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GLI AMORI DI PARIGI. Digilized by Google

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(1)

I

i

GLI AMORI DI PARIGI

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v;,/•

AIHOBI or PARIGI

ROMANZO

DI

PAOl/O FEVAL

OTOVAVERSIONE DAL FRANCESE

Voi. II.

NAPOLI

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(5)

f

t

CAPITOLO

vir.

%

*

li'

nomo alla moda.

I

Per alcuniminutituttiglisguardisiportaronosul palchettodi

madama

diVarannes.

A

quanto sembra,il

giovanecolàentrato eccitava eguale curiositàintuttele parti del teatro.

Alla galleria superioreivaghiedarditi visettidelle

due

artigianelle brillavano d’impazienza.Esse tormen- tavanoPoiret,ciascuna dal canto suo,per avereilcan- nocchialecheservivaallacomitiva.

«Lascia rao vedere! »sciamòBebelle,lapiùattem- patuccia;«com’èegoistaquestoPoiretl»

«Fattosiè ch’è proprio garbatol » disseMignonne, facendo

un

po’dimuso.

Bebelleavevaventianni.

Era

la

madamina

classica,il cui ritratto èdaper tutto,cheinspiraipoetiediro- manzieri:vivace, briosa, graziosa, seducente, saltellan- te, cantante

ilche

non

toglie chesiainteressante,

commovente,

edaU’occorrenza lacrimante...

Mignonne

avevasedicianni.

Non

erauntipo,no; in questo

almeno

era originale:perocchédalmanuale che serveimuratori,all’uomodistatoche ambisceilpor-

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f

tafogli, oggit^ì .tuttoètipo.

Un

forzato,è tipodi for*

zato,

un

cavàiHe^io è tipo dello carogne...

Vi sonots(lQiii;<^eguadagnanotantodanaroquantoi

garzonidei sarti,solamente afare deitipipergliedi- toriabbastanzagonzipertenerequestoarticolo.

Quellisonotipi. - I loroeditoriegualmeq,^

I,lorolettoriancorpii||^

Mignonne

dunque

noR^a un

tipo.Cantavaqualche volta,

ma

non sempre,

come

lecapinere;all’occasione ballava,

ma

anchecamminava; avevalarispostapronta elaparola

non

troppoforte;ilsorrisetto malizioso,la- sciava alcunefiateilsuoviso inserietà.

Non

sapeva una grandissimaquantitàdicanzoni curiose, enonave- va ancorlettoabbastanzaromanziallegri,percambiare lasuaciarlasempliceedallabuona conunlinguaggio dabettole.

- Mignpnne eralafidanzatadiNazaire,- dettoDragone, lafidanzata vera,conbuonaintenzione.

Bebellee Poiret disprezzavanoilmatrimonio.

. «

Non

v’è poi tantobrioi»disseBebelle;ettuttiih!

ih!e poiah! ah!èdilrestosempresulla stessa aria...

Cipotrestedare

un

pocoilcannocchiale!».

«

E

a direcìiequi costadipiucheilprimo ordine alleFollieDrammatiche!»sospiròMignonne;«cquella èunadelizia diteatrol»

«Ahialle Follie....»sciamò Dragone;« tu

non

sei schizzinosa;

ma non

giàperfrequentareleFollie

uno

si metteilsoprabitoverde col collare di vellutoedi

pan-

taloni finii »

Poiret,che avevafatte lesue osservazioni,porsel’oc- chialettoaBebelle.

«Bel tenorel»disse; «

ma

intutto peseràun’oncia!»

«Ohibellino, bellino a feceBebelle.

«Zitto,signore!digraziai•»gridò daliasecondafila

un

dilettante.

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7 Bebellesivolse,o mostròidenti bianchi ridendo senzacerimoniein facciaaldisgraziatoamatoredi

mu-

sica.

Mignonne avevapresoilcannocchiale.

« PossibileI»borbottò «checisiano così degliuo- mini piùbellidelledonnei»

«Soommettiamo!» disse PoiretaNazaire, <cscom- mettiamo chequelmarchese

non

è più selvaggiodite edimel»

«Perquesto...»replicòBebelle, «non

ne

ha punto la cieral »

<(

E

poi,» notò Mignonne, «iselvaggisonone-

gri.»

Nazaire, detto-Dragone, giovine bello egrandedi trent’anni, difisionomia schiettaevivace,coi capelli ricciuti diuncolorecastagnoquasi biondo,guardòavi- cendaindeciso,Mignonnee Poiret. Titubavafrailti-

more

di contraddirelasua sposapromessa, cheeserci- tavasului

un

certoascendente, elavogliaoramaipas- sata inluiallostato dicronicismodifarrispettoalca- ,

morataPoiret. '

Indipronunziòcongravità:

«

Per

quelchesiad’esserenegro,

non

dirò...

ma

di selvaggisene sonoveduti...quello dellaCantina è pu- recolordicarne. »

« Gli èlavestedimagliachehaquellatinta, figliuol miol»avvertì Poiret.

«

Non

importa, è

un

selvaggio,

come

Paoloe Virgi- nia...è natoinAmerica.»

La

discussioneprendeva

un

volo a cuinonpoteva-

,

no tenerdietro Bebelle-e Mignonne.Esseriportarono laloro attenzioneallospettacolo,e Nazairespiegò qual-

mente

conoscesse,

non

ilmarchese,

ma

ilsuotapez- - ziere,che lasapevalungasullasuanascitaelasua storia.

«

Non

fa nullal »fecePoiretaguisadiconclusio-

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ne;«gliè selvaggio

come

siamonoidue:scommettia-

mo!

» >

Correvano quaelà altri

commenti

da cima afondo pelteatro,elavoceegregia dellaFalconstentòa trion- farediquella distrazione recataalsuocanto.

FeliceChapitaux esprimeva aI.B.S*T. Sanguinla sua meravigliadi quell’attenzione delpubblico non aventeperoggettonèlui,nèilbarone Prunot,nipote delducadiFarsaglia, eneppureilsignorediMontfer- meil.Tuttaquella

brigata—

tranneilprocuratore

Du-

randin,cheprudentementestavacheto

facevagran- dirisate sulmarcheseselvaggio.

A

talischerzisi

mi-

schiaval’elogio diPaimira,diSidoniaediAtenaide^

amoriniprotettidaquei signori. Sidiscorrevadeiloro meriti in termini ultra-tecnici,che avrebberofattoar- rossire

un

venditoredischiave.PoisiosservavaVas- senzadi

madama dÌSanFaramondo,che

sembravafosse l’astroprincipale del

mondo

in cuigravitavano questi gentiluomini.

Finalmente,il

nome

delmarcheseselvaggio,proferi- to vicinoadessi,sollevavadinuovolaloro bile.Chapi- tauxlotrovavacomune;I,B. S.T. SanguineGloquard lotrovavanorozzo;ilbaronePninot

ammetteva

deidub- bi sullasuanobiltà.

Ma

questeoscurebestemmiesiperdevanonelfavo- re, nel trasporto generale. «

Quegli checosi eccitava l’attenzionedi tuttiavevave- ramentenellasuapersona qualchecosa dellamaggior distinzione.

Era

giovanissimo.

La

suacarnagionefatta alquanto bruna

dicerto dal soledeitropici

— con-

servavaperò dei!tuoniassaidelicati.

Aveva

gliocchi grandi e neri,fulgidie dolci nel loro stessoardimento, lafrontedi

un

fanciullo pensatore... largaepura,sotto lavaga coronadi capellineri;boccafresca, labbra

bene

arcate

, e sopraqueste figurava

una

lineadinascente lanugginedi

un

brunochiaro.

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La

statura eraaldisottodellamedia,

ma

diegregio proporzioni,chel’occhio colpito daisuogarbo giovando enobile,non badava a misurarnel’altezza.Solosipo- teva rimproverarleunpo’troppodi rotondità edimolle armonianelleforme...

Ma

cheetàpoteva avereilmarchese GastonediMail- lepré?

Tuttoalpiù ventitré anni.

