le condizioni implicite dell'istituto

2.4 Il consenso dell'imputato

L'art. 27 d.P.R. n.448/1988 non menziona, tra i presupposti della declaratoria di irrilevanza del fatto, il consenso dell'imputato. Tuttavia, esso deve essere incluso tra le condizioni legittimanti la pronuncia, pur rendendosi necessaria una distinzione tra le ipotesi in cui l'irrilevanza venga dichiarata durante le indagini preliminari, in sede di udienza preliminare oppure in dibattimento.

Quest'ultimo è il caso meno contestato. L'estensione della pronuncia anche alla fase dibattimentale168 e, nel contempo, l'assenza di

qualunque riferimento normativo alla componente negoziale della statuizione intervenuta in tale sede processuale, comporta unicamente 166 S. GIAMBRUNO, op. cit., p. 80.

167 C. CESARI, Le clausole di irrilevanza, cit., p. 272.

l'inclusione dell'irrilevanza del fatto tra le formule conclusive a disposizione del giudice del dibattimento. L'imputato non è chiamato a prestare il proprio assenso; potrà, eventualmente, impugnare la sentenza.

Percorrendo a ritroso l'iter procedimentale, invece, emergono delle incertezze.

Quando la declaratoria di irrilevanza definisce l'udienza preliminare, l'art. 27 d.P.R. n.448/1988 deve essere letto in combinato con l'art. 32 d.P.R. n.448/1988, come modificato dalla l.63/2001. Quest'ultimo subordina al previo consenso dell'imputato la possibilità di concludere il processo in sede di udienza preliminare con una sentenza di non luogo a procedere e menziona espressamente la decisione che dichiara il fatto irrilevante tra le ipotesi in cui tale condizione è richiesta.

La disposizione appare volta a consentire che la conclusione della vicenda processuale prima del dibattimento riposi sulla rinuncia dell'imputato alle maggiori garanzie che questo offre e, in particolare, al contraddittorio nella formazione della prova.

Se, infatti, nel processo penale le prove si formano nel contraddittorio tra le parti, non è possibile fondare una decisione giudiziale su atti unilateralmente formati dalle autorità inquirenti nel corso delle indagini preliminari (art. 111, comma 4 Cost.), a meno che non ricorra una delle eccezioni contemplate dall'art. 111, comma 5 Cost. Tra queste è compreso il consenso dell'imputato.169

169 È opinione ampiamente condivisa che questa sia la ratio della modifica alla disciplina dell'udienza preliminare minorile, intervenuta nel 2001. In realtà, tale fase processuale era già stata pensata dal legislatore del d.P.R. n.448/1988 come idonea a concludere anticipatamente il rito, ma si trattava di una funzione concepita come aggiuntiva rispetto a quella tradizionale di verifica preliminare sulla fondatezza dell'accusa.

Oggi, invece, la necessità di chiedere sempre, prima dell'inizio della discussione, il consenso dell'imputato alla definizione anticipata, configura l'udienza preliminare minorile come conclusione alternativa al dibattimento, con preminente funzione deflativa.

C. PANSINI, L'attuazione del “giusto processo” nell'udienza preliminare minorile, in AA. VV., Giusto processo, a cura di P. TONINI, Cedam, Padova, 2001, p. 581 sottolinea criticamente come la modifica della l.63/2001 abbia reso

La Corte costituzionale ha precisato che tale requisito non è necessario ai fini della pronuncia di sentenze di non luogo a procedere che non presuppongono un accertamento di responsabilità.170

Pertanto, la declaratoria di irrilevanza del fatto, in quanto decisione che postula la verifica positiva della colpevolezza, richiede il previo consenso del minore.

Quanto alle modalità in cui esso deve essere prestato, l'art. 32 d.P.R. n.448/1988 è stato interpretato ritenendo che la decisione di permettere una definizione del processo nell'udienza preliminare rappresenti un diritto personalissimo dell'imputato.171 Di conseguenza, laddove il

minore non abbia personalmente manifestato il suo previo assenso, né abbia sul punto conferito procura speciale al difensore, la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto non potrà essere pronunciata e sarà necessario disporre il rinvio a giudizio. Il pregiudizio per l'imputato sarà, comunque, compensato dalla possibilità di dichiarare l'irrilevanza in dibattimento, prescindendo dal suo consenso.

Resta, invece, questione controversa quella della necessità dell'assenso preventivo del minore accusato quando la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto sia pronunciata nel corso delle l'udienza preliminare del processo penale minorile affine al giudizio abbreviato, strutturandola come una sorta di «rito premiale a base negoziale». Tale impostazione, peraltro, è stata recentemente confermata da Corte Cass., sez. V, 31 maggio 2013, la quale ha puntualizzato che la formulazione della richiesta di rito abbreviato, anche tramite procura speciale conferita al difensore, include il consenso dell'imputato alla definizione del processo con sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto. L'accettazione della definizione anticipata, ha riconosciuto la Suprema Corte, è della stessa natura e mira agli stessi interessi sottesi alla previsione di necessità di espressa richiesta personale con procura speciale del rito abbreviato, sicché può dirsi che la formulazione di quest'ultima include la prima.

