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Capitolo Terzo Porcozzone e Vaccarile

(pag. 196)

«Castrum Procozzoni unde dictum sit mihi incompertum ...»26 (9).

Era Porcozzone un castello distante da Ripe appena metri ... in linea retta, fabbricato sopra un altissimo colle a metri ... sopra il livello del mare27 «ubi erat arx satis tuta»28.

«Nell’aprile 1357, così sta scritto nella cronaca Riminese, a dì 27 del mese di aprile il Legato Egidio Albornoz si partì da Ancona e venne a Fano, ove ricevé dai Malatesta molti onori ... fece armare Galeotto e spedillo a Cesena ...

1359. Agl’aspri portamenti di Blasco di Fernando Rossi Rettor della Marca non essendo dissimile il rigido comando di Gomesio Albornozzo, nipote anch’esso del Legato come Blasco, cui era in quest’anno succeduto, ribellaronsi nell’aprile i popoli di Porcozzone Castello di Senigaglia, la quale inoltre molto temevasi che per seguir non fosse il loro esempio: vi fu però spedito d’ordine di Galeotto a’ 4 di maggio Ser Nuti da Volterra nostro concittadino con due compagnie di Fanti quale Official del Legato che col supplizio de’ Capi Ribelli ridusse quella Comunità alla ubidienza della Santa Sede». (10)

Fra le carte diplomatiche jesine si trova un istrumento di pace del 24 giugno 1394 stipulato nel territorio di Castelfidardo tra la Repubblica Anconitana, i Signori di Camerino, Cingoli, Jesi, Gentile da Varano, Benotino dei Cima e Sciarra dei Simonetti (pag. 197) da una parte, ed i Malatesta di Rimini ed il Comune di Osimo dall’altra «per se ipsos et singulos cor(am) colligatos, segua-ces, adherentes et recomendatos etc.»29. I capitoli sono XIV, e nel IV sono nomi-nate tutte le città e terre aderenti ai Malatesta, e sono Osimo, Castelfidardo, Montelupone, Offagna, Montefano, Montefilottrano, Staffolo e Porcozzone,

26 «Da dove il Castello di Procozzone derivi il nome mi è sconosciuto». Sulla probabile origine del toponimo, v. Appendice: Sui toponomi Tomba, Monterado, Ripe e Porcozzone, di G.

Santoni.

27 I puntini di sospensione indicano dati lasciati in sospeso dall’a.; Porcozzone dista da Ripe in linea retta m. 1714 e la ex villa del vescovo-conte di Senigallia è posta ad una quota alti-metrica di m. 112.

28 «Dove era una rocca molto sicura».

29 «Per se stessi e per ciascuno di loro alla presenza degli alleati, seguaci, aderenti e raccomandati».

Fig. 5. Catasto Gregoriano 1819, mappa di Porcozzone appodiato di Tomba

alle quali, nella chiusa dell’istrumento viene aggiunto Fermo. Tenevano la parte avversa «i magnifici Sforza e Giovanni di Boscareto Signori di Montenovo».

Nel capo VIII è detto «acciò che la dicta pace sia bona, ferma et durabile debba dare stanga (garanzia) Venezia o Fiorenza o Bologna fra tre mesi proxi-mi, et poi fino a tanto che la dicta stanga se darà messer lo Conte Corrado e messer lo Conte da Carrara siano stanga infra lo dicto termine per l’una e l’altra parte». (11) Papa Bonifacio IX30 volendo rimunerare il Mostarda Domicellus Florentinus31 Signore della Strada per aver [compiuto] le imprese di Porcozzone

30 Bonifacio IX, nato Pietro Tomacelli (Casarano, 1350 circa - Roma, 1 ottobre 1404), eletto pontefice a soli trent’anni di età, fu papa dal 1389 alla morte. Durante il suo pontificato l’antipapa Clemente VII continuò nel suo ruolo di papa ad Avignone sotto la protezione della monarchia francese. Per la biografia di questo personaggio, cfr. Arnold Esch, Bonifa-cio IX, papa, in Dizionario Biografico degli Italiani - vol. XII (1971).

