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Capitolo Decimo terzo Il Comune ed il culto divino

(pag. 325) Religione e Patria! Santo connubio! Bello sarebbe vedere la croce e la spada procedere di pari passo! meglio è il tacere oggi nei tristissimi giorni che attraversiamo, perché un tal discorso potrebbe essere giudicato di reaziona-rio! Ma i municipii passati più barbari dei nostri la pensavano altrimenti. Nella celebrazione della festa del Santo protettore poneva il Comune cura speciale;

che se talvolta accaddero dei dissensi, questi, come nel corso di questo capitolo vedremo, accaddero quasi sempre per colpa esclusiva dei relativi parroci.

Come Tomba festeggiava S. Marina lo apprendiamo da una bolletta del 18 luglio 1759 «F(u) F(atta) Bolletta al Sig. D. Filippo Giovenali sagrista di questa Ven. Chiesa Parocchiale di Tomba per la solennità di S. Marina come in tabella per le spese occorse come sieguono. Per messe dieci a ragione di baiocchi quin-dici l’una scudi 1:50 - Per la cera 90 - Per il sagrestano 06:3 - Per l’olio della lampada 02 - Per il sonatore della pubblica campana 15 - Per i tamburini n. 2 bai 30». Vi era la processione alla quale interveniva ancora la milizia cittadina, come ci fa fede un consiglio del 1634. I nuovi capitoli militari volevano che non si potesse far rassegna di soldati dal giorno di S. Giovanni di giugno fino al giorno di tutti i Santi; per cui «pur potendo l’armata de’ soldati accompagnare la processione di S. Marina, come era stato sempre solito» si chiedeva ai superiori questa autorizzazione. Nel secolo XVIII, anzi fino dagli ultimi del secolo XVII moltissime città, paesi (pag. 326) e terre assunsero a loro protettore S. Rocco.

Nel luglio del 1714 il consiglio decise «come è noto a tutti, ogn’uno attende nel luglio al raccolto di scegliere persone per far pulire la piazza e muraglia pubbliche, ed essendo festa tanto prossima alla fiera di Senigaglia, che toglie il concorso a detta festa, et alla devozione di detta Santa; e però senza rimuovere in perpetuo il solito uffizio di messa per detto giorno tanto in questa terra al di lei altare, come alla chiesa di S. Marina nuovamente fabbricata in questo territorio, di pigliare in Protettore in avvenire S. Rocco, siccome ancora le altre Comunità dello stato, e fuori ne hanno la protezione di detto Santo, come di-fensore di morti di peste, e particolarmente in questa terra ne habbiamo la di lui immagine sopra la porta pubblica, ove v’è quella di S. Marina con l’effige Sacrosanta della Beatissima Vergine di Loreto, e cadendo la festa di detto

glo-Fig. 37. Ripe, catino dell’abside della chiesa di S. Pellegrino (g.c. da Ottica e foto Riccardi, Trecastelli, Ripe 11 maggio 2014)

Fig. 38. Trecastelli, Brugnetto, interno della chiesa di S. Michele Arcangelo (foto Learco Perini, 13 maggio 2014)

Fig. 39. Statua di San Pellegrino nell’abside della chiesa parrocchiale. Fu realizzata in cartapesta

rioso santo per lì 16 agosto sarebbe bene avvocarne la protezione, e celebrarne con pompa la suddetta festa, anche coll’introdurre la fiera con licenza ...» La proposta ebbe l’approvazione generale dell’assemblea, 14 consiglieri, e furono posti in bilancio 5 scudi di più del solito. Una bolletta ci dice cosa faceva il municipio per la celebrazione di detta festa. «A dì 19 agosto 1758. Fu Fatta Bolletta al Sagrestano di questa chiesa priorale di scudi due, e bai settantotto, ed un quattrino: per le spese occorse per la solita festa di S. Rocco, cioè per messe n. 16 a bai quindici l’una scudi 2:40 - alla sagrestia 06:3 - olio per la lampada bai 2 - libre tre di cera 90 ½, porto della medesima 05 bai - Per due tamburini 30 bai - Per il sono della campana pubblica ... Dico romani in tutto scudi 3:81:½».