Spesse volteaiventitréanni l’ossaturadell’uomonon ha ancoraquegli angoliquadri,non mettefuoriquelle giunture muscolose che 1’etàvirileportaed impianta nelleformepienotte deU’adolescente.

Appena

entrato, strinseladestraalsignordiVaran- nes,evennesuldavanti del palchetto,asegnochef»er un

momento

nonvifu trail suoprofiloeiosguar- do di Gastone,che sichinavaavidamentefuor della galleria,senonlabiondacapigliaturadiDianadiBaul- nes.

Ma

eglivirestò soloiltempo dabaciarela

manò

alia viscontessaedoffrireunsalutosorridente aDiana.

Indisedèaccantoallaviscontessa sopraunaseggiola dellasecondafilaj

«

La

Falconfaprodigistasera, » disse

madama

di Varannes.

Larisposta delmarchesesiperdeinun rinforzando dell’orchestra,

ma

non andò certamentesmarrita perlà viscontessa,laquale volse altrovegliocchi, mentrele tingevalaguancia

un

rossore impercettibile.

«Ilvostro belcugino faassolutamentelacortea

madama

diVarannes,»disseladuchessadi

Compans-

Maillepré,ilcuiocchialettosferamosso untantinoper passare da Duchesnelalmarchese.

« È pur

avvenente!»feceilduca, distogliendoalfine gliocchi dal visopuroe leggiadrodiSanta.

La

mogliesimfsea ridereinattodidileggio.

«Sietesempregiovine,signorduca',»glidisse,«ma'

!•

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10

io,cheinvecchio,non sonopiù gelosa. D’altrondeilvo- strodettopuòapplicarsianchea

madama

diVarannes, ediligendosi cosibeneilmarchese dà provadibuon gusto perunselvaggio. »

«

Non

sipuòdirealtrettantodel signorDuchesnel,» replicòseccamenteilduca.

La

consorte forse arrossì,

ma

era imbellettata.

«Credo chesbagliate,» replicò collacimadellelab- bra;«ilsignorDuchesnelsidirigebene:fa lacortead un’ambasceria. »

Inquelpuntoilducas’inchinòinrispostaalsaluto abbreviatochegli

mandava

ilsuobelcugino.

Poisibuttò indietro sulla spalliera della sedia.

Ag-

giròburberoIosguardodalmarchéseaDuchesnel,

sem-

preassiduo pressoaLeaVerin, edaDuchesnelasua moglie.

Glis’inàrcavano vie piùlerughedellafronte.

NeU’occhioavevaildispettoconcentrato.

Era

facilein- dovinare chequei tre individui fosseroiltormentodella suavita.

Quando

egliebbeabbassatele ciglia, laduchessalo guatò

un

istante,senz’amore esenza odio,conindiUe-

'renza espossatezza.

Inessa nulla più esistevadiciòchepuò provare

una

donnavicinoad

un

uomo.

Lo

avevaamatoperò, indiabborrito, e poitemuto

come

siteme

un

giudice implacabile.

Ma

tuttiquei sentimentidileguatisisiconfondevano inuna

comune

apatia.

Nelpalchetto dellaVarannes ognuno stava

ina-

scolto.. .

— Era

entrato in iscena Nourrit.

La

signoraDianadiBaulnes,belladonna che somi- gliavaallasorella, salvolagraziaela .squisitaespres- sione dei lineamentidellaviscontessa,fingevadibadare alpalco scenico, e sbirciavailmarchesedisottoalcan- nocchiale.

— Non

facciamociillusione: Diana

non

os-

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11 servavailbel giovane;perchè ellaIoamasse,

ma

per tutt’altro;osservava,perchèlasaa sorellamaggiorear- rossiva ogni voltacheilmarcheselerivolgeva pianpiano qualcheparola coperta daiclamoridel teatro.

Dianaera maritatadapochi giorni.

Aveva

diciottoanni.

— Era

istruita,devota, fredda dicuore, mediocredi spirito.

Aveva

una grandefre- schezzadicarnagione,chiomadi

un

biondochiaro,su-

^perbebellefattezze,

un

personalesenzadifetti.

La

sua educazioneavrebbecontentatoilpiè rigido censore.

II suocriterio,ristretto,

ma

coltivato conpazienza, ecarico di tuttelecoseserieofrivole dichesi

com-

ponerinsegnahiento femminile,

non mancava

direttitu- dine.Seavesseavutopiùspirito,sarebbestatabuonis- sima.

A

quel naturale onesto,

ma

meschino, sarebbe abbi- sognataun’educazione tutta del cuore.

La

penetrazione, lavolontà perseverantedi

una

niadresarebbero sole riuscitea tendere fecondo quantoin leiv’eradirigoglio egioventù;

ma

lasignoradiPontlevau,ottima donna, di testa leggiera e vuota,avevaaffidataDianasino dal- l’infanziaa

mani

straniere.

In mezzoalla nostra societàv'ha

una

scuola strana, oscura, ignota,icuinumerosiadettifannoproselitinel segreto delle famiglie pietose.Alcunilibridiunapoesia mistica edevotaall’eccesso nellesueformole hanno

ma-

nifestata

non

haguariquestabizzarra eresia, tanto piu perniciosainquanto chesipresentasottolaspecie ar- dente edausteraa

un

tempostesso di

un

religiosoasce- ticismo.

Dianaera stata allevatadaunasorelladisua madre, imbevutasinoall’esaltazionediqueglistolidi priiicipii diunapietà traviata. '

Diana consideravailmatrimonio

come

un’abbietta e

permanente

offesaversoladivina purità.

Su

talibasi riposavalasua educazione.

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(12)

I

12 ,

questa è giàvanafinzione.Nelnostro secolo fuor d’ogni disciplina, incui tanto mentitorbideo viziose

hanno

predicatocontroilmatrimoniofuribonde crocia- te

perchèeraperleloro pertinaci passioniunosta-' colo insopportabile,

ecco altre menti,spingendogli scrupoli sinoallastravaganza, attaccareilmatrimonio insensooppostoe far risuscitareil

domma

già sepolto deimanichei1

Sono sicuramente degnepersone, eche vannopredi- candosoltantopereccessodivirtù.

Va

allatestadiesse

un

poeta quasiillustre,

un

crociatoletterario,icuila- vorifuronopremiaticon unseggioaccademico.

— Ma

ilveleno èanchepiù perfido,quandosiporgesotto l’ap- parenzadiuna bevandasalutare. .

Ed

è,secondonoi, attodaonest’

uomo

ilplantare un’insegnasulla soglia diqueltempionuovo cherispet- tabilimanieresseropererrorealcinico Aniibi... '

Dobbiamo

dire bensì,

imperciocchéunasacerdo- tessa deltempio

medesimo

haavutopremuradispie- garlo inun romanzomisticoeh’e

come

diVangelodi quella religione orbicida

che nonsirigetta laforma delmatrimonio,

ma

l’essenza,loscopodiquesto.

È

permessodisposare

hia è proibitol’esserespo-

so... - '

Quindi

non

v'era contraddizione nella situazione di Diana, maritataalsignordìBaulnessedutoaccanto a

leinel proscenio.DiBaulnes, giovane,ricco,dotato d’o- gni perfezione,l’amava conpassione.

Diana

non

aveva ripugnanzaperlapersonadisub' marito,

ma

sisarebbegiuratoch’ellafosseperlui

una

straniera.

Cosi in quel

momento

V’eranonelpalchettodi

ma- dama

diVarannesseiindividuifraloro inistrettissima relazione,tranneilmarchesediMaillepréctie

non

era della famiglia.

,

'

Eppure

viregnavaun’aria disoggezione, a cui sola

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(13)

13 sisottraeva rottima signoradiPontlevao,laquale,pur- chéavesse

un

discretoscialloci cascemiro edun pub- blicocheapprezzasse codestosciallo,

non

sitrovava in soggezione in veruti luogo. ;

IlsignordiBaulnestrattotratto azzardavadue pa- role,sempreaccoltedaDiana confreddezza.

