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Due boUeglie.'

Nel documento GLI AMORI DI PARIGI. Digilized by Google (pagine 27-37)

Quando

sifurimessodalsuosbalordimento,la car-rozzaera sparita.

— Nón

v’era più altroche Roineo appoggiatosulgiuncp. i

«Scambiod’indirizzo,» disse questisemplicemente;

«ilvostropadronevisarà gratocheglirammentiate

ilmio. Vi pregooffrirgliicomplimentidelloscultore

di via

San

Luigi, nelMarais.»

-CAPITOLO

IX.

Due boUeglie.'

«

La

mattinaseguente, alleotto ore,Gastonee San-ta,

dopo

esserecomparsi,secondol’tiso,al ricevimen-to della duchessa, indossarono, quegliilgiubbettoda of>eraio, questal’abitod’indianaela'cuffiettada artigia-nella.

Gian-MariaBiot,vedendolisboccare dalla scala del-rala diritta» inveceditirare ilcordone, ùsci dal casotto^,evennecolcappelloin

mano

adaprirloroil

portone.

Gastone

era pallidoedabbattuto.

Biot, salutando-lorispettosamente,glidiede un’occhiata' inquietissima.

Anche

Biot eVascolorito.Sul suo volto onesto e sem-pliceapparivaun’espressionedimestizia.In quella stes-samattina avevatrovatamadamigelladiMaillepré sve-nutasullaportadal giardino.

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28

Fratello e sorellaandaroiiofuori.

Persolitotiravano innanzi per lastrada dei Fran-chi Borghesi,chiacchierandocolladolce intelligenzadi duefanciullichesiamano. Questavoltacamminavano

insilenzio. ' - ,

Quella serata di divertimento,dicuieranostati tan-tobelliiprincipii,siaggravava sudiloro con

un

pe-so funesto.

Gastone-meditava, inarcavaleciglia adunpensiero .iracondo,

-r

Santa,cheloguatava al-la sfuggita econ timore, ignorava ciòchevifosse inlui;

ma

tremava, meschinella,,avvertita dallasua naturale tenerezza,esifigurava

un

pericolood una di-sgrazia.

Gastonegirò dalcanto della via.San Luigi,esifermò davantial

numero

26.

«

A

rivederci stasera,»dissea Santa,elabaciò in

fronte. •- .

«

A

staserà...»balbettòSantatitubando;«

mi

dirai checos’haiper esserecosi afflitto?»

Eglilediè

un

altrobacio,e procuròdisorridere.

«

Te

lodirò,sorellina.»

' '

La

giovanotta entrò.

Entròinuna grancasa,compostadidueparti

paral-lele. V ^ .

Sulla -porta di quella a'

man

destraeraunaspecie

d’arme

rotonda,edin essascrittoacaratterid’oro:

Madama

Sarei

=

Bicamatrice

Secondò piano.

Sopral’altraasinistra

non

v’era insegna;

ma

ipezzi dimedaglionirottielestatuetronchesparselungo il

muro

sarebberobastateadindicare1’officinadi

uno

scultore

, quando anche lefinestre del pianterreno apertenonavessero' lasciato ^vederegruppidigesso,

p

marmo

,evasi, e tuttigli attrezzi dell’arto sta-tuaria.

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29 Infattieralostadio di

Romeo,

che (Kmoravaal se-condo piano per

T

appunto rimpettoaibalconi della

Sorel. . ^

Tra

quelleduecase,

un

cortileopiuttostounasorta diviuzzametteva ad

un

giardino^diiusocotiun can-cellodiferro.

Altre inferriate similisistendevano lungotutta l’a-bitazione di

Romeo

, difendendo contro

Un

ladrocinio impossibile quel miscuglio di rottami giacenti per

terra. .

-Era

lusso diserrami,diclausura. Avreste' detto es-sere

Romeo

ilmecenatedi

un

lavorantedigrate.

Santa, giàsMntende,pigliòa

man

destra.

Qqando

capitò nellasala,intornoallaqualestavano in Àia'moltitelaicoi ricamiapparecchiati,

non

,v’era ancoranessuno,

nemmeno

lamaestra.

