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Capitolo tre: La famiglia dei minori di seconda generazione Il progetto migratorio come mandato familiare.

La famiglia ha un ruolo fondamentale nella socializzazione del bambino e lo è ancora di più se parliamo di seconde generazioni. Essa per sua natura ha un’essenza dinamica che cambia nel tempo soprattutto se pensiamo alle famiglie in migrazione. La storia e il progetto migratorio della famiglia non costituiscono un evento isolato privo di ripercussioni poiché influenza notevolmente i legami affettivi e soprattutto il rapporto genitori-figli. Quest’ultimo si gioca all’interno di un intreccio di aspettative che appartengono sia ai genitori sia ai figli e che non sempre sono in armonia. Tuttavia il rapporto genitori-figli come abbiamo accennato nel precedente capitolo, non è influenzato soltanto dall'ambiente familiare ma anche dalla comunità etnica di riferimento. In generale possiamo affermare che il successo del processo di integrazione delle seconde generazioni dipenda principalmente dal progetto migratorio, dalla struttura e risorse della famiglia, dalla comunità etnica e dalle influenze esterne della società, in particolar modo del gruppo dei pari.

Partendo dal progetto migratorio della famiglia, Demaire e Molina (2004: X) affermano che «molto del futuro delle seconde generazioni si trova inscritto nelle modalità di ingresso dei loro genitori nella società ospite». In questo modo i due autori mettono in luce l’importanza delle tappe del progetto migratorio e del suo impatto sulla capacità adattiva delle seconde generazioni al contesto della società ospitante.

Durante il percorso migratorio le famiglie non rimangono immutate nel tempo ma attraversano fasi di destrutturazione e ricomposizione che comportano una rinegoziazione dei ruoli e delle relazioni familiari; proprio per questo Lagomarsino (2005 : 221) più che di famiglia immigrata preferisce parlare di «famiglia dell’immigrazione», poiché subisce una trasformazione profonda che attraversa il contesto di origine e il contesto di arrivo. La scelta migratoria può essere considerata un «evento familiare» (Scabini e Rossi. 2008, cit. in Ranci, 2011: 253) complesso che fa parte di un progetto ampio e pensato a lungo. Questo progetto non è generalizzabile; poiché cambiano i luoghi di provenienza e il significato che assume la scelta migratoria, e proprio per questo rappresenta un evento critico che richiede da parte del migrante specifiche abilità e un ambiente sociale che possa soddisfare i suoi bisogni primari, principalmente una casa e un lavoro. Spesso la decisione di emigrare scaturisce da una strategia familiare che determina chi deve emigrare, quando e dove e rappresenta una sorta di «mandato familiare» (Ibid.:234) teso a soddisfare gli obiettivi di emancipazione e benessere di chi emigra e i bisogni e le aspettative della famiglia di origine (Ibid.).

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La migrazione implica processi di frammentazione dell’unità familiare, cambiamenti nella struttura familiare e nel suo funzionamento: la famiglia è costretta ad affrontare la prova della separazione quando il padre o la madre partono alla ricerca di un lavoro e di una diversa qualità della vita, deve vivere il tempo della lontananza e dei legami affettivi a distanza, con ritorni rapidi e più o meno frequenti. Arriva il momento del “ricongiungimento”, della ricomposizione del nucleo familiare quando finalmente il/la migrante ha conseguito un livello ritenuto “adeguato” da un punto di vista economico e abitativo (Ranci, 2011 : 234).

In questa definizione l’autrice individua tre stadi che affronta la famiglia durante il percorso migratorio: il distacco, la lontananza e il ricongiungimento. Da uno stadio a un altro la famiglia subisce profonde trasformazioni, proprio per questo l’autrice parla di «tre famiglie» dell’immigrato: «la famiglia unita prima della partenza, quella tenuta viva nel ricordo e idealizzata nella separazione, la famiglia ricongiunta a contatto con il nuovo contesto sociale e con una quotidianità non più abituale» (Ibid. : 235) e ognuno di questi stadi necessita di un ripensamento delle relazioni tra i componenti della famiglia.

Nonostante la scelta di migrare costituisca l’esito, utilizzando le parole di Scabini e Rossi (2008, cit. in Ranci, 2011 : 234), di un «mandato familiare», le motivazioni implicite alla partenza possono non essere condivise.

