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pra il nome

Nel documento GLI AMORI DI PARIGI. Digilized by Google (pagine 119-160)

La

seguiva

Romeo,

tenendotuttaviain

mano

il fo-gliosu cuiDragone avevascrittoilgiorno prima,in dettaglio e senza abbreviature:

Nazaire,dettoDragone,bastione Beaumarchais, ca-sa naovà senza numero,laquarta dopoilcaffè, la sca-ladi fondo, in cima,ilterzo uscio nel corridoio:c’è

so-pra

ilnome.

Romeo

avevascopertoquestoindirizzo rivoltando a caso lacartadovela

mano

tremantediGastone avea vergato:Addio.

Primo

suopensiero fuche ilfratello diSantasibattesseconNazaire.Questa idealo domi-nò,tantopiùch’eiconosceva Nazaireper.puntiglioso in

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matèriad’ouore;edinoltreessaglidava grande speran-za, ónd’eglivi siattenne.

Nazaire, dalsuoritornodaU’Àfrica,aveva conserva-to colsuoanticocapitano rapportidirispettosoe cal-dissimoaifetto. Perlui

Romeo

eral’idealedelbuono*

delbello,del valoroso.

Lo

avrebbeseguito incapoal

mondo.

Romeo,

che sapevatutto questo,doveva immaginar-siche unasolaparoladibocca sua basterebbea calma-relatempesta.

Correndosu perlaviadeiFranchi-Rorghesi per giun-gerealbastione,diceva trasè:

«Ah,

ahi.. Gastoneè altero... peggio per Drago-ne!.. bisognerà chefacciale scuse... eiefarà...

Ha

tanto

buon

cuorel...io glidirò:Questo ragazzoè ami-comio,

mio

parente...laprima cosache

mi

si affac-ci...perchèquel diavolo diNazaireselo

mangerebbe

in

un

bocconel..

Almeno,

ch’iogiunga a tempol»

E

trottavaquantopotesserolesuegambe.

Fu

alfinenelcortile,e vi trovòunportinaio sul gu-stodiJalambot.

«

È

incasalisignorNazaire?»

domandò

egli.

«AIsestopiano, piusudelmezzanino,« rispose quel secondo Jalambot.

«Vi

domando

s’èin casa.»

«Andatea vedere, » replicòilportinaio;jkTultimo uscio nel corridoio.

Sisonoveduti di questi funzionari pervenireall’età decrepita senzache

mai

fosse rotto loro

un

bastone sul-le spalsul-le.

È

caso raro

— ma

basta per pruovadella sorpren-dente mansuetudinede’nostri costumi.

Romeo non

avevanèvoglia,nè

comodo

di pigliarse-lacol portiere. Si slanciò sulla scala,esalìigradinia quattroallavolta.

Mignonne

portavaillattedicolazionecantarellando,

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121 eneppursifigurava cheia‘soffittasirecitasseil prolo-go d’un

dramma

disangue.

Romeo

lasorpassò,efuilprimo adentrare.

aSia lodato Iddio!» eglisciamò; «giungo a tem-po! »

«

Rd

a proposito,» risposeDragone; « questaè sorte!»

E

prima che

Romeo,

tuttoansante, potesse dir nul-la, eglicontinuò:

« Capitano,hol’onoredipresentarvi...Gastone, det-toilPàlot,

mio

amico...

non

amico.dadozzina, però!...

amiconelverostile,che nonvorreibene

un mozzichi-no

dipiùal

mio

propriofigliuolo...»

Per pronunziaretaleesordio. Dragonesiera

messo

in attitudinemilitare.

Romeo

loascoltava attonito,e perdevaogni lusinga.

"«

Ve

lopresento,»proseguì Nazaire, «in

un

brut-to impiccio...

un

affareloreclama',!

come

sisuol dire, edio

mi

emanciperòadomandarviSe avrestedadarci un’orao duepercompletareilgiusto

numero

dei

padri-ni...» ' >

«Signore...» cominciava Gastone, chesalutòcon civiltàe freddezza.