Ellasedèalsuoposto,mandandosi addentro

un

so-spirochelesollevavailpettoal pensiero delfratello

,

scoprìilsuolavoro,esiaccinse alfopera.

Dopo

pochi minutidisolitudineedassiduità,si

sen-tìurtarelavistada unaluce assaifòrte.

Era

lafinestra situataalei difaccia dalfaltro latodelcortile,chenel -raprirsile

mandava un

raggiodisolé.1suoi occhisi distolserodal ricamo.".,suomalgrado.

Dietroad

una

cortina semitirata stava

Romeo

a con-templarla, in'estasi.

Ellachinò lelucied arrossì.

Ricaddela cor-tina.

A

Santa balzavaforteilcuore.

Aveva

qualche cosa didolce edipungenteinfondoall’anima,che stupiva e sbigottiva delle ignote suesmanie.

Le

tremavala

mano

suldrappodisteso.EoU’occhiooffuscatocercavae

non

trovavailvuoto che doveva riempiretrairabeschidel

ricamo. . .

Fu

schiuso l’uscio dellamaestra; Santasiscossea quel

rumore

beucliè consueto,

come

seilvermiglioche

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30 . .

sisentivasullafronte fosse statolindelitto, -r-

Avreb-bevoluto celareilvisoche avevacaldissimo,cUe bru-ciava.

Le

parevacheintornoaleisidisponesse-nn’ ac-cusamisteriosa,

chefrailvacuodellepalpebre abbas-satelesfuggisseunachiara confessione...

Madama

Sorel volseuno.sguardosevero sullalunga filadi telaiinoperosi.'

Era una donnaditrentacinque anni, vestitacon qual-cheeleganza.Nelle sue fattezzenonv’eranèbeltà,

bruttezza;almirarequei lineamenti posati,nonsi sco-privaVerunaparticolareespressione.

Forseperò,

un

fisonoraistaavrebbeforse distinto

un

segnodicupidigia nelle mille pieghe delle labbrasottilienon benarcuate.

Ma

qualunque

membro

del Consiglio'raunicipale vi dirà che

non

sitiene fabbricaperispiritodicarità.

A

chegiova correr dietroalle ipotesi diLavaterediGali, dacché unprofessoredifarmaciacihadata quella manie-rasemplice e dottainsiemedi'giudicar glinomini dal titoloe dagliabitiche portano?

Giàn’erano

un

poco daincolpareinostri vecchi co-mici,edènotalaparte'veramenteunicachel’illustre autore del Tartufolasciavaaglispeziali.

La

Sorel scopersequaelàparecchitelaiper sapere ache punto fosselabisogna, e nelpassare toccòil

mento

a Santainatto carezzevoler.

«

Va

bene, figliuola, vabene,. » ledisse; «

non

si puòessere piùpuntualedi voi.,.»

La

porta dacui entravanoleartigiane, spinta al-l’improvviso,risparmiò a Santal’imbarazzodi rispon-dere.

Sislanciarono dentro'cinqueoseifanciullecon va-riati vestiari,

ma

daiqualiapparivauniforme l’impoten-tcdesiodifar figura. ' .

Perlamaggiorparteeranogiovanissime:alcune ave-vano

un

certogarbo; tutteostentavanoi

modi

disordi-nalidi linavhacità esagerala. '

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31

È

d’uopodirlo,-sonoil

romanzo

edilteatrocl|e in-sieme hanno

messo

questa spiacevolemascherasui’ va-ghivisettiditutte quelle ragazze, dicui un’occhiata ci farebbe chinarelafrontealsuolo.Tantosièdurato a dirloro:sietevivaci

come

lapolvere, ardite

come

pag-gi,allegreepazzarelle

come

tante ec.,che passanola vita aprocurarediesser matte, scatenate,sfacciate.

Iddiosenzadubbio leavevafattemodeste etìmide

come

lealtre zitelle

— ma

credete forsecheIddio ab-bia fattoilbirricchino diParigi più insopportabile de-glialtriragazzi, elostudentepiù ozioso, più grosso-lano,più mal propensoaidivertimenti deglialtri ado-lescenti?