31 Nel documento da cui Palmesi ha attinto il brano, non è scritto «Florentinus» bensì «For-livensis», come subito dopo Palmesi correttamente scrive. Sul personaggio, cfr. Anna Fal-cioni, Mostarda da Strada, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 77 (2012), ove si legge: «Mostarda, che nel mestiere delle armi aveva trovato una crescente fonte di reddito, di prestigio e di potere, fu in condizione di esercitare nell’ambito delle vicende regionali un ruolo di un certo rilievo, grazie anche alla protezione dei Malatesta e alla costituzione di un piccolo Stato personale, comprendente il castello di Percozzone (Ripe) ubicato in diocesi di Senigallia unitamente ai vicariati di Montemilone (oggi Pollenza) e di Amandola, donatigli Fig. 6. Porcozzone era uno dei feudi del vescovo-conte di Senigallia.

levando di mano dei ribelli alla Chiesa quel castello lo concesse a lui in feudo nell’anno 1398. Ecco il decreto di concessione.

«Eximio devotionis affectus ac fidelitatis integritas, quos ad nos et Romanam geris Ecclesiam, grataq(ue) ac utilia obsequia que nobis et itidem Ecclesie fideliter impedisti et que solicitis studijs impendere non desistis, promerentur ut te et tuos apostolicis favoribus et gracijs prosequamur; hinc est quod nos volent(e)s te tanquam fidelem ac honoris et status nostri et eiusdem Ecclesie fervidum zelatorem premis-sorum intuitu et ut ad servitium nobis et dicte Ecclesie fortius animeris favoribus prosequi, gratie specialis castrum Porcozonj Senogaliensis diocesis, ad nos et dictam Ecclesiam pleno jure pertinens quod, ut asseritur, de manibus nostrorum et dicte Ecclesie rebellium et inimicorum illud tunc occupantium eripuisti et quod tunc quasi funditus destructum tuis propriis sumptibus reconstruxisti, quod ex tunc fi-delitatis devotione et obedientia nostris tenuisti et posedisti, (pag. 198) prout tenes et posides etiam de presenti cum fortilitio tenimento districtu ac omnibus juribus et pertinentijs suis, tibi et heredibus et successoribus tuis in perpetuo titulo, mere pure et inrevocabiliter donatum, inter vivos auctoritate apostolica presentium tenore, li-bere concedimus et donamus, jure tamen superioritatis nobis et nostris successoribus Romanis pontificibus canonice intrantibus, ac legatis et rectoribus provincie nostre Marchie Anconitane in qua predictum castrum consistit, qui sunt et erunt pro tem-pore specialiter reservatos, nulli ergo hominum licenti, etc. Datum Romae VIII idus februarij, anno sui pontificatus IX.»32(12)

da papa Bonifacio IX (6 febbraio 1398)». V. anche Gaetano Moroni, Dizionario di erudi-zione storico-ecclesiastica, vol. LXXIV, tip. Emiliana, Venezia 1856, pp.259-260, sub voce:

Treia.

32 Il testo latino riportato da Palmesi si discosta lievemente dal documento originale da cui ha attinto (ASC-Senigallia, Catasto e Collette, n. 4, Invent. 1961, N. 738, pp. 14-15v), che qui in alcuni punti è stato ripristinato con l’aggiunta della punteggiatura. «L’altissima dimostrazione di devozione e l’integra fedeltà che dimostri a noi ed alla Chiesa Romana, le attenzioni, le risorse ed il rispetto che fedelmente hai dispensato a noi ed allo stesso modo alla nostra Chiesa e che con sollecite attenzioni non cessi di dimostrarci, ci spingono a che ricopriamo te ed i tuoi di favori e grazie apostoliche. Per cui, volendo noi che tu sia il nostro fedele e zelante custode sia del nostro onore sia del nostro Stato sia della Chiesa medesima, in considerazione delle premesse ed affinché tu sia incoraggiato dai nostri doni a proseguire più fortemente al servizio nostro e di detta Chiesa, per nostra speciale grazia, in base alla nostra autorità apostolica fra i viventi, liberamente concediamo e doniamo a te, ed ai tuoi eredi e successori, e si intende donato a titolo perpetuo, in completo e pieno possesso ed ir-revocabilmente, il Castello di Porcozzone della diocesi Senogalliese, che appartiene di pieno diritto a noi ed alla detta Chiesa e che, come si asserisce, hai strappato dalle mani dei ribelli e nemici nostri e di detta Chiesa che lo avevano occupato, e che essendo distrutto quasi dalle fondamenta hai ricostruito a tue spese e da allora hai tenuto e posseduto in dedizione