Ilmarchese,postosi tralaviscontessaedilsuocon- sorte,aveva dasubirel’irrequietasorveglianzadique- st^uUimo,che peròversodi luimantenevasiin

modo

cortese ed amichevole

a talsegnocheavreste det- toaver Varannes grandeinterèsse acoltivareil

mar-

chese.

La

viscontessapoisisentivaposareaddossoglisguar-. diincrociati delmaritoedella sorella.

Standodi fuori,nonavrestevedutocolàchevoltiaf- fabiliegentili sorrisi...

Gastone frattanto—l’altroGastone,ilPoZdf .comelo chiamavaPoiret

stava giàda mezz’orain un’ agita- zione febbrile. Avevaintesoper caso,eglicheviveva tanto lontano.dallasocietà,qualmentefosse colà

un

uo-

mo

a luivicino,cheportavailsup

nome

,che portava queltitolocuiilpaternovolereavevarigettato in dispar- te.L’ultimodeiMaillepréperobbedienza avevacoper- talaproprianobiltàconunvelo,onde

non

esporlanel suoconflittpcollamiseria;avevafatto

come

quei su- perbiBrettonidel

tempo

antfeo,checostrettiadiscen- dereallamercatura ondericostruireilloro palazzo ro- vinato, appendevanolaspadadegli avi inun angolo oscurodiqualchecappella. \

Ma

costoro,subito che avevanorespintocol piede inattosprezzanteilorofogli dicommercio,ritrovava-

no sempre

ildepositoailìdato allasacra parete,mentre

uno

sfacciatoladronesiadornavacollespogliedi

Ga-

stone...

Aveva

intesobene? Era*statoparlato delmarchese diMaillepré?

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,,Sua primaidea,quando conobbe cheilsnosguardo nonpotrebbe penetrare in quei prosceniodovesicon- centrava perunistantelacuriosità generale, fudibal- zare dalsuo posto efarsi giustizia /Colleproprie mani;

ma

lotrattenneuirocchiata data a Santa,chedinulla avevasospettoesiabbandonava interamentealle sue deliziose emozioni.

Ebbe

pauradi lasciarlasola tra quel- lamoltitudiné sconosciuta, e dicambiarein inquietudi- nela dileipurissimagioia.

Ed

inoltre,variefile dispettatori sedutied

immo-

bili loseparavano; dalfingressodella galleria; bisogna- vaincomodarli; eper chi possiedeil timido ritegno, dicuila frequenzadelle società modificainappresso

r

andamento,

ma

ch'ò insemenelfondodiqualunque

.

ìndole eletta,codesto è

un monte

daalzaredipeso.

Vi

sonocertunicheall’età diventi anni sbaraglie- rebberopiuttosto

un

battaglione d’infanteria, chesco-

modare

tresedilipienididonneall'Opera inmezzo

ad un

atto.

Frenòl’impazienza, edaspettòchecalasse ilsi- pario.

Quando

fuil

momento

opportuno, preseSantasot-*

tobraccio elatrassefuori.

Anche

ilgiovine dell’orchestra aspettavasenzadub- bioquell’istante, poichésivolsecon impeto petrias- sumerelasua interrotta contemplazione.

— Ma

Sautaì entravagià nel corridoio.. ' ,

Ed

allora ilgiovane suddettosidecisea prenderla

via versolaporta. - '

AU’incircalostessoavvennedelsignorducadi

Gpm-

pans-Maillepré. .

Allorchéilsuocannocchiale incontròilpostodi

San-

tagiàvuoto,frenò

un moto

distizza,eduscibalbet- tando per

compenso

unafrasepreparatadiscusavol-

gare. '* , / .

Appena

aveavoltelespaile, unodeiparaventidel

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palchetto scivolòiieirintelalatura,evidisparveconru- more.

'

Era

forse

un

selciale.

Almeno

Leone Dnohesnelgiròsubitoilcapo.

La

duchessa glifeMH'eennofmpcrioSo.

Diichesn'élsitolseimmédiatamentedalprosceniodi

Lea

Verin,

Vdopo

mezzo minutosedeva sulla seggiola abbandonatadalsignordiCompans-Maillepré.

Questi frattantoera sceso perlascalagrandeedave- vapassato Tatrio. ;

'

Un

largo soprabitoglico^ival’abitonero, e celava lecrocichepoc’anzimostravasulpéttp; '

Andò

sottoilloggiato, epigliòdasinistrailpassag- gio buiocheconduceallegallòriedell’Opera.

Ilgiovanottodell’òrchesìra' Uscìquasi.nellostesso tempo, edacceseilsigarodirimpettoalteatro Erifantiu, cheinappressofu.''distruttoda unincendio.

Ilducanonloavévaseguitosin là.

Dopo

aver guar- datoadestraed'a'sinistranel cortile, era entrato- ne! bigliardo del caffè'dell’Opera, per uscirne poi quasi subitocon

un

tale, dicieraequivoca, inmani- chedicamicia^cheteneva in

mano

lasteccabeninges- sata.

^

«

È

cosadipremura?»

domandò

questialducasor- ridendo,inatto

un

pocoossequióso e *un po’ fami-

liare. *•'

« Digrandissimapremura,» risposeilduca. ,

«

Dunque

venderòlabiglia, »feceilsignorBurot, e tornò dentrosenza cerimonie.

S’intesecostuiporre all’incantola biglia biglia vergine, pertradurredecentemente1’espressione più energicadei giuocatori

Quindiuscì conunvestito mezzo, dazerbinotto,contandolemoneted’argentori- tratte dalla vendita dellapartita.

Burot occupavapressoilducailpostodisegreta- rio.

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(16)

16

Quando

entraronoambiduenelcortilebuiodovesboc- canolegallerie,ilsolitogiovine dell’orchestracomparve dinuovocol sigaro acceso,

passò'loro vicinissimo,ed intesequestepocheparole:.

«

Dove

sièmessa?»'domandava Burot.

«Allaprimagalleria,» risposeilduca, «accanto ad

un

belragazzodiaspettotimidochelesomiglia,e che credosuofratello.» -

Ilgiovinesi.fermòdibotto.Posciaentròpianpiano nella speciedicorridoiocoperto emalilluminato,eh’è frailpassaggioedilcortile, dacui loseparanodelle tavolesottili tagliateaguisadiarchi.

'

%

CAPITOLO

Vili.

, .1.

Bel giunco.

' j

TIcortilesituato traifabbricatidell’AccademiaReale diMusicaelegalleriedell’

Opera

era inalloramolto piùbuiodiadesso,eparticolarmente più fangoso.V’è statasparsa dell’arena .dapocoinqua.

È

l’ultimosquare'di quella brillantee popolosacittà compresafrailbastioneelevie Grange-Batelière,Le- pelletiere Pinon.

Pare che adogni palazzo,secondolasuaimportanza, abbisogniun mucchiodifangoo grande o piccolo.Il teatra,che dàricettoa redaburla, possiedesolamen- tequell’umida buca,mentreleTuileriehannolefine- strecheguardano sopra

un

tal

monte

dimota, che da- rebbeassaidafare aliascopadiErcole.

'Dicesichein antico isignori'e padroni[suserains) davano ai vassalli unacedola deli’omaggioricevuto.

Non

v’èpiùd’uopodiquesta gotica formalità, ed ora chiunqueabbia vogliadisalutarelaregiadimora, por- ta dalie calcagna sinoallaschienauncertificatopiutto-

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17 stobigiochedispensadaogni altra cosa.

A

segnotale cheormaicorre perproverbiodidiredi

un

poveraccio impillaccherato sino, al collo;

E’ vienedallapiazza delCarrosello.

Ilcortiledell’Opera,lodeal cielo,èbenInngi dal sa=

migliarea quel recintomonumentale>chesaràlapiù bellapiazzadell’universo, quandovi sipotrà passare senzatimoredialTogare tralesplendideimmondiziespar- seper

un

mezzopieded’altezza sullasua superfìcieab- bassata.

È

inzaccheratodiscretamente, e

come

conviensi adun angusto cantonediterraove

non

posanolefonda- mentadeljLouyre e delle Tuilerie.

