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I Duchi di Urbino istituiscono una guardia per Senigallia e per Pesaro - Fortificazioni fatte

in queste due città - Contributo dei paesi all’una ed alle altre

(pag. 241) Prima che una guardia permanente di soldati fosse messa a Pesaro, vi erano guardie temporanee ogni volta che il bisogno lo richiedeva, come avvenne negli anni 1525, 1527, 1529, quando vi fu spedito da Urbino il Capitano Guido Brandi con la sua compagnia e con istruzioni particolari del Conte Ambrogio Landreani. (56) Anche per Senigallia fu istituita la guardia a capo della quale fu posto Antenore Leonardi con decreto dell’otto ottobre 1522 sottoscritto da Guidobaldo allora Principe di Urbino, e non il fratello Gian Giacomo come asserisce il Promis (57). Da un documento del 14 marzo 1538 sappiamo come erano tassati i differenti paesi del ducato.

«Partimento di tutte le fazzioni che si devono fare per bisogno del Porto par-tito per libra trà le Comunità di Sinigaglia, et Vicariato, S. Costanzo, Mondolfo et la Tomba (fatto avanti l’Ill.mo R.mo Stefano Vigerio Governatore Generale et intra gli agenti da essa Comunità.

Senig(aglia) libre 7472. Pali 40 Vicariato livre 7641 Pali 40 ½ San Costanzo livre 1452 Pali 8 Mondolfo libre 1158 Pali 7

Tomba livre 208 Pali 4 ½.

Luca Pascucci. Ser Antonio Ferino. Giovanni Antonio di Marco Andrea (pag. 242) della Tomba massari di detto loco». (58)

Questo servizio di Senigallia fatto da prima dai fanti dell’Ordinanza, col primo marzo dell’anno l542 fu rinnovato con altro decreto di Francesco Maria.

«L’Ill.mo et Ecc.mo Signore il Sig. Duca d’Urbino etc.

Havendo stabilito, che da hora in poi se tenghi un Capitano con dodici fanti

pagati per guardia della sua città di Senigallia, e dieci guardie per le mura di notte, con obbligatione che apparerà nelli sottoscritti Capitoli; ha medesima-mente provisto che siano pagate a ragione di tre scudi correnti per fante il mese de giorni 36 alle guardie da esser satisfatti per mezza paga, di 18 in 18 giorni incominciando al primo di marzo 1542, volendo che il danaro si pigli et paghi secondo la forma di sotto annotata.

In prima bisognando per detta guardia scudi 420 l’anno corrente, la prefata S.E. che la città de Senigallia con sue castella et ville, compresi i Castelli de Ripe et Monterado, paghino scudi 233 l’anno et il Castello della Tomba scudi 30, et Mondavio con le castella del vicariato scudi 157 da esigersi per rata secondo ap-pare notato nel fine delli presenti Capitoli in tre terziarie sinche quest’ordine non sarà da S.E. revocato. Incominciandosi l’imposta al primo di Gennaro del pre-sente anno da sborsarsi al depositario di S.E. che pro tempo(re) sarà in detta Città:

In modo tale che per ciascuna terziaria sia fatto compitamente il pagamento secondo le loro rate, sotto pena alle Comunità che mancassero de porre la detta imposta al tempo debito, di dieci scudi per ciascuna, et de tre alli esecutori da deputarsi a questo per esse Comunità, non rescotendo e pagando in tempo come sopra, da applicarsi alla Camera ducale. E S.E. durante tale imposta dona, rimette e concede ai Castelli di Scapezzano, Roncitelli e Monterado tre cavalli da razza, et altri tre al Vicariato di Mondavio, quali sono stati soliti per (pag.

243) adietro pagare, e che li fanti dell’Ordinanza restino per l’avvenire esenti dalla predetta guardia ordinaria; ma che siano per questo tenuti per la rata loro e loro beni tanto in Senigallia, dette Castella et Ville, quanto in Ripe, Monterado, Tomba e Vicariato di Mondavio concorrere al pagamento di detti scudi 420 l’anno e pagare anco le gravezze, che fossero per l’avvenire imposte sopra la libra, ancorché avessero origine da fationi personali: ma restino solamente esenti da quelle fationi, che meramente si facessero con la persona. E restino nondimeno sempre obbligati, occorrendo sospention tale, che necessitasse il Capitano detto valersi di più numero d’uomini, di venire sempre che da lui fossero ricercati per guardia e conservazione di essa Città sotto la pena, contrafacendo, dell’arbitrio di Sua Eccellenza.»

