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Capitolo Decimo quarto Beneficienza ed opere pie

(pag. 345) L’Onorevole Ignazio Stelluti-Scala si è occupato della beneficienza nella nostra provincia (140). Dei nostri tre castelli scrive quanto appresso.

«Tomba di Senigallia. Opera pia Cecchinelli di cui si ignora l’origine, ma si ritiene fondata nel secolo XVII. Ha per iscopo il sussidio ai poveri in ragione di centesimi 10 ciascuno colla rendita di £. 75 pagata dalla locale Confraternita del SS. Sacramento, alla quale, non si sa quando, furono incorporati i beni ap-partenuti al legato. Risulta dagli atti che la quantità di elemosine si misurava dal valore annuale di coppe 14 di grano, pari ad ettolitri 4,900. Non vi era statuto nel 1891, ma erano in corso delle pratiche per compilarlo. Al 31 dicembre 1891 aveva un capitale di £. 1500».

«Opera Pia Pellegrini fu fondata nel 1600 (vedi statistica ufficiale vol. IX.

Emilia e Marche) allo scopo di ricoverare e sussidiare i pellegrini che in tempo remoto si recavano a visitare il santuario di Loreto. Fu istituita da Belgodere Giovanni con testamento 26 gennaio 1671, a rogito Cecchinelli di Tomba. Ora [ha] per iscopo la distribuzione di sussidi ai poveri. Ha un patrimonio (al 31 dicembre del 1891) di £. 3938. Sono in corso le pratiche per la compilazione dello statuto e per la riunione dell’opera sua con l’ospedale».

«Ospedale per infermi. Ha avuto origine la fondazione del testamento di Angelo Sonni 15 gennaio1819 per sussidiare i poveri a domicilio (pag. 346) con denari e medicinali. Lo statuto del 1891 si stava compilando ed al 31 dicembre 1891 il capitale era di £. 6796:80. Tutti e tre questi istituti sono amministrati dalla locale Congregazione di Carità».

Le mie indagini sulle opere pie e beneficienza nel territorio del Commissariato mi hanno portato fra le mani le seguenti notizie. Una tal Bruna Illuminati con testamento 25 febbraio 1633 fece amministratore il comune d’un pio Legato detto Illuminati, che instituì con un annuo canone di scudi 8:48:l. La qual som-ma fu presa a censo dal Comune istesso nel 1798 per far fronte ai bisogni ur-genti, ma che secondo la mente della testatrice servir doveva per la celebrazione in perpetuo di un annuo ufficio di 5 messe nell’altare di S. Antonio Abate, che nei tempi andati era posto nella Chiesa priorale e parrocchiale di S. Mauro, e pel

mantenimento di detto altare ius patronato mero laicale del comune di Tomba.

Siccome nel 1843 non esisteva più questo altare, dice il resoconto consiliare 29 ottobre di detto anno, «e se anche esistesse non si ha bisogno di detta somma per mantenerlo, per cui il Consiglio avvisa che, dopo la soddisfazione del pio legato di messe 5, sarebbe opportuno di unire il legato sopradetto al Ven. Ospedale de’

Pellegrini parimenti mero laicale ed amministrato dal Comune, formando una sola azienda e cassa»; il che fu approvato con 21 voti nessun contrario. La deli-bera rimessa alla Curia di Senigallia aspettava ancora la sanzione il 6 aprile del 1845: venne dopo pochi altri giorni, e seguì quella della Legazione Apostolica, la qual Legazione emise il suo benestare in data 8 maggio 1845.

Nelle riformanze del 15 dicembre del 1619 troviamo una prima notizia «del fabbricato dell’ospedale che minacciava grandissima rovina, e per andare a terra, et anco con gran pericolo del resto». Per studiare la questione delle riparazioni nel primo giorno dell’anno (pag. 347) dopo furono scelti alcuni individui. La chiave di questo ospedale che se ne stava inoperoso sembra fosse tenuta da una tal Madonna Dori moglie del Sig. Gian Francesco Thomasi nel 1635, perché nel dì 16 dicembre avvisavano i Massari che «si è riavuta la chiave ... e si risolvé che si dovesse collocare quella nel Cassone sino a scar(arico) [del] debito et passato detto tempo si debba resarcire l’ospedale, et quello esercitare a bene de’

poveri». Furono tolti i debiti non solo, ma il 16 dicembre del 1640 si stabilì «di acquistare la casa di Michele per quel prezzo che esso l’acquistò non solo per l’ospedale, ma ancora che è contigua al forno». E due anni dopo, 2 novembre, venne la buona risoluzione «di mettere l’ospedale, come tante volte si era detto, specie uno spedaliere a servitio dei poveri».

