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CAPITOLO IL 11 raout

Nel documento GLI AMORI DI PARIGI. Digilized by Google (pagine 77-88)

Erano

quattroo cinque anni dacclii^ perla prima .voltasiera udito parlare delmarchese Gastonedi Mail-lepré;

ma

daquell’epoca, Pariginon aveva avuto

cam-podirisaziarsi, d’infastidirsi di quella brillante e mi-steriosa esistenza,laquale manifestatasiad

un

tratto, parevafosse quindifuggita-aicuriosi sguardi della mol-titudine.

11marchese avevaviaggiato.

Nel 1830, reduce da un lungogiro,sieraimbarcato abordo d’una navedellaspedizione d’Africa. Il mare-sciallo

Bourmont

loavevamenzionatonelprimo bollet-tinodella conquista.

PoisierafattovedereinIspagna, volontario nell’e-sercitocarlista,adarlebusse con entusiasmoai Cri-stinos.

Ma

le sue prodezze non avevano duratomolto. Gli veniva prestolanoia.Ilpericololochiamava,

non

sa-peva trattenersi.

Talmentechènellostesso

mese —

così almeno nar-ravalacronacadeinobilissimicrocchi oltre Senna

avrestepotutoincontrarlo'correndo collaspingardain ispallapeimontidiNavarra,indi trovarloa ballare il

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valsera

Badeu

od

a

Parigi,eprocedere ad altre bat-taglie.

Era un

bel farei molti eroidell’Opera-Comica

non

sonodi talforza.

Ma

era

un

nulla,a confrontodel

romanzo

dellasua gioventù.

Figuratevi

uno

degliamabili paggichenelmedio

e-vo

recavanoilmessaledellecastellane,

un

visetto te-nero, vivace, grazioso, occhi grandiediun cupo az-zurro, capelli lunghi e neriricciuti, staturasnella;

piùbellezza,più garbo, piùvezzi, che

non

ce ne vor-rebbero per adornare

mezza

dozzina di leggiadre don-nette.

Figuratevi tutto questo, e

non

abbiatetimoredi so-gnarvicosetropposeducenti opoetiche. Gastone era ai disopradiogninostrafinzione

e cadeva d’ im-provvisotra quelle curiose società delie sale parigine.

La

gente

non

loaveva veduto crescere;

non

aveva potutoassuefarsiallepromessedellasuainfanzia.

Sua madre non

sierafatto dilui

un

oggettodiricchezza, di lusso...

Sua

madre —

ohiguardateseaveva ragionela

mo-danell’adottare quelfigliuolol

la

madre

nonera

una

nobiledama,atuttinota, parte integrante ed inevita-bilediqualunquefesta,chevenisseafastidioafuria di farsivedere...

Era

unabelladonnadelle

immense

praterie del

Nuo-vo

Mondo,

colseno purpureo,ilcollo vermiglio contor-natodaunacollana di minuterie.

Un’eroinadi

Fe-nimore Cooperse lo era portato sullespalleper lun-ghissimi viaggisupei sentierisolitariidelle vergini fo-reste; un’IndianadiChateaubriandloavevacullatoin

una

cimadiscorza d’albero,appesaai rami odoriferi del sassafrasso.

£

pensato che perfarcorrere tutta Parigi bastano pochi Arabibrutti...!

uigiiizeaoyGoogle

79 Figli del deserto,

non

aventitampocoilmeritodell’

incognito, conciossìachè possediamo da molto

tempo

mercantiditorronediCostantina,iquali

hanno

la tri-stausanzadiparagonartuttoall’Oceano, al sole,alla luna,inversicabaili.

Ilnostroselvaggiononfacevaversi;erabello, civi-lizzato;aveva beniinquantità, e cinquecentomilalire di renditainprospettivadapartedisuozio^ilducadi Compans-Maillepré.

Era

marchese

— non

giàmarchese dadozzina,

co-me

il figlioprimogenitodel ducadi Farsaglia,che

sifirmava senzarideremarchesediRubicone

— ma

mar-chese con armi e stemmididieci secolialmeno.

Sisonoveduti degliziiportaredall’Americamilioni, maigenealogie.

Era

percertolaprimavoltachesipresentavatal

fe-nomeno. Nè

sipresenteràpiù.