Comunica

collequattro stradeche

nominavamo

di sopra,mediantele gallerie,ilpassaggio, eduesotter- ranei, ilcuieco malgradoilcupoaspetto delleloro vòlte, ha daripeterepiu sospirid’

amore

chelugubri querele.

Ilduca edil suosegretarioBurotsìeranofermati aU’iiicirca nel centrodelcortile,

come

per essere

me-

glioriparatidaogni sorpresa.

II giovane’dell’orchestra stava immobileecolle orecchie attente dietroadunodei piccolipilastridel loggiatoditavole

^

specie di tramezzo a sfori che

ha

già

una

talquale ideadiappartenerealteatro, patria classica degli alberidicartone e dei palazzisui telai.

Se

è delitto ascoltareconassiduità

un

discorso cui

non

s’abbia parte, egliera positivamente colpevo- le

, poiché silasciavaspegnere ilsigaro, eporgeva avantiil collo nell’attitudinediuno chestiaafarla posta.

«

Occhi

turchini pienidiangelicocandore!»diceva il,duca coirentusiasmo di

un

ghiottonecheragioni di cucina; «carnagionebjapca

come

ilgiglio...»

«

E

.del colordellerose, »aggiunseBurotsogghi-*

gnando,«

è

d’obbligol»

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(18)

18

«Stazittó..-*Frontedeliziosaovesiscompartiscono capellibiondi:ohe -devonoessere mille volte più pastosi dellaseta'.,»

>

. > -

«Onestoè moltoj » borbottò BurotJ«

ma

quand’an- chemetteste,-secondol’uso,trentadue perle nella sua boccadi corallo,

non

sarebberogià connotati...

Che

età

puòellaavere?». -

'«

Da

sédiciadiciottoanni. »

« Bellacosa...,edilsuoinnamorato?» ; j

«

Tidico ch’èfratellol» ' ' •• r;: v--

«Uhi ne hovistipassartanti 'diqueifral^lbT-'.ì*»;

« Taci..., Se maivifupurezza dirutas’djfra^'uh volto leggiadretto...» ? r//

«Eh,signorduc^I tutteledonne sonopurè' sino ai dodici anni...talunevannofino’aquindicipermancanza d’occasioni...Vipensateche unapiccolamancanza

com-

messa pongaloro

un

segnosullafaccia?»

«MesserBurotl...»

«

Ah,

ah,ahi »continuavailfurfantesenza piùri- spetto;<(

come

sarebbero tutte macchiettate, signordu- cal »

Questi battè in terraco’piedi.

«Si faperburla,» ripréseBurot,cambiando

ma-

niera;

«ci

sonodonnee donne...

vedremo

unpo’1

»

11giovanotto dietro l’arcatadilegno stavaasentire senzamuoversi.Sitorcevalebasette inpace, e

non

so- migliavaà quei personaggi grotteschichegli autori drammaticihannolasmaniadinascondereinun posto qualunque,echetrattotrattosimostranp aggrottando le ciglia,edicendopiano (urlando):Infame!traditore!.,, orrore!... vendetta!...

Queipersonaggi

siadettodivolo

cipaiono buf- foni audacissimi;edilnostromaggiordesiderioè stato fiempredivederiltraditoreinfilarelorolaspada nella pancia, per insegnareadessiarimpiattarsimeglio.

Frattantoilcortileera deserto

come

al solito.

A

ra-

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(19)

19 di intervalliqualcheduno, abbandonalele gallerie,,vi traversavaperandare ai tunnelcheuniscono leyie Grange-Batelière ePinon, esopra unode’qualidàil casotto del custode del teatro.Ilduca edilconfidente potevanocrederediessere adattosóli.

Burotera

un

omiciattolomagro,di capellilunghi e, cresputi,checollecioccherisecchite,quasi abbrustoli- le, davanoallasuatestaun’ampiezza- stravagante.

La

.

pelle rossa del visoglisiappiccicavaalleossa appuntate.

Aveva

ilnasosottile,e spezzato nelmezzoin

modo

di caderea foggiadismoccolatoio giù sullaboccafornita dilunghidenti,,tra iqualilacannadellapipaaveva fatteprofondescannellature.

Un

girodibarbarossiccia gliandava tortuosamenteintornoalleguance.Avevagli occhivicini

uno

all’altrofuordimisura,^diuno smalto rossiccio,sempreinmoto,e pienidiqueU’audacia,che

chiameremmo

vigliacca, propria del briccone.

Egli erastato lacchè.

11suo vestireaveva una temeraria pretensioneall’eleganza.Indossava

un

soprabitodipan-

no buono

coloredigranatocupo,farsettodivelluto

ponsò

, edunalarga cravattadiseta celeste carica di fioritessutiin gialloacceso.Pantaloniliscibigio-perlato gliscendevanosenza far pieghesuipiedisecchie schiac- ciati.

Aveva

ancodeigioielli:

un

grosso anelloallaca- valicra,unacollana di.filograna,eduescarabeidismal- toperabbottonarsilacamicia.

11

duca

avevainarcatele cigliaconisdegno airultima rispostadi queldegnoservo;

ma

sifrenò,essendosen- za

dubbio

avvezzoallesuesortiteimpertinenti. Alla luce

fumosa

dialcuni lampioniche pretendevanod’illu-

minare

ilcortile;aveapotuto d’altrondevedereglioc- chi del segretariobrillarepiù delconsuetoinmezzoal- la faccia vermiglia,

«Sieteubbriaco,

mio

caroBuroti » disse in attodi

clemente

docilità; «uou,vicorreggeretemai da questo

vizio? » ,

'

Dkjiii/edbyGoogk

(20)

20

«

Ho

pauradino, signormio.Voipotetesapere

me-

gliò dichiunque quantoèdifficilelevarsidi dossoun peccato invecchiato... »

11padrone glimisela

mano

sulla spalla.

Ed

egli, curvato sotto quellastretta,perdèl’impudente sor»

riso.

«Si faperburla...»balbettò; a

non

ho bevuto che un' quartuccio, ecivedoassaichiaro per pedinare, se mai.'..Virispettoamio

modo,

losapete...

AnimoI

di-

cevamo

chelapiccina èuna biondasenza pari, bianca, rosea,cogliocchi turchini,ed unfratellochelionè

un

innamorato...epoi? » -,

«Bel corpo,»seguitòilduca; «almeno per quanto sìpuòdistinguere. »

((

E

ilvestito?)) ' , ^ ^ '

«Semplicissimo: carnicinodimussolinaricamata

snK

l’abito di seta-,cappellinodicrespoconunaghirlanda dimargherite

meno

freschedellesueguance...»

(c Vecchio trovatore! » buccinò aparte Burot.

«Signor duca,» disse poi,

« accomoderemo

ognico- sa. »

<(

Non

fare spropositi! »

«Oibò! » feceBurotstringendosi nellespalle;«sono le solite risposte!... la

non

è

un

uccellò;pertornarse- ne acasa, faràusodelleSuegambe'sottiline...

Oh!

la

gamba,

signorduca! vene siete dimenticato...

piglierà

un

fiacre..»

ammenoché non

abbia carrozza disuo. »

«

Mi

farebbe meraviglia...

»

«Benone...Allora restanole

gambe

adorabili

ed

il fiacre...nelprimocasolaseguiteròdaimbecilloneco-

me

sogliofare...

E

Diovogliache

non

istia allabarrie- radelTrono!

Nel secondofo inmaniera dà udire quelchedicealvetturino;segnocodesto avvisosul.

mio

taccuino...e domani,seDiocidàvita,foquanto è ne- cessario.»

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(21)

« Alla hnon’orai »replicòilduca; « intantopren- diunpostoinplateaperriconoscerla bene... e stasera verraiarendermi contodellatua spedizione.»

Ilpadronesi,avviòalteatro.

Burotritornòal calTè.

.

Ilgiovanottos'tette

un momento

immobile.

Poisisladcìòcorrendodietroalduca.

Lo

raggiunse, mentrequestifiniva di salirelo sca- lone.