Era posta questa casa nella strada detta «dell’Ospedale» la quale nel 1705 era resa impraticabile per le continue immonditie, che «vi si gettano dalla fenestra, perché vi si tenevano legati gli animali immondi». Il 27 giugno 1706 il Legato Card. Tanari acconsentiva ad una concordia fra il Bevilacqua di Ripe e l’Ospe-dale permettendo a quello di esitare due coppe di terreno e casa, creando però tanti censi corrispondenti alla soma dovuta a questo, in rapporto al testamento di Giovanni Belgodere. Siamo al 24 gennaio del 1725, ed in quel giorno furono nominati i nuovi deputati «acciò assistano e riconoschino lo stato dell’ospe-dale per beneficio de’ poveri ... et poi riferiscano in consiglio». Dopo 4 anni gli incaricati non avevano concluso nulla, per questo se ne proposero altri due dovendo essi restare in carica 3 anni, alla fine dei quali dovevano rendere conto

«affine non manchino i disordini che sono per il passato accaduti con lo stare l’amministrazione per lunghissimo tempo in un solo, il quale non rendendo conto, restano i luoghi Pii privi del dovuto servizio». Ma crescendo i bisogni economici del municipio in seduta del 7 maggio 1742 si formò il concetto di

pregare Roma a dare il permesso d’impiegare l’entrata di questa opera pia a be-neficio della (pag. 348) Comunità. A che cosa fosse adibito questo ricovero lo apprendiamo dalle riformanze del 1758, 25 aprile, nel qual giorno «fu risoluto per rendere bene guardata, e custodita la casa di questo ospedale ove si sente che si pratichino cose alquanto improprie, e che è fatto soltanto per alloggiare e ricoverare li soli pellegrini poveri e qualche solo povero che capitar potesse, di fare un custode, e consegnargli le chiavi di detta habitazione, acciocché sia aperta per l’ingresso di detti pellegrini e poscia richiudere per potere così levare ogni susseguente scandalo e disordine, e perciò si propone alle SS.LL. Mastro Biagio Sonni che esibisce accettare tale custodia con l’emolumento di paoli 10 all’anno»; il che fu approvato a voti unanimi. In questo frattempo la cassa dei poveri era fornita abbastanza di denaro che dava a censo e che serviva di scorta al municipio nei molteplici bisogni, ma per i poveri non vi era nulla, perché il 3 marzo 1779 si levava una voce in seno al consiglio, la quale diceva «la casa a commodo di ricoverare li poveri viandanti pellegrini non ha mobile acciò atto di sorte alcuna ... giacché vi sia il puro nome d’ospedale senza niente di ciò che lo costituiscono». E cosi fu eletto deputato un tal Nicola Bettini con incarico di fare «tavole, trespoli, pagliaccio132, e due paia di lenzuoli, due coperte; dare anche qualche fascina a’ pellegrini». Per questo nuovo assetto furono spesi scudi 9:17:2, come si ha dalla seguente: «A dì 15 novembre 1779 il Sig. Sindico del nostro ospedale di Tomba pagherà al Sig. Nicola Bettini custode del medesimo nostro ospedale per saldo delli 9:17:2 spesi per servigio dello spedale a norma del Consiglio dei 3 marzo 1779, a conto dei quali ebbe sc. 5, come da bolletta».

Ebbe in quell’anno un avanzo di scudi 59:29; ed è la prima volta che sappiamo di sicuro che vi era ricoverato «un povero caduto dal murello, al quale si dette un paolo della cassa dell’ospedale» con voto unanime del consiglio emesso il 17 luglio. E forse in quell’anno ve ne dovettero essere ricoverati anche degli altri, ma certo negli anni posteriori non mancarono perché nei bilanci troviamo spesso «per fascine di viti, lavatura di lenzuoli, ed una coperta nuova di stracci sc. 0:74. Per una (pag. 349) trave, calcina, gesso, e fattura per accomodare una camera sc. 1:86. Per paglia pe’ pagliacci sc. 0:20. Pel panno per un guanciale, - fascine - e paglia per lo stramazzo sc. 1:68». (141) Il Consiglio 17 maggio 1780 ci dà la vera nota di cosa doveva essere questo nosocomio: in quello si lamentava «l’inconveniente di un giovinastro con una donna che diceva essere sua moglie, e seco aveva anche un can mastino, e fu colà alloggiati dal custode, senza avere cognizione di loro». Giunta questa nuova al Sig. Commissario fece chiamare a sé i due pellegrini «e creduti dall’aspetto di poco buona estrazione negò loro il ricetto esclamando i suddetti di questo divieto». Per questo fatto