Vi furonofurori.Ilmarcheseselvaggioebbe

un

in-contro strepitoso.

E

doveva essere: in luiesistevano' tutti glielementi percuinascelavoga.

Ed

ilbizzarrissimotitolodi marcheseselvaggio can-cellò inqualcheguisaancheilsilonome.

Le

persone che di luifavellavano senza conoscerlo, esegnatamentei

bas-siuUìzialidell’esercitodeglieleganti,siavvezzaronoa chiamarlocosì.Sisapevaessereegli nipote del duca GiovannidiMaillepré-Maillepré,

compagno

di Lafayet-te,e

morto

prigioniero dellapopolazione deiCherokees.

E

tutta cotesta storia intera riepilogavasi.egregiamente nel

soprannome

dimarcheseSelvaggio.

Ma

a nessuno erannoteconprecisionelecircostanze dellasuavita.Ilpoco chesenesapesseproveniva dal-leciarlediun giovane procuratore pressoiltribunale diprimaistanza dellaSenna, messer

Edmondo

Duran-din,ilqualeall’epocadelsuoarrivoin.Francia,aveva avutiindepositoisuoititoliedocumentidifamiglia pel caso possibile in cuiilsignorducadi

Compaus-Maille-80

préavesse ricasato di riconoscere questo erede

manda-toglidalcielo.

Ilsignorduca

èobbligonostro dichiararlo subi-to

— non

avevaaiFacciatoil

minimo

dubbio,

ma

anzi accoltocongratitudine questo accrescimento di fa-miglia.

Almeno

taleera l’opinione del

mondo,

opinione tan-to più probabile, inquanto cheilsignorduca

non

ave-vaprole.

Inquei quattroo cinqueanniilmarcheseera rima-sto a Parigi tuttoalpiùseimesi.

. Eraquasi

sempre

inViaggio

oppureviveva inco-gnito,e ciascunoignorava dove,perocchéparecchi as-serivanodiaverlo incontratoperl’appuntonell’epoche di quellesupposteassenze.

Benché comparissediradoin società,si

amava

anzi dipiù,siadorava.

Le

suddetteassenze ripetute, e

mag-giormenteilmisteroinchesi avvolgevadi continuo,

comunque

ostentassedivivereallachiara luce, frail lusso elostrepito,aumentavailsuopregio,efacevano ingrandire,anziché scemare,lasua voga.

Una

circostanzache davaallasua situazioneuna for-teconsistenza erendevaimpossibilefinl’ombradi

un

malignosospettorelativamenteallasinceritàdelsuoti-.

tolo, e,

come

diceilcodice, delsuostato civile, siera cheilsignorducadiCompans-Maillepré

non

era

uomo

daammettere unaparentèladubbiosa. Tuttisi ricorda-vano chenel1823e

26

egliavevabattuta,oppressain

un

conflittogiudiciario,un’intera famigliadi avventu-rieriche pretendevanoessere Maijlepré.

Coloro eranospariti.

La

giustizia, cis’intende,aveva annientatoleloro allegazioni

non

sostenutedaveruna provascritta.

Se

non

fosse i-tribunali, Dio

buo-nol quanti onesti signori

comq

il duca di

Compans

sarebberoogni giornoinbalia del primo, che capi-tasse1

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La

sentènza proferita in appello contro quegli impo-storiera contumaciale. Essiavevanopromessodi pro-durredeidocumenti' aspettati da Nuova-York.

Ma

il

capodicasaeramortoinuna stàmbergadimalafama dellagalleria diValois nelPalazzoReale,ilgiorno pri-

-ma

chenascesselasentenza.

La

di luimadre,lamoglie,ifigli...Ehi perchè oc-cuparci tanto di quei disgraziati?

Gastoneera giuntodaU’America

nn

anno o due dopo quellalite.11giovaneprocuratoreDurandin aveva fat-toda mediatorefraessoedilduca.Isuoititolierano statiscrupolosamenteesaminati.

Ne mancava un

solo, cioèlafededimòrtedeirultimoduca, defunto presso iCherokees. In conseguenza Gastone,perunarara de-licatezza,

non

posesiillesuearmialtroche lacorona dimarchese.