Lagomarsino (2005) e Ranci (2011) affermano che non sempre la scelta di emigrare è appoggiata dalla coppia genitoriale e dalla famiglia allargata. Le autrici osservano che spesso nel caso delle donne che partono da sole, la scelta di emigrare rappresenta l’opportunità per uscire da situazioni matrimoniali infelici. In questi casi la migrazione non determina la crisi coniugale ma rappresenta soltanto un fattore «agevolante» (Lagomarsino, 2005 : 222) per mettere fine al rapporto coniugale. Solitamente i figli piccoli sono lasciati nei luoghi di origine sotto le cure della famiglia allargata, e se pur distanti, le madri cercano di mantenere un rapporto con i figli attraverso una modalità di comunicazione regolare. Tuttavia, come sottolinea Lagormarsino (2005), l’evento migratorio comporterà importanti cambiamenti sia per chi rimane sia per chi emigra, soprattutto in relazione ai ruoli familiari, e questi effetti si possono protrarre per molto tempo.

Gozzoli e Regalia (2005) affermano che alcuni percorsi sono più lineari, si parte da una situazione iniziale di smarrimento e si arriva a livelli di integrazione sempre più maturi. Altri invece sono più complessi e sono caratterizzati da avanzamenti, regressioni e stagnazioni. Gli ostacoli incontrati durante il percorso di integrazione se da una parte possono rafforzare la capacità progettuale dell’individuo, dall’altro possono far nascere sentimenti di frustrazione e di impotenza appresa, che rendono il migrante incapace di utilizzare in maniera funzionale le

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risorse a disposizione (Gozzoli e Regalia, 2005). Nonostante la molteplicità dei percorsi, Favaro e Colombo (1993, cit. in Gozzoli e Regalia,2005 : 89-92), facendo riferimento al contesto italiano, individuano delle dinamiche che contraddistinguono vari tipi di percorsi migratori analizzando il nucleo familiare e il rapporto tra questo e gli iter migratori dei suoi membri:

- Percorso di ricongiungimento al maschile: riguarda maggiormente gli immigrati arabi di religione musulmana, provenienti dal Marocco, dalla Tunisia, dall’Algeria e dal Senegal. Il primo a partire è l’uomo capofamiglia e dopo qualche anno organizza l’arrivo della moglie e dei figli che sono rimasti nel paese di origine. Il ricongiungimento con la famiglia è subordinato al verificarsi di alcune condizioni che ne consentono la possibilità anche sotto l'aspetto normativo e sono principalmente il miglioramento delle condizioni di lavoro, anche dal punto di vista contrattuale e la disponibilità di un alloggio adeguato ad accogliere una famiglia. Poiché il ricongiungimento avviene in una realtà culturale profondamente diversa, ciò comporta una ristrutturazione degli equilibri familiari e soprattutto la donna deve necessariamente trovare nuovi punti di incontro con un coniuge da cui è stata lungamente divisa. Se da un lato le mogli si trovano facilitate nell’ingresso nel nuovo paese, grazie all’attività di mediazione del marito con la società esterna, dall’altro la dipendenza economica dal capofamiglia fa si che esse vivano in un mondo a parte. Questi elementi se inizialmente rendono lo sradicamento dalla terra di origine meno traumatico, a lungo andare possono diventare fattori di vulnerabilità. Esse fanno fatica ad apprendere la lingua perché hanno poche occasioni di socializzazione e spesso non manifestano il desiderio di entrare nel mondo del lavoro. Le donne si trovano in una condizione contraddittoria, se da un lato sono protette dal punto di vista emotivo, dall’altro il loro percorso di integrazione risulta più rallentato.

- Percorso di ricongiungimento al femminile. In Italia le donne primo migranti provengono il più delle volte dall’Est, dalle Filippine, da Capoverde, Eritrea e dall’America Latina. Per queste donne il processo di integrazione risulta molto difficile poiché prive di reti di sostegno. Esse svolgono soprattutto lavori domestici e spesso abbinano al lavoro anche l’alloggio, proprio per questo si parla di “invisibilità sociale”30

. Questa condizione lavorativa costituisce una forma di isolamento sociale

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Nei paesi con un welfare cosiddetto “familistico” il percorso di donne che emigrano alla ricerca di un miglioramento delle condizioni di vita per sé e per i propri figli è attualmente in continua crescita in concomitanza con la richiesta di fornitura di servizi alla persona.