Questo era quel Mostarda della Strada Domicello Forolivensis diocesis stre-nuo Capitano di Genti d’Arme che nell’aprile 1394 il vice Rettore della Marca condusse per capitano insieme a Luca da Canale, Pietro da Castello, Neri da Faenza e suoi compagni (13). L’investitura ebbe dopo molti anni una conferma, e fu fatta da Monsignor Fra Antonio I Colombella da Recanati dell’Ordine de-gli Eremitani di S. Agostino vescovo di Senigallia il 20 giugno dell’anno 1449

«allo spettabile uomo Gioan Rainaldo Mostarda figlio di un celebre capitano cittadino di Fano, e Compagno del Magnifico e Potente Sig.re Sig. Sigismondo Pandolfo Malatesta Sig. di Rimini, Fano e Senigaglia figlio del quondam strenuo Capitan delle Genti d’Arme Mostarda Signore della Strada da Forlì». E la con-cessione fu fatta «per lineam rectam usque ad tertiam generationem ad renovan-dum: e. Castrum Procozoni cum fortilicio, tenimento, territorio, curte, et districtu ac omnibus Juribus et pertinentiis suis in Diocesis Civitatis Senogalliae» 33(14). Poi la investitura di Porcozzone passò a Marco; ma gli autori non sono concordi nell’epoca, anzi più che discordi sono scorretti. Il Siena scrisse «Così nel 4 luglio 1471 il Vescovo Marco II della Rovere dette fino alla terza generazione all’e-gregio uomo Marco di Giovanni Rinaldo Civis Forolivensis con laudemio di sc.

300, e un canone (pag. 199) annuo di un bolognino d’oro» (15). «L’anno 1481, 4 marzo in Roma Marco figlio di Giovanni del quondam Rinaldo Mostarda fu investito per sé, figli e nipoti di detto Castello, e terra da Mons. Cristoforo de’

Blanderate vescovo di Sinigaglia con laudemio di sc. 300 d’oro, e di canone annuo di [un] bolognino d’oro» (16). «Fu nel 4 luglio 1482 che Marco figlio di un tal Rainaldo Mostarda fu investito per 300 ducati sotto l’annuo censo dal Vescovo di Sinigaglia» (17). Se tutti gli scrittori sono concordi nell’asserire che l’investito fu Marco, sono discordi fra loro nell’epoca e nel nome del vescovo che investì. Se l’investitura ebbe luogo nel 1471 il vescovo fu Fra Cristoforo II di Blanderata eletto vescovo nel 1467 e morto nel 1475, come da iscrizione sot-to al suo ritratsot-to nella Chiesa di S. Martino34. Se poi fu fatta nel 1481 o 1482,

fedele ed obbedienza nostra, e che anche al presente tieni e possiedi, con la sua rocca, le sue dipendenze ed il suo distretto, con tutti i suoi diritti e tutte le sue pertinenze, (purché tali beni permangano) tuttavia conservati perennemente nel diritto di Sovranità (spettante) a noi ed ai nostri Successori Pontefici Romani che canonicamente subentreranno, ed ai Lega-ti e Rettori presenLega-ti e futuri della nostra Provincia della Marca Anconitana in cui il predetto castello si trova, (tale diritto non è trasferibile) perciò in potere di nessun altro uomo, ecc.

Dato in Roma il giorno VIII dalle Idi di febbraio (6 febbraio 1398) nell’anno IX del suo pontificato».