. « Sperapure, Pàlot! »Dragonelointerruppe;«si tratta,

come

vipenserete, capitano, d’andare immedia-tamentesul prato...

La

cosaèperledieci...enon è

molto

presto,secondolamiaopinione,avendoper

costu-manza,

permioconto,difarquelle funzioni nelsaltar fuori daletto...

Ma

igustisonovariabilinellanatura,

come

icolori.;.»

Romeo

avevachinatoilcapo, enonrispondeva.

Era

entrataMignonne.Stavasull’uscio, colvasodi lattein

mano,

curiosa, intendendo permetà,e

tre-mando.

«Signore, » disseGastonea

Romeo;

« l’oraavanza, cse

non

potete accordarcilavostra assistenza... »

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122

«

Come!

»feceIoscultoresconcertato; «

non

vi bat-tete voidue?»

«Noiduel gridòDragone;«

ma

zitto!ecco Mignon-ne... Si0no,capitano?»

«Ahi perchè

non

possofar di più! »pronunciò

Ro-meo come

parlando frasè;<(almenosaròlà... vi se-guo.»

«Viringrazio,» risposeGastonecon

un

nuovo sa-luto.«Andiamo!»

Passòlasoglia

i

<

Romeo

posòla

mano

sullaspallaaNazaire,egli dis-se qualcosa all’orecchio.

«Ah! » fecequesticonattidel

massimo

stupore;

«dunque

non

èpercombinazione?... »

«

Lo

cercavo...

ma

lameschinafanciulla resterà so-la...neppur saprà s’iosonoalfiancodisuo fratel-lo...»

<(Sì, si...eccoMignonne.

»

Romeo

aprivabocca perreplicare,erimasezittoe confuso.

Nazairesife’rossosinoalleorecchie.

«

È

miamoglie...»disse,tuttoimpettito; «

non

ab-biatepaura,capitano...

E

poi,

Mignonne

è

un buon

corichioedunaragazza onesta...a segno chel’ho spo-sata...»

Proferì questi ùltimi accenticondignità'sìveracee franca,cheloscultorenonfupiù perplesso.

Andò

ver-soMignonne,laquale,imbarazzataed indovinando che siparlavadi lei,facevafinta dioccuparsiad accendere unbelfuocodilegna.

«Signora, » ledisse,«Nazaire

mi

permettedi chie-derviunfavore.»

Mignonne

sialzò,e fece

una

riverenza.

«Scusate, capitano... » interruppeDragone;«sento

ilPàlotchégridadigiù...faròpiù prestodi voi...

Ec-coilcasocom’è, Mignonne... c’èunasignorina, che

Dl-j'l-trJbyGoogic

I

123 bisogna andareavedersubito...econsolarla...averne ' cura...èlasorella delPàlot, delmiomiglioramico...

edèqualchecosa pel capitano,perilquale

mi

farciin pezzisenzabrontolare...»

«

E

chelesihaa dire? » chieseMignonne.

« Che

tuttovabene, » disse

Romeo;

«ch’iosono vi-cinoa suofratello...

non

viscordate di questo... eche abbiasperanza...»

« Così,giusto... andiaraol»sciamò Dragone; «il

Pàlotè giù,chefaildiavoloaquattro... Sai pure, Mi-gnonne...parolettedolci, lusinghe...alpalazzonesul cantodelle strade deiFranchi-BorghesieCultura. ..Ma-damigella...»

«SantadiNaye,finì

Romeo.

«Farò

,m^Hó

chepotrò,»risposeMignonne.

Romeo

principiava

un

ringraziamento; Nazaire lo spìnse fuorisenzacerimonie,ed ambiduescesero ve-locemente.

Gastoneliaspettava, col piede suimontatoiodi

un

fiacre.

Fu

pronunziatalaparolamancia.

Le

due carogne, frustate-a.rotta di collo, misero in

moto

igarretti magri e quasi privi di articolazione.