No,dicertol

Lo

studente fortna

o dovrebbe for-msTre laporzione illuminataf e distintadelianostra gioventù.

Anche

ilbirricchinodiParigidev’essere stato inaddietro tantobuono-quantoora,è pieno d’invenzio-ninelsuoclassicodiavolio.

.

Ma

dell’artigianella, dello studente, del biricchino, taluni imbecillihannofattodeitipi.

Questo èilguaio.

Non

visonopiù qualità individuali.

Conciossiarfiè,badatebene,

non

è giàiltipoche co-pialalavorante,loscolaro,ilbirricchino;'

ma

questi

an-zicopianoi loro,rispettivitipt

, stampati, disegnati, coloriti, ed appiccicatiatuttiivetridei 'bugigattoli letterarii.

Ed

è

un

affarserio,enessunopuònegarlo. Seguitandopertalvia,àrriveremo,e presto,ad esse-reunasocietàdicartone creata collostampo daintagli.

Giiuominisimoltiplicheranno

come

gliesemplaridi unastessaGgurainlitografia.

Non

visarà piùnulladioriginale. Iduesessinello lorodiverse posizionisocialisifarannounavita e

ma-niere econtegnoc bisogni epiaceri, tutti dicouvenz io-ne.

— Ogni uomo

saràunacopia.'

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!32

Ma

copia diche?

-Aimèlsaràneppurlacopiadiunaltro

uomo;

bensì lacopiadiuntipo, cioèl’ombradi un’ombra, la buf-fonesca riproduzionedi

una

fantasia scaturita

un

giorno dal cervellovuoto‘di

un

compositore difisiologieo di commediuolein versieprosa...

Prendiamo

Toperaio per esempio. L’operaio checi sigettadavanti sotto tutteleforme,

non

è

un

operaio;

h un

poeta,

un

pensatore,

un

geloso,

un

pazzo, è

un

personaggiociarlieroedeìifaticocheha1’

anima

di

un

retore sottolagiubbastracciata.

In

nóme

dell’operaiostessoconvieneprotestare con-troquestafalsapittura.

Eglisoffre: serbateperaltrilevostre ridicole

ma-scherate, e

non

cercatealmenodifarcaricaturechedi gentifelici.

Meglio dovrebbe, a sensonostro, rispettarsiquesta coraggiosae maschile porzionedelllumanità,i lavoran-ti.Niunopiù di noili

ama

elitieneinpregio;ninnoha maggior

brama

divederlialla fineacquistareperla for-zadelle ideeodelle coseuna parteampiaesulTicientc nella distribuzione'deivantaggisociali;

Ma

èservirlibeneTadularli vilmente, eriger loro

un

piedestallo derisprio, dovelalorosemplicitàdeve tro-varsiscomodamente?. ^ ,

É

servirlibene l’inspirarloroconIsfoggiodigrandi frasi

un amaro

disgusto della loro situazione, e porre inessiconpassione ecollera'quellMstinto di odioedi

, astiocheribollee fermentanelcuoredituttiqueiche patiscono?

ì)amarlischiettamenteiltoglièrloroad

un tempo

ilcoraggiodisopportareilpresente,elecredenze che

sonoilsuoavvenire? .

Ciò chedomandano,ah!persuadetevene,èillavoro, e

non

laperfida eccitazione delle vostrearringhe inte-ressate.Fratutti gli strazicheassalgonoilmisero,le stoltevostrepagine sonounasciagura di più!

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33

Ngn

èyergogna? Alcunivanno,a.parla re a questi uo-miui, diehanno fame,deliechimericherisorse della legge agraria.

Altrivolgendo a dorpiacereilcoltello nellapiagasanguinosaVl>rovano adessi,chiaro

comeia

luce delsole,chepe’r.lòrdV’èimpossibilità assoluta di Rampare,-r-

Uno

finalmente',il cui estro fecondoè quasi genio,ponendo una formapoeticae meraviglio-samentebellaalservii^o. diunpensiero stravagante, vuol convincerliche sòdotanti

don

Giovanni che fanno stru^ere d'amoreleràarcheseé

Questiuomini

non

sonogià,

come

noi,avvezzie raf-freddati.aldominiodelle idee.Pigliano sol seriolevo*

sire finzioni.Credonoinvoichesognatedesti,senza for-sesapere tuttelesventurechecagionate.