^Signore, »gli dissecolcappello in

mano,

«io mi chiamo

Romeo;

sonostatocapitanodicavalleria inAfrica,edho abbandonatoilservizioperpoter

am-

mazzareilmiocolonnelloche

mi

avevaoffesograve- mente... »

(cMa...» interruppeilduca contivfitàed insieme alterezza,«posso sapereche cosa

mi

procurailbizzar- rissimoonorediquesta confidenza inaspettata? »

«11colonnelloavevatrefigli,»continuòfreddamente Romeo,« belli, forti,valorosi,che adempironoalloro doveredifendendoilpadre...

mi

toccòincominciareda loro...»

f<

Ma,

signorel...

«Poitoccòalcolonnello.. Adesso sonoscultore, in .

viaSanLuigi,nel'Marais,alnumero...»

E

che importadel

numero?

» feceilduca,ed avea voglia di ritirarsi.

Romeo

lotrattenneper

un

bottonedelsoprabito

.

a

Numero

26,»continuò adagio;« vidico tuttoque-

'stoperchè

mi

ritroviate, semaivi saltailghiribizzodi cercarmi. »

«

Le

sculture delmiopalazzosonoin

buono

stato...» principiòilduca, ormai intimamente persuasodiaver afarecon

un

matto.

Romeo

lo salutò.

«

Non

sitrattadel vostro palazzo,

ma

divoistes-^

so. »

^

vo^.II. 2

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(22)

22

'K Io non ho mai avuto ideadi farrnierigereuna statua. »

Uomeo

risalutò

trassepianpianoilducasirioalla porta apertadi

un

palchetto, egliadditòSanta che avevaripresoilsuoposto nellagalleria.

«

È

quella,».

domandò,

«eh?» Ilnobil

uòmo

I9guardòattonito.

« Visietescosso,»riprese

Romeo;

«è dcssa... lo sapevo... senti temi:nonfocontodimoriretanto presto, esinchécamperò,

non

toccberetéuncapello a quella fanciullal» -

«

È

una minacciacotestal »sciamòilduca,esirizzò quantopiù poteva.

«Signorsì,»replicò

Romeo.

£

volselecalcagna, lasciandol’altrosbalorditosul- l’ingresso della loggia.

Era

alzatoilsipario.

La

Taglioni fissavaglisguardi di tutti aiportenti delle impareggiabilisue danze. Nel- l’interoteatroera

come un

fremitodi

amore

per quella creaturaideale,mezza donna, mezzafata,,ilcuicorpo s’involavaai battitidellesue aledivelo.

Alloraellaera giovine,e noi, che Tabbiamo veduta pocofapassarefranoi

come

un sognodipoeta, toccan-

do

lievecol piede divinoilsuolofioritodeipaesedei silfi,

sapremmo

esprimere quantolagioventùaggictn- gcssedi

amena

soavitàallasuagrazia, edipregiode- licatoallecastesue seduzioni?

L’artepuòcontrastare evincere.

Ma

sedopotanti annilaTaglioniè rimastala,primaballerina del

mondo,

ch’eramaineitempiincuiisuoimuscoli ancorvergini subivanol’impressione deiprimi applausi? incui il

suosorriso s’inebriavaalprofumodellasuaprinaa co-;

rolla ?

GastoneeSantafrattanto,davanti a quelle attitudini nelle qualilà silfidefaceva

pompa

dellasquisita sua leg- giadria,nonritrovavano piùilloro contentoingenuo e

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(23)

,23 raccolto.Perloroera passatal’ora del piacereinalte- ratae degli incantesimi.

Gastoneeramesto,eSantanon avevatardatoadac- corgersene.

E

questa era stata

come

unagocciadiamarezzaget- tatanei giovanili impulsideldi leigiubilo.Essa pure

sifacevamalinconica,e nulla v’era piùchepotesseral- legrarlatraqueinuovisplendori. '

Gastonenon aveavoluto confidarleilmotivodegl’im- provvisipensièrichenel volto gliaveanoriportata la solitapallidezza.

Eitaceva

traun atto el’altro aveva girato pel ridotto, pei corridoi,facendoricerche dicuiSantanon sapevaloscopOé

E

poi,ciòchecefeavanonloavevatrovato.

Di

quando

inquando un

nome

pronunziatoaluivi- cino,o chesipartivada un gruppolontanodigente, cambiavadirepenteladirezione delsuopasseggio;

allorastavainascolto pareva chefosse curioso,an- sioso,econ grandestuporediSanta,ilsuosguardofis- savasiaddossoàquestood aquellocon qualchesfron- tatezza.

Ma

invanol

Ed

inveroera diffìcilel’indagine:

come

trovare ciò chenonsiconosce? PotevaaccadereaGaston*;dipas- sare accanto'alsoggettobramatosenza saperlo.

Le

per-^

sone

non

hannoil.

nome

scrittosulviso.

- Gastone pensavacosì frasè,

ma

pure sperava

sem-

"

pree

non

sistancava. Soltantoil finiredelriposo fra gliattiriuscìaterminarelesue investigazioni.

11belmarchese nonsiera

mosso

dal palcodìmada-

ma

diVarannes. EssoèGastone

non

avevano potuto dunqueincontrarsi.

Versola

metà

delbalio, Burotentròinplateacolla disinvolturadiunabbonato.Isuoi- capellirimandava-^

no sua sbruffileciocclie crespute. I colori accesi del

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(24)

24

suovestito spiccavanoed urtavanogiiocchi

come

chi stuonascorticaleorecchie.

Un

hcl cannellodipipagli usciva dalla tasca del soprabito,tentennandosi curvo ed elastico.

Burot scambiòvarisaluticollarispettablléporzione del pubblicochesiede sottolalumiera,emantienein ognigenereilsuccessoalgiusto valore.

Adempiuto aqueir obbligo,adocchiòlegallerie.

Subitovide Santa,e l’esaminò da professore.

AnimoI

»disse;« tanto èquesta

come

un’altra...

òbella in coscienza...

ma

bisc^nerà cheilsignorduca snoccioli! »

11 titolodi segretarioche avevaBurot

non

darebbe alnostro lettore un’idea esatta delle importanti sue fun- zioni.

Era

questa

una

piccola finzióne della specie, di quellechel’intrepidapennadeigrammatici puòchia-

mare

senzarabbrividireantonomasia osineddoche.

Burot

non

era senon che

un uomo

di

buon

gusto e di

buon

odorato,

don

Giovannidiseconda

mano,

seduttore per contoterzo, pratico nelle scaltrezze della caccia a- morosa, edinsensibileallebastonate.

V’è

un

orgoglio dimestiere.Cornunementeilsignor Burot

non

lasciavaalpadronel’iniziativadelle gentili scoperte.

Con

ciò sispiegal’impertineqte scetticismo

^

dellesue rispostealsignordiCompans-Maillepré.

Terminavalospettacolo.

La

follasene andava asten- to dalle uscitetroppostrette.

FeliceChapitaqx, I.B. S.T. Sanguih,ilsignor di Montfermeil edilbarone Prunot eranoscesidallosca- lone,discorrendo della Taglioni, della biondina, di

una

cavallacoronatacomprata da Chapitaux, e soprattutto di

madama

BatildediSan Faramondo,lavezzosissima lorette,il cuipalchetto era

Mmasto

vuotointuttoil

tempo

dellarappresentazione.

Vi sonolorette dipiù sorta.

La

San.

Faramondo

era d'alto ceto.

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(25)

25 Nel suograzioso, stipo avevaun contratto diinatri- monioindebitaforma, che provavaesserellavedova

<liun conte,

ma

védovasulseriodiun conte

non

da

burla. ,

" .

Qualesituazione!

Ma

anche, chebella cosafnunaposizione simile,sa- crificarsi aldivertimento deiPrunot,deiSanguiu,dei Chapitauxe dei principiTrutraldinil... ,

La

signoracontessadi. detta

madama

di

San

Ji’aramondo,avevadiritto alrispettodellesue consorelle^

edipiccoliredattori del Ciron, giornalespiritosissimo, facevanoinlodesuaversiditredici piedi.

Dragone

con Mignonnea braccetto,Poiret incompa- gnia di Bebelle',siaccingevanoatornarsenea piedi -allelontanesolitudini,ovegiacevanojloromeschini do- micili.