170 Corte cost., ordinanza n. 110 del 24 marzo 2004, in cui la Consulta ha ribadito la necessità del previo assenso dell'imputato in ordine alle sentenze che concludono l'udienza preliminare con una condanna o, comunque, che esigono un preliminare accertamento di responsabilità, come nei casi di irrilevanza del fatto, perdono giudiziale, condanna a pena pecuniaria o sanzione sostitutiva.

171 Aspetto confermato recentemente dalla Corte costituzionale con la sent. n.24 del 14 febbraio 2013. Cfr. http://www.cortecostituz ionale.it/action SchedaPronuncia.do? anno=2013&numero=24.

indagini preliminari.

Il testo dell'art. 27 d.P.R. n.448/1988 non ne fa menzione. Ne consegue che, stando alla lettera della norma, esso deve essere escluso.172

Tuttavia, i canoni del giusto processo sono punti di riferimento ineludibili ogni qualvolta si debba proclamare l'innocenza o la colpevolezza di un individuo, indipendentemente dalla fase processuale in cui si innesta la statuizione del giudice. Se, dunque, anche in corso di indagine la decisione di irrilevanza implica il riconoscimento della responsabilità dell'imputato, allora l'utilizzo a fini probatori del materiale investigativo, non formato in contraddittorio, dovrebbe essere legittimato dal consenso del minore, come previsto in sede di udienza preliminare.

La lacuna normativa comporta, pertanto, un'ingiustificabile assenza di coordinamento tra le due fattispecie, cui si potrebbe dare soluzione con una lettura costituzionalmente orientata del combinato disposto degli artt. 27 e 32 d.P.R. n.448/1988 oppure con una declaratoria di illegittimità costituzionale.

Il primo rimedio imporrebbe l'applicazione analogica dell'art. 32, comma 1 d.P.R. n.448/1988 alla pronuncia liberatoria per irrilevanza del fatto nel corso delle indagini preliminari, posta l'identica ratio che accomuna le due pronunce. In questa prospettiva, la sede deputata a raccogliere l'assenso del minore all'esito precoce del processo sarebbe l'udienza camerale di cui all'art. 27, comma 2 d.P.R. n.448/1988.

Le criticità di una simile impostazione non possono, d'altronde, essere trascurate. Per un verso, essa sembra trovare conferma nel dettato dello stesso art. 32 d.P.R. n.448/1988, che prescrive al g.u.p. di raccogliere l'adesione dell'imputato alla definizione anticipata del procedimento «salvo che il consenso sia stato validamente prestato in precedenza». Si ammette, così, che vi possano essere circostanze anteriori all'udienza preliminare in cui il minore può essere chiamato ad 172 C.CESARI, Commento all'articolo 27, cit., p. 307.

assentire a questo tipo di conclusione.173D'altro canto, difficilmente si

può dedurre dall'obbligo di «sentire» il giovane la necessità del suo consenso, anche in considerazione del fatto che la presenza dell'imputato non è obbligatoria. Non è, infatti, possibile ricorrere all'accompagnamento coattivo, prospettabile, invece, in udienza preliminare e in giudizio.174

Risulta, pertanto, auspicabile un intervento della Corte costituzionale, che dichiari l'illegittimità dell'art. 27 d.P.R. n.448/1988 nella parte in cui non prevede che all'imputato minorenne si richieda il consenso alla declaratoria di irrilevanza del fatto nel corso delle indagini preliminari. La previsione, del resto, appare in contrasto con l'art. 111, comma 4 Cost., dal momento che consente l'uso di atti nati al di fuori del contraddittorio ai fini del riconoscimento della colpevolezza, e con l'art. 3 Cost., giacché disciplina in maniera differente ipotesi affini di operatività dell'istituto.175

173 Abbracciano questa prospettiva V. PATANÈ, Consenso del minore alla definizione anticipata tra esigenze di garanzia del contraddittorio e di ragionevole durata, in Cass. pen., 2002, p. 3414; C. CESARI, Le clausole di irrilevanza, cit., p. 286.

174 S. QUATTROCOLO, Esiguità del fatto, cit., p. 317.

175 Favorevole a un intervento della Corte Costituzionale è M. G. COPPETTA, Il consenso dell'imputato minorenne alla sentenza di non luogo a procedere, in Giur. Cost., 2002, p. 1559. Secondo F. VERDOLIVA, Consenso preventivo dell'imputato alla definizione del processo: un'altra occasione persa da parte della Corte costituzionale, in Dir. pen. proc., 2002, p. 973 la prospettiva deve essere, addirittura, invertita: il contrasto con il dettato costituzionale investirebbe l'art. 32, comma 1 d.P.R. n.448/1988, nella parte in cui subordina al consenso del minore la declaratoria di irrilevanza del fatto, a differenza di quanto previsto dall'art. 27 d.P.R. n.448/1988. La disparità di trattamento comporterebbe un conflitto con gli artt.3, 2 e 31, comma 2 Cost. perché la necessità dell'assenso sarebbe irrazionale e pregiudicherebbe la rapidità e la funzione educativa del rito minorile.

3. La declaratoria di irrilevanza nella fase delle indagini