si volle che per l’avvenire meglio s’invigilasse sulle licenze e sulle fedi di pover-tà e onespover-tà e del legittimo matrimonio se si fossero presentati due coniugi. Il Vescovo di Senigallia Honorati nel 1793 faceva richiesta al deputato che dasse una nota giurata dell’introito e dell’esito dell’Ospedale, la qual cosa fu negata dal Consiglio del 27 ottobre con dichiarazione che «non è un pio luogo, bensì è stato eretto dalla nostra Comunità in sollievo de’ poveri del paese ed anche de’

forastieri, che capitassero ammalati». Tre anni dopo venne acquistata la casa di un tal Valentini «essendo veramente inconveniente che, dandosi il caso di più malati bisognosi dell’ospedale, siino uniti in una stanza uomini e donne».

Nel registro dei morti di Tomba ho trovato i seguenti casi di morte avvenuti all’Ospedale: sono 3 nel lasso di 143 anni.

«A dì 24 ottobre 1658. Donna Antonia di St. di Ripe habitante quì all’Ho-spitale d’anni 65 in circa havendo ricevuti li Santissimi Sacramenti morì ...»

«6 gennaro 1671. Donna Amalia di ... morì all’Hospedale in età di 50 anni in circa».

«A dì 14 gennaio 1801. Carlo detto Scodalza confessato quasi improvvisa-mente morì in questo Ospedale di anni 80 incirca».

Questa istituzione col progredire degli anni ebbe un nuovo scopo, sovveni-re cioè i poveri a domicilio con mensili assegni decsovveni-retati dal municipale (pag.

350) consiglio, come risulta fino dalla riunione 5 febbraio 1827 e in tutti gli anni seguenti. Il 6 aprile del 1845 questo nosocomio lo troviamo intitolato:

«Ven(erabile) Osp(edale) degli esposti e pellegrini».

Una delle istituzioni che oggi è molto in fiore nelle nostre più popolose città, e della quale se ne va occupando con grandissimo vantaggio della povertà il fiore della nostra aristocrazia vigeva a Tomba sui primi del secolo XVIII: alludo alla istituzione del «Pane di S. Antonio». Monsignor Francesco Abbate Bettini Vicario Apostolico di Senigallia sapendo che Don Bernardino Montanari es-sendo andato a questuare il grano in compagna per fare il pane di S. Antonio Abbate voleva dispensarlo da sé, senza i deputati della Comunità, scrisse al Curato Parroco il 16 gennaio del 1714 incaricandolo di chiamare il Montanari e dirgli «che in ogni maniera si osservi il solito, senza alcuna innovazione, dandole io in virtù della presente ogni facoltà necessaria a tale effetto ...»

Quantunque negli atti consiliari di Ripe non si incontri documento alcuno che tratti di Ospedale antico, e quantunque nessun altro documento in Archivio si trovi su tale argomento, pure la esistenza di un antico nosocomio ci viene

rive-lata dai seguenti certificati di morte che esistono nell’Archivio di quella chiesa.

«A di 9 Settembre 1694. Una tale donna la quale si chiamava Madonna Giovanna della città d’Ancona povera mendica ritrovandosi in questa Parocchia di S. Pellegrino di Ripe all’Hospidale ammalata d’anni 65 in circa doppo d’ha-ver ricevuti li Santissimi Sagramenti della Chiesa passò da questa all’altra vita, ed il suo corpo fu sepolto in questa Chiesa Parocchiale».

«A di 31 Decembre 1698. Giuseppe di Ventura detto Grotte, trovandosi in questo Ospedale, dopo haver ricevuti i SS.mi Sacramenti della Penitenza, et Eucaristia, morì all’improviso, e fu sepolto in questa Chiesa Parocchiale d’anni 40 incirca».