Giù per lastrada avreste inteseidueoperai, rimessiallaprimalorocontésa, discutere sullaquestio- ne: seilgiovanotto della galleria erailPàloto

non

era

ilPàlot.

Sivuotavanoipalchetti. Ilsignore elasignora di Compans-Maillepré eranopartitidal loro.

— La

duches- sa,

prima

diandarsene,«avevamandataun' occhiata

imponente

a

Leone

Duchesnel, che accomodava

un

egregioscialle dicascemirosullespallesecchedi

Lea

Verin. L’occhiataera senzadubbio

un

complemento delia conversazione che si èra fattainassenza dei duca....

Gastone

eSantastavano suiPingresso dellagalleria.

Pareva che Gastone volesse farelarassegna di quanti

passassero. . >

-

La prima

fu

Lea

Verin,appoggiatapesantementeal bracciodiDuchesnel.Ilsegretariodiambasceria,sotto ilsuo eternosorriso,mostravaallacieradiessere stufo djtantafortuna.Vide Gastone, loriconobbe, evolse altroveilcapo.

Poi

venne .madama

Varannescollasua pìccola corte

'

'

2*

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(26)

26

intorno.—-Ilbelmarchese davabraccioallaviscontessa, eleparlava

sommesso

sorridendo.

Colgomito inciampòsulpetto-a Gastone. Sigirò per chiedere scusa,edilsuo sguardosiposòperun minuto secondo sulla pallida faccia dell'ultimodei

Maillepré. -

' ^

Vifualcunchedistraordinario.

-Questo sguardo diventò dolce e carezzevole sinoadassumereladelica- tezzadiquellodiunadonna... >

Gastonecoll’occhio interrogava ilvisodèisignor di Baulnes, cuisupponevaessereilladrode’ suoi’ti- toli...

Ma come

sapere?...

Tutti,uscirono

sceseanche Gastonecollapovera Santa,chemestalocontemplavae

imn

osavaarrischia*

redomande.

Nell’atrio,

Romeo aonxm

faletot abbottonato,lecui manichegrossefacevanoapparire piùfineegentilile sue

mani

inguanti bianchi,sembravaaspettarequalcu- no.

Santa, nel mirarlo, arrossi,

ma non

ritrasse

mol-

to prestoda lui le ciglia.

— Quando

le ritirò, lecorse sullelabbra

un

sorrisetto dolcissimo. ^

Romeo

avevanelsembiante un’allegrezza fanchil-^

lesca.

, Uscì dalperistiliodietroilfratelloelasorella,eh’e- rano pureseguitidaBurot, ilquale stavaempiendo di tabaccolapipa.

-Gastonetrovòunavetturavacanteetostovi salì.

Burotsiaccostò,collapipainbocca,edin

mano una

carta rotolataadusodilucignolo.

Romeo

erasu!marciapiede, distanteduepassi.

Gio-

colavacon

un

belgiuncopieghevolee lucido.

« Scusate,galantuomo,»disseBurotalvetturino diGastone ediSanta;«accenderòalvostro

lampion-

cino.

».

*

Tantoera questo ripiego

come un

altro.

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(27)

27

«

Dove

siva?»chiese allorailcòcchiere.

Biirotporsel’orecchio.Vide Gastone cheapriva la bocca.

Ma

ilbelgiuncodi

Romeo,

direttoconprecisionee vigore,segnòfischiandounalineacurva,pigliòarove^

scio lapipadiBurot, elabuttòall'altezzadi

un

brac- cioe mezzoinsiemeCoidentichelareggévano.

Burot,siresselamascellacolledue mani.

'

Quando

sifurimessodalsuosbalordimento,lacar- rozzaera sparita.

— Nón

v’era più altroche Roineo appoggiatosulgiuncp. i

«Scambiod’indirizzo,» disse questisemplicemente;

«ilvostropadronevisarà gratocheglirammentiate

ilmio. Vi pregooffrirgliicomplimentidelloscultore

di via

San

Luigi, nelMarais.» -

CAPITOLO

IX.

Due boUeglie.'

«

La

mattinaseguente, alleotto ore,GastoneeSan- ta,

dopo

esserecomparsi,secondol’tiso,alricevimen- to della duchessa, indossarono, quegliilgiubbettoda of>eraio, questal’abitod’indianaela'cuffiettadaartigia- nella.

Gian-MariaBiot,vedendolisboccare dalla scala del- rala diritta» inveceditirare ilcordone, ùsci dal casotto^,evennecolcappelloin

mano

adaprirloroil

portone.

Gastone

era pallidoedabbattuto.

Biot, salutando- lorispettosamente,glidiede un’occhiata' inquietissima.

Anche

Biot eVascolorito.Sul suo volto onesto esem- pliceapparivaun’espressionedimestizia.In quellastes- samattina avevatrovatamadamigelladiMaillepré sve- nutasullaportadal giardino.

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(28)

28

Fratello e sorellaandaroiiofuori.

Persolitotiravano innanzi per lastrada deiFran- chi Borghesi,chiacchierandocolladolce intelligenzadi duefanciullichesiamano. Questavoltacamminavano

insilenzio. ' - ,

Quella serata di divertimento,dicuieranostati tan- tobelliiprincipii,siaggravava sudiloro con

un

pe- so funesto.

Gastone-meditava, inarcavaleciglia adunpensiero .iracondo,

-r

Santa,cheloguatavaal- la sfuggita econ timore, ignorava ciòchevifosse inlui;

ma

tremava, meschinella,,avvertita dallasua naturale tenerezza,esifigurava

un

pericolood unadi- sgrazia.

Gastonegirò dalcanto della via.San Luigi,esifermò davantial

numero

26.

«

A

rivederci stasera,»dissea Santa,elabaciò in

fronte. •- .

«

A

staserà...»balbettòSantatitubando;«

mi

dirai checos’haiper esserecosi afflitto?»

Eglilediè

un

altrobacio,e procuròdisorridere.

«

Te

lodirò,sorellina.»

' '

La

giovanotta entrò.

Entròinuna grancasa,compostadidueparti paral-

lele. V ^ .

Sulla -porta di quella a'

man

destraeraunaspecie

d’arme

rotonda,edin essascrittoacaratterid’oro:

Madama

Sarei

=

Bicamatrice

Secondò piano.

Sopral’altraasinistra

non

v’era insegna;

ma

ipezzi dimedaglionirottielestatuetronchesparselungo il

muro

sarebberobastateadindicare1’officinadi

uno

scultore

, quando anche lefinestre del pianterreno apertenonavessero' lasciato ^vederegruppidigesso,

p

marmo

,evasi, e tuttigli attrezzi dell’arto sta- tuaria.

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(29)

29 Infattieralostadio di

Romeo,

che (Kmoravaal se- condo piano per

T

appunto rimpettoaibalconi della

Sorel. . ^

Tra

quelleduecase,

un

cortileopiuttostounasorta diviuzzametteva ad

un

giardino^diiusocotiun can- cellodiferro.

Altre inferriate similisistendevano lungotuttal’a- bitazione di

Romeo

, difendendo contro

Un

ladrocinio impossibile quel miscuglio di rottami giacenti per

terra. .

-

Era

lusso diserrami,diclausura. Avreste' detto es- sere

Romeo

ilmecenatedi

un

lavorantedigrate.

Santa, giàsMntende,pigliòa

man

destra.

Qqando

capitò nellasala,intornoallaqualestavano in Àia'moltitelaicoi ricamiapparecchiati,

non

,v’era ancoranessuno,

nemmeno

lamaestra.

Ellasedèalsuoposto,mandandosi addentro

un

so- spirochelesollevavailpettoal pensiero delfratello

,

scoprìilsuolavoro,esiaccinse alfopera.

Dopo

pochi minutidisolitudineedassiduità,sisen-

urtarelavistada unaluce assaifòrte.

Era

lafinestra situataalei difaccia dalfaltro latodelcortile,chenel - raprirsile

mandava un

raggiodisolé.1suoi occhisi distolserodal ricamo.".,suomalgrado.