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perché i pochi momenti liberi che hanno li passano quasi esclusivamente con i propri connazionali e con le associazioni femminili. Ad ogni modo, esse riescono a organizzare accuratamente il ricongiungimento con la propria famiglia sotto tutti gli aspetti come: la scuola per i figli, l’organizzazione in merito alla conciliazione tra lavoro e compiti di cura, apprendimento della lingua locale e all’alloggio. Rispetto ai maschi esse si informano di più sui servizi. L’aspetto di maggior criticità in questo percorso è legato al marito. Esso spesso manifesta una condizione di disagio legata al fatto di dipendere, almeno inizialmente, da un punto di vista economico e sociale, dalla moglie.

- Percorso neocostruttivo. Il percorso migratorio, più che l’esito di un mandato familiare, è il prodotto di una scelta personale. Solitamente si tratta di persone giovani che si spostano con l’idea di ritornare nel paese di origine per reinvestire ciò che sono riusciti a risparmiare. Con il tempo però è probabile che, a causa di eventi circostanti (i risparmi non sono adeguati, la situazione in patria è peggiorata, si sono coltivati nuovi legami affettivi ecc…), il ritorno diventa sempre più una meta ideale e che il più delle volte non si realizzerà mail. Non a caso, in Italia, sono aumentati i matrimoni celebrati tra cittadini stranieri, provenienti dallo stesso posto o da paesi diversi. Spesso si sposano nel paese di origine per preservare le tradizioni e poi rientrano in Italia. Solitamente i partner si conoscono tramite reti di connazionali e, in altri casi, gli uomini si sposano attraverso matrimoni combinati dai familiari. In quest’ultimo caso le neospose incontrano notevoli difficoltà nel processo di integrazione, poiché oltre a non conoscere il paese straniero, devono instaurare un rapporto con un coniuge che hanno conosciuto solo superficialmente.

- Percorso simultaneo. Si tratta di coppie o interi nuclei familiari che si spostano insieme o che si ricongiungono in tempi molto brevi. Questo caso è poco frequente a causa delle limitazioni normative, economiche e sociali. Generalmente, in questo gruppo, rientrano gli esuli per motivi politici e in particolare le famiglie provenienti dall’Africa occidentale.

- Percorso monoparentale. Esso, secondo il parere degli autori, rappresenta il percorso più critico e riguarda generalmente donne sole con figli. L’assenza del padre è dovuta per cause diverse come: divorzio o separazione prima dell’emigrazione, decesso o perché la donna non si è mai coniugata. In altre casi il padre lavora in un altro paese. Un altro caso poco frequente è quello degli uomini soprattutto nordafricani che dopo un rientro temporaneo nel paese di origine portano con sé i figli maschi più grandi. Quando

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un genitore si trova a crescere un figlio da solo in terra straniera, i figli rischiano di fare esperienza di solitudine ed emarginazione a causa della mancanza di reti di supporto e proprio per questo si trovano esposti a un maggior rischio di devianza.

Come abbiamo visto, ogni progetto migratorio ha le sue peculiarità e proprio per questo quando pensiamo alle relazioni interne alle famiglie migranti, e soprattutto al rapporto genitori figli, dobbiamo tenere presente che si stratta di famiglie ricostituite che hanno subito cambiamenti repentini non solo nella struttura ma anche del contesto culturale di riferimento. Skoda (2014) ci ricorda che nei contesti migratori cambia anche il concetto di famiglia. Nel contesto europeo, quando parliamo di famiglia, facciamo riferimento alla famiglia nucleare composta da padre, madre e figli; al contrario nella cultura di molte popolazioni si intende la famiglia allargata che comprende anche zii, nonni etc.. Resta il fatto che la famiglia è un contesto fondamentale per la definizione dell’identità del minore e lo diventa anche in riferimento agli aspetti culturali di riferimento.

L’influenza della nascita e dell’arrivo dei figli sul sistema famiglie e sul progetto