V’hannoletti..L’occhio della loro

mente

èT^iuso,la lorragionesiètraviata..

Non

lavoranopiù.

Fàuno

ver-sizoppi,cercano qualcheContessache deveadorarli

ge-nuflessa. , . .

Sonotipi:genti rovinate, incurabili,cheavetp uccise conuntratto di penna..,.

Dellecinquegiovanotte, capitate nella fabbrica della Sorel,quattro avevanolegiqbbed’indiana scolorita ta-gliateairultimamoda,cappellinididrappocomune,

ma

difoggiaelegante,estivalettidicasimirocompratidi

riscontro. '

La

quinta aveva

una

cuffietta

come

quelladiSanta.

Era

Mignonne,lafidanzatadiDragone,che veniva làperlaprimavoltaie cheZèliaeZulema,per racco-mandazionediBebelle, loroamica,dovevano presenta-reallapadronadelnegozio.

Dietro aleisi avanzavamalinconicaunafanciulla lungaepallida,cKeva^hsignorina

^

nostromo femmini-noincaricato dellapoliziakiassenza della maestra.

«

Sempre

tardil»dissequestacon unacerta asprez-za;«in verità

mi

fatescomparirei» ^

«Dieciininutil».obbietlòZelia.

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1 1

T

«Guardateun.po’!»aggiunse Zulema, levandosi il cappello e stanciaiidoló inuncanto.

^ '

«Fareste meglio,»riprese

madama

Sorci,tcad

imi-tar Santa. » ' "

<tAhiSanta! Santa!»sciamaronolequattro'in coro;

« glièilsuomestieredinon averdifetti!'» «

«

Con

tuttoche

non

sisappja, » borbottòModesta,

«che cosaellafaccia dalle cinquepomeridianesino

al-lamattina. » *

;

Ciòche facevamadamigella Modestainquello stesso spazioditempo,tutti losapevano.

Santa, assiduaalsuolavoro,

non

rispondeva.

« Signora,»disseZelia, «eccolanuovalavorante. »

Mjgnonne

sifece innanzi alquanto sconcertata;ledue protettricila'spingevanosenzaceriinonje.

La

maestralaconsiderò un minuto,e dissealla si-gnorina:

a

La

prenderemo aprova;vedrete quelche sa

fa-re.

^

«

A

prova,»spiegòZulema, «glieaventicrnquè soldialgiórno..* noi altrene abbiamo quaranta....Se

vi.torna conto,ditelo,

noq

v’è obbligo.»

«Proverò!..»balbettòMignomie.

« Allora, l’agoinmano!»gridò Zulema, ed into-nò con vocesonora:

* Lavora,Gigetta,' Sesailavorar ...

E

laleralà, >

E

lalcralà!...

«Zulema!»interruppeconsussiegolapadrona.

«

Non

sipuò neanchefiatare!»'brontolò quella.

E

simisealsuoposto.

A Mignonne

fuaccennato

un

telaiovoto accanto a Santa.

I

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35 Neldirigersiaquella parte,fermòlo.sguardosul vi-sochino della fanciulla. . - ~ .

«Ohioh!» dis^e sorridendo;»lavidiiersefa

al-rOpeni!» , .

«All’Operaseria!»

«Sicuro.',

ma

capperiI era più ingaiadi ades-,

sol» .

Zuleina,Zelia,Modesta,el’altra,che senza nessun dubbio-siciiiamavaAmalia,simiseroa ridere.

«Ah,Santa! ipadamigellaSantal » dissero;a

all’O-pera!..» .,

«

Prima

galleria,»aggiunse Mignonne, «econ

un

brunetto bello

cóme un

amorino!»

Crebberole risate*

«Ah, Santal•»siseguitava, « caralavenerabile Sanlarellal..»,

Questaparola ebbe,

un

incontro prodigioso.