La

vettura si scosse,e sbalzò di trotto serrato sullastrico del ba-stione.

Si feceiltragittoin silenzio.

Gastone stavaimmòbileefreddoin

un

canto della carrozza. Vicinoadesso Nazaire, ritto ritto,temendo di appoggiarsialleparetisupposteimbottite del legno, si manteneva in positura adattataaliai circostanza.

Romeo

era agitato; adognipoco sembravasolpunto dì parlare, e tacevasempre.

Quando

ilfiacre siavviòperla strada delsobborgo delTempio, Nazairetossì,e disse:

«Si salaregola:itestimonidevonosaperedichesi tratta,lo

mi

sono impegnatoamaneggiare TafTare

al-DigilizedbyGoogl

124

lacieca, perchè fosemprequelchevuoleilPàlotqui presente...

ma

perilcapitano^tutt’altro.»

«

Come,

Dragonel... » sciamò

Romeo;

« ignora-te?...»

«

Non

so nulla e poi nulla, capitano... se

non

cheil

Pàlot èdiritto

come

un1, edincapacedicosa qualun-que che nonsiadigiustizia; sicché staa vederesesi vuole spiegare. »

«

È

impossibile,»risposeGastone.

«

Ecco

capitano...prima dr andarepiùin là, tocca avoiatastarlo...

»

- «Saròtestimonio delsignore, checché Succeda, » disse

Romeo.

« Sietepur generoso!»disseGastone

commosso;

«vi ringrazio un’altra volta, e dalfondodel cuore.»

Romeo

schiuselelabbra; su questeavevaparoleche volevanosfogo:lericacciòaddentro.

E

infatti,che aveva dauire? 11passofattoda Santa eraunadiquellecose fuori dailimiticonvenuti, che

non

sispiegano inpochidetti;parlare, sarebbestato risvegliarediffidenze,chenonsiavrebbe

tempo

da di-struggere,perchésifacevatardi,ed erano per varcare labarriera.

•.

Una

parola sconsideratapotevafarperderea Gasto-neilsanguefreddo etoglier gli laforza.

Romeo

sitacque.

Siamo

suipoggettidiSan

Chaumont.

-IIcieloera chiarissimo, evicorrevanoveloci nuvo-loni nericonbellefrangedineve. .

Soffiavailvento conviolenza, abreviraffiche, che spiegavano pressochéorizzontalmente quei grossi goc-cioloni dipioggia cui la procella scagliaa scariche improvvise, per indi seccarle colsuosoffioacre e pos-sente.

Ilsolesimostravain

un

subito, tingendo l’acquaz-zonecoi colori delprisma;poisituifava sottouna

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128 sanube, esulloscuro orizzonte apparival’

immensa

curvadiunarcobaleno.

Da

lungi,sullacampagna,sivedevanolalucee l’om-bra aconllitto,mescolarsi ecambiarluogo a vicenda, e dareal

medesimo

posto aspetti diversi.

Larghe zone illuminate strisciavano perlapianura, seguiteda altre listecupe, e tingendoinnerotuttociòcheil rag-giosolare,aveatesté rischiaratoedimbiancato.

SiscorgevaParigiinfondoalla salita,nero, confuso, immoto.

Poi veniva repentinaunascappatadiluce.

Parigisianimava.

La

lucetremolante dava unaspecie singolaredi vita alFimmensacittà.Tuttoagitavasi...

L’ombra ed illume siurtavanofrai muri innume-revoli, che,ora celatiedorpalesi all’occhio

come

per magia, sembravano in baliaa scotimenti gigan- ,

teschi.

Era

magnifico spettacolo, or giocondo,ortremendo, e

sempre

grande, imprevisto enuovo.

Liavrestedettiimobili capriccidiventicambiamenti discena,eseguitisu proporzionicolossali, abbraccian-tituttoilvastoorizzonte nel capriccio inaudito dellelo*?

ro fantastiche evoluzioni.