Il seguente documento se da una parte ci completa la notizia del come si solen-nizzava la festa della protettrice, dall’altra ci rivela i dissensi avvenuti talvolta fra i due poteri, e da chi il torto o la ragione. È nel consiglio 19 luglio del 1714 che si legge: «Attesa l’immemorabilità della festa di S. Marina ... che questa nostra Comunità annualmente ha sempre celebrato con decoro, nel qual tempo il magistrato tanto la mattina quanto la sera sempre, è intervenuto (pag. 327) unitamente al Giudice e salariati della Banca magistrale et ha assistito alla messa solenne apparata, et a’ vespri nel medesimo giorno, havendo sempre esatto i suoi doveri di riverenza, cerimonie della Pace, et incenso, senza mai essere stato ascordo (disaccordo), abuso, o novità di sorta alcuna, mentre li suddetti Priori che sono stati pro tempore nella Parocchiale di S. Marina di questa terra, hanno loro adempiuto e fatto adempiere a quanto di sopra si è detto, con tutta atten-zione, puntualità e vigilanza; ora, che in detta festa di S. Marina caduta nell’an-no corrente sotto giornell’an-no, in cui essendo andato il Magistrato decorosamente come è solito col S. Commissario a detta Parocchiale di S. Marina per stare alla messa solenne che si canta nel Ven. Altare di S. Antonio Abbate proprietà di questa Comunità; il presentaneo S. Priore, senza osservanza delle cose predette, volle celebrare con messa quasi privata, senza assistenza di diacono, subdiacono, e maestro di Cerimonie, ma col semplice sagrestano, avvertito dal medesimo magistrato d’osservare il solito, celebrò in tal forma, non ostante v’erano torri-celle, careghe126, et altro per la funzione solita, senza osservarsi il cerimoniale, stimò bene lasciar la Banca, e partirsi unitamente al sig. Commissario; et però vedendosi essere, oltre un procedere pregiudicevole un vero e chiaro abuso, et acciò tal risoluzione presa dal S. Priore non passi al tratto successivo; ma ch’egli debba osservare il solito come sempre si è pratticato, esser bene prima di far ricorso all’Em. Card. Paracciani novo vescovo di Senigallia, haudire l’oracolo

126 Torricelle: grandi lanterne artisticamente indorate montate su aste da portare in processio-ne; caraghe: palchi completi di sedie per assistere alla cerimonia da un punto più elevato.

dell’Em. e Rev. Sig. Card. Tana(ri) Legato per il quid Agendum127, e sopra ciò occorrendo, assumere la lite per osservanza al solito ...» Ancora fu proposto «se sia bene di pregare questo S. Commissario per levare ogni impegno e litigio, di fare un altro passo col S. Priore Rossi, se per l’avvenire volesse accomodarsi a denaro, e mantenere il solito da lui stesso pratticato da che egli è Parroco, e da suoi antecessori, non solo per la festa di S. Marina, ma per qualunque altra festa che si risolvesse fare e che volesse intervenire il Magistrato». La Madonna di Loreto ebbe un gran (pag. 328) culto in tutte le Marche «A dì 23 dicembre 1760. Fu Fatta [Bolletta] ad Antonio Merlini donzello di bai 72 romani dovuti per altrettanti spesi per le allegrezze della solennità della S. Casa di Loreto». Le quali allegrezze così ci vengono descritte da una bolletta del 31 dicembre 1762.

«A M(ast)ro Biagio Sonni baiocchi dieci come fochista, con paoli nove per suo rimborso di lib. 6 polvere a bai 15 la libra impiegata nello sparo della solennità scorsa di S. Casa di Loreto».

La solennità di Ripe per la festa di S. Pellegrino sorpassava di gran lunga quella della Tomba come apparisce dal Consiglio 7 novembre 1830. Il governo non aveva approvato la eccedenza di spese fatte nella festa suddetta avendo rile-vato con dispaccio 31 agosto «che una buona porzione di denaro fu erogata in fuochi d’artifizio, tamburri, trombe, cose tutte vietate dalle vigenti disposizioni di massima» e che però «quantunque essa Sacra Congr. abbia condannato l’esat-tore comunale a rifondere la cassa comunale di questa somma, pure va questo debito a ricadere sopra l’attuale magistratura, che ne ha ordinato il pagamento.