» Senigallia scudi 120

» Scapezzano » 053

» Roncitelli » 020

» Tomba » 030

» Ripe » 030

» Monterado » 010

» Vicariato di Mondavio » 157 Più partimenti de’ pali n. 300

» Senigallia pali n. 093

» Scapezzano » » 046 ½

» Roncitelli » » 015 ½

» Ripe » » 023 ½

» M. Rado » » 007 ½

» Tomba » » 020

» Vicariato » » 094

» Totale » » 300» (59)

Ma la tassa dopo qualche tempo variò nel modo seguente:

«1710. Ne’ libri della Rev. Camera Apostolica vi sono gl’infrascritti paga-menti (pag. 244) che si fanno dalla Città di Senigallia e Luoghi circonvicini soggetti allo stato di Urbino in tre rate all’anno per la Guardia.

» Senigallia sc. 126

» Scapezzano » 052

» Roncitelli » 024.33.3

» Commissariato di Mondavio » 120

» Orciano » 027.30

» Tomba » 030

» Ripe » 030

» Monte Rado » 010

» Totale sc. » 419.63.3.» (60)

Guidubaldo duca nel 1593 emanò due decreti con i quali istituiva due scuole di Bombardieri per sicurezza delle città di Pesaro e di Senigallia e per servizio dello stato. Il decreto che riguarda Senigallia ha la data del 15 marzo, e quello di Pesaro del 7 aprile. A Senigallia assegnava una compagnia di 15 uomini oltre il Capo, a Pesaro di 25. (61)

Scopo di questa guardia era di guardare la città che dai della Rovere era stata fortificata, o meglio si andava fortificando secondo la nuova forma, vista la im-portanza strategica e militare di Senigallia.

La qual nuova istituzione non tardò ad essere causa di controversie fra i paesi del Commissariato ed altri e la Città Capoluogo. Infatti così scriveva il duca di Urbino ai Regolatori di Senigallia da Pesaro fin dal giorno 17 gennaio 1538:

«Dux Urbini etc.

Magnifici delectissimi nostri. Sono qui gli homini del Vicariato per resolvere la differenza la quale verte tra voi et loro sopra le cose del porto. Et però farete che l’un (lunedì) prossimo si trovino que’ nostri homini, bene informati del ne-gotio, con tutte le nostre ragioni, scritture, alibrato, et ogni altra cosa necessaria per questo. Et ancora farete che si portino seco lo alibrato di Mondolfo, (pag.

245) San Costanzo, Ripe, La Tomba de quei altri luoghi, che contribuiscono con voi a tal fattione, acciò non manchi cosa alcuna per potere espedir la causa.»

(62)«Dux Urbini. Al Luogotenente di Senigallia.

Volemo che gl’huomini della Tomba facciano la guardia lì alla Città, secondo l’ordine dato, senza però pregiuditio alcuno di loro privilegio et ragione circa il concorrervi o no, come huomini del Contà di Senigaglia ovvero del Vicariato.

Urbini xxiij Augusti 1540». (63)

«Dux Urbini. Luogotenente di Senig.

Da che il servi(men)to alla Guardia deputata di far pagati in quella Città mea lì, no’ fo prencipiato, o, no’ se podde (poté) alli XI di gennaro passato, segondo fu ragionato: et per che doppo è stato scritto, e resoluto al vicario di Mondavio, che l’essation per tal guardea doveva Comminciar a XI di febraio passato, per la rata che tocca a quel vicariato, vogliamo acciò si proceda e qualmente, ordinato ch’anco lessation (la esazione) da farsi costì a Sinigaglia e Conta(do) suo co’ li Castelli del Conte Antonio, comincj e principj alli XI di Febrajo, di modo ch’

abbi andar parte nel tempo. Pis(auro) primo aprilis MDXLij». (64)

Dalla parte di Senigallia forse non mancava qualche prepotenza; il Capitano Luogotenente Governatore dell’Armi avendo chiesto che si facessero preparare i contadini «con i cavalli e soldati alla marina per guardie, nel 1615; ma si risolvé che era bene di fare istanza di poter comandare li soldati del Commissariato et della Tomba e loro Cavalli per fare le guardie di questa marina, stante che i poveri contadini di quel territorio habbiano delle faccende assai, e non possono servire a tanto, stante anco che molti di prima siano andati alla guerra». (65)