Anche

ipoggetti,deserti,spalancando quaelài lo-ro burlo-ronicosparsidiargilla,rendevanoilquadropiù stupendo.

Pochi

anni sono, quei monticellicheconfinano adue barrierepopolose, conservavano ancora

un

carattere singolarmente campestre, edavederesoltantole im-provvisevariazionidel terrenodiquelle Alpi in minia-tura,tappezzate dovunque d’unavegetazionepoverac selvatica,visareste creduti lontani dallecittà.

-Certo

l’illusione non poteva durar,molto.

A

sini-stra,lebianchecaseaggruppatee sovrastanti l’una al-l’altrasullo spianatodiDelleville;davanti avoi,Parigi intera, dalla cupoladella Polveriera ai loggiati biella

Maddalena,

dalletorri sottilidiSan VincenzodiPaoli

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126

ai tettiossidatidegl’invalidi; adiritta, lacaserma ro-tondadiBellevilleedimolinidiMontmartre;didietro,

ilcampanile dìSanDionigi: tuttoviavrebbeindicato cheanzibenlontana eràlasolitudine.

Ainostri giorni,l’illusioneneppurha

tempo

di nasce-re.

Dall’altodellacollina,scavata,minata, utilizza-ta,ilnostrosguardo. Volendoslanciarsiversoilpiano, s’imbatte nellacurvadelrecintocontinuato, e in quelle bruttecittadelle,che condupliceminacciavolgonoi lo-ro cannoniverso Parigi davvero,epercelia versola frontiera.

Romeo,

NazaireeGastone eranosulpoggettodacirca

un

quartod’ora.Aspettavano.

L’oriuolo del

primo

di essisegnavalediecie venti minuti.

«Forse

non

verràl» disse

Romeo,

incuilavoce, piùcheleparole,esprimeva unatalqualesperanza.

Nazaire, che aveanascostisotto

un

cespuglioisuoi duefìoretti, da’quali avevastaccatiibottoni

prima

di partire,frugava quaelà, colle

mani

dietroalla schie-na, in traccia diunsitolargoedugualedaservire pel combattimento.

«Verràl» risposeGastone; «ioloinsultai.»

«

Eppure

è passatal’ora,edin similiaffari...»

« Verràl...vipijomettocheverràl »

La

vetturasierafermataa mezzopoggio. - ,

Gastone e

Romeo

sitrovavanosullacima, edilvento

lisferzava forte sul viso. ,

Romeo

prese Gastone per

mano,

e lò trascinò dietro

un

muricciuolocheliriparò alquanto.

Spessefiatebastaun

movimento

diquesta specieper

rompere

ilghiaccio, e servire di esordioaduna confi-denzascabrosa.

Romeo non

avevalasciatoandareladestradi Gasto-ne, siaccingevaa parlare,

non

v’ha dubbio...

ma

si udìlavoce sonoradiNazairedall’altraparte delpendio.

Nazaire

amava

ditutto cuore Gastone, el’ottima

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127 indolesuasimpatizzavacontutto ciòch’erageneroso, delicatoebuono; avrebbevoluto acosto del proprio sangue proteggeree difendereilgiovanecamerata che l’inesperienza e l’apparente debolezza,asenso suo, ren-devanoquasi

una

vittima.

Ma

per Nazaire

un

duello avevain sèqualchecosadiattraente. I preparatividi quello scontroavevanoin luiridestatolecare

rimem-branzediconsimilicircostanze, e stuzzicato

energica-mente

isuoiistintiguerrieri.

Quel ventofrescodelmattino peressoavevaodori già noti.

libuon vento cheilcacciatore attivo anna-saconallegrezza,perchè glifavelladellelunghegite albosco, delletracceaccortamentescoperte,edelle milleprodezzedello sporty Nazairelorespirava tutto lieto,enetraeva caldissimememorie.

Svestitor uniforme, colla sciabolainpugno, sotto qualchealtopalmizio, glipareva d’essereancorain Africa,

uomo

contr’uomo, apièfermo,occhiobuono, lestoa parare...