È nota alle SS.LL. Ill. che fino dall’epoche più remote ha sempre costumato in questa terra fra le altre cose di solennizzare questa festiva ricorrenza al suono di tamburri e trombe, e coll’incendio di qualche piccolo fuoco d’artificio, e ciò chiaramente apparisce da tutte le specifiche di vecchi consuntivi, è noto pari-menti che in ogni anno suole farsi da questa Comunità al glorioso protettore S. Pellegrino un offerta di lib. 12 di cera che suole illuminarsi tutto il palazzo comunale, e la pubblica scuola, che suole farsi celebrare la messa solenne, e la benedizione, ed un ufficio generale di tante messe quanti sogliono essere i sacerdoti, che anche da estero territorio corrono a questa solennità. Ciò tutto si pratica per un inveterata testimonianza, e quasi sempre anche da miei ante-cessori per eseguire tutto ciò è convenuto sorpassare in qualche parte il fondo tabellato, pure non mai la superiorità ha fatto alcun rilievo in proposito». (137) Il Consiglio 16 marzo 1631 stabilì che per detta festa «debba farsi solo la spesa della cera conforme al solito, (pag. 329) e alli sonatori e tamburini darli grossi tre ognhuno». Al Sindaco che chiedeva nel consiglio 15 aprile 1646 cosa doveva

127 Quid agendum, locuzione giur. lat.: cosa si deve fare, quali provvedimenti prendere.

fare per la festa, il consiglio rispose «dare in cera libre 14, e ciò per elemosina e non per obbligo et circa il più il meno in honore del nostro S. Protettore»;

ma nel consiglio 28 dicembre 1646 furono stanziate «Libre 18 di cera, due giulj per ciascuno ai tamburini e suonatori et tubetta (trombetta) fra il mangia-re et mercede, et per accoglienza del Sig. Commissario et Vicario debba detto Sindaco spendere doi scudi et non più». In seduta 27 novembre 1753 «stante la miserabilità del Comune alcuni consiglieri avevano avanzato un memoriale a S.E. Padrona per diminuire le spese della festa di S. Pellegrino» ma il Consiglio respinse la proposta «tanto più che nelli scorsi anni taluni volevano l’abolizione di queste spese, e la superiore udienza fu contraria». Il Consiglio 22 agosto del 1756 decretò che nelle solennità «spettanti a questa Comunità siano sufficienti due soli tromboni ed un solo tamburro con l’emolumento di baj 15 per ciascu-no alli trombetti, ed un paolo al tamburro». Abbiamo ciascu-notizia dell’arresto di uciascu-no di questi trombetti avvenuto il l maggio 1612, per il quale in consiglio si fece un gran rumore. «Venuta una trombetta da Corinaldo per honorare la solennità delle nostre feste di S. Pellegrino, et perché li sbirri l’hanno trovata ch’haveva la spada cinta alla cintura l’hanno presa, e condotta in prigione, et perché que-sto fare appare smacco alla nostra comunità, essendo dei Trombetti venuti ad honorarci si come fanno per molti anni, e gli arringatori sostennero debba la Com.tà fare un memoriale per ottenere gratia che non debba essere molestata da S.A.S.». Nel 1782 Ripe ottenne per S. Pellegrino l’ufficio del proprio da dirsi in tutta la diocesi di Sinigaglia, ed ecco come i Priori l’annunziavano alla riunione del 15 dicembre. «Ne’ tempi più antichi noi sappiamo non esserci stata memo-ria precisa, come i nostri ripesi abbiano eletto per protettore di questa terra il glorioso S. Pellegrino e titolare della nostra chiesa, essendovi stato il costume di recitare l’offizio (pag. 330) de Communi». Essendo giunta la notizia «che il Pievano Borbiconi era riuscito averne l’offizio de proprio, e può sperarsi ancora la messa, è ben doveroso adunque, che la nostra Comunità dimostri pubblica-mente il suo gradimento per sì bella sorte, e la dovuta riconoscenza per tanti segnalati beneficj e grazie ricevute da sì gran santo ... con avanzar supplica per ottenere che detto uffizio venga recitato per tutta l’ottava nel nostro territorio e diocesi, come protettore e titolare della chiesa ripese». Anche a Ripe non man-carono questioni fra municipio e Pievano che esercitava nel 1605, per le quali si andò innanzi ai tribunali di Urbino e di Roma, quasi sempre colla vittoria del municipio, per il che il Consiglio in seduta 24 aprile 1605 stabilì che la cera solita a darsi al pievano per la festa di S. Pellegrino, venisse divisa invece fra la confraternita del Rosario e quella del Crocefisso. Ed un rapporto a Sua Em. Rev.

fatto contro il Pievano Don Francesco Maria Lenci che ci dice? Che «conforme il suo costume, invece di attendere al servizio della sua chiesa, et alla custodia

delle anime commesseli Dio sà con che merito di buona coscienza, la vigilia di S. Pellegrino Protettore, et Avvocato del Luogo, e titolare della medesima Chiesa l’ultimo aprile se ne partì, come è solito fare ogn’anno, per non fare spesa alcuna, e funzione Ecclesiastica in questa festa solenne, e se ne andette alla caccia delle quaglie a Piaggiolino con Ser(vitù), e due bravacci contadini, che sono i figli del frate Maria Lenci e due cani, e cavallo, e la notte dormirono da un certo contadino Sbrega» (138).