La tassa stabilita per questa guardia fece aumentare le strettezze dei nostri

Castelli, e Ripe il 13 gennaio 1606 chiedeva al Duca che (pag. 226)74 doven-do pagare fiorini 60 della guardia debito dello scorso anno, qualche dilazione, della quale si sentiva bisogno grande. Ma i paesi erano sempre in arretrato con i versamenti, del che si occupò il Consiglio municipale di Senigallia del 26 no-vembre 1623, nel quale «si stabili che tanto dal Vicariato (di Mondolfo) che dai Castelli si soddisfaccia quanto è obbligato, si per il passato, come per l’avvenire, a pagare cioè ciascuna la sua porzione ogni anno della Guardia della Fiera in denari contanti, et essendosi innovato da alq(uot) (alcuni) anni in quà che si debba oltre il denaro, legne, fascine, carbone, et olio, tutto del nostro publico, parrebbe giusto et doveroso che li Castelli e Vicariato concorrino anco loro per la loro porzione». (66)

Più e più volte si ricorse al Duca di Urbino per questo affare. Il 4 aprile del 1630 il Consiglio di Tomba, venne convocato per stabilire dove prendere il denaro per la guardia di Senigallia, nella qual città per il debito del Comune erano stati arrestati due cittadini di Tomba, per liberarli, portando colà scudi 16 «quindi esporre le ragioni della comunità, ed infine, se vi era bisogno prote-stare». Il ricorso al Duca fu rimesso ai suoi ministri, con i quali faceva mestieri trattare, perché liberassero il Comune da tal peso, avendo il duca dati questi consigli. È qui da notarsi che il peso di questa guardia fino dal 1528 era stato tolto ai rispettivi uomini dei paesi, e l’avevano assunta i sbirri di campagna dietro compenso pecuniario. Insistendo Senigallia, i Consigli di Ripe, Tomba e Monterado ricevevano lettura di una lettera dell’Ill. Sig. Governatore «in data 4 luglio 1630» nella quale era detto «per trattare questo negotio per doi mesi almeno si debba ricorrere all’Ill.mo Sig. Marchese che voglia scrivere a’ deposi-tari a’ farli grazia per avere doi mesi di tempo». I tre consigli si misero d’accordo pendendo la causa, tanto più che «il Sig. Governatore si è offerto per servizio di queste comunità di andare a Urbino, e dove sarà necessario per causa della guar-dia di Sinigalia a trattare con li ministri di S.A. con mandare doi [due deputati]

uno per Comunità in compagnia a detto S. Governatore». (pag. 227) Per Ripe poi l’affare era anche più urgente e grave, perché il Marchetti depositario ducale in Senigallia pretendeva il pagamento di quattro anni arretrati, quantunque un rescritto del Duca liberasse Ripe da tal gravezza; quindi stando per spirare la dilazione si proponeva venissero esaminate le ragioni della Comunità, tanto più che «l’Ill. Sig. Padrone comanda che si tenghi strada per non lasciarsi in nes-sun modo pregiudicare». I deputati furono creati, andarono ad Urbino ed un accordo sembra non fosse stato preso, perché per ben altri 5 anni, fino al 1635 la questione tornò in discussione. E fu in quell’anno, e precisamente nel dì 26

74 Per un errore presente nel ms. originale, la numerazione delle pagine dopo la pag. 245 ricomincia con la pag. 226 e si prosegue con la nuova numerazione fino alla fine del ms.

agosto, che il Consiglio di Tomba ebbe comunicazione della lettera, colla quale si concedeva che i Priori non potessero esser fatti prigionieri per debiti commer-ciali e civili senza il di lui ordine espresso. La lettera così si esprime:

«Ill.mo et Ecc. Signore. Non conviene, che i Priori siano carcerati per debiti tanto Commerciali quanto d’altri, e perciò nell’avvenire V.S. non lo permetterà, senza espresso mio ordine; ma per debiti della Comunità lascerà che si esequi-schi contro gli esattori, depositarj et altri obbligati conforme alla giustizia, e Dio lo prosperi. Urbino li 20 agosto 1635. Il Vice Legato».

Dopo il 1635 nei consigli di Ripe e Tomba non apparisce più questa questio-ne, che si risolleva a Monterado il 25 luglio del 1641, rifiutandosi al pagamento dei soldati che erano andati alla guardia «stante che non li paga né Ripe e né Tomba, e siccome Monte Rado non ha soldi, non si devono pagare, né dare cosa alcuna alli suddetti soldati». Ma una ordinanza di Monsignor Legato letta al consiglio 1 gennaio 1643 la quale ordinava il pagamento del Capitano, del Sergente, del Luogotenente, e soldati che erano stati a Senigallia «ma il mu-nicipio risolve ch’è povero e non può pagare»; ordine che fu di nuovo fatto al consiglio 12 luglio. Il Card. Homodei Legato in data 8 agosto 1656 scriveva a Senigallia «Giacché si stima assai dispendiosa la Cavalleria di Mont’Alboddo, ripartirete il battere cotesta spiaggia fra quelli della Tomba, Mondolfo e S.