Ognuno

haisuoidifetti.

Ed

eraormai dadilettante,è d’uopodirlo,che accu-divaaipreliminari dellalotta,cercando

un

sito

comodo e ben

adatto.

«

Che

gioiellol»sciamò, dietroilpendiodell’erta;

« chegioielloditerrenol v’è dastendersi...

ma non

troppo... unito,duro,danonisdrucciolarvi...un vero gioiello!...»

Siarrampicò perl’erta,esaltò vicinoa

Romeo,

che glivolseuno sguardodirampogna.

Ma

Nazaire

non

vide lo sguardo.

«Sicché,»ripreseadire,«eccocialposto...

stare-mo

comodissimi... ci

manca

solamenteil nostro uo-mo...

Or

via,Pàlot,»proseguì cambiandotuono, « po-canzicipensavo...siamo d'accordochenoncidiraiil

perchetibatti,gìacchèlatua idea èlatua idea...ma bi-sogna che sappiamo un pochinoil

numero

dell’insulto...»

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128

«L’hopercossoin viso,»disseGastone.

Nazairefeceunasmorfia...

Romeo

abbassògliocchiedinarcòle ciglia.

«

Numero

primol»brontolò Nazaire; «vabene...

Allora, siccome èl’altroTinsultuto, sesicontentadi primosangue... »

« Ionon

me

necontenterò,-»interruppeGastone con calmae freddezza.

« Eppure...»voleva dire Nazaire.

Gastoneglitroncòda capoildiscorso

.

«

Uno

dinoidue deverestarqui, » gli disse;«è duel-lo amorte. »

Questi accenti feceroin

Romeo

un’impressione dolo-i*osa;Nazaire,che provava

un

sentimentoquasi eguale, l’occultò sotto

un

aspetto d’indiflerenza,esalìsul pog-gio zufolando.

Crescevailvento.

Scorrevanolenubipel cielo

co-me

fannoleondeagitate del

mare

in

tempo

di burra-sca, lasciando, traleloro mobilimasse,larghi spazidi

un

turchino cupo.

Le

raffichefischiavano peirami sfron-dati deipochi arboscelli dei dintorni.

Romeo

cavòfuoril’oriuolo,che segnavalediecie tre quarti.

E non

v’eraancoraindiziochevenisse l’avversario diGastone.

Romeo

cominciavaa sperare.

«Potrebbeessere quellolà!»fecead

un

tratto

Na-zaire dalsuo posto di osservazione.

Stendevala

mano

nelladirezione opposta a quella ch’eglinoavevanoseguitaperarrivare.

Romeo

guardò. Nulladistinse.

Ascesesullavetta.

Un’elegante carrettellaconduesuperbicavallidi pe-lomischio,galoppava sullastrada della barriera della Villette,evelocementeavvicinavasi.

Romeo

sisentìstringereilcuore.

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129

CAPITOLO

VII.

bisnonne.

L'elegantecarrettella si

fermò

in

mezzo

alla sali>

ta, alla

medesima

altezza delfiacre,

ma

dal lato op-posto.

Smontarono

trenomini...

Uno

simisesottoil brac-cio

un

paiodispadenell'astuccio dimarocchino.

Un

altro presein

mano

unacassetta dapistole.Ilterzo^

avvolto in

un

pesantesoprabito impellicciato,

non

por-tava nulla.

Cominciaronoad ascenderetuttie tre sulcolle.

Quegliche andavainnanzi,scorgendoincimaal

mon-ticello

Komeo

eNazaire, fece lorodalontano

un

civilis-simosaluto,edessi vicorrisposero.

«Orsù,Pàlot,ragazzo mio,» disseNazaire,c<ecco

ilnostro uomo. So benioche

me

loinghiottireiin

un

boccone,quelmarchese...

ma

tuvuoi fareletue fac-cende date...locapisco.

« Abbreviateipi^eliminariquantopotete,v^ene pre-go, » replicòGastone; «hofretta diGnirla...»