Oltre questa straordinaria origine,chelomettevaad

un

trattofuordelcomune,oltreancoralasua ricchez-zaelashaimpareggiabile avvenenza, il marchesino possedevatutteleseduzioniche attraggono ed

incate-nano

ledonne.

lidi luispiritoaudace, bizzarro, capriccioso all’ec-cesso,avevad’improvviso

vampe

dipoesiairresistibile.

Davanti aU’esame,sicambiavae sfuggivailsuo aspet-to morale.Oggifreddo e schernitoreamaro,domanisi slanciavaversodivoicontuttoilcuore.

La femmina da

luidominata, oppressa conqualche dispotico ghiri-bizzo,lotrovava poisommesso,tenero è supplicò.

Aveva

certemaniere chetrasportavano nel narrare lasuafanciullezza,perdutainrivaaigrandilaghi, le feroci gioie dellasua adolescenza,irischidellacaccia,

le

marce

pazienti sul sentierodellaguerra.

Indiil,repentinosuoingresso nellacivilizzazione,*

l’arrivoa Nuova-York,dove ad

un

trattosiera trovato frauominicol visobianco com’era il suo equellodi .

suopadre,prima chel’avesse arrossato l’ocra caustica

deilatmggio, 5"

Dkjit!. 0

-82

Oh!

come

dolcementesognavano tntto,quelle,che, incantate dal rapido volo della sua narrativa,correvano seco nelle selve gigantesche del

Nuovo Mondol

Come

rabbrividivano nelVedereil

tomahawk

di

un

gigantedalla pellesanguinosagirargliintornoalla bel-lissima fronte, minacciargli le tempieriparate sol-tanto dalle anella dellachiomapastosa

, graziosamente

agitatel "

Oppure,dinotte,dietroad

un

nerotroncod’albero

-sparire sottole fogliedueocchiinfiammatiche bril-lano

un uomo

ignudo cheaspettatendendole orec-chie

come

unatigreinagguato

— un

dito piegato sul grillettodi

un

fucilecarico

unfanciullochesi avan-za,ignaro delperiglio,cantando

un

ritornellochegli insegnavalamadre...

Una

ven’era, nobile e dolcissimacreatura,cheIo

a-mava

conpassioneprofondaetacita.

Altre, nel passare,sieranoabbruciatelapunta del-l’alealla

fiamma

incostante di quel fuocofatuo, che chiamava,attraevae fuggiva.

Altreavevanosospiratoungiorno,

un

mese,

un

anno;

sospiratoa lorobell’agio,

come

delleromanze, sospira-to fraduegiridi valser,.sospiratoquantoa lorone la-sciavanotempolegravicuredellatoletta.

Altresieranopresentate, premurose, beate,

ripo-nendo

ogni gloria nell’esservinte.

Altre scherzose, pazzarelle,vanealpari di lui, ave-vanoaccettata ridendola battaglia,ecombattuto con quellearmicortesiche scorronosuisensi,lungi dall’at-taccareilcuore.

Altrein fineavevano amatodavvero, e poi dimenti-cato.

Una

solaconservava ncH’animalaferitaanporviva;

MariadiVarannes, cuorteneroedaltero, cui lacaduta avrebbeucciso,fervorosa cristianache

a

Dio chiedeva didarle forza contro l’amor suo.

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63 Eratuttaviapura,

ma

troppo

amava

per non aver rimorsi.

La

sua coscienzaleadditava Tabisso spalanca- ' to sottolasuadebolezza.

Amava. Le donne

adessasimili,incui

Tamoreè

u-na grandesventura piuttostoche

un

fallo,

non

sanno affettare l’ipocrisiachesalva tante colpevoliindegnedi perdono.Icontrasti,ne’qualisiesauriscelaloro virtù spirante,tolgonoallalorofrontelacalmaserena,alle lorolabbrailtranquillo sorriso,inchedipingesiilben esseredcl'doverecompiuto.

La

fisonbraia

libro scritto inlingua ignota,lecuipagine hannoper ognisguardo

un

sensodiverso, e cheglisciocchi volgari si vantano di leggerecorrentemente

lafisonomia non è una mascherautileperquei poveri cuori annichilati.

La

fisonomia diceleloropene, ele loro pene,li accu-sano.

La

moltitudinechepassa evedelasventura, suppo-neildelitto.