Nel giorno 26 maggio 1733 «si propone che questa Comunità elegga et ag-giunga per protettrice sua e di tutto questo luogo di Ripe Maria SS. del Carmine, tanto più che nella sua chiesa spettante a questa Comunità sotto il titolo de S.

Rocco verrà nel prossimo mese eretta la confraternita del suddetto ordine del Carmine con la concessione pontificia dell’altare e privilegiato per li confratelli e sorelle, e nel giorno della sua festa li 16 luglio tributarle annualmente l’offerta di lib. 3 di cera affine di ottenere mediante una tanta protezione maggiori gratie e prosperità». Ebbe la proposta 13 voti, (pag. 331) ossia l’unanimità. Oltre alle feste sopraindicate nel giorno 28 dicembre del 1646 il Consiglio deliberò «una spesa fissa mediocre per la solennità di S. Pietro Martire e di S. Casa di Loreto»

e venne stabilito di spendere per la prima paoli 10 «et per la solennità di Loreto acquistare lib. 16 di polvere spendendo paoli 10, et altri paoli 10 per l’ufficio e messe». Ripe non ebbe a soffrire per il terremoto successo nelle Marche nel 1781, e per questo al Consiglio del 17 luglio si proponeva dal Gonfaloniere che

«essendo stato Ripe risparmiato dal terremoto che investì Cagli ed altri luoghi, si dovessero fare dei ringraziamenti; e gli arringatori proposero: 1. che per 10 anni si facesse un triduo nella chiesa di S. Rocco a S. Emidio da cominciarsi col primo giugno fino al 3, dando la cera necessaria, 2. far celebrare tante messe quante se ne possono avere a baj 15 l’una, 3. possibilmente la messa cantata nell’ultimo giorno, e al dopo pranzo la processione coll’immagine e reliquia del Santo». In tal congiuntura suggerirono i Sig. Arringatori che in tutte le città ben regolate «vi è il santo costume, che la comunità in occasione di portarsi il SS. Viatico agl’infermi, manda due famigli ad accompagnare il venerabile con due torce; onde seguendo il buon costume anche noi che abbiamo il donzello vestito di livrea è ottima cosa di mandare il medesimo colla torcia in tutte le comunioni. Tutti lodarono il buon sentimento» che riportò l’approvazione degli 11 intervenuti. Finalmente in un volume esistente nell’Archivio di Ripe sotto il giorno 19 ottobre 1608 lessi la seguente indicazione.

«Feste votive della Magnifica Comunità di Ripe per Prima il secondo giorno di gennaro ...

Secondo il giorno di Santo Pietro Martire sotto li 29 aprile nel quale giorno

detta Mag. Comunità fa solenne officio.

Terzo il giorno di S. Pellegrino, nel quale detta Mag. Com.tà riconosce ad honore di detto Santo di doi torce, et altre candele, che si appresentano proces-sionalmente in detta Chiesa.

Quarto il giorno doppo l’ascensione di Nostro Signore quale ci debba guar-darci (pag. 332) per l’annata cattiva.

Quinto il giorno doppo le tre feste della Pentecoste per detto effetto.

Sesto il giorno di poi il Corpus Domini per detto effetto».