Costanzo, come voi annunziate». (67) (pag. 228) A Monterado la questione venne agitata per altri anni ancora, ossia nel 1657, nel quale si deliberò di pagare scudi 25 oltre ai 10 pagati, e nell’anno dopo.

Ed eccoci alle fortificazioni delle due città Pesaro e Senigallia, le quali for-tificazioni furono causa di altre questioni. Sul declinare dell’anno 1527 all’Ar-civescovo di Avignone era succeduto Marco Vigerio della Rovere vescovo di Senigallia nella carica di Governatore Generale dello Stato di Urbino, il quale nel consiglio del 28 gennaio del 1528 a Pesaro dimostrò la necessità, per il re-cente passaggio delle soldatesche, di ridurre in fortezza le città, onde impedire che nessuno esercito vi entrasse a suo piacimento. La proposta ebbe 82 voti fa-vorevoli e 6 contrari. (68) Frattanto Francesco Maria temendo Papa Leone X ed il fratello Giulio aveva di già pensato alcuni anni prima alla fortificazione delle due città Pesaro e Urbino; ma non ebbe tempo perché dovette cedere al sover-chio numero degli assalitori ed ai saggi consigli del suocero Gonzaga Marchese di Mantova, e prendere la via dell’esilio. Breve fu la Signoria di Lorenzo e poi della Chiesa sotto il governo dell’abbominato Conte Roberto Boschetti, il qua-le colpì qua-le fortificazioni iniziate da Francesco Maria ad Urbino, ed i bastioni, ripari e terragli costruiti a Pesaro. Il 3 gennaio 1522 era già padrone di Pesaro Benedetto Giraldi Luogotenente di Francesco, così dopo alcuni anni fu posto

di nuovo mano alle fortificazioni di Urbino, Pesaro e Senigallia, distruggendo di questa le vecchie mura ed i torrioni malatestiani della metà del secolo XV, come aveva fatto a Pesaro, sostituendovi più gagliarda fortificazione moderna.

Nel 1541 i bastioni e ripari in terraglio erano avanzati ma non finiti; all’opera di muro fu posto mano nel 1546, come ci fa fede una lettera del Veronese in data 8 marzo 1541 al Duca Guidobaldo. (69)

Fin dal principio dei lavori sopra la fabbrica di Senigallia fu nominato un Commissario il quale doveva regolare l’ordine dei lavori, ripartire il numero e il ruolo degli operai, imporre le opere e le (pag. 229) fazioni alle Comunità dello stato che dovevano concorrere alla costruzione. «A fare i fossi attorno alle Saline il Consiglio di Senigallia voleva che concorressero anche gli uomini di Ripe e Monterado nel 1547»; così si legge nel Repertorio generale dell’Archivio comu-nale di quella città, indicando il Volume III dei Consigli ed il Libro B pag. 393;

ma quel volume è scomparso, e le ultime pagine del Libro B sono mancanti;

quindi non ci resta che la sola notizia fornitaci dal Repertorio generale.

Il pericolo dei Corsari, che infestavano ogni anno le spiaggie del mare Ionio e Tirreno, indusse il Duca a pubblicare nel giorno 22 agosto 1574 (un mese prima di morire) il seguente bando «Vedendosi che li Corsari turchi ogni anno infestano maggiormente questi liti vicini e che però con maggior diligenza si deve attendere alla fortificazione di Pesaro e Senigallia, poiché in questi anni passati penuriosi abbiamo indugiato cavar li fossi a queste due fortezze; ora che possono dar più facilmente quelle opere e quelle fazioni, che in simili occasioni sogliono mandare, avemo ordinato che se ne facci il compartimento secondo la tassa consueta e giusta di ciaschedun luogo ... Pesaro.» (70)

I seguenti documenti non solo riguardano la contribuzione che il Commissariato doveva dare alla erezione delle fabbriche nelle due città ducali, ma meglio chiariscono ancora la questione della guardia della quale abbiamo trattato in principio di questo capo.

«Il Duca de Urbino. Luogotenente.