Dietroad

una

cortina semitirata stava

Romeo

a con- templarla, in'estasi.

Ellachinò lelucied arrossì.

Ricaddelacor- tina.

A

Santa balzavaforteilcuore.

Aveva

qualche cosa didolce edipungenteinfondoall’anima,che stupiva e sbigottiva delle ignote suesmanie.

Le

tremavala

mano

suldrappodisteso.EoU’occhiooffuscatocercavae

non

trovavailvuoto che doveva riempiretrairabeschidel

ricamo. . .

Fu

schiuso l’uscio dellamaestra; Santasiscossea quel

rumore

beucliè consueto,

come

seilvermiglioche

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(30)

30 . .

sisentivasullafronte fosse statolindelitto, -r-

Avreb-

bevoluto celareilvisoche avevacaldissimo,cUe bru- ciava.

Le

parevacheintornoaleisidisponesse-nn’ac- cusamisteriosa,

chefrailvacuodellepalpebreabbas- satelesfuggisseunachiara confessione...

Madama

Sorel volseuno.sguardosevero sullalunga filadi telaiinoperosi.'

Era una donnaditrentacinque anni, vestitacon qual- cheeleganza.Nelle sue fattezzenonv’eranèbeltà,

bruttezza;almirarequei lineamenti posati,nonsisco- privaVerunaparticolareespressione.

Forseperò,

un

fisonoraistaavrebbeforse distinto

un

segnodicupidigia nelle mille pieghe delle labbrasottilienon benarcuate.

Ma

qualunque

membro

del Consiglio'raunicipale vi dirà che

non

sitiene fabbricaperispiritodicarità.

A

chegiova correr dietroalle ipotesi diLavaterediGali, dacché unprofessoredifarmaciacihadata quellamanie- rasemplice e dottainsiemedi'giudicar glinomini dal titoloe dagliabitiche portano?

Giàn’erano

un

poco daincolpareinostri vecchi co- mici,edènotalaparte'veramenteunicachel’illustre autore del Tartufolasciavaaglispeziali.

La

Sorel scopersequaelàparecchitelaiper sapere ache punto fosselabisogna, e nelpassare toccòil

mento

a Santainatto carezzevoler.

«

Va

bene, figliuola, vabene,. » ledisse; «

non

si puòessere piùpuntualedi voi.,.»

La

porta dacui entravanoleartigiane, spinta al- l’improvviso,risparmiò a Santal’imbarazzodirispon- dere.

Sislanciarono dentro'cinqueoseifanciulleconva- riati vestiari,

ma

daiqualiapparivauniformel’impoten- tcdesiodifar figura. ' .

Perlamaggiorparteeranogiovanissime:alcuneave- vano

un

certogarbo; tutteostentavanoi

modi

disordi- nalidi linavhacità esagerala. '

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(31)

31

È

d’uopodirlo,-sonoil

romanzo

edilteatrocl|ein- sieme hanno

messo

questa spiacevolemascherasui’va- ghivisettiditutte quelle ragazze, dicui un’occhiata ci farebbe chinarelafrontealsuolo.Tantosièdurato a dirloro:sietevivaci

come

lapolvere, ardite

come

pag- gi,allegreepazzarelle

come

tante ec.,che passanola vita aprocurarediesser matte, scatenate,sfacciate.

Iddiosenzadubbio leavevafattemodeste etìmide

come

lealtre zitelle

— ma

credete forsecheIddioab- bia fattoilbirricchino diParigi più insopportabilede- glialtriragazzi, elostudentepiù ozioso, piùgrosso- lano,più mal propensoaidivertimenti deglialtriado- lescenti?

No,dicertol

Lo

studente fortna

o dovrebbefor- msTre laporzione illuminataf e distintadelianostra gioventù.

Anche

ilbirricchinodiParigidev’essere stato inaddietro tantobuono-quantoora,è pienod’invenzio- ninelsuoclassicodiavolio.

.

Ma

dell’artigianella, dello studente, del biricchino, taluni imbecillihannofattodeitipi.

Questo èilguaio.

Non

visonopiù qualità individuali.

Conciossiarfiè,badatebene,

non

è giàiltipocheco- pialalavorante,loscolaro,ilbirricchino;'

ma

questian-

zicopianoi loro,rispettivitipt

, stampati, disegnati, coloriti, ed appiccicatiatuttiivetridei 'bugigattoli letterarii.

Ed

è

un

affarserio,enessunopuònegarlo. Seguitandopertalvia,àrriveremo,e presto,adesse- reunasocietàdicartone creata collostampo daintagli.

Giiuominisimoltiplicheranno

come

gliesemplaridi unastessaGgurainlitografia.

Non

visarà piùnulladioriginale. Iduesessinello lorodiverse posizionisocialisifarannounavita e

ma-

niere econtegnoc bisogni epiaceri, tutti dicouvenzio- ne.

— Ogni uomo

saràunacopia.'

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(32)

!32

Ma

copia diche?-

Aimèlsaràneppurlacopiadiunaltro

uomo;

bensì lacopiadiuntipo, cioèl’ombradi un’ombra, labuf- fonesca riproduzionedi

una

fantasia scaturita

un

giorno dal cervellovuoto‘di

un

compositore difisiologieo di commediuolein versieprosa...

Prendiamo

Toperaio per esempio. L’operaio checi sigettadavanti sotto tutteleforme,

non

è

un

operaio;

h un

poeta,

un

pensatore,

un

geloso,

un

pazzo, è

un

personaggiociarlieroedeìifaticocheha1’

anima

di

un

retore sottolagiubbastracciata.

In

nóme

dell’operaiostessoconvieneprotestarecon- troquestafalsapittura.

Eglisoffre: serbateperaltrilevostre ridicole

ma-

scherate, e

non

cercatealmenodifarcaricaturechedi gentifelici.

Meglio dovrebbe, a sensonostro, rispettarsiquesta coraggiosae maschile porzionedelllumanità,ilavoran- ti.Niunopiù di noili

ama

elitieneinpregio;ninnoha maggior

brama

divederlialla fineacquistareperlafor- zadelle ideeodelle coseuna parteampiaesulTicientc nella distribuzione'deivantaggisociali;

Ma

èservirlibeneTadularli vilmente, eriger loro

un

piedestallo derisprio, dovelalorosemplicitàdevetro- varsiscomodamente?. ^ ,

É

servirlibene l’inspirarloroconIsfoggiodigrandi frasi

un amaro

disgusto della loro situazione, e porre inessiconpassione ecollera'quellMstinto di odioedi

, astiocheribollee fermentanelcuoredituttiqueiche patiscono?

ì)amarlischiettamenteiltoglièrloroad

un tempo

ilcoraggiodisopportareilpresente,elecredenze che

sonoilsuoavvenire? .

Ciò chedomandano,ah!persuadetevene,èillavoro, e

non

laperfida eccitazione delle vostrearringheinte- ressate.Fratutti gli strazicheassalgonoilmisero,le stoltevostrepagine sonounasciagura di più!

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33

Ngn

èyergogna? Alcunivanno,a.parla re a questiuo- miui, diehanno fame,deliechimericherisorse della legge agraria.

Altrivolgendo a dorpiacereilcoltello nellapiagasanguinosaVl>rovano adessi,chiaro

comeia

luce delsole,chepe’r.lòrdV’èimpossibilità assoluta di Rampare,-r-

Uno

finalmente',il cui estro fecondoè quasi genio,ponendo una formapoeticaemeraviglio- samentebellaalservii^o. diunpensiero stravagante, vuol convincerliche sòdotanti

don

Giovanni che fanno stru^ere d'amoreleràarcheseé

Questiuomini

non

sonogià,

come

noi,avvezzieraf- freddati.aldominiodelle idee.Pigliano sol seriolevo*

sire finzioni.Credonoinvoichesognatedesti,senza for- sesapere tuttelesventurechecagionate.

V’hannoletti..L’occhio della loro

mente

èT^iuso,la lorragionesiètraviata..

Non

lavoranopiù.

Fàuno

ver- sizoppi,cercano qualcheContessache deveadorarli ge-

nuflessa. , . .