Monterado ha per patrono S. Paterniano. Da un bollettario sappiamo ciò che si spendeva per quella festa «13 giugno1793. Al Sig. Piergirolamo Bozzo per la spesa fatta nella festa di S. Paterniano protettore, compreso l’uffizio, pranzo fatto ai sacerdoti secondo il solito scudi 8:49». L’offerta della cera andò in di-scussione al consiglio 12 luglio 1671. Il Pievano pretendeva che per la festa del Patrono il Comune offrisse 4 libre di cera nell’ingresso che la magistratura face-va alla chiesa per baciar la pace, e ciò per obbligo; la Comunità invece sosteneface-va che nei tempi passati era stato dato quello che si era potuto non per obbligo, ma per carità, quindi offriva libre 3 sole come era stato altre volte fatto. «Donde il Sig. Pievano nell’atto dell’oleazione (?)128 all’altare si protestò avanti li SS. Priori di ricevere detta cera senza pregiudizio, et inoltre dopo molte ore, non soddi-sfatto di detta protesta insistendo in detta pretenzione di lib. 4 di cera ordinò al piazzaro della Tomba che si fossero citati li Priori, et anco il Cancelliere della Com.tà innanzi il vicario Generale di Senigaglia ... e intanto ha proferito contro li medesimi priori, e massime contro don Paolo per detta causa molte parole ingiuriose, avendole dato del briccone, e trattato di darle archibugiata, et altri vilipendi e maltrattamenti, come sarà notissimo alle SS.VV., particolarmente haver preferito alli particulari, dopo a li sacerdoti, a baciar la pace invece de Priori, e trattarli da Priori con riverenza di merda» ... Altri consiglieri dichiara-rono di essere stati «affrontati» dal Pievano per causa della cera. Nel 1785 vi era stata altra questione come si ha dagli atti consiliari del 17 luglio. «In quest’anno, disse il Priore, non solo non è stata fatta la festa del glorioso nostro Protettore S.

Patrignano, anzi secondo l’obbligo, non averla nemmeno pubblicata. Il Pievano presente si scusò, dicendo che veramente non l’aveva denunciata al popolo, ma per altro se non ne ha fatti consapevoli i Signori del (pag. 333) magistrato, l’ha celebrata per quello che a lui spettava, tanto colla solita messa cantata, quanto colla processione intorno al luogo, secondo il consueto, e perciò domandava

128 Il punto interrogativo è nel ms. di Palmesi, il quale evidentemente non si capacitava del significato della parola; l’oleazione è il rito liturgico della unzione dell’altare durante la sua consacrazione.

l’emolumento o la cera». E gli arringatori dissero «doversi dare per l’avvenire la sola offerta di 4 lib. di cera e nulla più, con che però nei giorni precedenti la festa se ne avvisi la magistratura ed il Popolo. Pertanto per l’anno che corre si riporti tal solennità ad un giorno che sembra più proprio ai SS. Priori, e si celebri un congruo offizio di messe». La questione della cera era stata dibattuta anche nell’anno 1716. Infatti nel Consiglio 16 agosto si legge «Attesa la pen-denza del deposito fatto della cera per l’offerta che si fa alla Chiesa Parrocchiale da questo Castello nella festa di S. Patrignano per le pretensioni insorte fra detta Chiesa Parrocchiale, e la Ven. Chiesa della B.ma Vergine della Piana sopra 4 fiaccole, devesi donare a detta Chiesa della Madonna della suddetta offerta di lib. tre e mezzo di cera»; quindi fu risoluto che la Comunità era pronta a dare la solita offerta, ma che non intendeva assumere alcuna lite, per cui era fra Pievano e Cappellano che si dovevano discutere le ragioni; solo due anni dopo si venne ad una composizione. Per il comprotettore S. Pietro Martire si davano al Parroco «baj 66:6 annui affine di farne la festa. Nel dì 25 gennaio del 1817 i Consigli delle 3 comunità si riunirono a Tomba e, fra le altre decisioni, con voti 16 contro 2, prese quella «di spendere in ciascuno dei 3 comuni per le feste dei SS. Protettori quello che si spendeva all’epoca del 1806, richiamando tutte le pie consuetudini in allora in vigore». Nelle circostanze di malattie contagiose mettendo pure in pratica tutti quei mezzi che la scienza di allora suggeriva e che dalle autorità sanitarie governative venivano indicati, non disdegnavano di ricorrere alla clemenza del Cielo. A Tomba il 28 aprile del 1630 il Consiglio stabilì di fare la festa di S. Pietro Martire e dare «l’offerta a honore del Santo, che voglia liberare questi luoghi da grandine peste et ogni altro male con la sua intercessione presso la divina maestà».

(pag. 334) Il 26 luglio 1657 si decise «di rifare la Madonna cioè l’Immagine d’essa sopra la porta della Terra con farvi anco dipingere un S. Rocco, con la spe-sa di alcune economie su i spe-salariati, e mancando del denaro due deputati vadino per la città ad effetto di perfetionare qu. opera pia quanto prima». Il 2 febbraio

(pag. 334) Il 26 luglio 1657 si decise «di rifare la Madonna cioè l’Immagine d’essa sopra la porta della Terra con farvi anco dipingere un S. Rocco, con la spe-sa di alcune economie su i spe-salariati, e mancando del denaro due deputati vadino per la città ad effetto di perfetionare qu. opera pia quanto prima». Il 2 febbraio