33 «In linea retta rinnovabile fino alla terza generazione: e). Castello di Procozone nella Diocesi della Città di Senogallia, con la rocca, le dipendenze, il territorio, la corte, il distretto e con tutti i suoi diritti e le sue pertinenze».

34 Il ritratto si trova all’interno del Convento dei Servi di Maria, annesso alla chiesa di San

questa avvenne per opera di Fra Marco Vigerio I nobile Savonese dell’Ordine dei MM.CC. (Minori Conventuali) promosso il 6 ottobre 1476, il quale rinun-ciò a quel vescovato nel 1513 a favore di Marco Vigerio Juniore della Rovere, di lui nepote da parte di fratello. Per queste concessioni fra Carlo e Giovanni Battista Mostarda e la Comunità di Senigallia si venne ad una lite, e la senten-za emanata nel giorno 14 ottobre 1539 dal Luogotenente di Pesaro Gregorio Fucci dice che «il Castello suddetto sua corte, et huomini siano sottoposti al Dominio, e Giurisdizione della Città di Senigallia, e che sia lecito nella detta Comunità collettarli ed imporli pesi morali e personali» (18). Qui siamo di fronte ad altre date sbagliate. Sappiamo che il 24 aprile 1545 il Vescovo Marco Vigerio II vendé la metà della tenuta di Porcozzone per 3000 scudi al cugino Marcantonio. Invece scrisse il Siena «Marco II Vigerio della Rovere cinquante-simo vescovo di Senigallia ... privò li Mostardi del feudo di Porcozzone l’anno 1552 per giuste cause, come ne divisa il Menocchio ne’ suoi Consigli Libro I, Consiglio 7» (19). Non è poi da tenersi in considerazione veruna quello che si scrisse nella «Serie dei Vescovi di Senigallia per l’ingresso in città di Monsignor Cucchi». Accennando al vescovo Urbano Vigerio della Rovere (pag. 200) sta no-tato «Da questo Prelato [si] diede in Enfiteusi la Contea di Porcozzone al cugino Marcantonio il quale, dicesi che portasse la sua famiglia in Senigallia, dove ven-ne aggregata al Consiglio dei nobili» (20). È qui da notare che questo Urbano fu eletto vescovo nel 1550, ma coadiutore, e solo nel 1560 entrò titolare; morì il 7 giugno 1570. Abbiamo ben altri documenti che la cessione fu fatta prima e da Marco Vigerio II. Nel Consiglio 1 ottobre del 1550 venne data lettura di una lettera del vescovo Conte Vigerio, colla quale pur professandosi fedele alla città, sosteneva che per le cose di Porcozzone nulla avevano con essa a dividere (21). Ed un mese dopo 1 novembre scriveva di nuovo ai Reggitori di non voler pagare le collette del beni del Vescovado di Porcozzone, perché Stefano suo fra-tello aveva già pagato l’importo della fabbrica come gli altri vassalli del Duca;

ed il Consiglio risolvé di ricorrere al Duca, mandandogli copia della lettera.

Ne nacque una questione, si fu vicino a ricorrere ai Tribunali, se non si fosse intromesso il Luogotenente «vista la povertà del Comune». Sulle prime parve il vescovo propenso ad un accomodamento; ma poi si litigò, ottenendo il vescovo sentenza favorevole, per cui il Consiglio risolvé di spedire deputati al Duca per informarlo delle cose di Porcozzone (22). Così il Vescovo Marco II entrò di nuovo possessore di quei beni esaurita la lite in Rota romana contro i fratelli Mostarda figli di Carlo e contro il Municipio nel 1558 «senza pregiudizio della Giurisdizione del Duca di Urbino» (23). Infatti il Duca fino dal 16 gennaio

Martino di Senigallia.

1557 aveva scritto la seguente lettera al suo Luogotenente di Senigallia.

«Il Duca d’Urbino. Luogotenente (di Senigallia).