Havendo fatto saper el Conte Antonio Landriani et gli homini de la Tomba, Ripe, et Monte Rado suoi sudditi quanto siano gravati di continue spese et fattione, et che essendo tanto poveri quanto sono, è impossibile che durino sotto simil peso, non essendo sgravati, imparte, volendo maxime il predetto Conte Antonio loro padrone che se rasettino, le mura di detti castelli, et ma-xime quelli di Ripe che sono alamati in alchuni luoghi, et volendo esemptarli in parte di quello che hanno dimandato gli havemo concesso che per l’avenire mentre che durerà il peso de fabricare detti muri de lor’ Castelli, et anco bene-placito (pag. 230) non siano molestati più per codesta impositione della fabrica

et ch’a detta gravezza della fabrica non siano in alcun modo più obligati durante il tempo predetto a nostro beneplacito, et perché se intende che Monterado paga la predetta impositione de la fabrica insieme con Senigallia vogliamo che la Cumunità di Senigallia sia sgravata di quella somma che soleva pagar detto Castello che sono per quanto ne venne riferito circa fiorini vintiquattro, durante però detta esentione; et perché quelli di Ripe et Monterado se dolevano assai de esser gravati da la deta Com.tà di Sinig(aglia) de concurrere alle colte per le spese del medico maestro di scola ...

Vogliamo oltra questo che li predetti castela de la Tomba, Ripe e Monte Rado ne da ministri della Comune ne da nostri in alcun modo a fare alcuna fattione estraordinaria eccetto solamente la fattione del portar pali, et fascine al porto e di ciascuna altra fattione che per causa di detto porto occorresse la quale concessione vogliamo che se l’oservino inviolabilmente, a beneplacito nostro, et che in qualunque nostra lettera bando, o comissione, ne la quale fusse coman-data alcuna fattione estraordinaria o per conto de predetta fabrica anchora che generalmente fussi detto ch’a quella si dovessero costringere tutti gli esempti, non di meno non intendiamo che a(nch)’essi detti castelli concorrano si non nominatamente sono espressi, e tal Comissione, procurerete adunque che sia osservata quanto intendete essere mente nostra, facendo registrare la presente a perpetua memoria, nei luochi soliti, e restituendola di poi per loro sigurtà, et satisfatione al predetto Conte o alli huomini predetti.

Di Pesaro alli 3 di Aprile 1546». (71)

«Il Duca d’Urbino. Depositario.

Ci raccordiamo, che altre volte, et per quello che ci pare detto anno 1546 sotto giorno 3 d’aprile scrivessimo al Luogotenente di voler che la città di Sinigaglia fosse disgravata nella impositione della fabbrica, per la rata che tocca-va a Monterado, Castello de Conte Antonio, che ci era detto (pag. 231) essere fiorini vintiquattro o circa di quella moneta sintanto che durasse il peso del fabricare le mura di detto Castello, et a nostro beneplacito. La qual Istantia et concessione intendiamo che no’ gli è menata buona, né osservata sino adesso, però dicemovi a voi, che avuta di ciò informatione facciate in modo che tal no-stra concessione sia osservata senza manco (mancanza) veruno alla comunità, nel modo ch’ella conta in questo particolare di Monterado; et che tale osservantia co-mincia a corrergli dal giorno che fu fatta et emanata essa lettera; di maniera che la comunità per questa causa no’ ci habbia più da dare alcun fastidio: et state sano.

Di Urbino XV di giugno 1550». (72)

«Il Duca di Urbino. Magnifici Dilettissimi nostri. Per risolvervi sopra la do-manda che ne fate in nome di questa Com.tà vostra, che gli possidenti nel territorio di Ripe et M. Rado concorrano co’ la libra vostra per quanto posse-dono, alle spese che se impongono da noi come si faceva al tempo del Conte Ambrogio, et doppo ha fatto il Conte Antonio successo a lui, (le cui possessioni che sono nel territorio di Senigalia vorresti anchora che fossero tenute al paga-mento di un Giulio per libra, secondo il tenor del suo privilegio ottenuto da essa Com.tà vostra) et che noi, per quanto importa lo habbiamo di quello che pos-sediamo, et possederemo costì, ci contentiamo sgravarla, et il medesimo facesse M. Stephano Vigerio di quello che è posseduto da lui a Porcozzone, diciamo per

«Il Duca di Urbino. Magnifici Dilettissimi nostri. Per risolvervi sopra la do-manda che ne fate in nome di questa Com.tà vostra, che gli possidenti nel territorio di Ripe et M. Rado concorrano co’ la libra vostra per quanto posse-dono, alle spese che se impongono da noi come si faceva al tempo del Conte Ambrogio, et doppo ha fatto il Conte Antonio successo a lui, (le cui possessioni che sono nel territorio di Senigalia vorresti anchora che fossero tenute al paga-mento di un Giulio per libra, secondo il tenor del suo privilegio ottenuto da essa Com.tà vostra) et che noi, per quanto importa lo habbiamo di quello che pos-sediamo, et possederemo costì, ci contentiamo sgravarla, et il medesimo facesse M. Stephano Vigerio di quello che è posseduto da lui a Porcozzone, diciamo per