«A dì 15 giugno 1716. Marc’Antonio d’Angelo da Maiolati d’Jesi circa anni 70 fu ritrovato morto in questo Ospitale, et essendoli ritrovato il bollettino della Confessione, e Comunione fatta circa quattro in cinque giorni in Roncitelli fu sepolto in questa Chiesa Parocchiale (142).

(pag. 351) Dell’attuale ospedale così scrisse lo Stelluti-Scala: «Ospedale degli Infermi. Istituito nel 23 Ottobre 1886 con i legati pii Lavatori e Mari(a)ni, allo scopo di ricoverare, curare e mantenere in circostanza di malattia i poveri di ambo i sessi appartenenti alla sola parrocchia di S. Pellegrino, come dalle tavole di fondazione. Lo statuto organico è del 17 settembre 1889. Il patrimonio al 31 dicembre 1891 era di £. 62:700:85, mentre in origine era di sole £. 42:688:91.

L’istituto è amministrato da una speciale Commissione». Una gran parte di que-sto capitale è oggi rappresentato dal fabbricato eretto ad uso Ospedale forse con più lusso che comodo, e per grandezza di molto superiore ai bisogni locali. Per detta fabbrica si spesero nell’anno 18...133 £.18.000, alla qual somma si debbono aggiungere altre £. 2000 spese nel corrente anno 1902 per i lavori del porticato.

Il restante della somma non incontrò buona fortuna trovandosi depositata nella Banca Senigalliese allora quando nel 189... successe il famoso crach134. Ma è a

133 L’anno è stato lasciato in sospeso da Palmesi; da altre fonti sappiamo che era il 1895; cfr. A.

Lavatori, Un secolo di storia a Ripe attraverso lo sviluppo dell’assistenza sociale, a cura dell’I-stituto Marchigiano “J. Maritain”, Ed. La Lucerna, Ancona 1987, p. 139 e p. 149.

134 Anche qui il Palmesi ha lasciato l’anno in sospeso. Accenna al fallimento della Cassa di Risparmio e della Società Commerciale Senigalliese Giovanni Monti Guarnieri, Annali di Senigallia, cit., p. 394, in termini generici come avvenuto sul finire del secolo XIX. Ne definisce la data precisa solo Sergio Anselmi, I moti del ’98, in S. Anselmi (a cura di), Una città Adriatica. Insediamenti, forme urbane, economia, società nella storia di Senigallia, Cassa di Risparmio di Jesi, Jesi 1978, p. 681: «...a cavallo tra gli anni 1895 e 1896 s’erano avuti incidenti per la crisi della locale “cassa di Risparmio”»; ivi è un rimando alla nota 20, p.

691, in cui è riportata la fonte esatta da cui ha attinto la notizia: «sulle agitazioni per la crisi della locale “cassa”, A.S.An., Tribunale di Ancona, Processo penale n. 367 (1898). In quegli anni casse e banche falliscono anche a Urbino, Fano, Urbania, Fossombrone ed in altre località marchigiane».

sperar bene perché una porzione del denaro perduto sarà rimborsato, e molto più, perché non mancano a Ripe individui i quali, solo che vogliono, possono impinguare il patrimonio dei poveri malati. (143)

Si ebbe l’idea di fondare un monte di Pietà e si portò la questione al Consiglio 5 aprile 1605. «Per rifugio de’ poveri, et altri che sono alle volte in grave necessità sarà bene di fare un monte di Pietà, et a questo effetto deputare doi huomini del Consiglio quali dovessero usar diligenza esortando et pregando l’amor di Dio a tutti che voglia fare qualche elemosina, acciò si compisca quest’opera divina, et quelli che vorranno dar niente si debbano scrivere in una lista in quest’estate prossima che viene tanto in grano quanto in denaro nominando i Sig. Priori a tal effetto M. Mutio Guglielmi e M. Giovanni Lenci dandone buon conto fedelmente, si come si spera faranno di quel tanto gli sarà promesso, et anche gli perverrà alle sue mani»; e la proposta tutti «a viva voce» accettarono. Però la questua non dové fruttar molto, perché nel consiglio 19 marzo (pag. 352) 1617 i Priori proponevano «esser bene che quel poco grano del Monte venisse dispen-sato» per cui venivano a ciò deputati i Consiglieri M. Giovanni Battista Ricci e Antonio Lenci, né di questa santa istituzione si fa più motto.

Fig. 43. Ripe, Opera Pia Lavatori, foto del 25 aprile 2014