Mentre che voi starete in cotesto ufficio, e gl’altri ancora che vi saranno successori: vogliamo che quando accadrà per qual si voglia cagion comandare cosa alcuna a’ gl’homini di Porchozone per bisogno di qual si voglia cosa, che sempre voi e gl’altri facciate tal comandamento sotto il nostro nome o come nostri ministri o Commissarij in questo caso, e così osserverete, et acciò (pag.

201) sempre si possi havere notitia del nostro presente ordine farete registrare questa nostra ne i luoghi consueti.

Di Pesaro li 16 di Gennaro 1557» (24).

Passavano gli anni, ma [le] questioni fra i Vigerio e Senigallia erano sempre vive, ed il Duca sentenziava ai ricorsi che faceva questa Comune.

«Il Duca di Urbino. Luogotenente

Facendosi istanza per Cotesti Reggitori in nome della Comunità che Marcantonio Vigerio debba pagare le impositioni che si mettono per la metà dei beni di Porcozzone da Lui tenuti e posseduti, et havendo noi inteso per no-stra S(egreteria) le relationi sopra questo fatto che per i libri appar’ M. Stephano Vigerio et gli Antenati suoi pel’adietro haver pagato Ci risolviamo che detto M.

Marc’Antonio paghi come ha pagato il detto M. Stephano parendoci così voler il dover con il giusto dal quale non intendiamo partirci. Tanto dunque ordine-rete doversi eseguire.

Di Urbino li XXI di Agosto del MDLXXI» (25).

E nell’anno dopo:

«Il Duca d’Urbino. Luogotenente.

Nel medesimo modo che il Sig. Stephano Vigerio ha pagato, et paga per le sue possessioni di Porcozzone, per le spese che occorrono a Cotesta Com.tà, farete che paghino anche li figliuoli et heredi di M. Marcantonio Vigerio, et si servi con loro il medesimo che si è servato et fatto con detto S. Stephano, il che farete sapere alli Regulatori.

L’ufficiale del danno dato di Ripe intromettendosi negli affari di Porcozzone aveva richiamato l’attenzione della Comune di Senigallia la quale scrisse al Duca nel modo seguente nel mese di aprile del 1579.

Di Urbino li XXI di Luglio (MD)LXXIJ» (26).

«Ill.mo Et Ecc.mo S. Duca

La Com.tà di Senig(allia) fidelissima di V.E.S. l’esprime che ne gli anni pas-sati per alcuni rispetti ben noti, le piacque ordinare che l’ufficiale del danno-dato di Ripe potesse esercitare l’officio nel territorio di Porchozzone, e perché le ragioni che (pag. 202) la mossero in quel tempo sono cessate supplica V.E. a degnarsi comandare che quelli di Ripe non habbiano più che fare sopra di ciò;

ma sia reso, e giurisdizione dell’officiale di detta città, essendo che quel Castello sia suo contado. Il che ...» (27).

Due lettere abbiamo del Duca in risposta a questo ed a qualche altra richiesta fatta da Senigallia.

«Il Duca d’Urbino. Luogotenente.

Havendoci fatta questa Communità l’instanza che voi vedete per la sua qui acclusa: Vi diciamo che fussero chiamati tutti li interessati perché potessero dire tutti le loro ragioni nanti (dinnanzi) gli Uditori nostri e nella nostra udien-za: come ci è stato riferito poi che sono stati chiamati e intesi per il Conte di Millesimo, Gabriel Gabrielli, il figlio maggiore di Marcantonio Vigerio et li massari ed huomini di detto luogo di Porcozzone per l’interesse che ciascuno d’essi vi pretende et non essendo stata addotta ragione per la quale paia conve-nevole di trattar altrimenti; questo luogo et gli huomini d’esso che tutti gli altri del medesimo territorio poiché parte d’esso: ci siamo risoluti che la cura dei danni dati ne beni dell’istesso luogo di Porcozzone spetti all’Ufficiale del danno dato di questa Città, et no’ a quello di Ripe, e che detti huomini di Porcozzone siano tenuti a tutte quelle fattioni e pesi che sono tenuti gli altri del territorio di questa Città: et però vogliamo che facciate sapere a tutti gli interessati questa nostra determinatione et che di qui in poi la facciate perpetuamente osservare, ordinando all’Ufficiale del danno dato di questa Città, che si pigli diligente cura anco di quel luogo, et scrivendo al Commissario della Tomba che dichi et co-mandi all’Ufficiale de danni dati di Ripe che non eserciti o s’intrometti più nella cura de danni dati ne beni del detto luogo di Porcozzone, et che la lasci a questo Ufficiale al quale tocca ragionevolmente: et alli Regulatori di questa Città che altri del loro contado anco questi di Porcozzone; et alli Massari d’esso et huo-mini (pag. 203) che quando occorrerà che venghino commandati: ubidischino volentieri, tenendo per certo che se gli comanderà con ogni discretione.