È

lastoria deidodici bottegaiformatiingiurì prepo-stodallalegge a decidere della sortediunuqrno.

Oltrecheidodici augusti giudici

non mancano

di a-vere talora nel loronegoziopesifalsie bilance accomo-dateperlamaggiorprosperità del lorodecoroso

com-mercio, egli è notoriochenon abbondano di perspica-cia,eche dinanziallorotribunale,anche

un

-innocente, se fosse

mal

vestito,andrebbea rischiodiessere condan-nato.

Incompenso,confessiamo che assolverebbero un Barabba,sequestoladrone avesse bottega sulla stra-da ebuonistabilialsole.

Perciòvisonomille ragioni,elaprima siècheil

povero

non

è avventóre.

E

poir

uomo

cheha-

fame

deve avere la tenta-zione di rubare: è.cosamanifesta, sicché v’èda

scom-mettere...

La

più sicuraèimpiccarlo.^

Ma non

crediatecheisospetti inconsideratidella

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la affliggesseroMaria de Varannes. Essali ignorava.

Non

sapevacheventi sguardi dileggiatori badavanoal rossore dellesueguance odalsuosorrisa, che dietro aiventaglisibisbigliavano perfide semiparolette,le qua-' licorronolietamentedauna boccaall’altra,sul princi-pioinnocuee scherzose,indi,nonsisacome, accusatH-ci,amare,micidiali...

Soffriva,perchèl’animasuapura ecristiana' si sde-gnavaalsolo pensierodiunconflittocontro*aldovere;

soffrivaperchè richiamando il coraggio,

non

trovava dentrodisèchedebolezza;soffriva perchèilpresente urtavailsuosuperbo pudore, el’avvenire leincuteva spavento...

Certo v’ erano nellesaledi

madama

di Pontle-vauparecchievezzose donnette per cui sìsolleciti scrupoli,siprematuri rimorsi sarebberostati

incom-prensibili. '

Queste donnette avevano avutodegliamanti, quanti amanti possono avere senzaoltrepassare quel limite ar-bitrariodopoilquale vien subito l’isolaraentoela sco-' municadella società.

Questedonnette portavano sul sembiantelabeata quietedelleproprie coscienze.Nessuno pensava a par-larediloro.

Sen’era parlato già tanto!...

Ma

gliuomini,guardandoilbrillantemarchesee

ma-dama

diVarannes,dicevano:

«Assolutamente èunaffar finito!»

Inquantoallesignore, inquesta sorta di faccende èimpossibile trascrivere la formola dellorodecreto.

Ciò che diconosignifica nulla,

ma

ellefraloro s’inten-dono.

« Dacché ilsignor Spirito è capodelgabinetto del ministro

, » diceva

Leone

Duchesnelaldottoro Josefin, «

mi

toccaduraremoltafaticacolla

Lea

Ve-rin..,»

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«

È

contentadelsuomedico?»

domandò

Josefin.

,

«

Non

so.» ,

« èegli? »

«IlprofessorGarance. »

«

Un

asino,e,perbaccollabisogna dev’essereter^

ribilel» t

« Odiosal...

ma

v’è

un

latobuono:

madama

diVerin nonèunabelladonna...»

«

Lo

credo, cospettonel »

«

E

laduchessami perdonalamia assiduitàpresso dilei,mentrese fosseunabellezza...»

Josefinguardò Duchesneldisottoagliocchiali.

«i\lasaich’è

un

mestieredafacchino,da

Alvernie-se,quellochetufai?

».

-<c

Non me

ne parlare!»disseLeone stringendosi

nellespalle.

«

Da

setteannisempresegretario d’ambasciata...ed obbligatoatener carrozza...

come

vivi?»

«Disperanza,»risposeildiplomatico; «puòvenire lavena buona...

ho

delleprobabilità...laduchessa, LeaVerin...»

«

E madama

MelchiorZapata,»interruppeil

me>

dico. . ,

Le

belle coppie, che passavano cambiando frivole ciarlee nobili sciocchezze,sisarebberomeravigliatedi udire nei salonidiPontlevau quellostravagante

collo-•juro.

In generalesisuol trattare

meno

rozzamente,èuso diadornare

un

po’piìi leconfidenze..

Ma

Leone edil dottoreerano buonie vecchi amici...