Santaeravermiglia.'Nelciglio letremolava

una

la-grima.

«

Oh

PioIpiccina mia.. .»sciamòMignonne, cor-rendole vicinoaprenderlaper.

mano,

«

non

l’ho detto per male...

non

c’èdapiangere...siamonatetutteper avereunconoscente... »

«Signorina,» osservòlaSorci

, avipregodi

non

parlarediqueste cosedavanti ame.»

«

Con

finebuono... » volleterminare Mignònne.

Ma

ilcorolecoperselavoce.

Furono

scroscidi ri-sa,ediquelle paroline pungentiche sannotrovarele donne, artigianelleono,pervendicarsi airoccasipne di qualunquesuperiorità, f

a

La

signoraSantanon va micaaiFunamboli!» dis-seZulema*

«

Non

è robaperlei,aappoggiòModesta;«è sol-tantopernoi altre1...» .

«

E

ilbrunetto?»continuòZelia. /

«

Con

finebuono,» ribattèAmalia. . ,

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36

Poi^)iànpianoaggiunse:

'

-«Ne'hoavuti cinque,io,confinebuono... »

«Dica,signora Santa,»

domandò

Modesta,«

ver-remo

allenozze?»

'

' Santasialzò,ebuttò air indietroilunghi capelli

biondi. ' '

Tra

ilpiantolebrillòunbaleno.

«

È

'mio fratello», disse,guatandofissolaturba di-leggiatrice.

«SeIovolevo direI» feceZulema. ,

«Vigiuro eh’è

mio

fratello1»

« Sisa... si sa...»bia^iò Amalia;ikdi molto...

as-sai 1...» ' * ' .

; ,

Santasirizzò. l.esieranodileguàtrdallaguanciai

bei colori.

Le

pupille, pifima.dolci-e iimidette, sfolgo-ravanodituttoquantpi-brgoglio dellasuastirpe.

Con'

un

gesto allontànò

Mignonne

, che confusae pentitadelmalederivato dalla sua storditaggine,avrèb^

be bramatodifenderlaeconsolarla.

Si erafermatoloschernosullabbro atuttelerica-

'matrici, infondo buonecreature,quantunque cattivis-sime.

Questo

non

è già

un

controsenso.

Santa,sehzafarmotto,siritiròlentamenteeduscì dal salone.

aBacchettonal»pronunciò Amalia con supremo di-sprezzo. .

«Signorine1» avvertì lamaestra,pastoradiquel greggeindisciplinato,«viproibisco chesirinnovi in casa

mia

unatalescenaiódècente...e quando

doma-nitorneràSantina... »

«

Non

torna, noi... »

mormorò

afflittaMignonne.

Le

altresistrinsèronelle’ spalle.

Santa avevasceselescale.Sieranoterselesue la-grime.

Sulla porta era

un uomo,

che

mezzo

entrato nel

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.17 tile,esaminavalefinestreaperte dello studiodello scul-toreconcuriositàsingolare.

Sulla faccia a colui eraunmisto rarissimodi spaven-toed impudenza.

Era uèpiù,

meno

dimesser Burot,ilquale, in-trepidosino inclusivamente allebastonate, veniva, a rischiodellaschiena^a riconoscerelaposizione del ne-mico..

Aveva almanaccalo cheforseinsostanzalabiondina dell’operaera

ramante

delloscultore,echeallora...

Ilrestoèdaindovinarsi. Intalcasolaprima cosa da fare era un’ardita ricognizione...

^

Burotstavainequilibrio sul gradino,pronto a met-tersi le

gambe

al collo alprimopericolo.

Lo

scosseroipassi leggerissimidiSanta.

Sicacciò presto indietro.

Lagiovanetta passò. Eil’avevaravvisatainun at-timo.

Sicacciògiù ilcappello atraversosulla parrucca cresputa,

mandò

ungestodi sfidatrionfanteallostudio discultura in cui

non

v'era,alcuno, csiavviòsulle

or-me

diSanta. .

CAPITOLO X.

,

Nel documento GLI AMORI DI PARIGI. Digilized by Google (pagine 27-37)