Inquell’ora,Gian-MariaBiot.ingrandelivrea, servi-va acolazione

madama

laduchessa,vedovadi Maille-pré.

Era

sempre, daparte delbuon domestico, ilsolito rispetto, lesoliteattenzioni;

ma

sembrava adempies-se all’obbligosuo macchinalmente e

come

per abitu-dine.

La

rozzasuafacciaesprimeva cupocordoglio.

Quando

lasignorasifurimessa accantoal caminet-to,Biotpose dentroaquestolelegna, e poi altre legna nella stufa,onde mantenerequel calore soffocanteche impedivaalpigrosanguedell’ottuagenariadi coagu-larsi.

VOI.II. 8

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130

La duchessa

non

siera accorta dell’assenzadiSanta ediGastotie. In lei lo spirito eramorto primadella carnedecrepita.; dalunga pezzaessa

non

avea più cuore.

Si adagiòsulseggiolone, s’incrociòlemani intirizzi-tesullasetaneradellaveste, c rinchiusegliocchiper faroilchilo.

Biotsiavviava versol’uscio. '

«

Dove

sono Gastone e Santa?» gii

domandò

piano Berta.

((

La

signoraSantastapiangendo,» disse Biot; ail signormarchese...»

Gli

mancò

la voce;volse l’occhioal pendolo, che segnavaundiciore

meno un

quarto.

— Non

occorronotrequarti d’oraperbattersil

ei

pensò.

«Ebbene!»feceBerta;«eGastone?

«Bisognaaspettare,» risposeGian-Maria

mestamen-te;«aspettare un’ora

,persapere seilsignor marche-sesiavivoomorto. » '

Bertatremòtutta

perocché nel suo cuore

stra-yiatoera tuttavia

un amore

che dormiva. Sottola ge-lidaangoscia della sua solitudine,

un

urto improvvi-so potevaestinguereoridestarei suoi sentimenti as-sopiti.

«Santapiangel»balbettò; «si

amano

tantol voglio andarepressodilei.»

La

pallidaguancialesicoloriva di

un

riflesso di vita, esisentiva esserviun’animadietroallebelle lineedi quelle fattezze di alabastro.

Mosse un

passo versolaporta.

«MadamigelladiMaillepré,» chiamòin talpunto collasuavoce

monotona

lavecchia,«venitedigrazia

a farmilalettura.» ,

Bertaristette,quasiuna

mano

invisibile le inchiodas-seilpiedesulpavimento.

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i31

Le

spenseillievefuoco dellepupille;ilvisotornò di

marmo.

La

catena,dimenticataun

momento,

lestringevadi

nuovo

attornoalcuoreangustiatoilfreddocerchiodei

suoianelli dighiaccio. '

Biotse'ne andò.

Trovò unaragazza incognita sedutaaccantoal letto di Santa.

Tornatoalsuo casotto,sibuttòsulloscabello.

Ivi loavresteritrovato nelleorochesuccedettero, immobile,collebraccia incrociate sul petto robusto, da-vantialsuolavoroincominciato.Avevale cigliain for-tissima contrazione,disopraallepalpebre chinate.

Non

simoveva,

non

silagnava.

Non

pregava

egliche purvenivadaquella provin-ciacristiana e credente,doveilvillico, preservato dal suo

buon

sensopiùchedallasua ignoranza,nonsi ver-gogna delrosariodifamiglia,e chiede più volentieri lesue consolazioni a Cristodieal

Nume

dellabuonagenie!

Non

pregava

egli che venivadiBretagna, terra

valorosa, in cui

non

siradicanolecattiveerbe

dcHari-do

scetticismo, deirecletismoimpossente, odel vecchio-deismoricopiatodaVoltaire,emessodirecente a por-tata deifilosofi dapiazza,che credono accarezzareil

Creatore,mentreinsultanoisuoi pontefici, dal più

Creatore,mentreinsultanoisuoi pontefici, dal più

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