Sonotipi:genti rovinate, incurabili,cheavetp uccise conuntratto di penna..,.

Dellecinquegiovanotte, capitate nella fabbrica della Sorel,quattro avevanolegiqbbed’indiana scolorita ta- gliateairultimamoda,cappellinididrappocomune,

ma

difoggiaelegante,estivalettidicasimirocompratidi

riscontro. '

La

quinta aveva

una

cuffietta

come

quelladiSanta.

Era

Mignonne,lafidanzatadiDragone,che veniva làperlaprimavoltaie cheZèliaeZulema,per racco- mandazionediBebelle, loroamica,dovevanopresenta- reallapadronadelnegozio.

Dietro aleisi avanzavamalinconicaunafanciulla lungaepallida,cKeva^hsignorina

^

nostromo femmini- noincaricato dellapoliziakiassenza della maestra.

«

Sempre

tardil»dissequestacon unacerta asprez- za;«in verità

mi

fatescomparirei» ^

«Dieciininutil».obbietlòZelia.

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1 1

T

«Guardateun.po’!»aggiunse Zulema, levandosi il cappello e stanciaiidoló inuncanto.

^ '

«Fareste meglio,»riprese

madama

Sorci,tcadimi-

tar Santa. » ' "

<tAhiSanta! Santa!»sciamaronolequattro'in coro;

« glièilsuomestieredinon averdifetti!'» «

«

Con

tuttoche

non

sisappja, » borbottòModesta,

«che cosaellafaccia dalle cinquepomeridianesino al-

lamattina. » *

;

Ciòche facevamadamigella Modestainquello stesso spazioditempo,tutti losapevano.

Santa, assiduaalsuolavoro,

non

rispondeva.

« Signora,»disseZelia, «eccolanuovalavorante. »

Mjgnonne

sifece innanzi alquanto sconcertata;ledue protettricila'spingevanosenzaceriinonje.

La

maestralaconsiderò un minuto,e disseallasi- gnorina:

a

La

prenderemo aprova;vedrete quelche safa-

re.

^

«

A

prova,»spiegòZulema, «glieaventicrnquè soldialgiórno..* noi altrene abbiamo quaranta....Se

vi.torna conto,ditelo,

noq

v’è obbligo.»

«Proverò!..»balbettòMignomie.

« Allora, l’agoinmano!»gridò Zulema, ed into- nò con vocesonora:

* Lavora,Gigetta,' Sesailavorar ...

E

laleralà, >

E

lalcralà!...

«Zulema!»interruppeconsussiegolapadrona.

«

Non

sipuò neanchefiatare!»'brontolò quella.

E

simisealsuoposto.

A Mignonne

fuaccennato

un

telaiovoto accanto a Santa.

I

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35 Neldirigersiaquella parte,fermòlo.sguardosul vi- sochino della fanciulla. . - ~ .

«Ohioh!» dis^e sorridendo;»lavidiiersefaal-

rOpeni!» , .

«All’Operaseria!»

«Sicuro.',

ma

capperiI era più ingaiadi ades-,

sol» .

Zuleina,Zelia,Modesta,el’altra,che senza nessun dubbio-siciiiamavaAmalia,simiseroa ridere.

«Ah,Santa! ipadamigellaSantal » dissero;aall’O-

pera!..» .,

«

Prima

galleria,»aggiunse Mignonne, «econ

un

brunetto bello

cóme un

amorino!»

Crebberole risate*

«Ah, Santal•»siseguitava, « caralavenerabile Sanlarellal..»,

Questaparola ebbe,

un

incontro prodigioso.

Santaeravermiglia.'Nelciglio letremolava

una

la- grima.

«

Oh

PioIpiccina mia.. .»sciamòMignonne,cor- rendole vicinoaprenderlaper.

mano,

«

non

l’ho detto per male...

non

c’èdapiangere...siamonatetutteper avereunconoscente... »

«Signorina,» osservòlaSorci

, avipregodi

non

parlarediqueste cosedavanti ame.»

«

Con

finebuono... » volleterminare Mignònne.

Ma

ilcorolecoperselavoce.

Furono

scroscidi ri- sa,ediquelle paroline pungentiche sannotrovarele donne, artigianelleono,pervendicarsi airoccasipne di qualunquesuperiorità, f

a

La

signoraSantanon va micaaiFunamboli!» dis- seZulema*

«

Non

è robaperlei,aappoggiòModesta;«èsol- tantopernoi altre1...» .

«

E

ilbrunetto?»continuòZelia. /

«

Con

finebuono,» ribattèAmalia. . ,

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(36)

36

Poi^)iànpianoaggiunse:

' -

«Ne'hoavuti cinque,io,confinebuono... »

«Dica,signora Santa,»

domandò

Modesta,«ver-

remo

allenozze?»

'

' Santasialzò,ebuttò air indietroilunghi capelli

biondi. ' '

Tra

ilpiantolebrillòunbaleno.

«

È

'mio fratello», disse,guatandofissolaturba di- leggiatrice.

«SeIovolevo direI» feceZulema. ,

«Vigiuro eh’è

mio

fratello1»

« Sisa... si sa...»bia^iò Amalia;ikdi molto... as-

sai 1...» ' * ' .

; ,

Santasirizzò. l.esieranodileguàtrdallaguanciai

bei colori.

Le

pupille, pifima.dolci-e iimidette, sfolgo- ravanodituttoquantpi-brgoglio dellasuastirpe.

Con'

un

gesto allontànò

Mignonne

, che confusae pentitadelmalederivato dalla sua storditaggine,avrèb^

be bramatodifenderlaeconsolarla.

Si erafermatoloschernosullabbro atuttelerica-

'matrici, infondo buonecreature,quantunquecattivis- sime.

Questo

non

è già

un

controsenso.

Santa,sehzafarmotto,siritiròlentamenteeduscì dal salone.

aBacchettonal»pronunciò Amalia con supremodi- sprezzo. .

«Signorine1» avvertì lamaestra,pastoradiquel greggeindisciplinato,«viproibisco chesirinnovi in casa

mia

unatalescenaiódècente...e quando

doma-

nitorneràSantina... »

«

Non

torna, noi... »

mormorò

afflittaMignonne.

Le

altresistrinsèronelle’ spalle.

Santa avevasceselescale.Sieranoterselesuela- grime.

Sulla porta era

un uomo,

che

mezzo

entrato nel cor-

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(37)

.17 tile,esaminavalefinestreaperte dello studiodelloscul- toreconcuriositàsingolare.

Sulla faccia a colui eraunmisto rarissimodispaven- toed impudenza.

Era uèpiù,

meno

dimesser Burot,ilquale, in- trepidosino inclusivamente allebastonate, veniva, a rischiodellaschiena^a riconoscerelaposizione delne- mico..

Aveva almanaccalo cheforseinsostanzalabiondina dell’operaera

ramante

delloscultore,echeallora...

Ilrestoèdaindovinarsi. Intalcasolaprima cosa da fare era un’ardita ricognizione...

^

Burotstavainequilibrio sul gradino,pronto a met- tersi le

gambe

al collo alprimopericolo.

Lo

scosseroipassi leggerissimidiSanta.

Sicacciò presto indietro.

Lagiovanetta passò. Eil’avevaravvisatainunat- timo.

Sicacciògiù ilcappello atraversosulla parrucca cresputa,

mandò

ungestodi sfidatrionfanteallostudio discultura in cui

non

v'era,alcuno, csiavviòsulleor-

me

diSanta. .

CAPITOLO X.

,

Per caso.

Ilsignor Burotpedinò Santaadistanza discreta,e nonsiristettese

non

quandol’ebbevedutapassarela sogliadel palazzodiMaillepré.

«

Vehl

vehI»disse frasè,«stanellanostracasal èpigionale del signorduca1...Megliocosi,mipiace...

siamo capacidiaverla per

un

trimestre di pigione. »

Posò

la

mano

sulmartello...

ma

nonlosollevò.

«Ehi!

»

pensò, non facciamospropositi!quell’or-

VOL.II. ' 3

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