Il

marchese

davabraccioallasignorade Varannes.

Essisieranomescolatiaimoltichepasseggiavano.

Diana quasisull’atto sieraprovvedutadi

un

cavalier servwite,eliseguiva a certa distanza.

Dianaera cu-riosa all’eccesso,e.forse cattiva

come

tuttiicuori ino- -porosievuotiche

non

sannoamare.

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m

l.due mariti, forse senza volérlo,furonotrascinati in quelmovimentoaguisadi satellitifatalmenteattratti dai lorocentri.'

Iduemariti nullascopersero.Taleèlaregola,

— Ma

Diana seppe chein quello stessogiornolasorella era itaa spasso colmarchese.

civolle di più aquestofiordivirtù’persupporre ilmale.

D’ondeleveniva quella scienza?

Non

losappiamo.

La

nuovasetta, perguastarela

mente

edinaridire ilcuoredellesue seguaci,deveestendere d’assaiisuoi insegnamenti...

FattosiècheilsignordiBauloess’accorse

benissi-mo

dell’espressionedi gioiamaligna cheappariva sul visoallaconsorte.

Dunque

ellaeracontenta

dell’intel-'ligenza esistente fra la sorellaedilmarchese.

— E

per-chè?

La

situazione eccezionale del signordiBaulnes apri-val’animosuo adogni sortadi sospetti.Nullagli dove-vasembrareincredibile.

Eivideilsignor diVarannes, pureinosservazione.

Di Varannes, scorgendosi idi luiocchifìssiaddosso, sivergognò,,perchèreputò scopertalasuaferita segre-ta.Arrossì e chinòilciglio.

Di

Baulnes sifermòdibotto.

Era

sortaun' idea in

mezzo

allasua confusa gelosia

ilsuosguardo, pieno d’odio,squadrò per

un

istanteVarannes,poisidiresse precipitosamenteallaportaeduscìapigliararia.Si sentiva soffocare^..

Madama

diPontlevan nonera statamaipiù avvenen-tee più briosa. Trattenneilmarchese che passava, e glidisselepiùgentilicosette. Siformò

un

piccolo croc-chio attorno a quest’ultimo,ilquale fu garbato, e pro-vò anco unavolta-diesserel’uomo amabilein

supremo

grado.

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' 87

Dopo

un’ora,alzò,e percorselastanza quasi cer-cassealcunotralafolla.

limarchese avevaparecchi adulatori, énessun ami-co

se

non che

forseVarannesstesso, cuiavevafatto

un

servizio,eche$e

ne

ricordava.

Ma non

aveachefarecon Varannes.

— Due

otre volte, rispondendoai salutidivaricompagnidi diver-timento,fu inprocintodìfermarli.

—E

sifrenò.

AlGne

adocchiòJoselin eDuchesnel,esife’adessi vicino.

« Signori, » disse,«

mi

ò grato rincontrarvi... »

«Signor marchese,»cominciòJosefin,« vipregodi crederecheio

mi

trovo anzi fortunatissimo...)>

<c

Ne

sonopersuaso, signor dottore.

Avrò

bisogno di

voi

domani

adieciore...»

« Avete qualcunoammalato? »

<(

Non

ancora...sitrattadi

un

duello,e

mi

figuro

chefavorireteservirmidapadrini?» a

Con

piacere, » disseDuchesnel.

«

Come! un

ducilo?...»balbettòilmedico.

11marchesesalutò, e sene andòdicendo:

«Signori,conto sopradivoi. »

Quando

egli fu partito, Duchesnel si-grattò la fronte.

«Restadisapere, » osservò, «se è col signordì Baulnes o con Varannes.

Non Tho

mai vistofar la suapartecontanta freddezza.»

«

Eh!»brontolò Josefin, «

non

sono mai ^ato

a

sfide, ed

ho

letto,

non

sodove, chetalvoltaipadrini sonoobbligatiabattersi. »

«GodardaccioI»feceDuchesnel;

a

discorridicento annifa...»

«

Manco

male,»replicò Josefin, « sebisognkva bat-tersi, imieiprincipii

non mi

avrebbero permessodi andarvi. »

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88

CAPITOLO

III.

Nel documento GLI AMORI DI PARIGI. Digilized by Google (pagine 77-88)