Di Sinigaglia il dì XXI d’Aprile 1579» (28).

E questa lettera era venuta dopo un anno da che il Duca aveva rilasciato a potranno di qui in poi far concorrere alle fattioni et pesi come concorrono gli

Senigallia alcune conferme di delibera e fra le altre la seguente in data 29 aprile 1578.

«4ª. Che si proibisca all’officiale del danno dato35 di Ripe, che non entri ad esseguire o procedere per il danno dato nella Jurisditione di Porcozzone, ma che vi proceda l’officiale di Senig(allia) per esser suo come n’appar sententia, et che gli habitatori di Porcozzone siano obbligati alle fattioni per servigio del Porto, et altro, come gli huomini della Com.tà d’essa Città, a quali sono stati sottoposti, essendo stato dichiarato per sententia esso Castello di Sinigaglia».

«Deliberabit advocatis ipsis a procuratore nostro et Ripis»36 (29).

I Vescovi di Senigallia difendevano i loro diritti, non sempre giusti, sui beni di Porcozzone e sulla Contea del Vaccarile, anche contro le autorità politiche.

Ed un esempio ne abbiamo datoci dal vescovo Rizzardo dei Conti Isoboni di Bologna per un certo provvedimento preso dal Legato di Urbino. Non sappia-mo di che si tratti precisamente, ma sappiasappia-mo che il conflitto dovette essere gra-vissimo, perché da Roma nel dì 6 ottobre 1736 veniva comunicato a Monsignor Lanti presidente di Urbino e Pesaro la seguente.

«Esaminato in una particolare Congregazione la pendenza fra V.S. e Mons.

Vescovo di Senigallia si è riconosciuto, che attese tutte le circostanze dell’ampie facoltà da lei delegate per le provisioni da farsi in servizio delle truppe alemanne dell’urgenza ch’Ella aveva di valersi delle dette facoltà, e dei fondamenti esistenti nella Segreteria di Codesta Legazione medesima i fondi del Vaccarile e Porcozzone, abbia Mons. Vescovo ecceduto nelle immature determinazioni prese, massima-mente con servirsi dell’arme più tremenda della sua Eccelsa autorità37. E perciò si ordina questa sera al medesimo che faccia togliere da gli atti della sua (pag. 204) Cancelleria ogni memoria di ciò che si è fatto in tale occasione di maniera che non ce ne resti vestigio alcuno, e che di più si sospenda fino a nuovo ordine dall’esercizio

Vescovo di Senigallia si è riconosciuto, che attese tutte le circostanze dell’ampie facoltà da lei delegate per le provisioni da farsi in servizio delle truppe alemanne dell’urgenza ch’Ella aveva di valersi delle dette facoltà, e dei fondamenti esistenti nella Segreteria di Codesta Legazione medesima i fondi del Vaccarile e Porcozzone, abbia Mons. Vescovo ecceduto nelle immature determinazioni prese, massima-mente con servirsi dell’arme più tremenda della sua Eccelsa autorità37. E perciò si ordina questa sera al medesimo che faccia togliere da gli atti della sua (pag. 204) Cancelleria ogni memoria di ciò che si è fatto in tale occasione di maniera che non ce ne resti vestigio alcuno, e che di più si sospenda fino a nuovo ordine dall’esercizio